di Alessandro Beretta
[Questo articolo è apparso oggi in La lettura, supplemento del Corriere della sera. gm]
La nascita del Principino Poppy Bank può essere una svolta per l’umanità nei territori traumatizzati dalla Grande Scossa. A provarlo, l’attrazione naturale che spinge tutti i personaggi del romanzo La dissoluzione familiare ad avvicinarsi al neonato nel terrificante Ospedale della Sacra Frattura, luogo dalla geografia incerta e dalla crudeltà tentacolare. Ci sono il padre Ham Bank, lo zio Sylvanus, la temibile Lady Tenebra, il metafisico Don Sisma e l’Onni, dittatore televisivo. Sono solo alcuni de tanti personaggi che Enrico Macioci coinvolge nel suo romanzo, favola grottesca e allegorica dietro cui pulsa il ricordo del terremoto in Abruzzo.
L’autore, nato nell’Aquila nel 1975, ha già trattato il tema realisticamente nella sua prima raccolta di racconti Terremoto (Terre di mezzo, 2010) e qui vi torna, accompagnato nell’editing da Giulio Mozzi, con taglio surreale e simbolico. Una strada poeticamente inerpicata che affronta in una triplice battaglia: stilistica, tra periodare lungo, ripetizioni, elencazioni, allitterazioni; strutturale, tra capitoli di forme diverse e note che fanno “all’incirca mezzo libro”; e, infine, di temi. Ma argomenti come la società anestetizzata dai media, la famiglia da dissolvere e le false promesse di ricostruzione, faticano a coagulare. A picchi brillanti, si alternano momenti paludosi in cui l’originalità spinta della scrittura si affossa in eccessi di speculazione. Ne esce un libro frammentario, come frammentario è il piacere di leggerlo, ma coraggioso e fuori dal coro.