
Michelangelo, Pietà Rondanini (1554-1564).
di giuliomozzi
1. Se volete fare letteratura, dovete disprezzarla.
2. Se amate la letteratura, potrete forse produrre dei buoni libri d’intrattenimento.
3. Se pensate che la letteratura faccia bene, mettetevi piuttosto a fare del bene in modo serio.
4. Se provate piacere a leggere, potrete forse scrivere delle opere che solleciteranno il piacere altrui.
5. Se amate scrivere, ciò che scriverete sarà interessante solo per voi stessi.
6. Se venerate i Grandi Autori, e ancor di più se nelle occasioni sociali vi riempite la bocca della venerazione che provate per loro, nulla di buono potrà uscire da voi.
7. Se amate la compagnia degli scrittori, se amate conversare di letteratura, se tenete un capolavoro sul comodino per rileggerne una pagina ogni sera, siete proprio spacciati.
8. Se provate il desiderio di finire negli scaffali dei buoni lettori accanto – non ai Grandi Autori: arrossite al solo pensiero; ma almeno accanto ai Buoni Autori, la vostra ambizione sarà forse soddisfatta; ma voi sarete sicuramente perduti.
9. Se il vostro amore ha la forma del desiderio, ahivoi.
10. La bellezza è intollerabile: come la visione del dio, brucia gli occhi.
25 aprile 2017 alle 10:10
Ci sarebbe da discutere sul punto 5.
Per “se amate scrivere” s’intende “se vi innamorate di ciò che scrivete” ?
25 aprile 2017 alle 10:20
non sono d’accordo, l’amore per la letteratura può molto più del disprezzo. e, comunque, non esiste una sola via di praticare l’arte…
25 aprile 2017 alle 10:36
“ Domenica 14 settembre 1997 – Pensò Alberto Magneti Marelli: « Ora che abbiamo comprato tutto potremmo anche ricominciare a disprezzare qualcosa ». “ [*]
[*] Lsds / 73…
25 aprile 2017 alle 11:04
Stavolta non mi hai convinto
25 aprile 2017 alle 11:41
Ecco: qualcosa di autentico riaffiora in Mozzi. Anche qui un 25 Aprile di liberazione, non solo di memoria.
25 aprile 2017 alle 12:55
Marco Masini, Disperato, 1990.
25 aprile 2017 alle 13:58
Ma, Giorgiogor: non sono d’accordo neanch’Io, naturalmente.
25 aprile 2017 alle 14:05
De contemnenda litteratura. N’est pas, Giulio?
25 aprile 2017 alle 14:26
Dopo avere letto queste dieci affermazioni fatte da te, autorevole esponente dei modi di produzione letteraria, mi è venuta voglia di abbandonare ogni velleità e smetterla definitivamente anche con i corsi di scrittura.
25 aprile 2017 alle 16:34
Perchè la Pietà Rondanini?
25 aprile 2017 alle 17:25
La nove però, ahinoi, è vera per davvero.
25 aprile 2017 alle 18:22
una rondanini fa primavera?
25 aprile 2017 alle 19:31
Maria Luisa: a pensarci dopo, avrei fatto meglio a mettere un Tiziano, un quadro di Tiziano vecchio, tipo questo: http://biografieonline.it/img/bio/Tiziano.jpg
26 aprile 2017 alle 10:11
Per me la letteratura è l’arte di dire la verità senza essere messi alle strette dagli inquisitori.
26 aprile 2017 alle 11:31
Io li disprezzo tutti, da Omero a Zanzotto.
26 aprile 2017 alle 14:53
(Commento personale che non interessa a nessuno. A me le poche cose che scrivo mi dànno così tanta stanchezza che non ho poi la forza di disprezzare nessuno, né la voglia di apprezzare nemmeno le mie poche cose. Anche i libri degli altri mi stancano. Insomma la letteratura è un esercizio della stanchezza. Ma quella forma di stanchezza che mi permette di non pensare alla morte. Perché la felicità mi fa pensare alla morte più di tutte le cose, alle prime avvisaglie dell’infelicità; l’infelicità ovviamente mi fa pensare alla morte per ragioni diverse; ma la stanchezza, un certo tipo di stanchezza spirituale mi distrae molto, e mi dà gioia).
