di giuliomozzi
Nei commenti al mio probabilmente imprudente post Dieci libri che è indispensabile far leggere ai ragazzi che frequentano la scuola secondaria superiore, Maria Luisa Mozzi, di professione insegnante di Italiano nella secondaria inferiore, ha scritto:
Mi sarebbe utile che qualcuno mettesse a fuoco (l’ennesimo decalogo?) le caratteristiche che dovrebbe avere un libro (qualsiasi, ma da leggere, non da consultare) per essere adatto nel 2016 a dei ragazzi di 14-16 anni, anche di altri continenti, ma inseriti nelle scuole di uno stato dell’Europa occidentale neolatina. Ogni caratteristica dovrebbe avere un perchè esplicito e un esempio.
Non sto facendo ironia, mi sarebbe veramente utile nel mio lavoro di insegnante. E’ una richiesta posta con umiltà.
Non è uguale a quella di Giulio, è capovolta. Chiede di individuare il bisogno e dopo, solo dopo, la lettura suggerita.
Mi sembra un buon modo di porre la questione. Ovviamente non si tratterà di individuare e descrivere necessariamente dieci caratteristiche (potranno essere otto o trentadue). E, altrettanto ovviamente – mi pare -, non si tratterà di individuare caratteristiche omogenee tra loro: potranno essere presi in considerazione aspetti contenutistici, artistici, linguistici, culturali, formali, pedagogici, politici e via dicendo.
Lo spazio dei commenti è a disposizione. Grazie.
Tag: Maria Luisa Mozzi
31 Maggio 2016 alle 17:37
1. essere abbastanza vicino alla loro esperienza quotidiana da permettere loro di identificarsi;
2. essere abbastanza lontano dalla loro esperienza quotidiana da permettere loro di scoprire qualcosa di nuovo;
3. essere abbastanza semplice da non fermarli dopo le prime pagine;
4. essere abbastanza complesso da stimolarli a fare uno sforzo;
5. insegnare loro qualcosa, ma senza fare la morale;
6. non dire loro cosa fare, ma stimolarli a farlo;
7. provocarli, ma senza facilonerie;
8. se possibile, far parte del Grande Canone Occidentale (ma non è indispensabile).
31 Maggio 2016 alle 17:54
Credo che la collega faccia una domanda a cui è difficilissimo rispondere: i ragazzi, oggi, leggono poco e male; più crescono, inoltre, meno leggono ed è più complicato consigliare loro le letture. Alla fine, purtroppo, qualcosa si impone.
Le prime caratteristiche che mi vengono in mente e mi sembrano imprescindibili: libri ben scritti, in buon italiano, comprensibili e ricchi dal punto di vista lessicale (il vocabolario è sempre più scarso). Storie interessanti, vicine alla vita vera dei ragazzi di oggi – almeno per cominciare, poi, quando saranno lettori esperti, si cambierà argomento e ci si allargherà – , un po’ divertenti e molto positive: c’ è tanto bisogno di ridere e di avere speranze, fra i ragazzi che frequento io.
Esempi però non ne ho. Suggerimenti pochissimi.
… Comincio ad aspettare 🙂
31 Maggio 2016 alle 18:40
Non sono un insegnante, ma provo a dir la mia con riserva.
Secondo me, un libro per essere adatto nel 2016 a dei ragazzi di 14-16 anni dovrebbe fornire un contatto, anche labile, con una qualche specie di alterità. Cioè dovrebbe essere in grado di attrarre un giovane lettore per opposizione al mondo in cui sta. Come un anticipo dell’esperienza di lettura più matura per cui il desiderio implicato non è verso la conferma, ma il suo costruttivo contrario, ecco.
Anche la scuola dovrebbe essere, secondo me, luogo altro – nello stesso segno.
Si tenga conto della riserva.
31 Maggio 2016 alle 19:31
“È una richiesta posta con umiltà” mi sembra questa la chiave per rispondere su quali libri suggerire di leggere a un sedicenne. Un adolescente ha bisogno di scostarsi, di allontanarsi dagli adulti. Ho conosciuto adolescenti che si potrebbero considerare lettori forti, ma che si lamentavano di ciò che gli veniva imposto di leggere per le vacanze. E a un mio timido commento che avrebbero dovuto considerare quei libri come indispensabili per affrontare i futuri esami di maturità, mi riferisco in particolare all’anno in cui uscì il tema su “L’infinito viaggiare” di Magris, hanno continuato a storcere il muso. Non si può suggerire un titolo da leggere se prima non si è letto appassionatamente ad alta voce per loro. E non lo dico per presunzione ma per prova sul campo: gli adolescenti non si fidano degli adulti, e forse hanno pure ragione, ma la fiducia si può conquistare. E concludo portando ancora esperienza: ho voluto sfidare la sorte leggendo a ragazzi di quinta elementare il primo capitolo di Bel ami per un progetto di lettura su gli incipit, è andata a finire che ho dovuto leggere almeno un altro capitolo perché non mi mollavano. Chissà?
31 Maggio 2016 alle 20:21
Deve essere un libro che sbeffeggia voi insegnanti (più in generale: l’autorità).
31 Maggio 2016 alle 20:38
“ Sabato 11 settembre 2004 – « Una curiosità. In quest’ultimo bestseller Follet sembra sbeffeggiare un monumento letterario quale Proust: “ Parlo di un ragazzo che trova in un cassetto la Recherche e pensa che il nonno la usasse per addormentarsi la sera. Questo non vuol dire che io non ami Proust, uno scrittore meraviglioso. Ma è lo scrittore lento per antonomasia, io invece sono veloce. Siamo agli antipodi ”. » (Dai giornali) [*]
[*] Lsds / 73…
31 Maggio 2016 alle 21:05
Quest’anno ho letto in classe (cosa che faccio sempre) Oscar e la dama rosa di E. Schmidt: breve, rapido, divertente, commovente con un successivo lavoro sui personaggi. Cerco cose che li facciano piangere o ridere, perchè obiettivo unico e solo è che si appassionino a un libro e non si spaventino.
Segnalo – mi sembra la sede adatta – che un paio di anni fa mi era venuto in mente di creare una pagina su FB Libri a scuola con l’intento proprio di scambiare esperienze di lettura. Nell’album sezione Biblioteca erano catalogati i consigli degli insegnanti in quello Become someone else quelli dei ragazzi. Il risultato è stato che i ragazzi hanno risposto con delle recensioni, magari ingenue, ma di libri amati. Gli insegnanti poco. Mi ha fatto rilflettere.
31 Maggio 2016 alle 21:15
Sergio, esiste un libro così? E’ perfetto il tuo elenco, ma quasi utopico.
