Posts Tagged ‘aforismi’

12 aforismi da Facebook

21 aprile 2013

Magritte-Specchio-Falso

di Valter Binaghi

Uno di questi giorni

Dopo aver creduto ferocemente alla redenzione del mondo attraverso la poesia e aver constatato amaramente la nostra incapacità di praticare con serietà una qualsiasi religione, siamo fortemente tentati di farci commercianti d’armi come Rimbaud in Africa, ma essendo inetti anche a questo superbo cinismo ci accontentiamo di fare spallucce al mondo.
Portiamo a spasso il cane sulle rive del canale, fingiamo di credere alle virtù terapeutiche del tarassaco e al fatto che un presidente femmina salverà il paese dal declino. Riduciamo da 20 a 5 la dose di sigarette quotidiana, leggiamo romanzi scritti dai redattori di Nuovi Argomenti e recensiti da quelli di Nazione Indiana. La disperazione è in agguato, ma ci trova la sera quieti, sul divano, mentre scorrono i titoli di coda di un film dei Fratelli Coen.

Stanco

C’è una stanchezza del corpo, una della mente, e una dello spirito.
La prima è banalmente uguale per tutti, la seconda può creare strane solidarietà tra chi condivide le medesime idiosincrasie, la terza è singolare, incomunicabile. Chi mi ridarà non il bambino che sono stato, ma quello che avrei potuto essere e ancora si agita in me, a 55 anni suonati, come in un bozzolo?
Poi c’è la stanchezza di un’intera cultura: è tutto un linguaggio e i suoi retori di cui ci si vorrebbe liberare, ma accadrà solo quando tutti saranno disposti a un lungo istante di silenzio. Allora, meravigliosamente, dalla prima parola di un dio neonato prenderà forma un mondo senza infamia.

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Aforismi sul post-moderno

26 dicembre 2012

di Valter Binaghi

deserto-1I

Trionfo dell’inglese. Una lingua che parifica ogni interlocutore nell’immediatezza del “tu”.
Niente gerarchie presunte, niente antecedenti storici al discorso. Una lingua simile non doveva conquistare il mondo? L’unica possibile per il commercio, che omologa i distinti nella democrazia del denaro. Ma dal crogiolo in cui si fondono identità storiche e tradizioni, l’unica dignità che sopravvive è la variabile del prodotto interno lordo.Trionfo della miseria.
Una lingua esperta nello smontaggio, lingua da manuali per eccellenza, distingue per funzione, mai per forma, conosce il genere maschile e femminile ma solo come un’aggiunta, acquisita per importazione sopra una grammatica che resta sostanzialmente neutra nell’onnifruibilità del “the”. Sarà per questo che la nostra specie sta perdendo i più dolci connotati della caratterologia erotica, per ritornare al puro dimorfismo sessuale? Trionfo della semplificazione.

II

Dal lunotto dell’ultimo vagone, un passeggero guarda il paesaggio fuggito.
Filosofie della cultura, solo malinconie senili? Le inventarono coloro che per ultimi percepirono con vivace consapevolezza il declino delle Forme e del Rito, alla vigilia del gran falò del primo conflitto mondiale, che fece vuota spoglia di tutto ciò che non resisteva al nuovo Sacramento del Tritolo. Penso a Nietzsche, a Ortega Y Gasset, a Spengler. Intelligenze vive e per nulla senili, si lasciarono alle spalle la nostalgia del classico per appropriarsi della sua eredità trascendentale.

III

Se l’uomo non ha più un compito da adempiere all’interno di una Forma consacrata, se il suo agire non si configura come un contributo a una Storia che lo supera, chi gli darà il sostegno nel dolore e il perdono delle sue mancanze? Eccolo allora assegnarsi la missione della felicità personale (il miglior modo per condannarsi all’infelicità perpetua), o addirittura della genialità, fino alla presunzione di ottenere i doni dello Spirito con qualche modo dell’agire tecnico, dalla genetica alla magia. Un narciso nevrotico, organismo cibernetico in perenne scarsità d’informazione, come Houellebecq lo rappresenta nei suoi romanzi deprimenti.

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