26 aprile 2017 alle 16:10
Dm anche per me è esattamente così 🙂
26 aprile 2017 alle 16:30
“ Venerdì 4 dicembre 2015 – Io ho sempre amato la letteratura, ma ho sempre disprezzato gli scrittori. Nel senso di quelli che scrivono, che scrivevano. Anche per questo ho sempre preferito leggerli quando erano morti, quando non c’erano più. Non ho mai desiderato conoscere uno scrittore, non ho mai voluto che una faccia, un corpo, una voce si sovrapponessero alle loro parole, alla loro scrittura. Quando ho conosciuto qualche scrittore – pochissimi -, ho voluto dimenticarli, fare come se non li avessi mai conosciuti. Va detto che prima gli scrittori erano pochi e per conoscerli bisognava andarli a cercare. C’era chi lo faceva, io no, mai. Fra gli scrittori « disprezzabili » c’ero anche io, quando scrivevo, se scrivevo. Per questo ho sempre preferito non scrivere. Se penso che, invece, un po’, ho scritto, ogni volta mi dico: non l’avessi mai fatto. Averlo fatto continua a sembrarmi imperdonabile. Voglio non scrivere più. “ [*]
[*] Lsds / 73…
26 aprile 2017 alle 18:47
acabarra59, condivido pienamente.
26 aprile 2017 alle 19:40
chi disprezza compra
26 aprile 2017 alle 20:25
“ 4 luglio 1987 – Chi disprezza compra. Lo spregevole è un business. “ [*]
[*] Lsds / 73…
28 aprile 2017 alle 00:16
“Non chiamatemi scrittore, né poeta, né critico, né esperto in nulla. Soprattutto, non chiamatemi artista. Per il vostro bene, non chiamatevi artisti neanche voi.
Non scrivetelo sul curriculum, sul diario, sull’agenda, sui biglietti da visita – se mai dovessero tornare dal passato. Non usate quel titolo nell’elenco telefonico e tantomeno con gli amici, neanche quando siete ubriachi alle feste. Neppure se vi drogate, o mentre dormite, o mentre sognate, dovete dire che siete artisti. E non parlatene neppure al vostro gatto mentre vi fa le fusa, o al vostro cane mentre vi corre di fianco sulle strade di terra battuta. E non pronunciate quella parola a voce alta nemmeno mentre pedalate sulle strade di montagna, ché le aquile sì, loro lo sanno cosa significa fare arte. E non dite che siete artisti neppure mentre fate apnea nel Mediterraneo, perché vi entrerebbe acqua in bocca (men che meno fatelo in piscina: gli istruttori di nuoto non sono interessati all’arte, occupati come sono a stare a galla tutta la vita).
Quando conoscete qualcuno, non fatevi presentare come artisti, perché tutti sappiamo cosa si pensa, appena si ode il suono di quella parola. È puerile, è penosa, è soprattutto patetica. L’artista non lo sa, di essere un artista. Crede di avere qualche altra malattia e invece è solo un artista. Ma un artista deve essere anzitutto prudente. E, se si definisce artista, non lo è. L’artista vorrebbe essere qualcos’altro, vorrebbe che qualcun altro fosse lui. Vorrebbe essere già morto, per non sentire più dolore, per smettere di cercare, per smettere di vedere cose che nessuno vede. L’artista non sa piacere, non sa intrattenere, non sa vivere, non fa la cosa giusta. È solo perennemente schiantato dalla poesia. Non si prepara i discorsi. E non ritiene neppure di doverli fare.
Non potete definirvi artisti, mi dispiace: l’artista è un uomo involontario, senza memoria, né riserve, né difese, talvolta senza neppure progetto. Ora, è semplicemente troppo tardi, per essere artisti.
Se proprio volete usare quella parola, prima assicuratevi di aver misurato l’infinito, distrutto l’amore dei potenti, sterminato la calma dei miti, ucciso la rabbia degli incauti. Accertatevi di avere un posto letto in un granello di sabbia, un indirizzo sulle nuvole, un coperto a tavola con i poveri.
Prima, accertatevi che Manet provi invidia per le vostre tele, che Baudelaire maledica di essere nato, che Antonioni restituisca vomitando acido i premi alla carriera. Che Dalì si sia calmato guardando un vostro paesaggio. Che Borges rinneghi di aver scritto una riga. Che Paganini distrugga il violino sul pavimento. Che Miles Davis faccia schiacciare la tromba a uno sfasciacarrozze.
Se scrivete che siete artisti, non lo siete. Vorreste esserlo, o che altri vi riconoscessero questa qualità. Vorreste non avere responsabilità, affermare senza spiegare, mostrare senza dire. Ma non ci riuscite. Non ce la fate. Avete paura di sbagliare. Quindi, non siete artisti.
Non è una qualità, l’essere artisti. È solo un vizio, una debolezza, una costrizione, una malattia incurabile. Ma voi siete sanissimi. E io pure.
Quindi, per piacere, toglietevi quella parola dalla testa.
Non usatela con me e, soprattutto, non usatela su di me.
