di giuliomozzi
Guardiamo l’immagine qui sopra. Quali informazioni servono per decodificarla? Vado un po’ in ordine sparso.
1. Innanzitutto, bisogna aver presente l’immagine della quale è una parodia:
2. Poi bisogna sapere chi è Silvio Berlusconi: un importante imprenditore nel ramo immobiliare, della televisione e altro; un capo di partito; un ex presidente del Consiglio dei ministri (per svariati anni, non continuativi); un grande comunicatore con un suo preciso stile particolarmente legato alle emozioni e ai sentimenti (del quale il fascicolo Una storia italiana è la summa: qui trovate il testo, ma non le illustrazioni; e non potete godervi lo stile dell’impaginazione originale, secondo me molto simile a quella contemporanea di Famiglia Cristiana); eccetera.
3. Poi bisogna sapere che, almeno in Italia, esiste la tradizione di mangiare l’agnello a Pasqua. “Non c’è niente di sacro. Solo gastronomie arcaiche, rurali”, spiega Maurizio Crippa nel quotidiano Il foglio, notoriamente non lontano da Berlusconi (ovvero: l’invito a non mangiare l’agnello a Pasqua non è una posizione antireligiosa o anticattolica; al contrario, può essere gradita sia dai “cattolici critici”, per i quali la commistione tra fede e “gastronomie arcaiche” non va bene, sia dai “cattolici culturali” disposti a commuoversi per la sorte di un animale salvato dal macello).
4. Poi bisogna sapere che l’essere della fotografia viene dal film Alien e succedanei; e bisogna sapere che quell’essere, un grande predatore, può tranquillamente opporsi, nel senso comune, all’agnellino: ferocia contro mitezza, astuzia contro ingenuità, subdolità contro placidità, cattiveria contro bontà, oscurità contro candore, misteriosa complessità contro evidente semplicità, e così via.
5. La decodificazione della fotografia “truccata” è dunque, apparentemente, facilissima: Silvio Berlusconi, che nell’originale si propone come salvatore di miti, ingenue, placide, buone, candide, semplici creature (almeno diecimila, sostiene il quotidiano di famiglia), viene invece proposto come protettore di una creatura feroce, astuta, subdola, cattiva, oscura, misteriosa.
6. A questo punto uno può concordare con ciò che la fotografia dice, può non condordare, può astenersi; può indignarsi o farsi una risata o restare indifferente. Fatti vostri.
7. Ma le informazioni di cui a 1 a 4 sono davvero sufficienti a decodificare la fotografia “truccata”? Al di là del fatto che ciascuno dei punti può essere più o meno approfondito (un conto è sapere genericamente chi è Silvio Berlusconi, un conto è saperlo approfonditamente; un conto è mangiare l’agnello a Pasqua, un conto è sapere perché lo si fa; un conto è consideare l’agnello un esempio di mitezza, un conto è ricordarsi l’Agnus Dei qui tollit peccata mundi e sapere che cosa significa a tutti i livelli; eccetera), ci sono molte altre informazioni che per una decodifica approfondita bisogna avere.
8. Per esempio: perché la fotografia originale (anzi: le fotografie; non so dove siano apparse originariamente, ma ne ho viste in rete parecchie) è fatta così? A me danno l’aria di essere fotografie quasi casuali, da album di famiglia (come molte, alcune delle quali effettivamente foto da album di famiglia, nel già citato Una storia italiana); e tuttavia (conoscendone la bravura comunicativa) dubito che Silvio Berlusconi si affidi a immagini casuali: saranno piuttosto delle fotografie accuratamente costruite per sembrare fotografie da album di famiglia; peraltro è non è facilissimo trovare degli agnellini davvero così puliti e candidi…
9. Sempre per esempio: perché, in questo momento storico e politico, Silvio Berlusconi fa un gesto simile e lo pubblicizza? Ma: lo ha fatto e poi la ha pubblicizzato, o lo ha fatto per pubblicizzarlo? In quale strategia – per lui, leader fin poco fa dato per decotto e ora, grazie all’harakiri del Pd, tornato in lizza – rientra questa scelta.
