Linea della vita; parte seconda: Vigilie d’estate
di Cecilia Musella
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L’immagine qui sopra è un dettaglio di un’opera di Emiliano Ponzi.
Questa è l’ultima puntata.
Una fine
Quest’anno l’inverno sembrava dovesse durare per sempre e invece è arrivata anche per noi la vigilia dell’estate. Nelle mattine libere io e Amalia ce ne stiamo in giardino mentre l’aria è invasa dal ronzio delle seghe tagliaerba, trasportato dalle villette che ci accerchiano. Sotto il frastuono, le fronde recise stramazzano sui marciapiedi ammutolite, prima di essere caricate sui furgoni. Noi due guardiamo la scena allungando il collo per sbirciare oltre il minareto delle siepi, che la tosatura ha reso compatte e affusolate.
Lunedì Danilo ha un altro controllo, ma il rigetto dell’intervento dovrebbe essere scongiurato. Il braccio tornerà a far male con i cambi climatici, e lui si sta abituando all’idea di convivere con una cicatrice. E’ semplicemente qualcosa di inciso, come me e Amalia, ma questa può guardarla allo specchio, in quella lisca rosa che ha piallato un solco liscio dal polso al gomito. Io e sua figlia, invece, non abbiamo il beneficio dell’evidenza ma solo la fiducia: in noi due, nel nostro amore, è costretto a credere, per sapere che esistiamo. Siamo la sua religione da eretico.
Tra Danilo, mamma e papà va un po’ meglio, mi pare. E’ bastato che io smettessi di essere un magnete che polarizza sentimenti e aspettative. A un certo punto il cervello ha disimparato a reagire: giro in folle, ignoro i loro alterchi. In questa mia mollezza, tutti si sono incanalati dentro un basamento placido, qualcosa di simile alla reciproca civiltà, al rispetto.
La casa di Vallecorta l’ha sgomberata il Comune, ci sarà una disinfestazione e per il momento di venderla non se ne parla. Prenderemo un po’ di soldi dalla denuncia per danni contro il figlio del vecchio abusivo che ha aggredito Danilo.