di giuliomozzi
[Nel giugno del 2005 Gianni Bonina, direttore di Stilos (una bella rivista che oggi non c’è più, per la quale avevo già compilate le 100 puntate del (non) corso di scrittura e narrazione) mi chiese di inventarmi una nuova rubrica. Nacque così Trovarobe, rubrica dedicata (almeno in teoria) all’andar cercando libri. Poiché non mi sembrano poi brutti articoli, li ricupererò qui. Leggi tutti i Trovarobe].
Un paio di settimane fa ero a Casteggio, in provincia di Pavia, per un laboratorio di scrittura che è durato un sabato e una domenica. Il sabato sera siamo andati a cena tutti insieme. Nel mio angolo di tavolo ci siamo messi a discutere sull’ideologia. Come in tutte le sane discussioni, dopo un po’ ci siamo accorti che il problema non era tanto l’essere d’accordo o non esserlo – in ogni caso non potevamo essere d’accordo, poiché i nostri principi erano diversi: e sui principi non si può, nel senso che proprio non è possibile, discutere – quanto il puro e semplice capirci. Io dicevo, ad esempio: «ideologia», e così dicendo intendevo: «Complesso di idee e principi propri di un’epoca, di un gruppo, di una classe sociale»; un interlocutore mi sentiva dire: «ideologia» e, marxianamente, (lui, che mi accusava d’essere marxista!), capiva: «Dottrina o concezione che nasconde sotto i propri ideali gli interessi particolari di una classe»; il terzo, ancora marxianamente, ma in una sorta di declinazione antipolitica del marxismo, capiva: «Complesso di idee astratte e mistificatorie che non hanno riscontro alcuno nella realtà»; e per il quarto (ché di questo discutevamo in quattro: mentre gli altri commensali, sanamente, preferivano discorrere d’altro), «ideologia» era semplicemente una cosa brutta, un residuo del passato, uno scheletro da armadio.