di Andrea Libero Carbone, Alessandro Raveggi, Vanni Santoni, Giorgio Vasta
[…] Ciò che infatti più preoccupa nella pratica pseudoeditoriale, è il suo travestimento, non solo da editoria, ma anche da agente di democratizzazione di pratiche editoriali, con quello che ne consegue. Nella pseudoeditoria, oltre alla destituzione delle agenzie di scelta e valutazione, si avverte la possibile creazione di una comunità narcisistica di uguali, tali solo per censo e potere economico, che accedono previo pagamento a un astratto ruolo autoriale. Nella comunità pseudoeditoriale ci si affida solo al rating, al consenso cieco da consumatore, o alle proprie disponibilità e capacità autopromozionali, tanto che sarà “necessario che l’autore si metta in gioco, che costruisca la sua platform online, che abbia un seguito sui blog e sui social network” . Un meccanismo che non solo getta discredito sulla già pericolante realtà dei lavoratori editoriali (editor, curatori, traduttori, direttori di collana, uffici stampa), ma provoca la creazione di una comunità informe e debole dal punto di vista dell’autocritica, non tanto appiattita dal punto di vista del gusto quanto impossibilitata a educare gli stessi partecipanti alle proprie capacità e ai primi limiti da superare. […]