Archive for the ‘Potere’ Category

L’apologo dell’uomo schifoso

31 Maggio 2019

di Demetrio Paolin

Ieri stavo guardando la televisione quando mi sono imbattuto nelle immagini del funerale dell’uomo, che è stato ucciso dalla figlia. Mentre il feretro usciva dalla chiesa alcune persone hanno urlato, scandito con forza, che il morto era un brav’uomo. Le loro parole stridevano con tutto quello che di lui sapevamo e di lui c’era stato raccontato. La diretta continuava, l’eco di quelle parole si assottigliava e rimaneva il silenzio e il motivo strano del perché la gente avesse sentito il bisogno di dire che quell’uomo, accusato di aver picchiato la figlia e la moglie, fosse un bravo o al massimo uno che ogni tanto beveva troppo.

Davanti alla televisione nasceva in me un senso di disagio, la stesso che mi prende quando all’improvviso mi appare la mia figura allo specchio (non amo la mia immagine riflessa). Guardavo quel funerale come se fosse il mio; ascoltavo quelle parole come se fossero rivolte a me, perché – è vero – io sono un brav’uomo, io sono una persona buona. Sorgeva in questo asimmetrico rispecchiamento un intento giustificatorio, che mi ripugna e non riesco a tenere a bada. Una parte di me, nascosta in qualche antro oscuro, che alcuni possono chiamare coscienza, sentiva che quel sentimento di fratellanza verso l’uomo nella bara era qualcosa di sbagliato, nonostante ciò il senso di intimità verso il morto  cresceva. Con molta semplicità quello schifoso non era diverso da me: bianco, cattolico, di genere maschile.  Forse la mia cultura, il mio modo di stare nel mondo e la mia educazione mi hanno permesso di non essere come lui e non essere in quella bara. Mi sentivo più colto, meno violento, ma non meno colpevole.

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Auschwitz ovvero il male “pop”

29 ottobre 2018

di Demetrio Paolin

Molti, tra ieri e oggi, hanno condiviso una foto, dove è ritratta una donna dal sorriso sguaiato, la dentatura orribile, con indosso una maglietta che, ricalcando i caratteri della Disney, portava scritto “Auschwitzland”. Il mio primo sentimento è stato di indignazione, mi sono sentito offeso, poi mi sono chiesto: cosa ha reso possibile quella maglietta? A me interessa più  comprendere questo che non il semplice condannare un gesto scriteriato.

Provo a fare un ragionamento che inizia con un cortocircuito, che potrei riassumere in questo modo: la maglietta “Auschwitzland” non è molto diversa dalla scritta – che imperversava sui social qualche anno fa – #iosonoannefrank. Anzi direi che sono due facce del medesimo atteggiamento.

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Una lettera d’amore

14 febbraio 2017

di Demetrio Paolin

lettera

Cara Mara

Non so se queste parole arriveranno a te così come le scrivo.  Forse altri occhi che non sono i tuoi, i  tuoi occhi di spillo che guardavano il mare le poche volte che ci siamo stati, vedranno la mia calligrafia, ma nonostante i guardiani cercherò di parlarti chiaramente.

Qui dal carcere, tra le sbarre, vedo uscire la nebbia. Casale è così: un posto pieno di silenzio, che mi viene più facile pensarti in una delle nostre case sicure. Immagino a cosa pensi, immagino quello che senti ora rimescolarti nel sangue. Questo mondo e questa società, così come le abbiamo conosciute e vissute, sono destinate a esplodere. Noi saremo la miccia di questa apocalisse.

So che sorridi perché vedi in me il ragazzo cresciuto tra oratorio e messa. Eppure è così: il mondo è morente. Io lo vedo con nitore da questo angolo buio da cui mi è concessa la vista: tutto geme per la fine prossima. La natura, i pochi alberi che magri appaiono in lontananza, le nubi sparute nel cielo, la pioggia e le cornacchie abbandonate sembrano attendere il momento preciso in cui ogni cosa si svelerà. E io attendo con ansia il momento in cui non ci sarà più nulla di quello che siamo abituati a vedere, ma un mondo nuovo, un cielo terso, una felicità pura, che la sola idea di tutto questo mi rende gravido e partoriente, come se fossi un cavalluccio marino che feconda in sé i piccoli nascituri.

