
Contrasti in famiglia
Contrasti in famiglia
[Le regole del gioco sono qui].
Mio PC, tecnologico portento
che credevo strumento di lavoro,
hai spalancato le finestre al vento,
mi hai trascinata in un’età dell’oro.
Il sapere, le vite immaginate
e immaginarie, il vero e il falso, brama
di fama, riso e pianto a rate,
tutto in un formidabile diorama.
[Le regole del gioco sono qui].
La più bella
aveva un ubriaco ed un lampione:
fermo il lampione, incerto l’ubriaco
dondolava all’arrivo della neve
tenendo in una mano, assurdamente,
un filo con in cima un palloncino.
Si è rotta, ha perso l’acqua, non sappiamo
come sia capitato. Sono fermi
l’ubriaco, il suo tempo, il palloncino.
[Le regole del gioco sono qui].
È un mobile minuscolo, étagère
con soli tre ripiani,
anni trenta/quaranta.
Era già in casa quando sono nata
e mi hanno detto che te la portavi
ovunque andavi
anche nella città dove dovevi
sentirti un’étrangère,
la piccola étagère.
Poi l’ho tenuta io e l’ho portata
con me in tutte le case di passaggio
ma all’ultimo
l’ho lasciata dov’eri
e dove ci hai lasciati,
forse per ritrovarla
le volte che ritorno.
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Piccolo lobo, tenera appendice,
vestibolo di anfratti e labirinti,
tu che i sussurri accogli, tu felice
generator di brividi agli avvinti,
tu che scompari tra due polpastrelli e
ti fai vermiglio come gli acinelli
dell’uva di ogni Bacco adescatrice
e di fiamminghi lucidi dipinti,
o bacca, in fregola divoratrice,
fragola, volgi i più innocenti istinti:
roseo pendaglio, rischi di esser bolo,
piccolo lobo, e con un morso solo.
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E sempre sia lodata anche la mano:
sarebbe un caso strano
che del corpo maschil d’encomio oggetto
dal piede al naso, dal tallone al petto,
rimanessi negletto,
primo strumento del genere umano. (*)
O mano che manovri, o Mana (**), o mano
che mi porti lontano
(l’ontano è il legno di Venezia, ho letto,
e di testiere ripide di letto)
ti dedico un sonetto
rinterzato in orario antelucano
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S’ode un’ode: la lode delle ciglia.
Eleganti e sinuose sentinelle
sull’indifeso ciglio delle iridi,
brevi ombre sulle palpebre, sorelle
congiunte a congiuntive, ùvee, coroidi,
si chiudono per custodire i brividi
(come cancelli, ché non si cancelli,
non sfugga alcun di quei fremiti belli),
si schiudono a mostrar la meraviglia.
S’ode un’ode: la lode delle ciglia.
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Muscolo sternocleidomastoideo,
maschio pilastro del collo tornito,
a te va questo canto un po’ euclideo,
di geometrie mirabili nutrito.
Per te si va verso il lobo adorato,
per te, sfiorato, all’agile mandibola,
per te le labbra vanno alla clavicola,
o battistrada verso il corpo amato.