Dieci libri indispensabili per conoscere la letteratura fantascientifica (seconda lista)

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Arrakis: fremen cavalcano un verme della sabbia

Arrakis: fremen cavalcano un verme della sabbia

di Stefano Trucco

Per un certo periodo di tempo – un secolo, più o meno; una trentina d’anni in Italia – molti di noi desiderarono fuggire nel Futuro. O su altri mondi, che comunque sarebbero stati raggiungibili solo nel Futuro (Quando? Presto, prima che questa generazione sia passata). Non nel Passato, certo. E meno che mai nel Magico Mondo della Fantasia. Nemmeno nell’Utopia, a pensarci: un nuovo Medioevo post-atomico con mutanti, chopper e femmine dalle tette enormi con stivali in pelle sopra il ginocchio era decisamente più attraente di una scintillante Smart City con tanto di infrastrutture resilienti, vacanze su Base Luna e video on demand.

(Conoscete l’espressione inglese ‘potted history’? Io l’adoro, e quindi eccone una).

Di viaggi su altri pianeti (o direttamente sul Sole) se ne parlava almeno dall’Ellenismo, di solito a scopo di Allegoria o, con un po’ di fortuna, Satira. Ma il Futuro, a parte l’Apocalisse, era una novità: non c’era mai stato. O la Bestia e la Nuova Gerusalemme, o l’Eterno Ritorno. Le Storie del Futuro nascono nel Settecento, fra Francia e Inghilterra; prendono forza lungo tutto l’Ottocento, di concerto con l’aumento vertiginoso del potere umano; cominciano a produrre i primi, dimenticati best seller; infine, sull’orlo del nuovo, portentoso secolo, giungono a maturazione con Herbert George Wells, che inventa tutto quel che c’è da inventare. Ma non è ancora “fantascienza”. E’ ancora solo un modo a disposizione di tutti, tanto dei praticoni da settimanale illustrato che degli scrittori veri: Anatole France, E.M.Forster, Jack London…

Il ‘genere’ viene assemblato negli Stati Uniti e etichettato come “Science Fiction” (dopo un primo, infelice, “Scientifiction”). I titoli della riviste – copertine sgargianti, cartaccia ruvida, cioè pulp – rendono l’idea: Storie Stupefacenti, Storie Sbalorditive, Racconti Bizzarri. Guerre Future con armi sempre più terrificanti, Est contro Ovest, o Nord contro Sud. Marte vuole le nostre donne. La Pattuglia Spaziale pattuglia lo spazio profondo. Tutti avevano riso di lui, ma il giorno della vendetta era giunto. La Ragazza nell’Atomo d’Oro. Il sole si spegne.

Il genere cresce e si affina. Ormai americano, sottomette e estirpa le produzioni nazionali. Dopo i pulp, i paperback. I temi si affastellano e giocano fra di loro; gli alieni si fanno più dignitosi; si cominciano a prendere (di nuovo) sul serio le idee; si fa della satira. Cominciano a esserci dei veri scrittori, e con loro dei critici: è il fandom. E’ la Golden Age of Science Fiction.

Comunque una cosa è certa: in gioco è sempre TUTTO. La Ragione, collettiva o individuale. La Libertà. Gli Stati Uniti d’America. La Terra. Il Sistema Solare. La Galassia. L’Uomo. Il Futuro.

A parte Metropolis, al cinema si fa un po’ quel che si può. Hollywood non ci crede sul serio. Gli effetti speciali sono quello che sono. Ci sarà un motivo se non ci sono film di fantascienza con Clark Gable e Carole Lombard. Gli ultracorpi si annidano insidiosi nei nuovi suburb. Il pianeta è proibito e i mostri escono dalla laguna nera. Bisognerà aspettare Stanley Kubrick.

In Totò nella Luna (1958), il primo film di fantascienza italiano, il primo scrittore di fantascienza italiano, Achille Paoloni (Ugo Tognazzi), arriva in bicicletta leggendo Urania, nelle edicole dal 1952.

Il genere passa di trionfo in trionfo, sulla scia della conquista dello spazio (ma chi è sulla scia di chi?). Permea l’intera cultura pop e pare un naturale alleato del rock nella conquista del mondo. Smette di sventolare bandierine americane e si fa critico; scopre le avanguardie storiche; attraversa le porte della percezione. Fa il Sessantotto.
Poi arriva Star Wars, si torna al Mito e, conseguentemente, all’ordine. Ma il Futuro è ancora nostro, vero? Nessuno poteva prevedere che, di lì a poco, il Futuro non sarebbe più stato quello di una volta, come disse Karl Valentin, e la fantascienza avrebbe perso il suo pubblico.

