[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
Sono apparsi a breve distanza di tempo, entrambi per i tipi della Casa editrice dottor Antonio Milani (C.E.D.A.M.) di Padova, due singolari (benché accoppiabili) volumi dovuti rispettivamente alla penna del fondatore della Società italiana di studi corporali (Sisc) – l’oggi ultranovantenne Odorino Reggiasco – e a quella della sua attuale presidente (così ella, nell’articolo Il genere che presiede, in “Quaderni placentali”, a. xxii, n. 3, 2012, ha dichiarato di voler essere consuetamente appellata, argomentatamente rifiutando gli orrori non solo linguistici presidentessa o, castiglianamente peggio, presidenta) Enza L. Flatù, allieva prediletta del precedente. Si tratta in realtà di due volumi culturalmente interconnessi, benché editorialmente assai diversi.
L’archeologia del petare. Saggio metodologico del Reggiasco non è altro che una raccolta ragionata, nonché accuratamente selezionata, delle ultime lezioni e degli estremi saggi del maestro (attualmente ridotto al silenzio da una devastante demenza senile), tutti già sparsamente e ormai introvabilmente pubblicati: dalla celebre conferenza Morte e meteorismo a Vipiteno (in “Acta tirolesiana”, a. xli, n. 1), all’euforizzante Esercizio di interpretazione dell'”Ars bene petandi in societate” (in “Collezione di saggi e studi rabelaisiani”, a. xxxix, n. 4); da L’odore di santità nell’olfattomanzia tardo medievale (in “La civiltà coprolalica”, a. xii, n. 2) alla definitiva sintesi di Scorregge e corregge: il governo del corpo e le punizioni corporali nel Piemonte dell’età cavourriana (pubblicato nel numero monografico Sculaccioni! della “Rivista italiana di studi sulla punizione”, a. xvi, n. 3). Il lettore non specialista si beerà della facilità e della felicità di scrittura del Reggiasco, ad onta della sterminata erudizione e della precisione cristallina del dettato.
Strettamente monografico e verrebbe da dire ampiamente monolitico è invece il lavoro della Flatù, Il meteorismo nell’Ancien Régime. Forme di liberazione e strutture di protezione, che fin da titolo e sottotitolo manifesta un peraltro evidente debito culturale verso la scuola del Collège de France degli anni d’oro (e quindi di Michel Foucault in particolare): qui l’apparato di note giunge fino a soffocare tipograficamente il testo, già di per sé boccheggiante sotto l’intensissima mole di riferimenti bibliografici e documentali: peraltro – e mi si perdoni, per la sua pertinenza, l’amichevole boutade – il lettore mediamente colto, una volta convenientemente digerita e assimilata l’opera, non potrà non riconoscerne il valore non solo indagativo e descrittivo, nel suo puntiglio storico, ma anche larvatamente profetico e potentemente attuale.
Sarà da tenere d’occhio, la Flatù, oggi splendidamente trentacinquenne, di provenienza accademica – cosa anomala in questo settore di studi – prettamente letteraria (benché schiettamente comparatistica: il suo primo lavoro, frutto dell’elaborazione della testi di dottorato, I pantaloni alla zuava nella letteratura irochese della seconda metà della prima metà del Novecento, Cartocci 2004, ne dà testimonianza) ma ormai avviata, anche – va concesso -, grazie alle numerose spintarelle (e, si sussurra nei corridoi universitari, alle numerose bottarelle) concessele dal Reggiasco (“Smetterò di essere un barone, e quindi di comportarmi da barone, nel momento preciso in cui smetteranno tutti gli altri”, dichiarò egli una volta al “Corriere mercantile”) a diventare, al di là della carica societaria, la regina incontrastabile degli studi italiani di storia, sociologia, antropologia, etnografia, economia e musicologia corporali.
