“Autunnale”, di Dario Voltolini

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di Marco Candida

copertina_voltoliniDario Voltolini si è autopubblicato un romanzo che s’intitola Autunnale (dalla finestra al teatro). Sulla quarta il libro viene presentato così: “Sono scene che si manifestano in ordine sparso come tessere di un puzzle appena rovesciato dalla scatola che le conteneva. Il protagonista è come un albero a cui l’esperienza, simile a un vento autunnale di tramontana, porta via poco alla volta tutte le foglie”. Un albero a cui il vento dell’esperienza porta via poco alla volta le foglie. Un interessante capovolgimento di prospettiva, dato che di solito l’esperienza “fa maturare”. E infatti il protagonista di questo romanzo via via che procede di capitolo in capitolo, di scena in scena sa sempre meno. Eugenio è come se fosse al centro di un tifone che trasforma tutto in sabbia. Le persone, le cose non hanno più forma, identità. Ed è il lettore che ha compito di mettere insieme i tasselli del puzzle e verificare se un senso nella vita di Eugenio è ancora possibile. Una sfida che non lascia scampo. Dove siamo noi lettori chiamati ad avere autorevolezza. E con questo romanzo scomposto Voltolini non si produce in un intellettualistico gioco combinatorio: parla invece al cuore di tutti coloro che, come Eugenio, stanno vivendo un periodo di transizione e hanno, si spera non per sempre, perso la bussola. Così, si affidano. Prima alla compagna. Poi all’amico. Poi al dottore. E magari ai passanti occasionali – come i lettori di un libro. Magari a qualcuno che possa capirli per loro. Qualcuno che sappia loro dire che cosa diavolo sta accadendo perché loro non ce la fanno più, non ci riescono più, non capiscono più. Tutto, per costoro, si sfrangia, sfilaccia, sfarina e allo stesso tempo ogni cosa si salda, riunisce, rinserra.

Pagina 155. “Polvere microscopica sparsa in ogni direzione, in espansione dilatata, libera nelle correnti d’aria, nelle fenditure del suolo: colonne di calore ne innalzano particelle ondeggiando in verticale, umidità sottili tentano invano di impastare qualche molecola, ma la molecola si disintegra, vola via un atomo qua, un atomo là. Spazzato e soffiato via quello che resta di Eugenio: resta qualcosa, resta tutto, resta niente? Intanto altre polveri, abrase dalle pareti delle catene montuose da un lento caparbio lavoro del vento, dell’acqua nelle spaccature, che ghiacciando si dilata e spacca marmi e graniti, che franano a valle, sollevando ancora polvere, nuvole di polvere dissipate dall’aria, sparse sulle automobili in sosta nelle vie di città lontane, portate dalle nuvole, precipitate con la pioggia sui parabrezza. Sabbia ondulata come il palato dei cani accanto al faro sulla spiaggia con le onde lunghe da fondali bassi e sabbiosi (ondulati come palati) lungo le dighe fra mare e stagno, battute da venti maestrali che piegano i flabelli delle canne pettinando e spettinando, con le strade attraversate rapidamente da fiocchi di sale, il fiore del sale, scalzati dalla schiumata dello stagno e sbattuti sull’asfalto, poi nel mare […] Blu atlantico sprofondato, bolla liquida a sé stante, goccia roteante zeppa di sali e proteiene e gellificate correnti, meduse, ossigenanti.”

Pagina 131. “Per due settimane ci furono scosse di terremoto nella città costiera, con fenomeni di ebollizione del mare accompagnati da vortici e morie di pesci. Eugenio era partito e non seppe nulla di tutto questo. Stava di nuovo passeggiando di piazza in piazza, a Parigi, e ogni tanto si fermava per appoggiarsi a un muro. Non che fosse stanco: lui voleva semplicemente saggiare la consistenza delle costruzioni, sentire la contropressione mentre le premeva con la mano aperta. Non trovava molto soddisfacente questo esercizio, perché intanto nell’aria transitavano briciole di ogni tipo e sui selciati trascorrevano cartacce e frammenti vegetali. Anche i rivoli d’acqua aperti e lasciati scorrere lungo gli zoccoli dei marciapiedi trascinavano via piccoli oggetti, sporcizie di poco conto. Un paio di banconote, talvolta. Accartocciate, nell’acqua si dispiegavano rammollendosi. Poi scomparivano in aperture ad arco, verso le fognature. Da qui al fiume, e poi al mare”

Pagina 39. “L’incrocio di quelle strade di periferia era percorso da una quantità di gente che proprio lì si mescolava e diventava un gruppo confuso come le molecole di un gas che urtano e rimbalzano, che si scontrano e non sembrano avere nessuna direzione. Poi però trovano uno sbocco e sfiatano via lineari, lungo specie di tubi invisibili. Quelle erano le strade dell’incrocio e il movimento dei passanti arrivava nitido fino alla finestra trasparente del ristorante dove Eugenio stava pranzando: arrivava nitida fino a lui, persino fino al vetro del bicchiere centrato di quando in quando da un raggio di sole che si spaccava poi sulla tovaglia; un raggio che diventava rossastro passando in mezzo al vino. Insomma le scene arrivavano più limpide che potevano, ma era poi oltre gli occhi di Eugenio, verso il suo cervello, che si intorbidavano, diventando fosche dov’erano smaglianti, acquose dov’erano di granito”