Cos’era successo? Chi può dirlo. Il Futuro s’era vendicato. Perso dietro lo spazio, i robot e la guerra atomica, il genere aveva ceffato clamorosamente Internet. Come che sia, nelle librerie il genere del XX Secolo si restringe, cedendo spazio a quello del XXI, il Fantasy.

Nella cultura pop, in realtà, Supereroi e Distopie YA imperversano – qualcuno potrebbe pensare che si tratti di fantascienza – no. Lo sviluppo più incoraggiante è il recupero dei tropi del genere da parte degli scrittori-scrittori: Houllebecq, Atwood, McCarthy, Ishiguro…

Comunque, è tempo di liste.

(Ma è terribile! Impossibile! No, no e poi no! Importanza, cronologia, bellezza, divertimento – 10 titoli?!? Niente Robert A. Heinlein. Niente A.E. Van Vogt. Pohl e Kornbluth. Fritz Leiber. James G. Ballard. Samuel Delany. Greg Bear. Iain Banks. Niente Jules Verne – niente Francia! Niente Russia! —- Ok, un respiro profondo. Ce la puoi fare. Poi alla fine aggiungi un po’ dei tuoi preferiti. Dai, coraggio).

1. Herbert George Wells, La guerra dei mondi (1898)

Si deve passare da Wells, che ha inventato tutto, ed è questo o La macchina del tempo. Alla fin fine, La Guerra dei mondi è un romanzo migliore. I Marziani invadono la Terra, cioè, allora, l’Inghilterra, e spazzano via ogni resistenza grazie alla loro tecnologia infinitamente superiore. I Marziani siamo noi, in tutti sensi: siamo noi nel senso dell’Impero Britannico con le sue mitragliatrici Maxim contro selvaggi armati di pietre appuntite; e siamo noi nel senso dell’Uomo Futuro, il vicolo cieco dell’Evoluzione, un immenso cervello freddamente razionale con un piccolo corpo rattrappito e residuale che gli pende sotto (un esemplare quasi intatto è conservato al Museo di Storia Naturale di Londra). C’è un lieto fine, forse uno dei lieti fini più logicamente conseguenti della storia del romanzo. Poi c’è il piacere di una storia di alieni narrati con gli affinati strumenti del classico romanzo ottocentesco. E già che ci siete, leggete anche La Macchina del Tempo.

2. Olaf Stapledon, Last and First Men (1930)

Stapledon è il Maestro Segreto della Fantascienza: pochi lo leggono ma almeno due generazioni di scrittori di genere si sono pasciuti dei suoi avanzi. A differenza di Wells, Stapledon non è un vero romanziere: un filosofo, molto elevato e serio e pensoso. Nei suoi ‘romanzi’ – tutti rigorosamente futuri – non ci sono praticamente dialoghi o personaggi. In compenso Last and First Men comincia nel 1930, con noi, i Primi Uomini, impegnati in guerre fantapolitiche un po’ sciocchine (la prima notizia è una guerra tra Francia e Italia che provoca il crollo del fascismo), e termina fra due miliardi di anni, quando i Diciottesimi Uomini, nostri discendenti inconcepibilmente differenti ma pur sempre Uomini, aspettano la fine della specie su Nettuno. Lungo la strada la civiltà è crollata e risorta infinite volte, ci sono stati i Quarti Uomini, immensi cervelli immobili, i Settimi Uomini, con le ali, siamo stati invasi dai gas senzienti di Marte, poi visto che il Sole si ingrandiva siamo andati su Venere, ricoperta di oceani e ne abbiamo sterminato la popolazione marina, poi… insomma, direi che avete capito. C’è un seguito, Star Maker (1937), ancor meno riassumibile, dato che i personaggi sono specie, stelle, galassie, universi e Dio, un freddo e crudele Creatore di universi che crea, sperimenta e distrugge come un artista – romanzo metafisico se mai ne furono scritti.

