
Questa non è un’aspirante scrittrice (donna)
di giuliomozzi
Vedi anche: Dieci suggerimenti comportamentali per aspiranti scrittori (maschi).
1. Potete scegliere se farvi chiamare: scrittore, scrittrice, scrittore donna, scrittrice donna. Se riuscite a farvi chiamare nel primo modo, potete dirvi più che soddisfatte. Se siete chiamate nel secondo modo, potete accontentarvi. Se vi chiamano nel terzo modo, ricordate che il vero scrittore non ha aggettivi (se non, ovviamente, grande). Se vi chiamano nel quarto modo, cercate almeno di evitare qualunque conversazione nella quale compaia (pronunciata dall’interlocutore o interlocutrice, certamente non da voi) la parola veterofemminismo.
2. Se vi domanderanno che cosa vi sia di specificamente femminile nella vostra scrittura, ricordate di rispondere, sempre: “L’intelligenza”. Se insisteranno, domandandovi quali siano le specifiche caratteristiche dell’intelligenza femminile, ricordate di rispondere, sempre: “Giovedì” (a meno che non sia giovedì; nel quel caso rispondete: “Peronospora”).
3. Se ritenete che effettivamente nella vostra scrittura vi sia qualcosa di tipicamente femminile, non ditelo a nessuno.
4. Durante le interviste, specie se televisive, non ammettete che vi si chiami per nome, confidenzialmente. Mai. Se succede, e la trasmissione è in diretta, andàtevene (dopo aver spiegato la ragione). Se succede, e la trasmissione è registrata, protestate con chi conduce.
5. Se vi domanderanno come fate a conciliare la scrittura e la vita domestica, ricordate di rispondere: “Ho un algoritmo”. In alternativa potete rispondere: “Quale vita domestica?”.
6. Anche se non avete mai pubblicato nulla, ricordate di ricordare che non siete mai state aspiranti scrittori (o scrittrici, ec.), ma sempre scrittori (o scrittrici, ec.). A tredici anni vi chiudevate nella vostra stanza a leggere l’Etica di Spinoza (nella classica edizione dell’Universale Bollati Boringhieri), a diciannove anni scrivevate una tesina sull’aniconismo di Amanda Lear e Maurizia Paradiso, a ventidue anni correggevate gli errori della Retorica generale del Gruppo μ, a ventiquattro anni eravate caporedattrice junior, con delega al misticismo, nella Rivista dell’Anima.
7. Se vi domanderanno come avete fatto a gestire i personaggi maschili, ricordate di rispondere: “Più o meno come Flaubert ha gestito Emma Bovary”.
8. Ricordatevi che in tutte le situazioni pubbliche gestite da maschi (programmi televisivi o radiofonici, premi letterari, incontri con i promotori, ec.) la scrittrice non è mai una donna: è una femmina. Comportatevi quindi da donna, evitando accuratamente le sbavature. Nelle situazioni analoghe gestite da donne, di solito è uguale.
9. Nessuno crederà mai che abbiate fatto tutto da sola. Nessuno. Né i maschi, né le donne. Quindi, fregàtevene. Eventualmente, evitate relazioni sentimentali all’interno della Repubblica delle lettere.
10. Esistono gli editor che allungano le mani: ci sono le prove. Dunque portate sempre con voi un’accetta, e tagliàtegliele.
27 aprile 2017 alle 12:50
“ 22 luglio 1995 – Dovevo proprio andare a vedere il remake di Piccole donne per venire a sapere che il libro della Alcott è una specie di romanzo di un romanzo, la storia di una scrittrice che, alla fine, riesce a scrivere la storia che voleva scrivere. Di quando l’ho letto da bambino naturalmente non ricordo niente, e nemmeno del film, se non che a quel tempo ero piuttosto innamorato di June Allyson. In quanto al mio romanzo, sono più indietro del punto di partenza. (Non sono una scrittrice) “ [*]
[*] Lsds / 73…
27 aprile 2017 alle 12:59
Praticamente come essere una donna in qualsiasi altra situazione lavorativa….
27 aprile 2017 alle 13:24
Sempre pungente
27 aprile 2017 alle 13:32
Giulio, c’è un refuso al nono punto. *mai.
Ho apprezzato molto la battuta su Amanda Lear è Maurizia Paradiso. Ahahah
27 aprile 2017 alle 13:41
Ma il punto 10! Altro che peronospera!
27 aprile 2017 alle 14:17
E si impara sempre qualcosa 🙂
Peronospora: Fungo microscopico perlopiù parassita delle piante, alle quali procura una sorta di muffa biancastra o grigia sulla pagina inferiore delle foglie.
27 aprile 2017 alle 14:18
(con la “o”, eh, non cone la “e”, ma ho pur sempre imparato qualcosa, per l’appunto)
27 aprile 2017 alle 14:58
Sempre utile e spiritoso! Ti faccio notare al punto 9 : nessuno crederà ma.. (mai).
E ti chiederei a questo punto se anche tu sei scettico come me rispetto ai festival sulla scrittura “al femminile”. Ce n’è uno dalle mie parti e ti confesso che sono molto perplessa…
27 aprile 2017 alle 15:43
Consigli perfetti.
Mi sembra però che ne manchi uno relativo all’ipotesi (sempre più verosimile) che l’intervistata sia chiamata “scrittora”, ciò su cui gradirei un approfondimento.
27 aprile 2017 alle 16:00
ma un’aspirante scrittrice ci ha mai provato con te, Giulio?