10. Sempre per esempio: perché, nell’immagine truccata, compare un alieno sullo sfondo, sfocato? Solo per parallelismo con alcune delle immagini originali? O per aggiungere un senso di minaccia?
11. Sempre per esempio, ma come ultimo esempio: è noto che la più formidabile campagna elettorale di Silvio Berlusconi ebbe una doppia vita: le immagini originali,
e le innumerevoli parodie, tra cui la più celebre e forse geniale, è disponibile in molte versioni (prendo la più estrema, addirittura con i colori societari):
E si può sospettare (no, non ne ho le prove) che l’abbondanza di parodie abbia contribuito al successo della campagna stessa; addirittura, la formula “più X per tutti” è diventata una formula corrente, più o meno come “O così o Pomì”. Non è quindi che quel furbacchione di Berlusconi contasse, per l’eco della sua iniziativa, anche sulle (inevitabili, e anche facili, direi) parodie?
12. In conclusione: la dicotomia semplice/complesso, facile/difficile (ma non è detto che il semplice sia facile, né che il complesso sia difficile) forse mostra un po’ la corda. La discussione di questi giorni mi è parsa nel complesso interessante, ma un po’ confusa (anche il mio intervento era come minimo un po’ confuso). Ci torneremo.
19 aprile 2017 alle 10:42
Io non sono riuscito a leggere tutti i vari commenti (sembrerà strano ma anche un Editore ogni tanto lavora….) però in effetti la definizione di complessità andava ricontestualizzata (io stesso ne ho scritto unicamente dal punto di vista editoriale con tutto ciò che ne consegue) – infatti questa bella riflessione di Mozzi devia verso una riflessione più concettuale sul termine. Su Berlusconi abbiamo avuto lo stesso giochino delle cover insomma (una canzone non è riuscita se non ha una cover) ma è utile alla domanda: cos’è complesso? Personalmente, ed esclusivamente nell’ambito poetico, trovo complesso un testo che ha radici storiche importanti, che ha una riflessione filosofica precisa e che dal passato muove al futuro, o a una sua proiezione. Insomma Dante è (ovviamente) complesso. Ma lo è anche Damiani pur avendo una “forma” molto semplice
19 aprile 2017 alle 10:59
Ero certa di non invadere più per un po’ Vibrisse, ma Giulio mi stimoli il cervello e come sai sono poco prudente: non mi so molto trattenere.
Questo esempio che porti è a modo suo davvero perfetto per la discussione.
Ecco quello che sapevo io e che mi è servito per capire.
Avevo intravisto Berluscoi in una precedente foto con lui e l’agnello. È vero, ma non mi è servito.
So di sponda chi è Berlusconi per i casini legali e certe gaffe di cui la stampa internazionale ha parlato. Non è mai stato un personaggio tale da stimolare il mio interesse, per cui non so molto di più del fatto che è un politico e un imprenditore che si è aggiudicato un sacco di voti dal popolo più “povero” o cosiddetto meno colto solo perché da tutti gli italiani più colti ho sempre sentito parlare male di lui, mentre dalla gente “comune” ho sempre sentito parlarne bene e quando chiesi il motivo, uno mi rispose: “perché non dovrei votarlo che grazie a lui metà della mia famiglia lavora? Chi alla Standa, chi di là, chi di qua.”
Quindi sì, ci arrivo da me a capire la mossa dell’agnellino, poi che sia per Pasqua o per caso… a me interessa poco: l’animale è un cucciolo e se ci mettevano un gattino faceva lo stesso effetto. Forse qui è rafforzato dall’azione degli animalisti… ma ripeto poteva essere anche d’altro genere e per il messaggio era uguale.