E s’attende con ansia, per non dire con impazienza o bramosia, la pubblicazione del tomo contenente gli atti della Giornata internazionale di studi corporali tenutasi nel 2014 a Pieve di Livinallongo del Col di Lana (Bl), l’ultima presieduta dall’ormai vacillante Reggiasco, dall’ammiccante e accattivante (e chiastico) titolo La merda nell’arte e la merda nell’orto: escrementi del corpo e nutrimenti dell’anima, che dovrebbe contenere anche i testi dell’allora applauditissimo (e il vostro bibliofilo lo dice e lo accerta, perché lui c’era; e parla per veduto e non per saputo, com’è peraltro suo costume) Certamen Letaminis, ovvero Competizione declamativa di poesia stercoraria, al quale pare abbia partecipato (ma sotto contrite spoglie) anche l’ormai ben nota a lettori e lettrici di vibrisse Mariella Prestante (il celebre docente di estetica, e critico d’arte e di letteratura, Renato Barilli, ivi presente in quanto onnipresente, lo definì citazionalmente: “Una cagata pazzesca”).
17 agosto 2016 alle 07:05
“ 18 novembre 1994 – « 29 luglio 1952 – A proposito d’un peto molto lungo, veramente lunghissimo e, diciamo la verità, melodioso, che lascio andare al risveglio, mi sono ricordato di Michel de Montaigne. Questo autore riporta che Sant’Agostino fu un famoso petomane che riusciva a suonare intere partiture. » (Salvador Dalì, Diario di un genio) “ [*]
[*] Lsds / 73…
17 agosto 2016 alle 08:20
Impagabile, persino Joyce proverebbe invidia.
17 agosto 2016 alle 10:58
Gentilissima Nadia, se la sua iperbolica lode fosse veritiera, gli psicanalisti freudiani dovrebbero affiancare, alla ben nota invidia del pene, la nuovissima invidia dello sfintere.
(Mi perdoni, ma me l’aveva servita su un vassoio d’argento).
17 agosto 2016 alle 10:59
Bissolati! Si contenga!
17 agosto 2016 alle 13:02
Gentile Bissolati, Freud ha già provveduto ampiamente. E lei non faccia il perverso polimorfo! 🙂
17 agosto 2016 alle 18:18
Bissolati, credo che all’invidia di Joyce si aggiungerebbe pure quella di Campanile! Concordo con Nadia:è impagabile.
17 agosto 2016 alle 18:30
Io invece sono annoiata dalle sue recensioni, sig, Bissolati. Cerchi un modo migliore o anche semplicemente diverso di condividere il suo talento.
17 agosto 2016 alle 18:36
Ma no, Maria Luisa, il sig. Bissolati è estremamente divertente e trovo che riprenda tutta la tradizione di Rabelais, di Teofilo Folengo, insomma della comicità in apparenza greve e in realtà arguta. Poi, certo, io sono sempre talmente triste che nella letteratura cerco tristezza, come fanno tutti i malinconici, però la bravura è bravura, non c’è che dire.
17 agosto 2016 alle 19:50
“ Giovedì 13 gennaio 2011 – Ieri sera ho rivisto una metà di Amadeus (Forman, 1984). Come ricordavo è un film molto drastico, quasi brutale. È un film sul culo, del culo. Melomane-petomane, tromba di culo etc. Amadeus è un buffone, un homme-qui-rit, un Forrest Gump, come minimo. La moglie è una vecchietta, una scimmietta. Dopotutto ha ragione Lei che, a un certo punto, ha detto: « È un film triste ». Io direi piuttosto: tetro. (« Qui va tutto all’indietro ») “ [*]
[*] Lsds / 73…
17 agosto 2016 alle 23:27
Gentile Bissolati, arricchirò senz’altro la mia biblioteca dei due volumi recensiti. Vorrei chiederle gentilmente se, durante le sue ricerche, ha trovato qualche saggio da indicarmi sull’esercizio subacqueo di questa nobile arte. Grazie.