di giuliomozzi
[Il libro Mamme con la partita iva, di Valentina Simeoni, pubblicato presso Sonzogno, sarà in libreria il 28 giugno 2018].
Conobbi Valentina Simeoni nel 2013, quando lei si iscrisse a un breve corso di scrittura presso il circolo Arci di Padova “Lanterna Magica”. Era un momento difficile della mia vita e in quel corso, devo ammetterlo, non detti il meglio di me stesso. Mancavo di concentrazione, mancavo di tempo, mancavo dunque di tutto ciò che mi serve per condurre bene un corso. Amen: mi dispiacque, mi dispiace, e me ne scuso ancora oggi con chi partecipò.
Il mio stato poco felice non mi impedì, peraltro, di notare Valentina. Mi sembrò, per dirla nel modo più semplice, una persona dall’intelligenza fuori dal comune: per di più, sgobbona. E perciò, negli anni successivi, anche grazie a quegli strumenti diabolici ma meravigliosi che sono i social media, cercai di non perderla di vista. Lei è antropologa («La cosa che mi piace di più fare e che so fare meglio – parole sue – è osservare le persone»), lessi nel tempo alcune sue pubblicazioni, mi rafforzai nella mia opinione. Di tanto in tanto, quando se ne presentava l’occasione, cercavo di far sentire la mia presenza. Lei mi prestò dei libri, io le prestai dei libri. Cose molto semplici.
È così che funziona, più spesso di quanto non si creda, il lavoro di scouting. Quando conobbi Valentina non avevo la possibilità di proporle niente di preciso; e, in effetti, in ogni caso non avrei saputo che cosa proporle. Ma in tutto ci vuole pazienza, e nell’editoria più che in altri ambiti. Un’occasione sarebbe arrivata, pensavo, anche se non sapevo un’occasione per cosa.
Poi un giorno Valentina pubblicò, nel suo profilo Facebook, una fotografia. Una gita a Venezia. Sembrava una fotografia casuale, il post non dava nessun annuncio, ma nel suo corpo sottile si notava, appena appena, una gentile rotondità. Le feci gli auguri. Il 10 gennaio del 2017 mi mandò una fotografia della piccola Nora: una bimba bella e unica come sono belle e uniche tutte le bimbe così piccole.
Nella mia mente, dunque, l’immagine di Valentina si definiva: antropologa quasi più per natura che per curriculum studiorum; molto curiosa di certe questioni linguistiche e semiotiche; lavoratrice, ormai abbastanza specializzatasi nell’insegnamento dell’italiano a stranieri (o dell’inglese a italiani); probabilmente priva di prospettive accademiche ma non per questo desistente dallo studio (un delitto, semplicemente: è un delitto che a certe persone non sia permesso di avere lo studio per lavoro); e ora madre, con Federico, di Nora. Avrei mai potuto proporle qualcosa?
(Mi direte: ma perché t’importava tanto di proporle qualcosa? Eh: perché, semplicemente, chi ha il talento di studiare, di imparare, ha diritto di avere accesso alla possibilità di rimettere in circolazione ciò che ha imparato, quel qualcosina di nuovo – siamo tutti nanetti sulle spalle di gigantoni – che ha potuto scoprire o ideare o concettualizzare eccetera. E a cosa serve l’editoria, se non a questo?).
Ora ci spostiamo.
Settembre 2017, nell’ufficio di Patricia Chendi in Marsilio. Patricia ha l’onere e l’onore di guidare il marchio Sonzogno, che Marsilio possiede: un marchio con una storia lunga, ricca di alti e bassi, oggi fondamentalmente identificato come marchio “femminile”. Patricia è una vera professionista, ha sempre lavorato nell’editoria, è capace – cosa che mi stupisce, e mi fa anche una punta d’invidia – di una sorta di simbiosi con il pubblico al quale il suo lavoro si rivolge. Le donne, ma non tutte e non solo le donne; le persone con un certo gusto, una certa sensibilità, eccetera eccetera.
Fattostà che in un giorno di settembre ci troviamo, Patricia e io, a fare una specie di brainstorming. Patricia cercava qualche idea per la “varia” di Sonzogno (per “varia” s’intendono quei libri che non sono né narrativa né saggistica né manualistica, e tuttavia insegnano qualcosa con coscienza e serietà, però in modo un po’ narrativo e piacevole, alla portata di molti se non di tutti, ec.). Come sempre, si tirano fuori cento cose e una sola, e forse una, è buona e sufficientemente definita.