Ci saranno cadaveri lasciati per terra, lo sappiamo. Noi saremo visti come carnefici, ma è il prezzo che si paga per cambiare il mondo. La redenzione è un atto di violenza. Il Dio, in cui noi crediamo, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio di Marx, il Dio dei poveri è un Dio rabbioso che tira fuori i corpi dal nulla e li riporta in vita, che cambia verso alla terra e separa le acque…

È la nostra fede, la nostra gloria di rivoluzionari, sappiamo a cosa andiamo incontro; potevamo maledire il giorno della nostra nascita e la società in cui viviamo e invece ci siamo fatti strumenti di questo cambiamento.

Ora è venuto il tempo di chiudere questa breve lettera e mi prende una malinconia da quindicenne, stupida e impossibile da trattenere, penso a quando sono stato con te l’ultima volta prima dell’arresto e sono entrato nel tuo corpo.

Ti ho sussurrato che stavamo creando un mondo, separando la luce dalle tenebre, le acque dalla terra ferma, ma neppure questo giustifica i morti che faremo, perché abbiamo scelto –  nonostante l’amore e il bene che sentiamo – la violenza. Siamo armati e sappiamo che finiremo la nostra esistenza terrena sul marmo di un tavolo autoptico. Ci amiamo di un amore che non c’entra con la rivoluzione, ma che sacrifichiamo a essa.

E in questa rinuncia di noi stessi, siamo nuovi.

Con amore
Tuo Renato

24 maggio

24 Maggio 2015

Dichiarazione.

Altri morirà per la Storia d’Italia volentieri
e forse qualcuno per risolvere in qualche modo la vita.
Ma io per far compagnia a questo popolo digiuno
che non sa perché va a morire
popolo che muore in guerra perché “mi vuol bene”
“per me” nei suoi sessanta uomini comandati
siccome è il giorno che tocca morire.

Altri morirà per le medaglie e per le ovazioni
ma io per questo popolo illetterato
che non prepara guerra perché di miseria ha campato
la miseria che non fa guerre, ma semmai rivoluzioni.
Altri morirà per la sua vita
ma io per questo popolo che fa i suoi figlioli
perché sotto coperte non si conosce miseria
popolo che accende il suo fuoco solo a mattina
popolo che di osteria fa scuola
popolo non guidato, sublime materia.

Altri morirà solo, ma io sempre accompagnato:
eccomi, come davo alla ruota la mia spalla facchina
e ora, invece, la vita.

Sotto ragazzi,
se non si muore
si riposerà allo spedale.
Ma se si dovesse morire
basterà un giorno di sole
e tutta Italia ricomincerà a cantare.

Piero Jahier
(da Poesie in versi e in prosa, ed. 1964).

Il “simbolo farlocco” del MoVimento 5 Stelle è stato presentato da un attivista (o ex attivista) del MoVimento 5 Stelle?

12 gennaio 2013

di giuliomozzi

Mi domando se il sig. Andrea Massimiliano Danilo Foti, che ha presentato (ne parlano tutti, oggi) un simbolo elettorale pressoché identico a quello del Movimento 5 stelle guidato da Beppe Grillo, sia lo stesso Andrea Foti sul quale trovo notizie nel MeetUp delle elezioni regionali lombarde (qui) e nel forum del sito beppegrillo.it (qui).
Non ne so niente, ho solo girato per Google (e suppongo che non si tratti di questa Andrea Foti qui).

Qualcuno ha una risposta?

[Aggiunto dopo:] Un po’ di risposta c’è, qui. Dove si dice che Andrea Foti, dopo aver partecipato a un paio di MeetUp del MoVimento 5 Stelle, aveva “preso una strada autonoma già nel 2007”: facendosi un movimento per conto proprio, con lo stesso nome.

[Aggiunto il giorno successivo:] Vedi qui, qui, qui, ecc.

Ragioni per avere fiducia nella magistratura

11 gennaio 2013

Ho letto questo articolo di Massimiliano Tonelli nel blog Cartellopoli, su segnalazione di Massimo Mantellini; e a mia volta lo segnalo. gm

Quest’uomo è ricattabile?