31 Maggio 2016 alle 21:16
Ad ogni modo io penso una cosa: i libri vanno letti ai ragazzi. In maniera teatrale, trascinante, seduttiva. Poi dici loro: ok, è qui, chi lo vuole può prenderlo.
31 Maggio 2016 alle 21:21
Per rispondere a Maria Luisa, non credo che un ragazzo indiano che vive in Italia senta la necessità di storie così diverse da quelle che in ipotesi vuol leggere un ragazzo italiano. Detto questo, ho fatto un laboratorio in una scuola media (seconda) e si sono appassionati a “Un ragazzo” di Hornby.
31 Maggio 2016 alle 21:32
A mio avviso è necessario per prima cosa rispondere in maniera preliminare a una domanda. Le letture rivolte ai ragazzi devono servire per avvicinarli alla lettura o devono fornire loro una cultura? Io sono nettamente schierato con chi sostiene la prima posizione. L’argomentazione a sostegno della mia idea è semplice. I ragazzi raramente hanno la maturità e gli strumenti idonei non solo per apprezzare, ma forse addirittura per riconoscere la grande letteratura. Ovviamente mi riferisco al problema di un insegnante, che si deve porre al cospetto di un gruppo e non di un singolo. E non è neppure una critica all’intelligenza dei giovani. Esistono menti brillantissime, ingegneri, economisti, fisici, matematici che di letteratura non capiscono nulla quando sono adulti, figuriamoci da ragazzini!
Questo non significa rinunciare, ma semplicemente tarare l’offerta in funzione di quello che i nostri ascoltatori possono apprezzare. Quindi ecco le regole che io proporrei, con relativa argomentazione e senza esempi, perché senza dubbio ce ne sarebbero molti migliori di quello che la mia modesta cultura sarebbe in grado di proporre.
1. Testi brevi. Bene racconti e romanzi brevi. La ragione risiede nel diverso modo in cui i giovani sono abituati non solo a comunicare, ma anche a fruire della comunicazione. La pagina web, gli sms, la preponderanza di comunicazione interattiva secondo me (ma lo stesso è stato detto anche da Alberoni sul Corriere della Sera qualche anno fa) hanno indebolito la capacità dei giovani di concentrarsi lungamente sulla parola scritta.
2. Evitare i cadaveri. Viviamo nell’era dell’immagine, il culto della personalità non è mai stato così diffuso. Trasformiamo lo scrittore da sfigato a personaggio positivo. Inoltre, una persona vivente può essere invitato a parlare con gli studenti (sempre che accetti…)
3. Evitare scrittori complessi. La cultura di massa ha omologato il linguaggio e ovviamente il linguaggio può essere arricchito quasi esclusivamente attraverso la lettura. Ma passare dal Grande Fratello a Gadda è un salto eccessivo. Meglio scrittori semplici, che abbiano magari dei contenuti.
4. Scegliere temi affini all’età evolutiva. Esiste una vasta gamma di romanzi di formazione, lontani dalle saghe dei vampiri modaioli che tanto piacciono al marketing. E non è necessario risalire a Jacopo Ortis. Forse qualche autore vivente ne scrive ancora…
5. Zero introspezione. Gli adolescenti non sanno chi sono, quindi si fanno sufficienti domande per capire se stessi. I personaggi romanzeschi che si chiedono chi sono non rispondono alle loro domande.
6. Facciamoli divertire. I ragazzi sono ragazzi, vogliono scoprire il mondo attraverso gli occhi del piacere, non attraverso quelli della responsabilità. Per questo sono da considerare importanti i romanzi di genere, in particolare horror, fantascienza, avventura, comico e guerra.
7. Non fossilizzarsi sul romanzo. Esistono generi che possono risultare accattivanti per i ragazzi. Penso in particolare al teatro o anche a certa filosofia di stampo prettamente narrativo.
8. “Allargare” il libro. Ne è stato tratto un film? Facciamoglielo vedere. Parla di luoghi particolari? Andiamo a fare una gita.
9. Rendere l’esperienza interattiva. Sviluppare lavori di gruppo sui testi. Non bisogna mai dimenticare che la scrittura è comunicazione e la lettura condivisione. E perché no? Invitarli a rielaborare il testo in maniera creativa.
10. Una volta conquistata la loro fiducia, provare ad aprirgli il mondo dei grandi classici e incrociate le dita.
Mi scuso per la lunghezza, mi rendo conto che i punti 8 e 9 non riguardano la lettura, ma la didattica. In ogni caso, se facessi l’insegnante, mi comporterei così.
31 Maggio 2016 alle 21:51
Mi è venuta voglia di chiedere ai miei alunni (sono 22 quattordicenni) che cosa, fra le letture fatte in classe quest’anno, i libri presi dalla biblioteca scolastica e quelli letti per conto proprio è stato significativo, interessante o utile per loro. E’ vero che quello che funziona con una classe di solito non gira in un’altra, anche se l’insegnante è lo stesso, ma ci provo. Tanto per sapere.
31 Maggio 2016 alle 22:45
Ho solo 20 anni, e non ho la vostra esperienza, ma lo dico perché ci sono passata: i ragazzi non leggeranno mai libri imposti dagli insegnanti.
Sarà una legge non scritta di tutto il cosmo, ma se un’insegnante consiglia un libro, l’alunno – nella maggiore dei casi- non lo legge.
Io sono cresciuta leggendo: fin da quando ero bambina, la nonna ogni natale mi comprava un libro nuovo, ed io fremevo nello scartare quel pacco che mi avrebbe fatto avventurare in posti magici e inesplorati; è così che giorno dopo giorno, anno dopo anno, il mio amore per la lettura è cresciuto sempre più.
Ora come ora, ai ragazzi manca quest’educazione: se a mio cugino sedicenne chiedo ” preferisci un libro o qualsiasialtracosapurchénonsiaunlibro?” Lui risponderebbe la seconda. In qualsiasi caso.
E non perché non ci sono libri che potrebbero piacergli, ma perché non è mai stato abituato, o stimolato alla lettura.
Piuttosto che impostare dei libri da leggere per l’estate, io proporrei di fare un’ora di lezione alla settimana durante tutto l’anno scolastico sul “piacere della lettura”, e quando sembra più opportuno, consigliare qualche libro, senza imporlo. Magari 3 ragazzi su 30 saranno interessati, ma sarebbe già qualcosa:)
31 Maggio 2016 alle 22:48
Io avevo un trucco che applicavo quasi sempre con successo con le classi del primo anno di liceo svizzero (hanno 14 – 15 anni). Annunciavo che se fossimo riusciti a finire il programma delle due ore della lezione in tempo, avrei letto loro una “storia” senza specificare il nome dell’autore o la datazione del testo. Riservavo circa un quarto d’ora ad un testo breve come “La collana” (“Le collier”) di Maupassant. Se suonava il campanello prima che avessi finito, nessuno batteva ciglio… volevano sapere come andava a finire… Poi, magari, i ragazzi
si informavano sull’autore.