Poi è uscita l’altra foto che come ho detto poteva anche non essere legata alla prima. Perché quando ho visto l’immagine-parodia ho sentito subito un doppio senso di minaccia. Premetto che io non ho mai visto Allien & Co, per cui non so che cosa sia quella cosa lì, in basso, che lui stanallattando, ma quella figura di una specie di dinosauro metallico sfuocato è fondamentale per l’associo a un predatore del futuro, e quindi mi fa capire che il Berlusconi sta allattando un predatore del futuro con tanto amore. Quel sorriso è di fatto in entrambe le fotografie la cosa più inquietante. E a me come messaggio basta.
Quindi riassumendo a me non serviva sapere l’origine della parodia, non serviva conoscere Allien, non serviva conoscere le abitudini pubblicitarie sue o di altri, non serviva sapere che l’agnello si mangia a Pasqua e che c’entra con la religione, di fatto noi abbiamo sempre mangiato capretto… e nemmeno tutto il resto. Solo mi serviva un po’ sapere chi era Berlusconi e pur non essendomene mai interessata le informazioni che avevo mi sono bastate. Il senso della foto è che sta per tornare una minaccia sul popolo italiano messo in guardia dalla parodia: se non torna lui, potrebbero tornare i “suoi”. Tutti di natura predatoria e pericolosa.
Perché il punto credo sia questo: un’opera può essere più o meno interessante o importante a dipendenza forse dei livelli di comprensione che essa concede. Quindi potrebbe essere “auspicabile” concedere comunque un livello base a tutti, così da non restringere il campo solo a una ristretta cerchia di persone.
19 aprile 2017 alle 11:00
È difficile. Lo diventa nel momento in cui è creata con l’intenzione di far credere di aver decodificato in maniera corretta un’immagine apparentemente tenera/buffa/ironica e avendo invece la volontà di creare un messaggio subliminale pubblicitario senza che il target di riferimento se ne accorga. In fondo è l’unico marketing che funziona.
19 aprile 2017 alle 11:03
Alcune considerazioni: cosa NON cambia nella parodia? Direi per discriminare: l’espressione liliale del cav e il lavoro delle sue mani (la loro atttudine espressiva): la mano sulla “nuca” del cucciolo, la mano che tiene il biberon con il latte; la parodia trattiene e cambia di segno. Ipotesi: che ciò che sia trattenuto continui il suo operato originario, forse addirittura potenziato. E dunque: il “meno tasse” là (oltre al volto, al mezzobusto che rimarca il volto); il volto e il complesso segnico delle mani qua… e le mani cosa dicono? Allattano. Il maschile materno. Brambilla, Pascale, Dudù e Dudina. Ma anche il cav non è più o non è mai stato il satiro: è il “maschile materno”, colui che cura, che si prende cura, che nutre (ha la tetta artificiale, ma comunque tetta). Un nuovo fronte di seduzione. Sarà quello che “serve”, oggi, anche a fronte della (di contro alla) immagine “armata” di un Salvini?
19 aprile 2017 alle 14:05
Ho fatto vedere la foto che apre il post a mio figlio Antonio, 14 anni, e gli ho chiesto cosa vedeva e se poteva spiegarmi il significato dell’immagine. Mi ha risposto: “E’ Berlusconi che dà da bere a Alien. Forse vuol dire che è un allevatore di mostri, quindi è dannoso.” Poi, per completezza, gli ho fatto leggere il titolo dell’articolo di Gilda Policastro, “La più amata dagli italiani. Teresa Ciabatti e l’eutanasia della critica.” Mi ha chiesto “Che significa eutanasia?” Gliel’ho spiegato. Poi mi ha detto: ma Teresa Ciabatti chi è, una politica? Forse significa che bisogna smettere di criticarla. “
19 aprile 2017 alle 14:24
Antonio non sapeva che la foto con Alien è la parodia della foto con l’agnello, ma si è comunque avvicinato al senso dell’immagine, perché sa chi è Berlusconi e chi è Alien.
Per capire il titolo di Policastro avrebbe dovuto sapere:
– che Teresa Ciabatti è una scrittrice.
– che ha scritto un romanzo che si intitola “La più amata”.
