Posts Tagged ‘Angela Burzo’

Un’improvvisa sordità

29 settembre 2016

alphabet

di giuliomozzi

[Ogni tanto della roba vecchia e dimenticata spunta fuori dagli archivi. Questa qui è del 3 marzo 2011].

La mattina del 4 agosto 1999, dopo una notte per le mie abitudini quasi di bagordi (ero uscito a cena con Gianni Dezanni e Angela Burzo – il proiezionista e la cinefila – e il pittore matematico Claudio da Recoaro; avevamo cenato all’aperto presso la trattoria da Modesto, che è quel che il nome dice nei prezzi e nella qualità del cibo, ma non nel numero delle zanzare; avevamo chiacchierato e chiacchierato; e quando, a mezzanotte ormai passata, il da Recoaro ci aveva salutati per tornarsene tra i suoi monti, noi tre rimasti eravamo andati a disinfettarci dall’astemismo quasi religioso di costui presso il locale di Mario, detto il cinese assente, dato che da quattro anni il locale, pub nel nome ma piuttosto una stube nella fattura, era gestito dalla gaia moglie e dalla cameriera punk, senza che del destino di Mario – nome fittizio, ovviamente, assunto da Tseng Ho Wuei solo per evitare di sentirsi chiamare col nome proprio orrendamente distorto dalla nostra inettitudine di pronuncia – si fosse più saputo nulla, liquidando la moglie ogni domanda con una gaia risatina, e la cameriera punk con un “Domandate a lei” e un’occhiata alla moglie; e alla fine ci eravamo salutati davanti alla porta di casa mia, ormai quasi le tre, interrompendo per stanchezza una discussione della quale solo oggi riconosco l’importanza per la mia vita), mi svegliai alle sette in perfette condizioni: libera la mente, frizzante il corpo, subito pronto ad alleggerirsi il ventre.

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Spaesamento

28 giugno 2010

di Gioia

Unheimlich è una parola di ambigua trasposizione e difficile da definire. Usata da Freud, che così intitola anche un suo saggio (Das Unheimliche), e da Heidegger con sfumature diverse, viene comunemente tradotta con perturbante (scelta linguistica che si deve a Cesare Musatti), un termine che ne individua la componente inquietante, di spaesamento. Nell’ambito dello Heim – patria, casa, familiarità – si insinua un elemento estraneo, minaccioso, mettendo in scacco il carattere rassicurante che solitamente gli appartiene.
Spaesamento di Giorgio Vasta è un’applicazione lucidissima del concetto di unheimlich alla ricognizione del mutamento di una città e di un intero paese. Decidendo di trascorrere gli ultimi tre giorni di ferie a Palermo, città natale in cui è vissuto fino ai venticinque anni, Vasta utilizza la tecnica del carotaggio per analizzare la realtà, vivendo continue epifanie ordinate e comprese solo nelle pagine finali, quando, con i personaggi incontrati nella sua missione, intrattiene una sorta di dialogo platonico.

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