31 Maggio 2016 alle 22:58
ERRATA CORRIGE
31 Maggio 2016 alle 23:00
Il titolo originale è “La Parure”, letto in francese, ovviamente trattandosi di allievi francofoni.
31 Maggio 2016 alle 23:23
Insegno italiano. Non posso fare leggere libri a caso. Un libro affidato ai ragazzi o letto insieme in aula deve contemporaneamente rispondere a un loro bisogno e perseguire gli obiettivi istituzionali della scuola. Gli obiettivi possono essere “tecnici” o formativi o legati ad altra esigenza dell’apprendimento.
– Esempio di obiettivo tecnico: il mio ragazzo legge solo After e ha bisogno di capire che non esistono solo romanzi di intrattenimento, o, diciamo, commmerciali. Cosa gli popongo di leggere perchè intuisca che esistono libri importanti, non di consumo, che però non sono noiosi o pesanti, e che anzi, leggerli può essere una vera importante esperienza? Mi serve un romanzo breve, che parli di ragazzi, che abbia un intreccio un po’ misterioso e sorprendente, che trasmetta idee, emozioni, sentimenti che non siano luoghi comuni, ecc; che non sia in italiano standard, ma abbia almeno lessico ricco, sintassi accurata, dialoghi e descrizioni ben fatti e ben piazzati, ecc; che sia molto bello o che abbia almeno delle frasi belle, efficaci, che il mio ragazzo possa amare, ecc.
Che cosa propongo? Che romanzi hanno questa caratteristica? Che libri possono funzionare?
– Esempio di obiettivo formativo. Il mio ragazzo è un duro, anafettivo, asociale e sofferente. Mi serve un libro che soprattutto possa educare a sensazioni, emozioni, sentimenti, affetti. Che riesca a farlo stare bene. Cosa gli propongo? Mi serve un libro lieve, con una storia asciutta di amicizia e di solidarietà, oppure un romanzo sentimentale, oppure una biografia di una persona speciale, oppure altro, storie di trasgressioni e di ribellioni? Non so, ma non posso sbagliare, altrimenti quel ragazzo non si fiderà più di me. Devo colpire giusto al primo colpo. Che cosa gli propongo?
– Esempio di obiettivo legato ad altre esigenze di apprendimento. Il mio alunno ha bisogno di conoscere la storia civile o la storia dell’arte e la storia del territorio o la storia del pensiero non solo attraverso un manuale. Ha bisogno di un approccio diciamo umanistico e letterario a un argomento. Cosa gli faccio leggere? Che caratteristiche deve avere il libro che gli propongo perchè lo appassioni e gli serva? Romanzi storici? Reportage? Romanzi filosofici? Anche qui è vietato sbagliare, perchè ecc.
Sono stata più chiara?
1 giugno 2016 alle 00:08
M.L.Mozzi, capisco e condivido l’urgenza e l’importanza di queste domande, e sento anche la passione e l’etica che ci sono dietro, ma penso che le risposte possibili siano diverse ogni volta, ed è proprio lì la difficoltà e la bellezza di questo mestiere. Non so come si fa a non sbagliare, essendo umani e lavorando con materiale umano in crescita e in continuo cambiamento. Io non pretendo di non sbagliare, mi accontenterei di accorgermene e di aggiustare il tiro. I ragazzi possono avere bisogno di tante cose diverse, non tutte sempre individuabili al primo colpo, difficile prevedere in anticipo cosa li appassionerà e cosa sarà loro utile.
1 giugno 2016 alle 07:15
Circa la supposta difficoltà dei ragazzi a concentrarsi su lunghe letture, invito a valutare la mole di libri e saghe come “After”, “Harry Potter”, “Twilight”, le varie trilogie di Licia Troisi, eccetera.
1 giugno 2016 alle 08:22
il problema è che è estremamente difficile prevedere che cosa ai ragazzi possa piacere.
alcuni hanno adorato Il giovane Holden, altri l’hanno odiato. alcuni si sono appassionati a Due di due, altri l’hanno lasciato dopo poche pagine.
ho uno che ha letto La casa in collina e poi si è andato a ricercare tutto Pavese, mentre altri non sopportano nemmeno Calvino; che comunque, lo dico per esperienza, sta diventando sempre meno leggibile per le nuove generazioni (ma, anche qui, un’alunna mi ha detto che I nostri antenati era la cosa più bella che avesse mai letto).
a una, in quinta, ho dato da leggere Delitto e castigo: all’inizio era sconcertata, ma poi mi ha detto che andando avanti ci si è appassionata.
un’alunna di origine greca ha voluto assolutamente venire volontaria sul XXVI canto dell’Inferno e ora si sta leggendo tutta la saga di Percy Jackson e gli dèi dell’Olimpo.
molti amano il fantasy, molti altri lo detestano.
senza contare che, per quanto possa suonarci antipatico, il libro deve pur avere un’utilità pedagogica o un legame con quanto si fa a scuola.
1 giugno 2016 alle 09:11
Capisco che un’insegnante si ponga degli obiettivi, ma credo che nessun obiettivo di un’insegnante saprà diventare un fine giusto per i ragazzi. Perché a quell’età i ragazzi non sono disposti ad accettare consigli. Se mai te li vengono a chiedere. L’argomento posto, però, mi sta a cuore, e provo a dare il mio contributo di madre di due figli adolescenti (uno iscritto al classico e l’altra alla terza media) che nella loro carriera scolastica hanno dovuto cambiare cinque scuole (la mobilità e la precarietà italiana…) e quindi hanno avuto a che fare con parecchi insegnanti di lettere. Io ho capito che:
– se amano l’insegnante sono disposti a leggere qualsiasi cosa venga proposta perché ritengono quel libro un prolungamento del loro rapporto con lui/lei. Diversamente, o non leggono, o si cercano il riassunto e di quello che hanno incontrato non gli rimarrà nulla;
– non vogliono sentirsi dire “questo è un libro importante, fondamentale, scritto da un grande, ….”. Non si fidano di chi è considerato “grande” dai grandi. Si fidano di più se vengono appassionati alla vita o alla vicenda di un autore senza imposizione di lettura (i libri se li andranno a cercare loro). Quindi, meglio è consigliare di cercarsi un libro di un autore tra quelli affrontati che hanno amato;
– la struttura romanzo in senso classico per loro è qualcosa di vecchio (passatemi il termine). Di narrazioni rapide ne hanno mille in rete e il tomo è qualcosa che non li attira. Sono, invece, disposti a leggere centinaia di pagine di argomenti che li appassionano e che sono sempre di più narrazioni parascientifiche. Quindi, aprirei la scuola ai saggi. Mio figlio, ad esempio, essendosi interessato agli avvistamenti degli ufo è arrivato a cercarsi i Dogon del Mali e da lì a Griaule e poi a Levy-Strauss, ecc… Non è che un esempio, i percorsi sono molti. I ragazzi sono più interessanti di quello che qualsiasi genitore o insegnante pensa di loro. E’ necessario, però, lasciargli del tempo libero dedicato all’ozio che a noi sembra sprecato ma per loro è fondamentale per cercarsi cose che li appassionino e in questo la scuola ha tutto da imparare.