3. Isaac Asimov, Fondazione (1942)

Ed ecco finalmente a uno scrittore di genere, anzi, a giudicare dalla reputazione e dagli scaffali, LO scrittore di genere per eccellenza. Non sarà precisamente un grande stilista (per niente, diciamo) ma è colto, spiritoso e intelligente, un intelligenza che rifulge soprattutto nei racconti, specie quelli sui Robot, ma qui sfiora l’epica. Prende il topos fantascientifico sghembo per eccellenza, la Space Opera, e in tre romanzi – Cronache della Galassia, Il Crollo della Galassia Centrale, L’altra faccia della Spirale – ci racconta, ispirandosi alla storia dell’Impero Romano di Edward Gibbon, il declino e caduta dell’Impero Galattico, con intrighi, battaglie di astronavi e viaggi nell’Iperspazio (e sì, ammettiamolo: gli intermezzi romantici non sono proprio il massimo. Infatti ce n’è pochissimi). E poi c’è la Psicostoriografia di Hari Seldon, una scienza sociale predittiva che, letta oggi, suona decisamente più astuta e contemporanea – Big Data! – delle ingenue ideologie libertarie dei suoi amici più presuntuosi, tipo Heinlein, Van Vogt e Anderson. L’ho detto: Asimov non sarà stato altro ma era intelligente. Il meglio della favoleggiata Golden Age of Science Fiction in un solo romanzo, pure divertente.

4. George Orwell, 1984 (1949)

Ovvero, quando sei diventato un modo di dire non c’è più discussione. La Terribile Dittatura è un vecchio e rispettato topos del genere ma suvvia, è intrattenimento. 1984 no, è paura autentica (e spaventò il vecchio Benedetto Croce, che ne parlò con ammirazione). L’impegno, la cultura e la passione politica del vecchio militante marxista inglese non temono confronti con i volenterosi talenti di Astounding Stories. Con tutto il rispetto, qui siamo fra adulti. Non ci soffermiamo più di tanto perché immagino l’abbiate letto tutti ma c’è una cosa da dire: quando uno scrittore-scrittore affronta i territori del genere o fallisce miseramente, esaltandosi per trovate già vecchie negli anni Quaranta, o fa fare al suo tema quel salto di qualità che al bravo praticante non riesce. (Ma Brave New World di Aldous Huxley? La sua morbida dittatura edonista non è forse più attuale del totalitarismo novecentesco di Orwell? Forse, ma il romanzo è quasi privo di pathos, è satira, non spaventa. E comunque, come predizione, entrambi sono battuti dall’improbabile Edward Morgan Foster con Quando la macchina si ferma, del 1908. Ve lo giuro, siamo noi)

5. Walter Miller jr, Un cantico per Leibowitz (1959) #

Dopo Hiroshima la fantascienza, finora tutto sommato un genere sanguigno e ottimista, inscurisce e, come tutti noi, vive a lungo all’ombra del più grande non-evento di tutti i tempi, la Guerra Atomica. Nell’attesa, la fine dell’umanità o almeno il crollo della civiltà fanno in tempo a passare da drammatico ammonimento a ghiotta possibilità. L’esempio migliore del topos, a mio parere, è Un Cantico per Leibowitz. La storia, che copre parecchi secoli in tre episodi, si svolge in un monastero cattolico dalle parti del New Mexico e ripercorre, grosso modo, la storia dal Medioevo alla metà del XX secolo – con in più i mutanti. Dopo la distruzione atomica, il Diluvio di Fiamma, un ordine monastico cattolico, l’Ordine Albertiano di Leibowitz si incarica di conservare l’antica cultura, considerata da tutti responsabile della catastrofe e perseguitata. Grazie alle conoscenze così salvate, la civiltà risorge e avanza, inevitabilmente, verso una nuova guerra atomica. Perché proprio il romanzo di Miller? Semplice, perché è il più bello del suo tipo. Inoltre e anche un raro caso di romanzo non solo intensamente religioso ma intensamente cattolico, cosa non precisamente comune all’interno del genere.