– cos’è la critica letteraria.
In più, per cogliere qualche altra sfumatura, gli avrebbe fatto comodo sapere che:
– ” La più amata dagli italiani” era uno slogan pubblicitario di una popolare marca di cucine, che ha avuto come testimonial l’icona pop Raffaella Carrà, quindi dire di una scrittrice che è “La più amata dagli italiani” significa degradarla e enfatizzarne l’aspetto commerciale.
– Teresa Ciabatti ha avuto critiche positive e, secondo l’autrice dell’articolo, immeritate.
– “Eutanasia della critica” parodizza il titolo del romanzo “Eutanasia di un amore”, di Giorgio Saviane.
19 aprile 2017 alle 16:35
Sia dalla parodia n. 1 che dalla parodia n. 2 viene fuori un bel “gioco delle differenze”. C’è da chiedersi (la domanda è retorica?) quale fra le diverse immagini è la più inquietante. L’articolo “la” non può darci una risposta certa né tanto meno presupporre la singolarità di tale interrogativo, poiché gran peso ha sulla questione non solo la forza e ironia del messaggio quanto anche la complessa o altrimenti banale interpretazione del ricevente. Si può dire che l’immagine più inquietante è la n. 1, poiché l’ex presidente del consiglio sta allattando un cucciolo di alien (già cucciolo è un ossimoro) cucciolo che ne nasconde, peraltro, il sorriso, togliendo ulteriormente familiarità al personaggio e dunque quell’aria rassicurante che dello stesso siamo abituati a percepire. Si potrebbe dire, diversamente, che l’immagine reale dell’allattamento originale, vero o presunto che sia, risulti più inquietante per il fatto che quanto voglia esprimerci è tutto lì sotto i nostri occhi: ovvero l’immagine (o lo spettro?) del vecchio che “riavanza” con strumenti subdoli e privi di ogni scrupolo, pur di opporsi al per così dire nuovo (populismo) che avanza. Tale immagine, d’altronde, non sfrutta, a differenza della sua parodia, l’esperimento del doppio, ovvero del mostruoso alien (stavolta è tutto fuorché un cucciolo) alle spalle del presidente. Cos’è, dunque, veramente disarmante? L’apparentemente banale (ma frutto di una strategia subliminale non indifferente) semplicità dell’immagine originale o l’apparentemente semplice complessità della parodia, che nasconde il sorriso del personaggio, non offrendo alcun motivo di scherno (semmai amaro stupore) o di derisione normalmente suggeritaci all’espressione bonaria del “presidentissimo”?
19 aprile 2017 alle 17:12
C. P.: “Eutanasia della critica” è il titolo di un saggio di Lavagetto che Policastro sicuramente conosce.
19 aprile 2017 alle 17:35
Sì, il riferimento è a Lavagetto, non a Saviane, non ci avevo pensato, un altro elemento in più, e non da poco, da cogliere.
20 aprile 2017 alle 00:24
A leggere questa bordata di discussioni e commenti su facile/difficile, semplice/complesso, eccetera eccetera, volevo dire una cosa semplice e facile, da lettore. Negli ultimi due mesi ho letto un libro che si chiama Guerra e Pace, pubblicato centocinquanta anni fa da uno scrittore russo che si chiama Lev Tolstoj. Ecco, volevo dire che mentre leggevo Guerra e Pace non mi sono mai chiesto se fosse facile o difficile, semplice o complesso. Semplicemente (facilmente) leggevo e basta.
Eppure Guerra e Pace è forse uno dei libri più complessi che esistano, forse è addirittura un archetipo di tutti i libri che sono venuti dopo (e prima) di Guerra e Pace, uno di quei libri che contiene tutti i libri, per dirla con quel gran genio di Manganelli, pace all’anima sua.