Detto questo, quest’anno i miei figli hanno odiato tutto Sepulveda perché faceva la morale, Calvino perché non lo capiscono. Hanno amato “Io non ho paura”, “L’amico ritrovato”, “Novecento”, qualsiasi cosa di Conrad per restare sui classici.
1 giugno 2016 alle 10:49
M. L. Mozzi, senza conoscere i ragazzi o il ragazzo è difficile rispondere a queste domande ma ci voglio provare. Come bibliotecaria io indago, suggerisco, cerco degli sprazzi di interesse nei loro occhi e torno indietro per non essere invadente: una specie di tira e molla. Sempre utile. A volte, tra due libri in ballo, ho usato dire: “no, questo non fa per te”, nella speranza che per contraddizione il ragazzo scegliesse proprio il titolo che sconsigliavo.
Alcuni suggerimenti:
1) Io sono Zero di Luigi Ballerini (appena premiato con il Bancarellino e autore vivente). Il protagonista bambino viene cresciuto in cattività (letteralmente) e addestrato a combattere attraverso droni in una stanza in cui non ha nessun contatto umano. Un giorno accade qualcosa e il ragazzo viene a contatto con un mondo reale che non sa comprendere. È un testo ben scritto che potrebbe rientrare nel genere fantascienza ormai morto, come dice il buon Mozzi. Inoltre, lo specchio o l’empatia che si crea con il personaggio offre al giovane lettore lo specchio per la propria diversità rispetto al mondo adulto.
2) Il corvo di Kenneth Roycroft, ispirato da Il corvo di Poe. Un testo veloce, pieno di azione che quasi sfiora il genere horror. ” Quando staccò la mano dal telaio della finestra si accorse di essersi tagliato con un frammento di vetro. Osservò la mano e notò un grosso taglio aperto che sanguinava…Subito dopo i lembi della ferita si richiusero e…” E chissà se verrà mai loro il desiderio di leggere l’originale.
3) Le cronache di Merlino di Mino Milani. Una saga in tre libri per chi vuole insistere sul fantasy perché non ne può fare a meno. E sono volumetti, non testi di mille pagine. Ovviamente Milani è una garanzia di buona scrittura.
4) Ero cattivo di Antonio Ferrara (Premio Andersen e autore vivente). Libro ispirato alla frase di Danilo Dolci: “Ciascuno cresce solo se sognato”. Il protagonista, a causa di un grosso guaio combinato a scuola, provoca la morte di una insegnante e viene spedito in una comunità. Un prete (molto laico) accetta tutta la rabbia del protagonista fino a conquistarne la fiducia. Testo agile, privo di retorica, vero.
5) Nemmeno un giorno di A. Ferrara e G. Sgardoli. Un ragazzo quartodicenne extracomunitario, adottato da una famiglia italiana, ruba l’auto di famiglia e intraprende un lungo viaggio con l’obiettivo di raggiungere un parente. Ogni capitolo ha il titolo di una canzone di vari gruppi internazionali come Jethro Tull, Pink Floyd, Queen ecc. Gli autori hanno creato una traccia dei brani ritrovabile su Internet. Il protagonista, che fugge rubando l’auto, offre la chance ad un adolescente per sentire la trasgressione, e poco importa del colore della pelle.
Ci sarebbero ancora: Skelling di D. Almond, La stanza 13 di Robert Swindells (quest’ultimo piace ai ragazzi, ma non mi convince), 80 miglia di Ferrara (che meriterebbe anche perché racconta la costruzione della ferrovia in America), The frozen boy di G. Sgardoli ecc.
1 giugno 2016 alle 12:10
I ragazzi vengono portati in biblioteca, e lasciati LIBERI di perlustrarla?… ci si può anche inventare dei “giochi” per portarli a “scoprire” nuove realtà, nuovi oggetti, e nuove isole.
Questa potrebbe essere una declinazione un po’ diversa della questione: come far loro scoprire l’America, se cercano la “conosciuta” India (Se mettiamo l’India è “After”, o “Harry Potter”…)
Ma che siano loro a poter dire “Terra!”
Non per escludere lo stimolo e la proposta dell’insegnante, no di certo… i ruoli sono i ruoli, e il compito di proporre mappe e traiettorie è decisivo… ma possibile che – e i messaggi di Debbi e di Patrizia Patelli mi paiono da leggere con attenzione – occorra che i ragazzi possano essere individualità che scelgono, oltre e aldilà del contesto di UNA proposta (obbligatoria, più o meno) per TUTTI?
Ho tenuto un percorso di scrittura creativa in un liceo milanese. Mi hanno seguito con più ardore e costanza i più giovani, 14 e 15enni. Qualcuno mi ha scritto: “Mi è tornata la voglia di leggere”. Un’allieva mi ha raccontato di un insegnante di italiano che gli ha detto, riguardo al tema: “La creatività lasciala a casa. Qui non è richiesta, chiaro?”: Me lo diceva, come immaginate, affranta. La questione è la seguente forse: può la scrittura portare alla lettura? Se il ragazzo, poniamo, nuota, possibile che segua i Mondiali di nuoto, con un nuovo, fervido, interesse? Perché lo scrittore non è “altro” radicale da quello che potrebbero essere ciascuno di loro…
(E in altre parole anche, Maria Luisa, quando gli obiettivi, il programma, i binari, l’eguaglianza, e l’obbligo uccidono il desiderio, deprimono i tragitti individuali? Quale “impossibile” possibile compromesso?)
1 giugno 2016 alle 23:34
Bene. Sono state dette molte cose. Ho sentito fortissima la tentazione di obiettare, ma non lo farò. Leggerò qualcuno dei libri che avete proposto e che non conosco, per capire meglio e godermi i vostri consigli.
Spero che gli interventi siano giovati a molti, se non altro per percepire la complessità del problema.