Grazie.”
(ho citato me stesso, da https://www.facebook.com/venceslav.soroczynski/posts/1848099078795354, poiché non so se altri abbiano piacere di essere citati da me.)
28 aprile 2017 alle 05:03
Mah, Venceslav, l’approccio crepuscolare aveva senso ai tempi suoi; idem quello superomistico, che gli è complementare.
28 aprile 2017 alle 08:49
Anche secondo me, oggi, non ha più senso la riverenza verso la parola “artista”, soprattutto perché i lavori creativi si sono allargati. Oggi artisti sono anche gli chef che creano nuovi piatti, gli stilisti di scarpe, i fotografi, gli orafi, persino gli influencer di Instagram, e i crearori di video virali. In una società benestante (almeno più di ieri) l’arte si può permettere di contaminare ovunque la noia degli uomini. Erano i pittori, i poeti, quelli tormentati,,e alcuni lo sono ancora. Dipende dal fatto che molte malattie psichiatriche, soprattutto le forme di autismo, aiutano l’arte a venire fuori. Ma non c’è da ricamarci sopra, o meglio, è troppo facile farlo.
28 aprile 2017 alle 21:01
Venceslav Soroczynski: ho letto con molto piacere il suo intervento. E’ molto bello! A suo parere, dovrei preoccuparmene ( avendo più volte letto il punto 9)?
Non so chi possa aver mai “misurato l’infinito, distrutto l’amore dei potenti, sterminato la calma dei miti, ucciso la rabbia degli incauti” Preciso che non ho un “posto letto in un granello di sabbia” né “un indirizzo sulle nuvole”, mai e poi mai “un coperto a tavola con i poveri”.
Posto sotto il mio.
28 aprile 2017 alle 21:09
Ebbene sì: esercizio di traduzione (divertito) delle Dieci Affermazioni.
Mi ripeto: chiaro che devo preoccuparmi ( o al più, occuparmi di me).
1. Nel qual caso provaste desiderio per la Letteratura, sappiate per il 99 percento dei casi, ella, multiforme e suadente, prende spesso le sembianze di una belle dame sans merci, che invaderà con i suoi veli piacevolmente inquietanti il vostro spazio interiore oppure – forse – si rivelerà il suo doppio: una fanciulla perseguitata che dovrete mai smettere di tormentare, e allo stesso modo, non vi darà scampo. In entrambi i casi, andrà – sempre per il 99 percento delle volte – malissimo: ci sarà da soffrire (e basta). In ogni caso, come per quegli amori che vale la pena di attraversare, avrete fatto benissimo. Ma (sempre ma) se vorrete, alla fine, uscirne vivi o diciamo ‘più vivi’ ( ne fosse valsa la pena), dovrete trattare male – malissimo – questa potenziale Medusa. Tra un amplesso e l’altro, dovrete pensare che tutto quello che è stato detto prima di voi necessiti – ora – della vostra parola, che possa esprimere il ‘bel tacere’. Disprezzate e avreste un 20 percento di speranza di sopravvivere al Nemico cùpido con le alucce.
2. Solo dal disprezzo – ma meglio, molto meglio, dall’odio livoroso, nascerà la rabbia giusta che vi farà soffrire – per anni e anni – nell’inedia penosa prodotta da una perenne, tortuosa azzurrina sorgente di pensieri e produrre il succo di voi – dell’anima – che potrebbe avere qualcosa da dire a chi, proprio come voi, sta soffrendo, perché, proprio come voi, vive, ma potrebbe – accade molto più spesso di quanto si possa mai immaginare – non accorgersene nemmeno. Altrimenti, sarete una parvenza d’ombra, un semplice passante incontrato per un’anonima strada. “Soffri”, dice la Medusa sorridendoti se-ducente, “ed io non ti impietrirò”.
3. Non c’è mai fine al dolore e potrete contribuire ad alimentarlo, scrivendo. Questo vi faccia gioire e godere, dunque. Fare del male ne produrrà – artificiosamente altro – sia a voi sia a chi incautamente vi leggesse; e questo è il senso ultimo della vita, naturalmente. Tuttavia, attraversando insieme il vostro incubo, di cui voi stessi siete stati artefici per liberarvene, il vantaggio sarà poterne parlare o piuttosto – gioia purissima – condividerlo.
4. Dovete costringervi in una forma: solo così – come di solito accade – potrete esistere ed uscire da voi stessi come da un antico carapace con il mollusco troppo morbido e sentire il desiderio, la spinta, il bisogno di prenderne un’altra, metamorficamente. Solo così avvertirete distintamente con chi, cogliendo la vostra forma – troverà per un infinito momento inutile – rispecchiata la sua e – se fosse –sarebbe comunione d’amorosi sensi ed implicitamente il fine ultimo insomma di ogni esistenza degna di tale nome.