A un certo punto uscì la formula: “Mamme con la partita iva”. Un clic. Patricia colse al volo: l’editoria, per dirne una, è piena di lavoratrici freelance. E come l’editoria, ormai tutta l’Italia. Un secondo clic. Quanti post avevo letto (e spesso rilanciato) in Facebook, con le narrazioni delle difficoltà a conciliare lavoro e maternità, della sordità istituzionale, della crudeltà aziendale, e così via? (E c’era anche una risonanza nella mia vita privata: ma questi, portate pazienza, sono fatti miei). Un terzo clic. Valentina aveva appena pubblicato un articolo, scritto insieme a Eleonora Massa, seriosissimamente intitolato «Posting as a Form of Storytelling: The Sociolinguistic Analysis of a Sample of Pregnancy Narratives on Facebook» (se cercate con questo titolo, lo trovate subito; traduco: «Pubblicare come forma di narrazione: analisi sociolinguistica di un campione di narrazioni della gravidanza in Facebook»). Un quarto clic. È utile, se non necessario, un libro che racconti questo fatto sociale ed economico che è sotto gli occhi di tutti, e probabilmente Valentina Simeoni, antropologa e madre con partita Iva, è la persona più adatta per raccontarlo.
Patricia fu d’accordissimo. Chiamammo Valentina, che reagì con nove secondi di sorpresa telefonica e, qualche giorno dopo, quindici pagine fitte fitte di progetto del libro («Ma questa è un mulo! Mai visto un progetto fatto così bene!» – said Patricia). Poi le solite cose, Valentina che ha il problema di mettere esattamente a fuoco lo spirito del libro, io che le rispondo proponendole la prima frase («Mi chiamo Valentina e sono una di voi»: incredibilmente, è davvero la prima frase del libro finito); un incontro a tre a Milano, nel bar di riferimento di Patricia, mangiando un panino, perché queste due donne devono pur conoscersi. E quindi: decisione presa, contratto e – ovviamente – ce lo potresti mica scrivere per ieri?
Non so come e quando abbia lavorato Valentina, ma so esattamente – voi no, ma io il libro l’ho ben letto e riletto – quanto ha lavorato, e con che risultato. Non doveva essere un libro di narrativa ma doveva contenere tante storie (e sì, ci sono le storie); non doveva essere un manuale ma contenere indicazioni utili (e sì, ci sono un sacco di indicazioni utili); non doveva essere un saggio ma avere una certa serietà scientifica di fondo (e sì, ce l’ha: piuttosto che lasciarsi scappare un’imprecisione, Valentina rinuncerebbe alla birra); doveva rappresentare una situazione obiettivamente difficile, ma essere un libro incoraggiante (e sì, Valentina di coraggio ce n’ha da vendere, fino al punto di sostenere che la maternità l’ha resa anche più brava come professionista).
Insomma, è un buon libro. Forse un libro eccellente. O, semplicemente: è un libro ben fatto e utile, che parla di qualcosa che tocca la vita di molte persone. Vi invito, se passerete in libreria, dal 28 giugno in poi, a prenderlo in mano e a darci un’occhiata.
[Tanti anni fa, con Giuseppe Caliceti – scrittore e maestro elementare – feci due piccoli libri sull’adolescenza. Il primo s’intitolò Quello che ho da dirvi. Autoritratto delle ragazze e dei ragazzi italiani (Einaudi 1998), il secondo È da tanto che volevo dirti. I genitori italiani scrivono ai loro figli (Einaudi 2002). Erano dei libri-collage, fatti ritagliando e incollando testi ricevuti in dono da tutt’Italia. Quello che ci mancava, a Giuseppe e a me, era il dono dell’osservazione, quel talento nell’osservare le persone che Valentina ha. Nel 2005, con Clementina Sandra Ammendola – sociologa, altro talento – feci un altro libro dalla forma simile, Abitare. Un viaggio nelle case degli altri (Terre di Mezzo), una sorta di racconto dell’abitare nella città di Torino. Ecco, questo lo dico per me: fare, o trovar da fare, o far fare a qualcuno, dei libri così, dove si lavori – in modi diversi, secondo il caso e le competenze – sulle storie delle persone e sull’intrecciarsi delle storie in una età o in un luogo o in una condizione: è una cosa che mi piace, e nella quale mi sembra di riconoscere una certa utilità].
Tag: Clementina Sandra Ammendola, Giuseppe Caliceti, Patricia Chendi, Valentina Simeoni
7 giugno 2018 alle 09:40
Una bella storia, con due personaggi luminosi: Valentina e Giulio. Complimenti a entrambi. E auguri per l’esordio di Valentina.
8 giugno 2018 alle 06:15
Grazie, Giulio.
11 settembre 2018 alle 22:11
[…] Qui puoi leggere un bell’articolo su Valentina e la genesi del libro tratto dal blog Vibrisse di Giulio Mozzi. […]