Se no, non importa. State sereni.
Satis est me maerere pro omnibus.
🙂
3 giugno 2016 alle 19:52
Volevo aggiungere che i titoli che ho nominato li ho pensati per adolescenti maschi. E che il mio riferimento alla “umiltà” dell’inizio intendeva di usare l’umiltà per non avere preconcetti e guardare i ragazzi: ogni ragazzo ha il suo bisogno. Bella chiacchierata e buon lavoro.
3 giugno 2016 alle 19:53
Non so quali caratteristiche debba avere un libro per 14 16 anni penso però che non si debbano far leggere quei libri fatti apposta per gli adolescenti e che vedo nelle pubbliche biblioteche di quartiere che frequento. Bisogna far leggere libri veri di autori veri ovvero sostanzialmente classici. Per esempio mi viene in mente Metamorfosi di Kafka, o Sakespeare, Giulietta e Romeo, Macbeth,
o libri di Rigoni Stern che è un classico, o semplicemente l’Iliade e l’Odissea, Hamingway, Addio alle armi, racconti, Melville, Conrad ecc. La scuola deve sposare la misura classica, segnare uno stacco con le mode, l’evasione ecc
3 giugno 2016 alle 20:55
Ma perché, anziché proporre altro, non “abbassarsi” a leggere quello che leggono loro e discuterne insieme?
3 giugno 2016 alle 21:54
Grazie Teresa, Sono proprio i libri che hai proposto tu che sto guardando.
L’umiltà è guardare i ragazzi.
E’ anche cercare e ascoltare i consigli in un blog.
Buon lavoro anche a te.
3 giugno 2016 alle 22:35
Dubium sapientae initium.
4 giugno 2016 alle 10:19
Tematica accattivante e contributi interessanti. Leggo ad alta voce ai ragazzi di terza media libri di autori contemporanei. Quest’anno ho scelto Giorgio Scianna “Qualcosa ci inventeremo”, Lello Gurrado “Fulmine”, Paolo Nori “Repertorio dei matti della città di Torino”. Propongo inoltre racconti di genere scelti da varie raccolte.
4 giugno 2016 alle 19:32
Simone Ghelli: ecco io dico esattamente il contrario. Sai i genitori al supermercato che chiedono ai bambini cosa vuoi questo quello scegli tu. Non sia il genitore a sapere cosa va bene per un bambino sia lui a saperlo: se no che genitore è? Se viene meno l’auctoritas (non l’autoritarismo attenzione) che scuola è? L’insegnante deve dire propongo questo perché sono insegnante: ci misuriamo ne discutiamo. E io mi impegno a mostrarvi il perché delle mie scelte,
Quello che leggono loro? ma quali loro? Il mercato, la società dei consumi!
4 giugno 2016 alle 20:57
@Cristian: a mio parere un insegnante non deve imporre proprio nulla, bensì fornire degli strumenti di comprensione. L’esempio del supermercato non c’entra niente con l’istruzione – quella si tratta semmai di educazione.
4 giugno 2016 alle 21:04
Naturalmente mi riferisco all’oggetto del presente intervento sui consigli di lettura, non certo sulla necessità di seguire un programma
4 giugno 2016 alle 22:38
SimoneGhelli. La lettura è parte del programma. E’ un’abilità che l’insegnante di italiano deve insegnare. Insegnare a leggere in prima elementare significa insegnare a trasformare i grafemi in fonemi, ma subito dopo diventa capire e interpretare la parola e poi la frase e poi un piccolo testo. Diventa usare le istruzioni di un videogioco per poi farlo funzionare, capire i fumetti, distinguere una notizia di cronaca da un pezzo fantasy, emozionarsi con una poesia, cancellare il tempo con un romanzo d’avventura, spaccarsi la testa su un libro di fisica, scoprire che i romanzi ellenistici sono come quelli di Salgari, anzi, più vari, e che il mondo che viviamo direttamente può moltiplicarsi negli infiniti mondi della letteratura e dei libri in generale.
Retorica? Sì.
Però attenzione: l’abilità di leggere e la competenza nella lettura sono veramente due delle cose che la scuola deve istituzionalmente insegnare.
Molti insegnanti fra quelli che sono intervenuti qui o a commento di altri articoli di Vibrisse di argomento simile lo fanno; rileggere le loro testimonianze può essere utile per capire quello che vado dicendo.
Naturalmente insegnare vuol dire anche rendere via via i ragazzi sempre più autonomi, sempre più curiosi e aperti, ma a questo arrivano dopo esperienze guidate, suggerimenti, anche imposizioni, se necessario. L’ideale sarebbe riuscire a guidarli senza che se ne accorgano, come scriveva Teresa qualche commento fa.
4 giugno 2016 alle 22:59
@Maria Luisa: io non ho messo in discussione la lettura come abilità da insegnare. Mi pare si stesse discutendo di testi da proporre e la mia idea è che si possa anche partire da quello che già scelgono gli studenti per conto proprio e analizzarlo con loro (naturalmente una cosa non deve escludere l’altra).
5 giugno 2016 alle 08:26
Ottimo.
Gli intervanti di Massimo, di Patrizia Patelli , di Enrico Ernst, di Cristian focalizzano vari aspetti della didattica della lettura. Enrico parla di compromesso, che spesso effettivamente è necessario. Livio Romano parla della seduzione della lettura in aula. Cristian insiste sul ruolo certamente di facilitatore, ma anche di guida dell’insegnante. In ognuno di questi interventi c’è qualcosa di vero, di utile, da accogliere.
La mia richiesta iniziale era un po’ più specifica. Alcune “dritte” sono arrivate anche in questo senso.
A qusto punto mi piacerebbe spostare il focus della conversazione su quest’altro argomento, proposto da Cristian.
E’ opportuno che gli adolescenti leggano libri scritti apposta per loro? Come sono questi libri? (ci sono tante “scuole” anche in questo). Oppure è meglio proporre ai ragazzi i libri della tradizione letteraria e fare conoscere innanzitutto quelli?
Propongo di leggere Bianca come il latte, rossa come il sangue o uno dei romanzi, che ne so, di Luigi Pirandello? Posso fare anche una via di mezzo e fare leggere o leggere in aula Giulietta e Romeo nella trascrizione per ragazzi di Roberto Piumini o l’Orlando Furioso nel “montaggio” di Italo Calvino. E’ opportuno?
Sono tutte scelte possibili. Quali i vantaggi e quali gli svantaggi di ciascuna?