6. Philip K. Dick, La svastica sul sole (1962)

Di storie in cui Hitler (e i giapponesi) vincono la guerra e si spartiscono il mondo ce n’è tante e aumentano ogni anno. S’era cominciato ancor prima della guerra, con l’inquietante Swastika Nights (1937) di Katherine Burdekin. Ma The Man in the High Castle (il titolo italiano tutto sommato non è male) fa classe a sé. Siamo nella California occupata dai giapponesi e non c’è traccia di alcuna Resistenza. La società pare fondarsi sull’antico testo divinatorio cinese, l’I Ching che, a quanto pare, ha dettato a uno scrittore americano un romanzo su un mondo in cui gli Alleati, Stati Uniti e Inghilterra, hanno vinto la guerra e si sono spartiti il mondo (scrittore e romanzo sono un’efferata parodia di R.A. Heinlein) e che sarebbe il mondo “reale”. E in un momento di satori un personaggio vede un altro mondo ancora… P.K. Dick ha finito per diventare uno dei momenti indispensabili non solo della storia della fantascienza ma della letteratura occidentale tout court. Restando al genere, con lui non solo la “fanta” divorzia del tutto dalla “scienza” ma anche dalla sociologia, dalla satira e dall’estrapolazione realistica. L’Io di Dick occupa tutto lo spazio e rifrange la luce (psichedelia, certo, ma Philip era così anche prima). La Svastica sul Sole è il mio preferito ma ci sono anche Ubik, Le Tre Stimmate di Palmer Eldritch, Valis – di recente hanno pubblicato le centinaia di pagine della sua Esegesi – no, non vi dico niente. Il giorno che passate in libreria sfogliatela.

7. Frank Herbert, Dune (1965)

Oltre a essere uno dei romanzi preferiti di Giulio Mozzi, Dune (insieme ai suoi numerosi seguiti) è talmente bello, importante e centrale nella storia del genere che finisce per rimanere quasi isolato. Forse è l’unico romanzo indispensabile dell’intera fantascienza. Mi viene da dirne il meno possibile eccetto: leggetelo! Ma non ci riesco. E’ un space opera piena di intrighi dinastici e pure la descrizione profonda di un pianeta alieno, Arrakis, un immenso deserto popolato da giganteschi Vermi della Sabbia, che produce una spezia, il Melange, su cui si basa l’intera vita della Galassia, che allunga la vita, permette di vedere il futuro e di navigare fra le stelle. Tutte cose già fatte, ma non così, non così bene, non così tanto. Tutto quel che è venuto prima ora pare giusto un simpatico tentativo. Per dire, anche Dick è un visionario ma i suoi spesso paiono giochi di luce sull’acqua; Herbert è incredibilmente concreto, materiale. Non si riesce a credere che Arrakis non esista realmente. No, davvero, basta: leggetelo.

8. John Brunner, Tutti a Zanzibar (1968) #

Dune spicca anche per un motivo curioso: l’assoluta superiorità rispetto a tutti gli altri libri di Herbert. Lo stesso vale per Tutti a Zanzibar (e un pugno d’altri romanzi dello stesso periodo, fra la fine dei Sessanta e i primi Settanta) rispetto alla sterminata e simpatica produzione di genere dell’inglese John Brunner, un esuberante bon vivant marxista. Il romanzo segna anche l’altra tendenza della fantascienza di quegli anni, già visibile in Herbert: la tendenza al gigantismo e alla complessità. Tutti a Zanzibar, il cui tema principale è la sovrapopolazione, descrive il mondo del 2010 molto, ma molto in dettaglio, con un tale overload informativo da far dire a osservatori superficiali che quel mondo assomiglia al nostro. No, a meno che la guerra in Vietnam continui ancora nelle Filippine, le auto a benzina siano state proibite e l’eugenica sia politica ufficiale di tutti gli stati avanzati. Ma tale è la brugheliana complessità del romanzo che l’impressione di realtà è vivissima, come pure il dispendio di idee politiche, sociali, tecnologiche e filosofiche che si porta dietro. Tutti a Zanzibar vale qui anche per il tutto sommato poco felice connubio fra fantascienza e avanguardie: la struttura del romanzo deve molto a John Dos Passos, che per allora non era nemmeno più tanto avanguardia.