19 novembre 2012

di giuliomozzi

Il punto è questo, è sempre stato questo. Siamo stati governati per un sacco di anni da un uomo ricattabile e ricattato. Quindi per un sacco di anni non siamo stati governati da lui.

Italia: la violenza che viene?

24 luglio 2012

di Nicola Lagioia

L’anno che comincerà il prossimo autunno potrebbe essere tra i più violenti che l’Italia abbia sperimentato dopo la fine della seconda guerra mondiale. Lo sarà dal punto di vista della violenza fisica, e allora – ammesso di non ritrovarci troppo impegnati a sopravvivere nella guerra tra poveri di cui siamo la parte privilegiata, guerra che da condominiale si sarà fatta nel frattempo rionale, poi cittadina – noi miserabili di buona volontà, specie se mossi da spirito cristiano, dovremo cercare di impedire che venga ucciso Luca Cordero di Montezemolo (provando a dimenticare l’intervista in cui Cesare Romiti, parlando con Minoli, lo accusa di essersi venduto gli appuntamenti con Gianni Agnelli mentre lavorava alla Fiat), dovremo salvare la vita del piccolo Oceano Elkann, la vita di Ignazio La Russa e di suo figlio Leonardo Apache (ricordando che il padre di Ignazio, Antonino, ex segretario del Partito Nazionale Fascista di Paternò, ebbe salva la vita perché, dopo essersi fatto catturare dagli inglesi in Africa, non ricevette da questi lo stesso trattamento previsto nei campi di lavoro gestiti dalla parte politica a sé amica), di Orlandina, la moglie di Sergio Marchionne (e dei due figli Alessio Giacomo e Jonhatan Tyler), nonché impedire che Massimo D’Alema venga aggredito per strada (stesso sforzo per Giulio Tremonti e per sua moglie Fausta Beltrametti, cercando di dimenticare che quest’ultima è andata in pensione a trentanove anni, avendo ormai riscosso ben più dei contributi versati) e Walter Veltroni durante la presentazione di un suo libro, oltre a impedire che Michel Martone, attuale viceministro del Lavoro e delle politiche sociali (senza farci scalfire dal ricordo di suo padre, già giudice della sezione “lavoro” del Tribunale di Roma nonché membro del CSM) venga aggredito in piazza Montecitorio da un senzatetto che cerchi di soffocarlo col topo morto che ancora non rappresenta il pasto principale di nessuno, ma forse lo sarà, e nell’attesa prestato a fini apotropaici.

Se non l’esplosione della violenza fisica, sarà il malessere psichico a raggiungere livelli mai sperimentati. […]

Continua a leggere l’articolo in Minima & moralia.

Questi suicidi

11 Maggio 2012

di giuliomozzi

“Li hai suicidati tu”, “No, sei stato tu”. Un bel gioco di scaricabarile: da una parte, chi ha dominato per quindici anni l’Italia fa finta di non averla dominata affatto (e già quand’era al governo con maggioranza schiacciante si lamentava che l’opposizione non gli lasciasse fare quello che voleva); dall’altra, l’esecutore testamentario allarga le braccia e dichiara che non si può fare altrimenti, non si può proprio, altrimenti viene un peggio così brutto da non essere neanche descrivibile.
Questa povera gente che s’ammazza – alla quale deve andre la nostra pietà, ma che farebbe meglio a non farlo: perché si sopravvive anche alla delusione, al fallimento, alla vergogna, al disonore, alla perdita di credito ecc. – dice con la voce più alta possibile quanto l’attività di governo sia proprio governo delle vite, governo dei corpi respiranti, governo della continuità e della riproduzione delle vite. Anche delle vite di quelli che non s’ammazzano.