5 giugno 2016 alle 09:34
“ 17 gennaio 1994 – A scuola stavo bene. Mi piaceva ascoltare. Ascoltando imparavo, senza fare fatica. Io stavo fermo, zitto, e le voci mi entravano dentro. Entravano e lasciavano le parole, in una folla ordinata, tranquilla, variopinta. Ero bravissimo a stare fermo. Immobile, disincarnato, strano. Come un fachiro. Non sarei uscito mai da quella trance uditiva. Non ero di quelli che aspettavano solo la campanella. Ora non ricordo quasi niente di quelle voci, scomparse nel fondo di lontanissimi inverni. Ricordo solo la beatitudine. Dell’ascoltare. “ [*] [**]
[*] Lsds / 73…
[**] Va detto che la scuola in cui “ stavo bene “ è stata tale fino a un certo momento. Poi la trance è finita, è cominciato il Grande Rumore…
5 giugno 2016 alle 11:47
Grazie, acabarra. Spero che sia possibile ancora anche oggi quell’ascoltare. Almeno per un po’.
Anche i Grandi Rumori sono comunque indispensabili per crescere.
5 giugno 2016 alle 20:06
Buonasera Maria Luisa. L’argomento è davvero appassionante.
Trovo la proposta di Simone Ghelli molto suggestiva, se inserita in un percorso formativo. Ecco come si potrebbe fare.
1. Prendere un testo di riferimento dei ragazzi e analizzarlo con le competenze dell’insegnante (in questo modo il principio di autorevolezza dell’insegnante non viene indebolito, come sostiene Cristian, ma a mio avviso ne esce rafforzato.)
2. Valutare pregi e difetti del libro.
3. Confrontare gli aspetti negativi del testo con altri migliori. Così facendo si può osare molto, anche in maniera trasversale. Ad esempio, se uno dei punti deboli del testo viene rintracciato nello stile, si possono portare molteplici esempi di stili diversi senza imporre ai ragazzi la lettura di un’opera completa. Se poi uno studente scoprisse che gli piace Gadda avrebbe gli strumenti per andare a leggerlo. Proprio ciò che la scuola dovrebbe fare.
Sarebbe un percorso inverso rispetto a quello tradizionale. Al posto di dare per assodato che i ragazzi debbano avere un canone di bellezza a cui si devono adeguare, magari senza capirlo, si partirebbe da ciò che non è bello per spiegare come quel canone si è costituito. Il ragazzo che ero a quindici anni avrebbe adorato questo approccio. Mi rendo conto, però, che per l’insegnante è molto più complicato.
5 giugno 2016 alle 20:11
Maria Luisa Mozzi: è presto detto. Vuoi introdurre dei ragazzi di 15 anni alla storia dell’ arte, a conoscerla a saper leggere un quadro?. Cosa fai, siccome sono ragazzi di 15 anni gli fai vedere il quadro del noto pittore della tua città o gli fai vedere van Gogh, Piero della Francesca, Edward Hopper? Perché poi questo è il punto: i ragazzi devono venire in contatto con la grande arte perché il tessuto di parole che si trovano di fronte al di là di temi storie e così via solo se opera di un grande scrittore può comunicare sentimenti idee valori veri. Voglio dire tutta sta bella roba passa attraverso frasi parole periodi capitoli costruiti solo da chi ci sa veramente fare, da chi ha personalità. Ora i libri fatti apposta per ragazzi adolescenti hanno come fine non tutto questo ma piuttosto venire incontro al gusto dei ragazzi, o educarli, o proporre tematiche adolescenziali o cose così.
D’altra parte non stiamo parlando qui di ragazzi delle medie ma delle superiori: quando mai dobbiamo aspettare perché comincino a frequentare i grandi autori europei? Quando mai devono cominciare a fare i conti con la storia con la tradizione letteraria con la cultura del mondo in cui già vivono e dovranno vivere? . Perché anche questo è il punto non solo saper leggere testi letterari ma anche conoscere il mondo di cui saranno eredi. Tanto più poi nel momento in cui tutto il mondo della cultura, alta sei vuoi, è sottoposta da parte della produzione di consumo a una pressione fortissima.
E non è questione di imporre (Simone): se vanno per strada i quindicenni e vedono una cattedrale gotica cosa gli dici? ti giustifichi perché la vedono e a suo posto non c’è un supermercato o una pagoda. Voglio dire la letteratura dell’occidente è quella che è e non un altra e voi cari quindicenni siete cittadini dell’ occidente. E’ questo come potete non conoscerlo.
5 giugno 2016 alle 20:26
@Cristian: Nel commento prima del tuo, Massimo spiega benissimo quello che intendo e che ho scritto in modo (me ne rendo conto) forse troppo sintetico.
5 giugno 2016 alle 20:35
Cristian io credo che siamo tutti d’accordo sul fatto che Dante, Ariosto e Manzoni sono più bravi di Federico Moccia (visti gli autori citati, penso non se ne avrà a male…). La questione sollevata qui non riguarda questo, ma il modo per portare i cuccioli alla maturità. Credo sia meglio partire da Valerio Massimo Manfredi e arrivare a Pirandello piuttosto che fare il percorso inverso. Perché è questo che accade. Gli adulti che leggono prodotti commerciali sono quelli che hanno studiato a scuola con il sistema che lei suggerisce. E non volerlo vedere è come passare davanti ad una cattedrale gotica e giustificarsi perché non è un supermercato.
5 giugno 2016 alle 20:38
A noi adulti tocca di educare i ragazzi al piacere della lettura. Se son rose fioriranno. Sembra banale, ma non credo si possa fare altro. Se i ragazzi allargano le orecchie e restano con la bocca aperta ad ascoltare: è fatta. Si può tornare a casa soddisfatti. E che Dio li benedica. Quanto a cosa è meglio: “lasciamoli leggere” diceva Roberto Denti. E, in fondo, noi adulti cosa facciamo? Non siamo noi a scegliere i libri che vogliamo leggere? Come potremmo leggere un libro che non ci convince o un genere che non ci piace? In quanto adulti siamo sicuri di sapere cosa sia giusto o sbagliato per loro? Io credo sia meglio andare per tentativo ed errore. Con umiltà.