9. William Gibson, Neuromante (1984)

Ecco, a questo punto la fantascienza comincia a perdere il suo pubblico. Il suo Futuro smette di essere anche il nostro. La rivoluzione digitale non era stata prevista (a parte il caro John Brunner che nel 1975 in The Shockwave Rider – in italiano Codice 4HG – aveva credibilmente descritto la Rete come sarebbe stata intorno al 1995). Internet – qui noto come la Matrix – irrompe sulla scena con Neuromante ed è un mondo oscuro ma eccitante, drogato, giapponese e violento – rock! – pieno di misteri appena percepiti e ancor meno spiegati, un universo romantico-decadente di cybercowboy che si fanno downloadare nella Matrix a caccia di segreti proibiti, un mondo in cui la gente non posta video di gattini su Youtube, non copia-incolla tesi di laurea né commenta i talent show in 140 caratteri. Il fuorilegge digitale Case non somiglia molto al ben educato Edward Snowden. Non è certo colpa di Gibson, un signor scrittore che oggi scrive tutt’altro, se il suo immaginario ha finito per mandare la nave a incagliarsi sulle secche.

10. Cormac McCarthy, La strada (2006)

Di buona fantascienza di genere se ne scrive ancora e avrei potuto parlare di Neal Stephenson o del recentemente scomparso Iain Banks. Ma è giusto segnalare non solo un grande romanzo ma anche il segnale che oggi il genere è ritornato nel mainstream e nelle mani di un grande può dare grandi risultati. Non voglio dire di più perché do un po’ per scontato che, come 1984, l’abbiate letto. Noto solo che, come in Orwell, qui c’è del pathos e si sente davvero il male del mondo, e che a differenza di tanti Futuri post-atomici in stile Mad Max (come certo non è Un Cantico per Leibowitz) il cinereo mondo della Strada non è un posto in cui vorremmo vivere, nemmeno per scherzo.

Va bene, credo di aver fatto il mio dovere pedagogico. Ora, velocemente perché siamo in chiusura, i miei 10 preferiti personali. Tre li ho già citati – Stapledon, Herbert e Brunner. Poi:

4. Cordwainer Smith, Norstrilia (1964)#. Dalla fervida fantasia di un agente della CIA, un pianeta australiano di gigantesche pecore malate che secernono un siero dell’immortalità e una Vecchia Terra governata nell’ombra dai Signori della Strumentalità. Laterale, molto.

5. Robert Silverberg, Shadrach nella fornace (1976) #. Le avventure di Shadrach Mordecai, il medico afro-americano di Genghis II Mao IV, il dittatore mongolo di una Terra del 2012 spopolata dalle guerre batteriologiche. Avete presente un opera forse non sublime ma perfetta in ogni sua parte? Andrea Del Sarto? Fragonard? Ecco, così.

6. Stanislaw Lem, Pianeta Eden (1959) #. Per un guasto un’astronave finisce su un pianeta alieno sconosciuto. L’equipaggio scopra una complessa e incomprensibile civiltà aliena. La studiano: resta incomprensibile. Gli alieni rimangono alieni. Riparano il guasto e se ne vanno.

7. Alfred Bester, Destinazione stelle (1956). Il Conte di Montecristo riscritto da Don Draper di ‘Mad Men’ (stesso lavoro di Bester nello stesso periodo). Puro divertimento su e giù per il sistema solare. Non una traccia di scienza o satira o intento morale. Solo effetti, ma che effetti! Il mio romanzo di fantascienza preferito di tutti i tempi.

8. Thomas M. Disch, Campo Archimede (1968) #. Un governo americano autoritario rinchiude i dissidenti in una fortezza sotterranea e prova su di loro una sifilide mutante che li trasforma in geni prima di ucciderli. Insomma, il Doktor Faustus di Thomas Mann in versione new wave. A un certo punto si cita un film della Divina Commedia girato da Federico Fellini.

9. Mario Antonio Miglieruolo, Come ladro di notte (1972) #. Una galassia senza un solo alieno ma con milioni di pianeti colonizzati da miliardi su miliardi di umani con nomi in gran parte italiani. L’eroe del romanzo, Zanzotto, fa parte della Congrega degli Inumani, una chiesa-esercito il cui obbiettivo è il genocidio dell’intera razza umana e la purificazione della galassia dal Male. Zanzotto non tollera che la Chiesa tradisca i suoi ideali in nome del puro potere temporale e si ribella. Sì, è bello come sembra.

10. Mario Soldati, Lo smeraldo (1974). Quel Soldati. Il miglior romanzo di fantascienza italiano di sempre. Fidatevi.

(Un po’ di informazioni di servizio. I romanzi con l’# si trovano solo sulle bancarelle, fisiche o virtuali. Del romanzo di Stapledon c’è una vecchia versione Mondadori intitolata Infinito e una recente di Castelvecchi Gli ultimi uomini. Norstrilia di Cordwainer Smith comparve negli anni Sessanta in italiano per Galassia come due romanzi distinti: L’uomo che comprò la Terra e L’uomo che regalò la Terra. Destinazione stelle di Bester è stato pubblicato in italiano anche come La tigre nella notte).

