
Stremata dal Salone del Libro e dai suoi innumerevoli appuntamenti,
la Cultura viene confortata dalle carezze di due Lettori
di giuliomozzi
1. “Ti ricordi di me?”.
2. “Ma è vero che non lavori più per Feltrinelli?”.
3. “I libri di Marsilio mi sono sempre piaciuti, soprattutto la collana Le Cicerchie“.
4. “Le ho mandato un romanzo in lettura nel 2008, mi direbbe che cosa ne pensa?”.
5. “Come mai non c’eri alla festa di minimum fax?”.
6. “Sono stato allo stand di Einaudi, ma il libro del Bussola non c’è. Che sia già esaurito?”.
7. “Sono amico di un tuo amico, ma non in Facebook”.
8. “Possiamo farci un selfie?”.
9. “E’ un’emozione troppo grande conoscerla personalmente”.
10. “Ti ricordi di me?”.
Note. Non ho mai lavorato per Feltrinelli. Il Saggiatore pubblica una collana che si chiama Le Silerchie. Il libro del Bussola esce il 24 maggio.
18 Maggio 2016 alle 17:13
nessun “perché hai cestinato il mio manoscritto”, immagino
18 Maggio 2016 alle 17:17
1) le cicerchie son bòne.
2) “è un’emozione troppo grande”, è bello sentirselo dire (immagino)
3) “ti ricordi di me” fronte e sirma identiche…
18 Maggio 2016 alle 17:24
Tutto molto spiritoso, a tinta col tuo spirito irridente e scanzonato. Divertenti anche le “cicerchie” per “silerchie”, ma dimmi: il fatto che ti chiedano di un libro inviato nel 2008 (senza averti più rotto) non t’intenerisce? Non è pateticamente, teneramente gozzaniano?
E il resto delle domande, che effetto ti hanno fatto, per riportarle col tuo umorismo cinico?
18 Maggio 2016 alle 17:41
Muoro 🙂
18 Maggio 2016 alle 18:24
Come mai non eri alla festa della minimum fax?!
18 Maggio 2016 alle 18:35
Già, perché non c’eri?
18 Maggio 2016 alle 18:53
Divertentissimo!
18 Maggio 2016 alle 19:17
Quando trovo un’occasione per andare a letto a un’ora decente, non me la lascio scappare.
Laserta: è imbarazzante e per nulla piacevole. Sono una persona qualsiasi.
18 Maggio 2016 alle 19:35
Sì ma un po’ di entusiasmo…
18 Maggio 2016 alle 20:23
Ho conosciuto Giulio Mozzi al salone del libro. Poi mi sono stufato di pagare un biglietto per rubare libri. Adesso i libri li compero.
18 Maggio 2016 alle 20:28
Ho scritto “rubare”? Volevo scrivere “prendere a prestito”. È il correttore dell’Ipad che mi fa fare ‘ste figure.
18 Maggio 2016 alle 20:32
Ma perché tu ti aspetti ancora che le persone siano attente e ciò che dicono? La maggior parte parla così tanto per dire qualcosa e soprattutto non ha molto interesse alla coerenza del proprio dire. E così che si spiegano gli errori madornali DI attribuzione o di titolo ( le cicerchie). Al salone del libro come altrove. E ciascuno interessa solo il proprio “particulare”.
18 Maggio 2016 alle 23:10
Va bè, ma che intransigenti…dire cicerchie al posto di silerchie mi pare un errore veniale.
@Giulio: checché tu ne dica, non sei una persona qualsiasi. Sei una persona nota ed abituata ad essere notata. Le persone qualsiasi ad una frase cosí gratificante se la fanno metaforicamente addosso…
19 Maggio 2016 alle 06:14
A me, “cicerchie” per “silerchie” mi pare geniale (sull’origine della parola “Silerchie”, vedi qui).
19 Maggio 2016 alle 07:04
mariagiannalia. Mi dispiacciono queste valutazioni. Irritano e non servono a niente.
19 Maggio 2016 alle 12:43
Pazienza, Maria luisa, a me no. Ogni tanto ci vogliono anche quelle . Per rimanere con i piedi per terra.
19 Maggio 2016 alle 22:32
Mah, Maria Giannalia, una frase come
ha due contenuti:
1. qualcosa del tipo: “Non ci sono più le mezze stagioni”,
2. qualcosa del tipo: “Io invece sono molto attenta alla coerenza del mio dire”.
il primo contenuto è inutile; il secondo non è pertinente.
In una situazione come il Salone del libro (che, detto tra parentesi, come tutte le fiere mette a dura prova la capacità di attenzione di chiunque – soprattutto di chi è lì per lavorare) può capitare di dire sciocchezze senza rendersene conto.
Per dire: io, che almeno tre volte in vita ho comperato un biglietto ferroviario per Modena quando invece dovevo andare a Mantova (o viceversa), e almeno una volta ho preso un treno per Parma quando invece dovevo andare a Padova, non me la sento proprio di prendermela perché a uno scappa un “Cicerchie” al posto di un “Silerchie”. Anzi: come ho già detto, trovo la cosa a modo suo geniale.
20 Maggio 2016 alle 09:50
Be’, era uno per cui val la regola: “Esprimiti siccome ti nutri” [*]. Le silerchie, a differenza delle cicerchie, sono incommestibili.
[*]: U. Eco, 40 regolette per dire bene in Italiano.
20 Maggio 2016 alle 12:12
Diciamo così: tutto il blog e la sua interlocuzione variegata (polemiche, musi lunghi, spiritosaggini, richiami a toni meno polemici) erano funzionali alla (involontaria ) genialità che confonde “silerchie” e “cicerchie” (a proposito: ottimo il baccalà con cicerchie). Non male
20 Maggio 2016 alle 21:35
Una domanda che non c’entra molto: ma il “mostro” che nella foto rappresenta la cultura, c’entra qualcosa con il film di Garrone tratto da Basile?
21 Maggio 2016 alle 14:24
Giulio, sai niente delle 40 regolette di Umberto Eco? Graxie Matta
22 Maggio 2016 alle 10:58
Nel prendere cicerchie per silerchie c’é anche un nascosto simbolismo, direi: avere le cicerchie in effetti, significa qualcosa tipo “avere le traveggole”.
22 Maggio 2016 alle 23:54
Penso di potermi rispondere da solo: sì (ho ingrandito la foto, e dietro mi sembra di vedere un fotogramma del film, quello col palombaro alla Méliès).
23 Maggio 2016 alle 05:59
Sì, Gianluca, è lui.