di Eusebio Gnirro
Se c’è ancora qualcuno convinto che sia la bellezza in senso classico: la pulcritudine, intesa come apoteosi del corpo perfetto, a scatenare le passioni più violente, e questo qualcuno non sia disposto a mettere in discussione tale assunto, è bene che ometta la lettura della presente voce del Sommario. L’apotemnofilia è una particolare forma di mania che induce a cercare partner sessuali con menomazioni fisiche. Alcune sottocategorie, come l’abasiophilia, l’acrotomophilia, l’amaurophilia e la dismorphophilia sono incentrate sulla predilezione per specifiche categorie: disabili, amputati, ciechi e storpi, ma rimane il denominatore comune dell’indifferenza verso tutto ciò che è armonico, simmetrico, completo, e un entusiastico trasporto per la sproporzione, il malfatto, l’incompiuto.
Sono la mancanza di un orecchio, un’alopecia che denuda porzioni di cranio, l’assenza di un seno, ad alimentare l’eccitazione nell’uomo; mentre un setto nasale riconfigurato a sprangate, il fortuito smarrimento di un testicolo, l’avulsione accidentale di un occhio, otterranno il medesimo effetto su una donna parimenti attratta da creature che manifestino difetti corporei rilevanti. Il carattere paradossale di questa mania è che il più delle volte le persone fanno di tutto per nascondere le proprie tare, poiché non immaginano che possano essere motivo d’attrazione; ne consegue che chi ne sarebbe affascinato non ne viene a conoscenza e il desiderio inappagato s’accresce in misura esponenziale. Occorre in genere qualche anno prima che la frustrazione sessuale spinga il soggetto alla ricerca parossistica di stimoli sempre più accentuati, ma prima o poi accade. Ecco che allora sarà disposto a gettarsi tra le braccia di chi braccia non possiede, a baciare volti privi di bocca fin dalla nascita che sono tenuti in vita da un sondino nasale.
Orbene, se l’amore platonico disconosce i confini, ancor più impegnativo risulta confinare la bramosia sessuale: gli uomini e le donne apotemnofili sono capaci di escogitare stratagemmi d’ogni sorta pur di assecondare i propri impulsi. Non a caso la maggior parte di essi intraprendono, anche in età avanzata, studi in ambito medico e paramedico con la finalità di diventare chirurghi, assistenti di sala, ortopedici, anestesisti, barellieri, e poter entrare in contatto con persone malridotte, senza dar troppo nell’occhio mentre esse danno nell’orecchio a furia di strepiti. Individuerete costoro tra coloro che mostrano maggiore sollecitudine nella cura dei pazienti, quasi non avessero altro scopo nella vita o nessuna vita in assenza di quello scopo; li indentificherete tra quelli disposti a fare carte false per un turno in pronto soccorso, a inveire contro i sindacati che gli impongono otto ore di riposo dopo averne fatti diciannove di fila in sala operatoria. E’ vero che questo zelo smisurato, una dedizione che sconfina nell’abnegazione, pur giudicate unanimemente commendevoli, potranno destare perplessità nei pazienti che vedranno primari o infermiere chinarsi per baciargli il moncherino non ancora cicatrizzato, accarezzare in sollucchero i margini d’una ferita in via di rimarginazione, annusare un ano preternaturale, tagliare con i denti il filo dei punti di sutura, ma in fondo a chi nuoce? Diverso è il caso delle menomazioni procurate artatamente con la scusa dello scambio di cartelle cliniche, sulle quali la procura vigila e, come testimoniano alcune note vicende processuali, si mostra restia a concedere le attenuanti richieste dagli avvocati difensori, i quali adducono la motivazione degli indubbi vantaggi offerti alle vittime da una pensione d’invalidità: non ultimo l’essere affrancati dalla necessità di dover diuturnamente respirare quando a farlo in loro vece sarà un polmone d’acciaio di ultima generazione.
Tralasciando gli episodi da codice penale, prendete in considerazione l’ipotesi di un uomo, o una donna, che s’imbatte in una donna, o in un uomo, al quale la vita ha preso tanto, se non tutto, e proprio in quel difetto, tanto più a effetto quanto più l’altra persona ne sia affetta, trova lo sprone che accelera la galoppata del cuore nella direzione di un’affezione smisurata; non negherete che in una caso simile sia la vita a trionfare e risulti impossibile restare indifferenti di fronte allo spettacolo del bene che ha la meglio sul male. Questa consapevolezza dovrebbe farci vedere le cose sotto la corretta luce e non abbassare lo sguardo, o storcere il naso, nell’osservare un sessantanove tra pluriamputati di cui non è chiaro quale sia il sopra e quale il sotto; una spagnola con una donna priva di ghiandole mammarie che costringe il pene ad affondare nell’incavo del cosiddetto pectus excavatum; un cranio che mette a disposizione, come tutti gli altri, sette fori, senza però connotarli a sufficienza per discernere le fosse nasali dagli imbocchi dei canali uditivi o le cavità orbicolari da quella orale. Non è quindi il caso d’inorridire alla scoperta di un ufficiale della polizia scientifica che approfitta d’una strage per sottrare un piccolo reperto, ossia ciò che rimane della terrorista che si è fatta esplodere: vale a dire l’ombelico spiaccicato sulla facciata di un palazzo, che adopererà nottetempo come anello fallico. Riservate perciò un minimo d’umana benevolenza al ginecologo statunitense condannato alla sedia elettrica sol perché iniettava nei feti sostanze che potessero indurre malformazioni irrecuperabili: in fondo, al pari di voi tutti, non faceva altro che vagheggiar l’amore.
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11 luglio 2016 alle 08:24
*O* Signor Gnirro: lei è colpevole di avere un’immaginario spaventoso e una capacità di proporlo agghiacciante. Com’è che nel mezzo della lettura mi è anche scappata una risatina? Oggi vivrò con un senso di colpa ingiustificato. Per colpa sua. Le auguro belle letture terrificanti che facciano venire un colpo a quel mostro che anima i suoi pensieri… Ecco. 🙂
11 luglio 2016 alle 08:51
“ Domenica 10 luglio 2016 – « Cesare Pavese: la cucina e i falò » (Titolo di Repubblica in occasione del festival letterario di Santo Stefano Belbo) [*]
[*] Lsds / 73…
11 luglio 2016 alle 09:35
il mostro non finirà mai arrosto
dispone di un cospicuo rostro
e non sbaglia mai un apostro(fo)
11 luglio 2016 alle 10:47
[…] società dove non è usuale chi esibisca un danno o una malformazione senza provarne vergogna, la voce del Sommario assicura che, se invece ciò avvenisse davanti a un acrotomo/apotemnofilo, e si abbia la fortuna di […]
12 luglio 2016 alle 13:54
E Lei, signor Vattelapesc a, cosa vagheggia? un pò di attenzione, please, o bucare la canicola sparando a pallettoni? fuori il problema! qual è il suo : vero, grande e remoto, signor Vattelapesca ? una che si denomina Matta, ma ci sta ripensando.
12 luglio 2016 alle 13:58
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per dirla con uno svarione del mio caro Giulio, forse “Matta” è una concumelia.
18 luglio 2016 alle 06:02
[…] che si merita; qualsiasi depravato fa coppia col suo gemello verecondo. Per questa ragione la precedente voce del Sommario, nella quale era descritta l’attrazione morbosa per qualsiasi frammento di materia […]