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23 Risposte to “Dieci libri indispensabili per conoscere la letteratura fantascientifica (seconda lista)”

  1. Marco Caponera Says:

    Bel riassunto, ma “La nube purpurea” meritava almeno una menzione.

  2. acabarra59 Says:

    “ Mercoledì 5 gennaio 2000 – « In un’epoca che si può situare, press’a poco, all’indomani della prima guerra mondiale, gli uomini cominciarono ad accorgersi di essere entrati a vivere in un sistema chiuso. Un poeta come Paul Valery, in una di quelle sue riflessioni cui una compiaciuta punta d’astrattezza matematizzante induce un’aria di garbato paradosso, ebbe a contrarre questa sensazione diffusa in una formula suggestivamente energica: Le temps du monde fini commence… » (Sergio Solmi, Divagazioni sulla science-fiction, l’utopia e il tempo, in «Nuovi Argomenti», n. 5, 1953) “ [*]
    [*] Lsds / 73…

  3. enrico ernst Says:

    Sono stato tra la preadolescenza e adolescenza un Uranio-filo… da quando mio padre, in edicola, mi comprò due (due! cioè non uno, due!) Urania usati (in uno, gli eroi erano astronauti miinuscoli, in viaggio dentro il sangue e il corpo umano). Per me la fantascienza come luogo della più grande nostalgia, e struggimento (ma è un paradosso?), ha un solo grandissimo nome: Ray Bradbury (di cui ricorderei forse “Il popolo dell’autunno”)… come mai il nostro Trucco non lo cita nemmeno? (anche l’assenza di Pohl…)

  4. enrico ernst Says:

    … ancora: nelle due liste fantascientifiche non ho trovato un libro che ho amato alla follia: “Cristalli sognanti” di Theodore Sturgeon… volevo chiedere se anche per altri questo libro è stato importante…

  5. Simona Scravaglieri Says:

    7. Frank Herbert, Dune (1965)
    ce l’ho! 😀

  6. Giulio Mozzi Says:

    Simona: tutti e sei i volumi?

    Il libro che Enrico cita senza dare autore è titolo suppongo sia “Viaggio allucinante” di Asimov (c’è anche un film che, visto da bambino, m’impressionò moltissimo; credo che oggi gli effetti speciali facciano ridere i polli…).

    Non esistono liste che possano contenere tutto.

  7. Andrea Says:

    Secondo me uno tra Fanteria dello spazio e Pianeta Impossibile avresti dovuto metterlo. Manca completamente la fantascienza militare.

    Il ciclo di Dune è bellissimo, ma per me è fantasy. Forse Hyperion sarebbe stato più adatto.

    Sono sorpreso per la mancanza di Solaris, Incontro con Rama e LA notte in cui bruciammo Chrome.

    A parte gli italiani, che non ho letto, nel bidecalogo sono presenti libri molto belli. Meno Lem che ho trovato noioso.

  8. Stefano Trucco Says:

    @Enrico e Andrea

    Beh, sapete come sono le liste così corte, specie se, come ho provato a fare io pur tenendo conto dei miei gusti, si vuol dare anche una vaga impressione dell’evoluzione del genere.

    Però due parole su Bradbury e Heinlein.

    Per Bradbury, almeno nel mio caso, forse giocano contro proprio la ‘nostalgia’ e lo ‘struggimento’. Anni fa trovai purtroppo impeccabile l’efferato lavoro di coltello di Dwight McDonald su di lui come scrittore ‘midcult’ per eccellenza.
    Volendo/dovendo segnalare almeno un romanzo ‘classico’ dell’Età d’Oro, le alternative erano Asimov, Bradbury e Heinlein. Per quest’ultimo, però, vale un po’ l’opposto di Bradbury: se B. è la fantascienza di chi non ama la fantascienza, H. è grandissimo all’interno del genere ma del tutto inesistente fuori: è praticamente impossibile prenderlo sul serio se non si è fradici di SF. Così alla fine puntai sul sicuro, che può essere gradito al volgo e all’inclito, cioè Asimov

  9. Andrea Says:

    @Stefano Trucco

    Effettivamente in un decalogo la fantascienza non sta, c’è poco da dire. Si finisce per tagliare autori importanti.
    Chissa se Giulio è disposta a scrivere un decalogo dei decaloghi di fantascienza: un centalogo dovrebbe bastare. Forse.