Per farla breve: decodificare un libro non è mai un’operazione semplice, non è mai un’operazione complessa, non è mai un’operazione facile e neanche difficile. Semplicemente, si fa per dire, leggere equivale a decodificare. Vale per Guerra e Pace come (perdonami Signore) per i libri della Ciabatti o di Fabio Volo o perfino di Alessandro Baricco (perdonalo Signore). A dirla tutta, credo che decodificare sia l’ultimo pensiero di chi legge, mentre legge, proprio perché la decodifica va di pari passo con la lettura: seamlessly, direbbero gli anglofoni.
Poi c’è un altro livello di decodifica, meno naturale, più consapevole, ma è un pensiero che viene solo a libro chiuso, in quell’attimo per una volta davvero fuggente che separa l’ultima parola letta dal desiderio di rileggere, che è un desiderio raro, e che è poi il mestiere del critico, cioè di uno di quei pochi che non si accontenta di leggere un libro una volta sola.
Io che sono un lettore semplice (sic!) ho letto Guerra e Pace e mi sono goduto tutto quel complesso (sic!) di rispecchiamenti, spiazzamenti, incazzature e commozioni che fanno di un libro un bel libro: alzi la mano chi ha letto Guerra e Pace e non ha sperato che Sonja imbracciasse un bazooka per distruggere casa Rostov. E lì mi sono fermato. E lì resterò per il resto dei miei giorni, sperando che Sonja imbracci un bazooka, eccetera.
La critica è un altro mestiere. Era il mestiere di Viktor Sklovskij, che su Guerra e Pace ha scritto pagine incantevoli perché non si è accontentato di sperare che Sonja imbracciasse un bazooka, ma ha preferito imbracciarlo lui, il bazooka, per ridurre in coriandoli Guerra e Pace, per poi descrivere i coriandoli uno a uno, facendoci vedere Guerra e Pace come mai lo avremmo immaginato noi lettori semplici che ci incazziamo per la sorte di Sonja. Era il mestiere di Manganelli, che ha fatto la stessa cosa con Pinocchio.
Ecco, secondo me, oggi come oggi, non mancano i lettori che si struggono per Sonja: mancano gli Sklovskij e i Manganelli che si prendono la briga di imbracciare il bazooka per ridurre in coriandoli, che so, La più amata della Ciabatti o Cella della Policastro e farci vedere cosa ne resta dopo aver analizzato i coriandoli uno per uno. E mi si forma in cuore un dubbio certamente cattivissimo e maliziosissimo: non è che gli Sklovskij e i Manganelli sono spariti perché non ci sono più libri degni di essere ridotti in coriandoli?
20 aprile 2017 alle 07:18
“ Mercoledì 1 ottobre 2008 – Poi, quando sento che la Rai farà una maratona per la lettura integrale della Bibbia e a leggerla saranno, fra gli altri, Andreotti, Benigni, Caprarica e Valentina Vezzali, ripenso a quel brano di Eutanasia della critica in cui Lavagetto racconta di una gita a Roma, da Parma, nel ‘63, per andare a sentire Ungaretti che faceva lezione all’università. Racconta che rimasero tutti stupiti quando Ungaretti, letta una poesia di Leopardi, disse: è così bella che non c’è da aggiungere niente, e poi la lesse di nuovo, e poi di nuovo, e di nuovo, finché l’ora della lezione non fu consumata. Penso che anche da questo si vede quanto tempo è passato, perché, francamente, fra Ungaretti e Benigni, e Andreotti, e Caprarica, e Valentina Vezzali, la differenza è troppo grande per non fare venire voglia di darsi, sia pur dolcemente, la morte. “. [*]
[*] Lsds / 73..
20 aprile 2017 alle 08:38
Che bello il commento di lettore occasionale!
20 aprile 2017 alle 09:09
Considerata la fine che fanno gli agnelli gli italiani hanno fatto la stessa fine 🙂
20 aprile 2017 alle 09:48
P. s. Sottoscrivo l’apprezzamento di Garufi per lo scritto li Lettore Occasionale.
24 aprile 2017 alle 18:02
[…] cari, ma che di recente hanno provocato una grande discussione grazie a scrittori e/o critici quali Giulio Mozzi e Gilda […]