Adesso lo sanno

21 ottobre 2011

di giuliomozzi

Adesso lo sanno. I nostri governanti – quelli di oggi e quelli di ieri – ora sanno che tra le possibilità della loro vita c’è quella di finire scannati come bestie. Muhammar Kadafi (o Gheddafi) era loro amico; lo avevano toccato e abbracciato; avevano mangiato alla stessa tavola; si erano reciprocamente mostrati le foto di famiglia; ci avevano scherzato insieme; forse, chissà, avevano condiviso qualche ragazza in una di quelle cene eleganti che vanno tanto di moda ultimamente.
Muhammar Kadafi non è un Saddam Hussein. Saddam Hussein era lontano, astratto, mostruoso, inattingibile. Era con Tarek Aziz che i governanti occidentali parlavano: e infatti per l’ammazzamento di Hussein ci fu in Occidente solo qualche flebile protesta di principio, o addirittura esplicito compiacimento (Usa, ovviamente); quando anche Tarek Aziz fu condannato a morte, le reazioni furono più convinte e decise, tant’è che la condanna non è stata finora eseguita. Diversamente, molto diversamente da Saddam Hussein, Muhammar Kadafi è – è stato – uno dei loro, dirò di più: uno come loro. Un corpo della stessa specie.

L’opposizione che salva la maggioranza

3 ottobre 2011

Le cronache parlamentari riportano, spesso con un certo clamore, gli episodi, non proprio rarissimi, in cui la maggioranza governativa viene battuta in una votazione in Parlamento. E’ successo 100 volte dall’inizio della legislatura, su provvedimenti più o meno importanti.
Di volta in volta i commentatori tendono ad interpretare questi fatti come sintomo di conflitti interni alla maggioranza, o come precisi segnali politici rivolti al Governo da parte di settori determinati. Può darsi.
Mentre non si parla mai, tranne che in casi eccezionali, delle volte in cui la maggioranza, al contrario, “avrebbe potuto essere battuta” e non lo è stata per le troppe defezioni tra gli oppositori. E questa parte della vicenda, sebbene ignota, ha una portata di gran lunga maggiore.

Leggi il rapporto di Openpolis L’opposizione che salva la maggioranza.

Più parlamentari per tutti, again

24 agosto 2011

di giuliomozzi

Un po’ tutti i nostri potenti sembrano ormai essere d’accordo, almeno a parole, sulla opportunità di ridurre – indicativamente: di dimezzare – il numero dei parlamentari. Io non sono potente e sono contrario.

Se è diventato lecito parlare di dimezzamento del numero dei parlamentari, è perché nel senso comune i parlamentari sono diventati roba inutile, sanguisughe dello Stato, fannulloni, perditempo rompicoglioni, eccetera. Non per nulla il tema appartiene storicamente proprio all’attuale capo del governo: che già nel marzo 2009 (vedi) proponeva che in aula i capigruppo votassero regolarmente a nome di tutti i componenti del proprio gruppo; e che nel successivo maggio ipotizzava addirittura, per diminuire il numero dei parlamentari, un disegno di legge popolare.

E’ evidente, scrivevo due anni fa, che quest’uomo ha una paura fottuta del Parlamento. E quindi, altro che diminuire il numero dei parlamentari: io ne vorrei di più.

E mi pare evidente che se il maggiore partito d’opposizione propugna anch’esso il dimezzamento del numero dei parlamentari, è perché ha una convenienza comune con l’attuale capo del governo.

Un governo

13 agosto 2011

Ha senso che un governo liberista, per difendere il Paese dagli effetti del liberismo, adotti politiche liberiste? (gm)

Tav: cronologia

28 giugno 2011

di giuliomozzi

E’ nel giugno del ’90 che, in un summit a Nizza, in Costa Azzurra, i Governi italiano e francese convergono sull’opportunità di studiare un nuovo collegamento tra i due Paesi (Ansa, come le altre date che seguono).
Governo Andreotti, Dc Psi Psdi Pli Pri.

Lo studio di fattibilità dell’opera viene affidato agli enti ferroviari di Italia e Francia il 18 ottobre 1991, al vertice italo-francese di Viterbo.
Governo Andreotti, Dc Psi Psdi Pli.

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Maggioranza assoluta

14 giugno 2011

di giuliomozzi

Il conto è facile: se vota il 54,81% degli elettori, e di questi il 95,35% esprime una certa preferenza, allora tale preferenza è espressa dal 52,26% degli elettori (il conto è fatto sul primo referendum, i dati ufficiali sono qui). Ovvero: se tutti, ma proprio tutti, fossero andati a votare, il risultato non sarebbe stato diverso: maggioranza assoluta. Tanto per fare un confronto: il sindaco “santo subito” Giuliano Pisapia ha avuto, nel duello finale, il voto di appena il 36,70% degli elettori milanesi (365.657 su 996.400, qui).