  10. Francesco Vitellini Says:

    Anche io sento la mancanza di Hyperion tra i titoli elencati

  11. enrico ernst Says:

    @ a Giulio… di quel libro che mi conquistò alla fantascienza non ricordo nulla se non la copertina, con figura maschile e femminile (un po’ in secondo piano) che indossano tute similspaziali e sullo sfondo qualcosa che può essere un orifizio, delle vene, delle pieghe cutanee… sì, che impressione! (ah dài: forse era Asimov dunque?).

    @ Stefano. Ovviamente va sempre ribadita la “limitatezza” delle liste – anche quando infrangono “in avanti” il decalogo – e la tua risposta su Bradbury è assolutamente precisa. Posso dire che Bradbury, con la sua provincia autunnale e nera, “bucava” la pelle della sf per portarmi da tutt’altra parte… era cioè un piede là e un piede oltre (l’uomo tatuato che portava sul proprio corpo i racconti affondò profondamente nel mio immaginario)… e forse proprio per questo l’ho amato…

  12. la Matta Says:

    @ Così, Enrico, sei un ex-Uraniano…Bene. Ora comincio a spiegarmi alcune cose Non conosco ” Cristalli sognanti”, me ne accenneresti il tema? così, per sapere : di te. Posso contraccambiare sussurrandoti che io ho sempre convissuto, da quando ne tengo il ricordo, con cristalli sognanti che certo non c’entrano con i tuoi ma che mi tenevano su numerosi “binari” lucenti nei quali era difficile destreggiarsi. Ad essi si è concatenato, a seguire, un percorso così articolato che mi è stato difficilissimo vivere ed accettare. Che stia succedendo qualcosa di simile anche a te? è strano che io te lo racconti. Non mi preoccupano “gli altri”. Solo chi deve comprendere, comprende. Tanto, sono la Matta . Un’ultima annotazione.( molto a margine). La Fantascienza è la preistoria di ciò che sarà o potrebbe essere ( o dovrebbe) per ciascuno di noi. Tante cose care.Matta

  13. acabarra59 Says:

    “ Lunedì 12 ottobre 2002 – « Poco più di un anno fa il telefono squillò a casa mia verso le due del pomeriggio. Chiamava da Vigevano, dove abita, il mio vecchio amico Lodovico Terzi. “ Hai la televisione accesa? Stai vedendo? “. Non stavo vedendo. “ Accendi subito, succede una cosa incredibile, pura « Urania » “. Era l’11 settembre e quello che scorreva sullo schermo era effettivamente una copertina di Urania… » (Dice Carlo Fruttero) “ [*]
    [*] Lsds / 73…

  14. acabarra59 Says:

    “ Venerdì 20 maggio 2016 – « Ha suscitato polemiche il video amatoriale (pubblicato da Dagospia su spunto di Selvaggia Lucarelli) che mostra l’esibizione di ballerine brasiliane nel corso di una recente festa per la prima comunione ad Altamura, in Puglia. Si è ipotizzato che il bimbo, a cui è stata “ regalato “ lo show, non fosse entusiasta e anzi piangesse. Una delle ballerine presenti, nota come Vivi Santana, racconta invece che la tristezza del bambino fosse dovuta all’assenza del padre, dovuta a un grave lutto che ha colpito la sua famiglia la sera precedente la cerimonia. La ballerina precisa, inoltre, che questo genere di performance è molto richiesta non solo per le comunioni ma anche per i battesimi. Sul web, nel frattempo non si placano le polemiche nei confronti dei genitori che acconsentono a tale spettacolo. » (Dai giornali) “ [*] [**]
    [*] A proposito di fantascienza
    [**] Lsds / 73…

  15. gian marco griffi Says:

    Me ne è venuto in mente uno che mi è piaciuto tanto: Dissipatio H. G. di Guido Morselli.

  16. gattasorniona Says:

    Mi fa piacere che ci sia Miglieruolo in lista!