6 giugno 2016 alle 08:42
Ma siamo sicuri che i ragazzi leggano per cercare bellezza? Leggono per cercare risposte: capire qualcosa che interessa, qualcosa che li riguarda da vicino e che cambia di mese in mese perché loro sì sono in continuo fermento e si stufano e si accendono in un secondo e devono cogliere l’attimo per bruciare in fretta prima che l’ormone riprenda un giro contrario. Del resto, se non per motivi di studio o per deformazione professionale, come si dice, lo facciamo anche noi adulti. Quello che cerchiamo, quando lo troviamo, poi lo chiamiamo bellezza. I ragazzi vanno educati, certo. Educati a guardare, ascoltare, comprendere, ragionare, a imparare, a cercare, a riconoscere. E per questo è fondamentale la scuola e l’incontro con bravi insegnanti, soprattutto, di qualsiasi materia, mica solo di lettere. L’insegnante di lettere in particolare, riguardo ai testi, ha uno strumento fondamentale: l’antologia. Con stralci di libri o singole poesie, gli insegnanti possono aprire mondi e curiosità che sedimentano e matureranno. Raramente poi i ragazzi obbligati a leggere l’intera opera ritroveranno quell’emozione dispersa in pagine che non parlano ancora a loro. Quante persone pluriscolarizzate leggono da adulte? Hanno incontrato troppo presto autori che a quarant’anni avrebbero potuto salvare il loro e il nostro mondo ma che sono rimasti pezzi di scuola noiosi, complicati e dimenticati. A memoria, nessuno dei libri che ho cercato e letto da sola nella mia stanza sommersa dai brufoli mi era mai stato “proposto” dai miei insegnanti. Ma ricordo lezioni che mi hanno insegnato a pensare. Poi ci si ritorna, dopo, pian piano, per gradi. Questo io penso. Per me è importante che i miei figli leggano perché leggere insegna a pensare, insegna a vivere, a ragionare, a parlare, ad amare e anche a scrivere quei testi descrittivi o argomentativi che vengono chiesti dalle competenze scolastiche (mica agli esami vengono chieste scritture personali o creative). E’ importante che i ragazzi capiscano che i libri sono preziosi, che lì possono ancora trovare emozioni (non importa da quali libri arrivino, se da Moccia o da Foscolo o da Darwin). Perché diventino delle personcine ancora capaci di prendersi il tempo di sedersi davanti a una pagina che si saranno andati a cercare, anche da grandi, perché non si dimentichino mai di cosa è fatto un uomo.
6 giugno 2016 alle 14:50
Patrizia, il tuo intervento interroga sulla bellezza, e non necessariamente per “gli/le adolescenti”. Più che altro mi sono chiesto che cos’è PER TE la bellezza, perché i ragazzi e le ragazze “lo sentiranno”, se tu sei in qualche modo un’educatrice, una loro educatrice. Mi sembra questo un punto da non sottovalutare: “Pirandello” lo dice il programma, ma tu adulto insegnante cosa fai risuonare a quel nome e a quell’opera? Perché “loro” (gli educandi) lo… sentiranno… mi spiego?
Per il nuovo stimolo della generosissima Maria Luisa: libri per ragazzi, o “classici” (scusa se semplifico) mi verrebbe da ricordare due interventi di lettori non comuni: Natalie Goldberg e Holden Caulfield (una in carne e ossa e uno finzionale)… non per deprimere i classici e la storia della letteratura, ma Natalie, che andava in deliquio per poeti bianchi morti (magari inglesi piuttosto che americani) muta il suo atteggiamento verso la letteratura quando – dopo aver aperto un ristorante vegetariano – trova in libreria un libro di poesie su verdure di una vivente (Erica Jong). Non mi metto a citare il momento in cui Holden parla di Maughan, di Lardner, di Karen Blixen, e “l’autore a cui sarebbe bello telefonare”… ma insomma l’idea mia è che è importante fare leggere agli allievi, certo Leopardi, ma anche Vivian Lamarque, o Livia Chandra Candiani (che ho entrambi raggiunte con una mail o una telefonta), o Giulo Mozzi…
6 giugno 2016 alle 15:05
… aggiungerò semplicemente che il “che cosa” (far leggere) mi sa che non è tanto possibile separarlo dal “come”, cioè, tra le altre cose, dal metodo (oltre che dal “mondo soggettivo”; dalla soggetttività dell’insegnante, come ho cercato di articolare nel precedente commento – si veda anche l’intervento di Massimo)… che metodo usi Maria Luisa, tu?
6 giugno 2016 alle 15:25
Patrizia, ti chiedi cosa cercano i ragazzi quando leggono, e concludi che cercano risposte. Forse è così, però ci dev’essere anche qualcos’altro che li spinge a divorare centinaia di pagine di saghe improbabili. Sono diversi da noi, e il mondo che chiudono fuori quando leggono è diverso dal mondo che chiudevamo fuori noi grazie a un libro, ma il meccanismo è lo stesso; nutrono il loro immaginario con storie, personaggi, linguaggi e ambientazioni diverse da quelli che hanno nutrito il nostro, ma la fame di storie per vivere altre vite, per capire e per crescere è la stessa. La scuola in questo non è proprio centrale, è un può di sguincio, deve mostrare e incuriosire, far capire che hamburger e patatine sono buonissimi ma esistono tanti sapori e profumi diversi, che si possono assaggiare senza pericolo. Che poi, come ha ricordato M.L.Mozzi, la lettura a scuola ha anche compiti e obiettivi precisi lo sappiamo, ma per la comprensione del testo bastano le prove INVALSI.
6 giugno 2016 alle 15:51
“ Sabato 24 luglio 1999 – « Avevo voglia di leggere un romanzo di evasione », dice lei, che ha appena comprato Il conte di Montecristo. “ [*]
[*] Lsds / 73…
6 giugno 2016 alle 16:08
Enrico, ti risponderò appena possibile, uno dei prossimi giorni. Adesso devo finire di preparare tutto quello che serve per gli esami nella mia scuola.
7 giugno 2016 alle 09:08
Enrico, non sono un’educatrice. Solo una madre a tempo pieno. Per me il concetto di bellezza non ha niente di originale, è armonia, o, meglio, in senso meno classico, la ricomposizione di qualcosa che finalmente si incastra bene e diventa chiaro, immediatamente portatore di senso e di luce. Circa i testi, per quanto mi riguarda, i pezzi del puzzle non possono essere che le giuste parole.
Riguardo a ciò, credo che i ragazzi a quest’età non cerchino una ricomposizione, ma all’opposto cerchino di rompere e minare tutto ciò che appare esatto, completo, armonioso per noi grandi e cerchino poi di volta in volta la conferma che hanno dato il colpo giusto, che stanno facendo bene, che il frammento che hanno tra le mani è quello giusto da scagliare verso il futuro o verso l’infinito (così appare loro il futuro) e contro la paura. Cercano ragione di quello e un posto dove ci sia qualcuno che faccia la stessa cosa, appartenenza. Noi adulti ricomponiamo, vediamo il bene e il male ma poi cerchiamo il buono anche dove c’è male e viceversa, ricomponiamo per trovare senso e ragione o per compromesso. Loro tagliano con l’accetta.