27 aprile 2017 alle 16:49
Grazie, Noemi. Correggo.
27 aprile 2017 alle 16:49
Valeria: non ho mai sentito usare “scrittora”.
27 aprile 2017 alle 17:10
“Scrittora” viene usato ogni tanto, lo trovo abominevole!
27 aprile 2017 alle 18:21
e dieci cose per le scrittici agées (anziane è poco commerciale)?
27 aprile 2017 alle 18:29
C’è un consiglio alle giovani scrittrici nel caso in cui venissero intervistate così alla consegna di un premio?
http://www.youreporter.it/video_Campiello_Vespa_e_la_scollatura_della_Avallone_1
27 aprile 2017 alle 18:41
11. Ricordatevi che quando si pensa a uno scrittore si pensa anzitutto a uno scrittore, mentre quando si pensa a una scrittrice si pensa anzitutto a una donna.
27 aprile 2017 alle 20:55
Sergio: sì. Ma non strumentalmente. E comunque, come noto, non sono disponibile.
Spugna: ben detto.
27 aprile 2017 alle 21:05
Sagge considerazioni.
Mi permetto di suggerire: chi viene chiamata “scrittrice donna” potrebbe far notare il ritorno in cuffia.
E al punto 2, a fronte di insistenza, la risposta appropriata secondo me sarebbe “42”
27 aprile 2017 alle 21:53
Eh, ma “42” ormai la sanno tutti.
27 aprile 2017 alle 22:52
Punto 11; indossate sempre dei tacchi. Eviterete di farvi guardare dall’alto in basso
28 aprile 2017 alle 05:05
Grazie, Ma.Ma., ora correggo.
28 aprile 2017 alle 10:30
Ribadisco l’invito (ma non ci sto provando, addirittura lo metto qui), il punto sei mi ha fatta scoppiare a ridere da sola. Meno male che scrivo come un uomo. Sollievo. 😀
28 aprile 2017 alle 21:27
Appunto. Specie il punto 8. E’ la stessa storia delle forbici per i mancini. Genderosamente sacrosanti. Grazie!
28 aprile 2017 alle 23:01
Sono d’accordo sul tuo commento a “42”, ma l’idea è proprio che capiscano al volo di aver sbagliato la domanda eh eh
30 aprile 2017 alle 04:42
So che mi fisso su altro rispetto al testo dell’articolo, però… che c’entra la Multipla anni ’60? Che sia un rimando alle copertine di certi libri… che non c’incastrano niente con titolo e testo?
1 Mag 2017 alle 18:45
Non c’entra.
3 Mag 2017 alle 00:21
Ma certo che c’entra! La multipla delle suore. Bravo Giulio! Non ti odio meno, per questo, eh!
Cmq, se la mettessimo così, due punti.
1. I Romanzi agli uomini.
2. I Racconti Brevi alle donne.
… vorrei commentarmi, ma mi sembra di aver detto tutto.
16 Mag 2017 alle 13:03
Concordo Donatella, sento che già mi fugge di mano la mezza età…
16 novembre 2019 alle 11:36
E di nuovo sono andata a vedere che cos’è la Peronospora (me l’ero dimenticata; m’ero scordata pure che avevo fatto la stessa cosa quando lessi questo decalogo la prima volta e di fatto ne ho lasciato traccia nei commenti). E allora? Allora niente, mi sembrano discorsi dell’Ottocento (o di poco prima) che solo alla mia nonnina concedevo. Ma ho la “fortuna” di avere o atteggiarmi poco o nulla di/al femminile, per cui di solito queste domande non me le fanno più (nel mio piccolo); “non più”, perché in effetti me ne facevano qualcuna quando mi intervistavano per karate… ma un poco ci stavano pure in quel contesto. In verità leggendo questo decalogo resto più infastidita dalla formula che non dal “genere” nel quale viene declinata. Perché le domande sembrano essere sempre le stesse: come fai a conciliare lavoro e scrittura?, mi infastidisce allo stesso modo di quella che chiede come fai a conciliare i lavori domestici e la scrittura?; il karate e lo studio?; la passione per la fotografia e per il collezionismo di francobolli? Per dire. Cioè sono proprio noiose le domande. E se non noiose altro che non dico. Tra le domande più belle che mi hanno fatto due o tre le ricordo anche senza pensarci: una durante una presentazione mi si avvicinò e ammiccando, sottovoce, mi disse: “Anche tu parli con gli angeli, vero? L’ho capito leggendo il tuo libro. Io lo faccio da pochi anni, ma è bellissimo. Meglio però non parlarne davanti agli altri: sappi che io so!” poi scomparve; un’altra, un poco inquietante, serissima mi chiese invece se scrivevo ” gialli e thriller perché in verità covi da anni l’idea di uccidere qualcuno? È così, giusto? Perché io lo farei per questo…”; in merito a un libro che non parlava assolutamente di questioni religiose, ma di bambini di strada nepalesi, uno mi chiese: “Che cosa pensa del potere della Chiesa oggi nel mondo e di ciò che ha fatto nei secoli colonizzando paesi d’ogni fede?”; molti mi chiesero anche l’agenda con nomi, indirizzi e numeri di telefono del gigolo protagonista di un mio reportage narrativo, che nella storia smette i panni di intrattenitore sessuale. Per dire, anche se sono fuori di testa, ci sono domande molto più interessanti che non: sei più maschia o più femmino?