  17. Andrea Says:

    Adesso che ci penso, nessuno ha ringraziato per il pesce. Onta e disonore su di noi

  18. enrico ernst Says:

    Oh Matta… cosa deduci dal mio essere un ex-Uraniano?… ora mi solletichi la curiosità… per la trama di “Cristalli sognanti”… ahimè, a riguardo ricordo solo la sensazione di “rapimento” che mi diede quella lettura, qualcosa di fondo, di inesplicabile, un occhio di bambino, di bambino che osserva qualcosa di assolutamente affascinante, che rapisce… e non posso che rimandarti a Wikipedia, per la trama: https://it.wikipedia.org/wiki/Cristalli_sognanti. Per me la Fantascienza è stata questa dimensione notturna e vasta che si apriva persino nello spazio più piccolo: un appartamento al quinto piano, o uno sgabuzzino, o anche un bagnetto lungo e stretto. Come potesse starci lì un viaggio interstellare, era un mistero, un mistero felice. Ecco un urlo, al di là della porta, era l’alieno ucciso dal protagonista di “Sentinella”… bisognava stare molto in silenzio per leggere la fantascienzam bisognava leggerla dietro gli scuri… perché il tempo si dilatasse in un modo inconcepibile e la miopia diventasse la vista più penetrante e lontana… di nuovo qualcuno si era perso, in un viaggio mentale, o in un mondo inospitale, o “dopo”, inospitale… quello smarrimento era l’avventura…

  19. Alexander C. Says:

    Definire le visioni di Dick giochi di luce sull’acqua è quasi offensivo. Nella “empathy box” profetizzata in data 1968 c’è molta verità contemporanea. Per quanto riguarda 1984, non credo possa classificarsi nella letteratura fantascientifica. Forse, è meglio definirlo un caso a parte.

  20. la Matta Says:

    O Enrico, essere stato un uraniano potrebbe aver avuto una sua evoluzione. E mi pare che tu abbia una visione abbastanza chiara su realtà -irrealtá e viceversa. Certo non ti posso dire quello in cui non credi perchè potrei parlare all’infinito senza essere compresa. Spero che sia Tu a parlar chiaro con te stesso. Una cosa te la posso dire.Cerca ancora per una volta di chiudere gli scuri e forse…sarà ancora veritå. Non negare se ancora non sai o ti rifiuti di sapere.Ripensa alla formula di Einstein. Ti dirà ti dirá,vedrai.E se non ti dice ,ti autorizzo a ridere della Matta, che intanto sta a guardare. Sciabá !

  21. la Matta Says:

    Caro Acabarra, vorrei un tuo blando giudizio sulla frase di Solmi a proposito di Paul Valery . Non ti sembra che rientri in uno dei decaloghi del non di Mozzi? Matta contro il Mattone

  22. Stefano Trucco Says:

    @Alexander C.

    Mi riferivo allo stile di Dick, contrapposto a quello di Herbert. Philip sarà profetico ma anche i suoi mondi, oggetti e personaggi non pesano, non si radicano – e questo può andar bene se, come lui, si vuol rendere l’effetto di progressiva smaterializzazione della nostra civiltà. Lo stile di Herbert invece è profondamente radicato e pesante, e ci fa sentire come presenti mondi, oggetti e personaggi ancor più irreali di quelli di Dick.

  23. Subhaga Gaetano Failla Says:

    “Cronache marziane” di Bradbury è per me al primo posto, e principalmente l’episodio intitolato “La terza spedizione”.
    In uno dei suoi “prologhi”, dedicato proprio a “Cronache marziane”, Borges in conclusione scrive:
    “Verso il 1909 lessi con affascinata angoscia, nel crepuscolo di una grande casa che ora non esiste più, ‘I primi uomini sulla luna’, di Wells. Per virtù di queste ‘Cronache’, di concezione ed esecuzione molto diversa, mi è stato concesso di rivivere, negli ultimi giorni di autunno del 1954, quegli allettanti orrori.”

    Per rimanere ancora in America, in una mia lista potrebbero trovare posto:
    “Mattatoio n. 5” di K. Vonnegut;
    “L’uomo che cadde sulla terra” di W. Tevis;
    “La signora degli scarafaggi” di T.M. Disch.

    E facendo un giro in Europa:
    “Lontano dal pianeta silenzioso” di C.S. Lewis;
    “L’occhio del purgatorio” di J. Spitz;
    “La zona del disastro” di J.G. Ballard;
    “La valle condannata” di L.P. Davies.

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