E rispondo a C.P. Premetto che non sono sicura che le saghe siano poi così lette tanto quanto siano vendute o commercializzate o standardizzate dal mercato (ma non ho dati, sono fuori dall’editoria e ho un osservatorio provinciale e periferico, semplicemente non ho conosciuto nessun ragazzo o ragazza finora che non abbia mollato). Di appassionati di fumetti, invece, ne conosco una marea. In ogni caso, le saghe non potrebbero essere la versione moderna di Tex? Dove ci sono i buoni e ci sono i cattivi, dove ci sono eroi e filibustieri, dove c’è il magico e c’è l’amicizia, dove c’è la vita e la morte. E per i ragazzi, il mondo, non dovrebbe essere fatto così? Non sognano di salvarlo e un attimo dopo di restarne schiacciati. E’ catarsi? E’ giustizia?
Ma mi rendo conto che andiamo fuori tema e Maria Luisa cercava risposte più che domande. Desculpa.
10 giugno 2016 alle 00:58
Enrico, mi hai chiesto: “Che metodo usi Maria Luisa, tu?”
Dipende dalle classi. Dipende anche da me, da come sono in quel periodo. Ti scrivo le cose che faccio quasi sempre.
Insegno, come sai, alle medie. In prima iscrivo le classi a sport- lettura, un concorso che costringe a leggere sei romanzi per ragazzi in maniera analitica, perchè poi bisogna costruire per la gara un questionario con 20 domande a risposta multipla su ciascuno. I romanzi cambiano ogni anno. Sono di solito romanzi a tema (lo sport, l’amicizia) e sono facili. Ci sono spesso romanzi di Dahl, di Sgardoli, romanzi comici o horror. Uno dei sei romanzi lo leggiamo in classe, un po’ in lettura silenziosa, un po’ a voce alta chiamandoci a turno, un po’ drammatizzando, soprattutto le azioni divertenti. Ci dedichiamo a queste attività in modo rilassato, senza pretese. Se i ragazzi si stancano di leggere, subentra la motivazione esterna: c’è una gara, in parte sui libri letti, in parte sportiva; possiamo vincere? O almeno non sfigurare? Certo che possiamo. E allora, avanti ad allenarci e a leggere!
Tutto questo serve a rendere quotidiana e familiare la lettura, a fare percepire che i libri non devono intimorire, che può essere bello leggere sessanta pagine al giorno ecc., ma anche, nello stesso tempo, serve ad allenare a portare a termine un compito che richiede un lavoro lungo. Serve comunque principalmente a capire la lettura come svago, come mondo da cui lasciarsi assorbire, a cui abbandonarsi.
Queste cose i ragazzi le vivono “di pancia”, ma va bene così, intanto si concedono di farlo e si abituano a farlo.
Evito di assegnare riassunti o altri tipi di esercizi (di lessico, di analisi) su questi libri. Gli “esercizi” li propongo sui brani antologici.
In seconda comincio ad assegnare un libro al mese da leggere a casa. Lascio i ragazzi liberi di scegliere cosa leggere, ma spesso sono loro a chiedere consiglio a me o alla bibliotecaria.
Consiglio libri diversi a ragazzi diversi e spesso non indovino il libro giusto. Per questo ho chiesto aiuto anche qui in Vibrisse. Propongo classici per ragazzi come Le avventure di Pinocchio, Piccole donne, Pattini d’argento ecc.; i romanzi di Salgari, di Verne; Oliver Twist di Dickens; gialli di Agatha Chrsistie e di Doyle.
Per due di questi romanzi chiedo una presentazione con diapositive. Ai ragazzi piace usare il computer; insegno loro a mettere insieme una presentazione in powerpoint o con prezi e in questo modo li costringo a creare delle macrosequenze e delle sintesi, ma anche, per potere cercare immagini di commento, a immaginare, a rappresentarsi quello che leggono. Il compito è di presentare l’intreccio, eventualmente i personaggi, non il libro. Ancora una volta in questo modo aggiungo una motivazione esterna alla lettura, che rinforzi la volontà di arrivare alla fine del compito.
Faccio leggere libri classici per ragazzi perchè mi sembrano più belli nella trame, nelle storie e nei personaggi di quelli contemporanei e poi sono sempre citati e usati come paradigma di comportamenti umani e se i ragazzi non li conoscono non capiscono.
Comincio anche a proporre a chi mi sembra pronto libri da lettori più esperti, prevalentemente romanzi di formazione, da Il giovane Holden a qualche romanzo di Hesse. Faccio leggere anche, a chi è in grado, trascrizioni per ragazzi di opere letterarie. Non molte, per la verità: un’antolgia di novelle del Boccaccio trascritte da Piero Chiara, l’Orlando furioso di Calvino, qualche volta Giulietta e Romeo di Piumini, che però non mi piace granchè.
Uso a volte trasposizioni in film. Per esempio faccio vedere pezzettini di Andreuccio da Perugia dal film di Pasolini.
In terza propongo come molti miei colleghi romanzi che permettano di capire un pochino il Novecento, i soliti, quelli di Primo Levi, L’amico ritrovato, Cristo si è fermato a Eboli. Poco altro. Qualcuno dei ragazzi legge volentieri una riduzione de I pomessi sposi (ok, non è Novecento), qualcuno si appassiona a Pirandello.
In terza parliamo, parliamo e ancora parliamo di quello che leggiamo a casa, che leggono loro e che leggo io, ancora molto a ruota libera, cominciando a usare anche la “cassetta degli attrezzi” costruita un po’ alla volta studiando brani o racconti o poesie dell’antologia, analizzandoli, imitandoli.
In terza i ragazzi hanno la preoccupazione di scrivere la tesina d’esame e spesso già questa è una buona motivazione esterna per indurli a leggere.
Presento ogni anno ai ragazzi di terza delle lezioni che mi sono preparata nel tempo con presentazione pp e antologie costruite da me su Zanzotto, Parise (i reportage: Cara Cina, Due, tre cose sul Vietnam, L’eleganza è frigida), Bedeschi, il dibattito Terzani/Fallaci/Maraini pubblicato dal “Corriere della sera” dopo l’attentato alle Torri gemelle.
Queste lezioni sono di solito amate dai ragazzi, che a volte poi leggono le opere per intero.
12 giugno 2020 alle 11:05
I miei libri preferiti durante la prima adolescenza sono stati L’Ombra della sera di Laura Guidi e IT di Stephen King…narrazioni assolutamente diverse dal mio quotidiano e differenti come impostazioni di qualunque tipo…il primo consigliatomi dalla mia insegnante di italiano, il secondo tenuto nascosto sotto il letto…non volevo che mia madre vedesse che lo stavo leggendo. Avevo 11 anni 🙂