5. Odiate quello che fate e soprattutto quello che non riuscite a fare come vorreste, giorno per giorno: è un ottimo risultato, siatene certi. Siete sulla strada giusta. Sarà questa la vostra spinta a fare sempre qualcosa di nuovo, per godere, infine, nell’ingannare il tempo di chi leggerà – e per distogliere, entrambi, insieme, dal solito annientante – fedele – pensiero che tutte le cose finiscono.
6. Dovete sentirvi presuntuosi e coltivare pervicacemente l’idea che potrete cambiare il mondo, molto molto di più di quanto altri abbiano mai e poi mai fatto. Voi siete unici, no? Fatelo, soprattutto mentendo a voi stessi, fatelo per chi vi ha preceduto, perché ciò che ha fatto con grande sofferenza (forse la vostra stessa: la riconoscete?) non vada perduto. Oltrepassate sempre il limite. Soprattutto il vostro, che è quello di cui voi dovete prendervi cura.
7. Per produrre pagine bisogna essere soli, molto soli, amare la solitudine ed il silenzio. Soprattutto il silenzio della parola altrui. Invitate ad andare all’Inferno, in ottima compagnia, chi vi sta distogliendo. Ascoltatevi, sentite quel che dentro di voi sta spingendo fuori il suono scritto delle vostre parole. Più saranno inutili più saranno belle. L’inutilità è essenziale.
8. Solo dalla distruzione di ogni certezza si può produrre un viaggio letterario che sia degno di essere viaggiato, ove la meta non è quella che si stabilisce, ma quella che non si conosce. Non esiste infatti. Mai. Non può prendere la forma delle pantofole che, felpate, portano ad uno scaffale, ma deve possedere – anche per sole due ore – il Tempo – e quindi l’Anima del lettore, con scarpe – al minimo – da ginnastica – se non da trekking o stivali da masnadiere (o quelli del gatto).
9. Se provate il desiderio della Letteratura, non potete fare altro che concedervi a Lei, rischiando un’atroce morte: amante implacabile, dopo avervi posseduto, potrebbe sottrarvisi, facendovi precipitare in un abisso di solitudine in ogni momento in cui lei fosse lontana, vortice che condurrà alla distruzione del non smettere mai mai mai d’amare, non ricambiati.
10. Tuffatevi nella Bellezza, come da un trampolino. Sotto, c’è l’acqua. Comunque, prima di salire, controllate: potrebbero esserci lavori in corso ed il rettangolo azzurro potrebbe essere momentaneamente vuoto. Nel qual caso, annusate l’aria dall’alto, osservate le fiamme ferventi sulle colline terree d’intorno, poi scendete, tenendo forte il corrimano: basterà.
28 aprile 2017 alle 21:16
Ringrazio!
2 Maggio 2017 alle 15:55
La sette, purtroppo, e per quanto riguarda la parte del comodino, è proprio la mia. Debbo però aggiungere che nel mio caso i libri sono più di uno e alcuni di loro variano a seconda del periodo. Adesso fra gli altri c’è una vecchia copia di “Moby Dick” e per questo motivo prima di addormentarmi lascio sempre ai piedi del letto e a portata di mano una fiocina ben appuntita. Per difendermi da Achab, naturalmente. Ma fiocina a parte, questi libri da comodino e tanti altri che ho con me non potrei mai disprezzarli.
4 Maggio 2017 alle 09:30
Bene, Giulio Mozzi. Apprezzo le sue affermazioni sul disprezzo della letteratura.
Credo che l’amore per essa ne implichi il disprezzo: la necessità di creare un’opera letteraria determina il superamento di tutto ciò che è legato alla tradizione.
Sono molto interessanti la settima e la decima affermazione. La compagnia degli scrittori è arida, noiosa, autoreferenziale. Sempre. Meglio guardare, ascoltare, incunearsi nelle strade. E “la bellezza è intollerabile: come la visione degli occhi, brucia gli occhi” è mirabile.
4 Maggio 2017 alle 10:13
(Mi rendo conto che io non devo aver capito molto. Avevo preso questo elenco in modo, come dire, quasi “sarcastico”: un mix tra “le solite accuse”, “Le verità letterarie che si dicono, tipo luoghi comuni, tra chi si dà d’intendere di essere al di là”, quell’effetto “poeta dannato”. Ma vedo che molti l’hanno presa molto sul serio. Devo provare a leggere questo decalogo in modo diverso. Uhm…)