Astenersi è barare?

9 giugno 2011

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Referendum

7 giugno 2011

Kanagawa, La grande onda

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Esiste una AgCom?

22 Maggio 2011

di Giorgio Vecchiato

[…] Esiste una AgCom che dovrebbe fissare le regole della comunicazione e, in caso di irregolarità, punire gli inadempienti. Già il fatto che il premier irrompa nella campagna per Milano e Napoli usando le reti di sua proprietà dovrebbe far ricordare che c’è un piccolo inciampo, chiamato conflitto di interessi. Ma tutti zitti. E lo stesso, ciò che è peggio, per le reti a canone. Pare che la Commissione debba riunirsi mercoledi prossimo, lasciando che nel frattempo Berlusconi faccia altri monologhi davanti a reverenti cronisti. Nessuno dei quali, superfluo notarlo, si è sognato fin qui di avanzare contestazioni o anche semplici obiezioni.
Ora non è da dubitare che i membri dell’AgCom siano carichi di incombenze private, tanto da dover rinviare una riunione di interesse pubblico. Ma se ritengono di poter attendere mercoledi, tanto vale posporre a giugno o luglio; tanto i buoi sono già scappati. […]

Leggi tutto l’articolo apparso nell’edizione in rete di Famiglia Cristiana.

Un progetto politico

15 Maggio 2011

di giuliomozzi

[…] Questo non è un Paese per giovani – è vero – e tantomeno è un Paese per intellettuali. Ma forse il modo migliore per reagire a questa emarginazione non è continuare a denunciarla come uno scandalo – il fatto è sotto gli occhi di tutti, e a scandalizzarsi siamo sempre gli stessi – quanto piuttosto cercare di uscire dall’angolo. […]

Dell’appello Tq si è parlato molto, all’interno della repubblica delle lettere, in queste settimane (c’è anche un articolo in vibrisse, di Demetrio Paolin, con in coda qualche link utile: qui).
Ci ho pensato su anch’io.
Me ne parlano amici e conoscenti, e mi dicono delle cose. Ad esempio mi dicono: può considerarsi “emarginato” chi riesce a lanciare un appello dalle colonne del supplemento domenicale del Sole 24 ore? Io so che sì: perché, dalla posizione in cui sono, riesco a distinguere l’apparire dal potere. Su quel supplemento potrei scriverci anch’io: mi è stato proposto. Mi fa piacere che la direzione abbia intrapreso uno svecchiamento del parco-collaboratori. Mi sembra una scelta di marketing sensata, intelligente e positiva.
Se mi domando di quale e di quanto potere dispongo, mi rispondo: nessuno. Definisco il potere così: dare un ordine con la certezza che sarà eseguito. Io non ho nessuno che esegua i miei ordini, né mi verrebbe in mente di dare ordini a qualcuno.
Non ne faccio una questione di principio. Qui sto ragionando su di me, su ciò che io sono e su ciò che posso fare.

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Questo è il potere

10 Maggio 2011

[…] Ma io sento, e in definitiva credo, che se Margherita Hack può pubblicare un libro su quell’argomento [Libera scienza in libero Stato] e attirare tante persone agli eventi cui partecipa non è perché sia una grande astrofisica, e nemmeno perché ha una mente attrezzata alla logica, e addirittura nemmeno perché si dà per scontato che abbia esperienze significative e opinioni sensate e/o rivoluzionarie di cui parlare: io sento e in definitiva credo che se Margherita Hack può pubblicare un libro su quell’argomento, un libro che in copertina ha la faccia di Margherita Hack, e attirare tante persone agli eventi cui partecipa, è perché oggi, per la maggior parte di noi, Margherita Hack è un personaggio mediatico, nella fattispecie una simpatica vecchietta che si dice sia una grande scienziata e che è famosa per le sue uscite antireligiose in divertente accento toscano. […]

Leggi tutto l’articolo di Jacopo Nacci. (Che non è un articolo su Margherita Hack: è un articolo – come dice il mio titolo – sul potere). (gm)