Pagina 5. “Materiali, pelli, superfici. Abrasioni, scottature, graffi: urti, strappi, corrosioni. Gli acidi sui metalli, la spinta rovente della lava che rotola in mare fumigante e si rapprende spezzandosi e sobbollendo, e si incrosta di sale, di frutti di mare, di cose portate a valle dal fiume. Colline franate, montagne spaccate, molecole asportate da fibre tessute, da pelli conciate, grumi, sassetti, prodotti sintetici premuti, compressi, laminati, attorcigliati. Materie secche che rapprese si sgretolano, plastici materiali elastici che si deformano e avvolgono materiali flaccidi che cedono e si spargono su squame e scaglie e lamine di zinco, punte dure strisciano sul rame, lame fanno saltare croste di scoria dai metalli, veli ruvidi lentamente elettroliticamente si sovrappongono e cortecce disseccate saltano in un attimo via dal tronco. Ci sono compresenze di contrari, albumi vetrificati in polvere, sabbiatura inerte mentre evolve, residuati organici saltuari. I bitumi, le terre, i basalti, le plastiche soffiate calde e poi abbandonate svirgolate in qualunque posto, il cuoio sollecitato e le vernici, gli adesivi industriali, i solventi sulle superfici, sulle pelli, sui materiali”

Dario Voltolini ha pubblicato con molti editori fra cui Einaudi, Feltrinelli, Mondadori e Bollati Boringhieri. E si vede, anche se questo libro è uscito per Book Sprint Edizioni.

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7 Risposte to ““Autunnale”, di Dario Voltolini”

  1. gian marco griffi Says:

    Per esempio Forme d’onda è un gran bel libro.

  2. BarbaraBig Says:

    Ho letto “Primaverile (uomini nudi al testo)” e tutt’oggi quando ci penso mi si aprono immagini, squarci, indimenticanze. Ho iniziato da bambina a scrivere per catturare cose come quella che c’è lì dentro. Un amico scrittore mi ha detto che Dario Voltolini disse: “…è la quarta persona ad averlo letto in Italia”. Da questo ho capito che per me c’è poco spazio a meno che non mi introduca sui balconi altrui, appesa al filo invisibile di Forme d’onda

  3. marina viscardi Says:

    Grazie. Da quello che ho letto mi sembra gia’ un testo affascinante

  4. marcocandida Says:

    Il fatto che ci sia un talento come Voltolini a spasso è una barzelletta. Se fossi un piccolo editore, avrei subito chiesto qualcosa a Voltolini, assicurandomi “Autunnale”. Se fossi un piccolo editore e venissi a conoscenza dell’esistenza di “Autunnale” pubblicato dalle pur rispettabili (cavoli, ci pubblica Voltolini…) BookSprint Edizioni, mi informerei subito sulle condizioni contrattuali e farei la mia offerta. Questa è una curiosa vicenda. Il libro, dopotutto, è stato presentato allo Strega dalla Mastrocola e da Mari. Forse avrei dovuto fare un’intervista all’autore, invece di scrivere una recensione.

  5. RobySan Says:

    Fuori Tema –

    ho speso un po’ di tempo per prendere visione del sito BookSprint. Vi apprendo che sono stati pubbicati oltre 4600 titoli di oltre 2350 autori: numeri da far schiattare d’invidia qualsiasi altro editore. Ho sfogliato le pagine di presentazione (autopresentazione) degli autori, soffermandomi a leggerne alcune prese, ovviamente, a caso. Sono basito. Se i loro libri sono scritti come le presentazioni, il cielo ce ne liberi. Si parla di editing “nel rispetto dello stile dell’autore”, di interviste a RAI1 e RAI2 e chi più ne ha più ne metta (giornali, ecc.). E tutto ciò, si inferisce, s’è ottenuto nel giro di pochi anni (c’è un copyright 2012, al fondo della home page).

    Sono senza parole. Sarò prevenuto, vecchio e diffidente, ma per me questo è il classico “muntone ‘e munnezza”, sul quale, per uno come Voltolini, è un gioco da ragazzi svettare.
    Comprendere come una simile impresa si regga è al di fuori delle mie competenze in materia di economia aziendale, perciò non mi rompo la testa oltre questa considerazione: se anche qui vale la “media Mozzi” (cioè, approssimativamente: ricevo 1000 manoscritti, 900 fanno vomitare, 90 sono passabili, 10 li pubblicherei) allora, per pubblicare 4600 titoli, sono stati esaminati 460000 manoscritti (e, a quanto pare, senza chiedere un contributo all’autore). Se invece la “media Mozzi” non vale…

  6. marcocandida Says:

    RobySan, nella prima riga del testo che stai commentando c’è scritto “Dario Voltolini si è autopubblicato”. Che bisogna c’era di andare a controllare il sito di BookSprint Edizioni?

  7. acabarra59 Says:

    “ Venerdì 5 giugno 2009 – Poi scopro che via Provana, dove stava Orengo, è a due passi da via della Rocca, dove stavo io. Vedo che là vicino c’è anche via Ormea, e questo spiega perché quel nome non mi suonasse nuovo. Scopro anche che il povero Nico aveva quattro figli. E anche in questo è stato molto più produttivo di me. A proposito di Torino [1], quando ieri ho notato che aveva fatto un po’ di cresta sulla spesa, io ridendo l’ho chiamata « Madama Crestina ». Ha riso anche lei, ma non credo che abbia capito, perché lei a Torino non ci è vissuta etc. [1] Avevo scritto « Torno », ma era soltanto un refuso. “ [*] [**]
    [*] Lsds / 73…
    [**] Ho appena trovato nella bibliografia di Voltolini un Di case e di cortili. Il Borgo Nuovo e via della Rocca in Torino, a cura di Brigida Sacerdoti, Pluriverso, 1993, e mi sono incuriosito.

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