di Giuseppe Genna
[Questo articolo di Giuseppe Genna è apparso il 4 giugno 2009 nel suo blog].

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E’ uscito presso Transeuropa
Il mio nome è Legione di Demetrio Paolin (12.90 euro – qui il
booktrailer). E’ un libro necessario, poiché è una delle forme date al tragico in questi anni di narrativa italiana. Forma diffranta e tuttavia unitaria, in maniera ben diversa dal lavoro strutturale (ma anche stilistico) effettuato da Giorgio Falco nel suo
L’ubicazione del bene, la narrazione di Paolin elude per trascendimento l’opposizione estetica tra bellezza e antibellezza. Ciò perché la bellezza non è uno stato di transizione, ma una conquista che, toccata e cioè realizzata, funziona retroattivamente sulla percezione dell’esperienza umana – e la redime. Si avverte a questo incrocio la possibilità di salvezza che annienta l’esperienza del male, radicalissima, effettuata nelle vicende affrontate dal protagonista del libro, Demetrio, professione “giornalista”. Non si tratta di uno sdoppiamento e nemmeno di
autofiction: si tratta di coincidenza fantastica, cioè condotta attraverso “l’intelligenza fantastica” che delinea Solger quando circoscrive la nozione di “tragedia del bello”. Romanzo neoesistenziale per finta, poiché ci si trova di fronte a una narrazione neppure religiosa, ma veracemente metafisica,
Il mio nome è Legione è un libro che coincide anche con il titolo: dire che si è il Male significa vedere il Male dall’esterno, e non essere identificati con l’interno.
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