di giuliomozzi
Ogni tanto (ogni poco, a dire il vero) c’è qualcuno che mi domanda (di solito in privato, prudentemente) che relazione ci sia tra me e certi tristi figuri come l’Ennio Bissolati, la Mariella Prestante, o addirittura (c’è qualcuno che se ne ricorda) Carlo Dalcielo.
La risposta, apparentemente, è facile: ciascuno dei tre è stato creato, almeno in parte, da me (Carlo nacque prima nell’immaginazione di Bruno Lorini; io poi ci feci molta amicizia); e ciascuno dei tre, come è naturale che sia, ha qualcosa di me. Carlo, al quale mi lega un affetto tenerissimo, somiglia molto a ciò che io ero nel 1992 o giù di lì: quando, in totale ingenuità, andavo scrivendo i racconti che finirono nel mio libro d’esordio, Questo è il giardino. Anche oggi, a volte, mi riesce di ritrovare (ma per poco: per attimi) quell’ingenuità; a questi ritrovamenti do il nome di Carlo Dalcielo.
Mariella nacque per gioco, più esattamente per dare il via a un gioco: e a un certo punto mi sfuggì di mano. Il godimento del corpo, che era il suo contenuto più forte, si trasformò nell’esatto opposto. Certo: Mariella, diversamente da Carlo, è una che traffica con gli stereotipi (vedi il contenuto palesemente parodistico di molti dei suoi componimenti); potrebbe produrre sonetti e sonettuzzi a raffica (e, in effetti…), solo a partire da una citazione parodistica o da una costrizione rimica (tutte le rime in “u”, rime difficili, rime sdrucciole, rime identiche, e così via); eppure, come potrei negare che quel contenuto (la stanchezza della carne, il sentimento dell’approssimarsi della morte) venga da me, o da un qualche angolo più o meno riposto e nascosto di me? Sono o non sono pur sempre l’autore d’un libricino che si chiama Favole del morire?
Ennio Bissolati è un stato una follia. Pensavo a lui più o meno dai primi del dicembre scorso; avevo il problema di trovargli un nome. Mi giravano per la mente un Teresio, un Tarcisio, ma non mi convincevano; e poi non avevo un cognome. L’illuminazione arrivò il 28 dicembre: Ennio. Decisi subito che mi serviva un cognome serio, serissimo, e così pescai tra i cognomi illustri del primo Novecento. Scartati Giolitti, troppo in vista, e Sonnino, troppo simile al nome con quelle due “n”, ecco Bissolati. Mi sedetti, inventai una copertina e un libro, e nel giro di un quarto d’ora scrissi (posticipando la pubblicazione al giorno dopo) la prima recensione di Ennio Bissolati: Una scomposta decomposizione, di Teresio Isidro. Di lì in poi proseguì la messa a fuoco: ora Bissolati è un tipo che, letteralmente, scrive a vanvera; si picca di aggettivazioni e avverbiazioni improbabili; dice sciocchezze con una sicurezza (e una sicumera) quasi ammirevole. Che parte di me è l’Ennio Bissolati? Probabilmente quella che avrebbe voluto scrivere, e non scriverà mai (temo) il saggio su La letteratura inedita in Italia.E dunque: che relazione c’è, tra me e costoro? Un paio di mesi fa pubblicai un decaloghino intitolato Dieci buoni motivi per non essere sé stessi quando si scrive. A quanto un po’ oracolarmente (ecco un avverbio ben bissolatiano) detto lì posso solo aggiungere: che ciascuno ci ha i suoi fantasmi, e qualcuno è capace di dar loro un nome e un cognome. Quando addirittura non arruola qualcun altro per farseli raccontare. (Ma vedi anche qui).
17 marzo 2016 alle 17:12
Scusi signor Mozzi o Bissolati o chessò io, siccome sono abbastanza nuovo del blog chi è l’eteronimo di chi? E in ogni caso, la matrice quanti eteronimi ha? Grazie di una risposta
17 marzo 2016 alle 19:35
Un post che il Bissolati definirebbe ombelicalmente autoreferenziato.. Anzi: a quando una recensione di “Storia degli ombelichi illustri” di Arnaldo Frizantino?
17 marzo 2016 alle 20:42
“ Domenica 12 settembre 2004 – Un finto buco, un buco per finta. (Fenomenologia dell’ombelico) “ [*]
[*] Lsds / 729
17 marzo 2016 alle 22:00
Simone: The answer, my friend, is blowin’ in the wind.
18 marzo 2016 alle 14:17
Bissolati è un personaggio pirandelliano, pure fortunato, perchè ha trovato l’Autore.
18 marzo 2016 alle 15:20
per Giulio Mozzi Says: ci avrei scommesso
18 marzo 2016 alle 20:43
Ma perché, Amico , non riesci a volerti bene e continui a ” parare”ari (da queste parti , “mettere in piedi, inventare ” ) maschere e maschere che non ti bastano mai ? Non voglio credere che sia un tuo modo di interloquire con i tuoi bloggers ( giusto? ), ma mi fa più male credere che tu sia lacerato a questo punto. E se faccio ridere con le mie parole , peggio per me che non so tacere : mi sta bene ! aff.ma Matta
20 marzo 2016 alle 09:08
Cerchiamo di essere pratici e sintetici, una volta tanto: io sono amica e frequento, vantandomene pure, Giulio, Ennio e Mariella (con quest’ultima ho anche intrattenuto proficue discussioni sul come e cosa lodare del corpo maschile, ma un tempo era un pochino più seria, vivaddio!). Bé, io mi ci trovo come un pisello nel proprio baccello, che c’è di strano? Ora che ci rifletto un attimo, forse viene dalla loro frequentazione il mio vezzo ultimo di firmarmi facendo seguire qualche dettaglio in più al mio nome. Morena, la poliedrica.
21 marzo 2016 alle 16:49
Capita che uno scrittore parli di sè e della sua opera con una grande chiarezza e semplicità e così vien da osservare che la sua creazione artistica così straordinaria rimane dopo tutto un evento che si fonda su quel famoso ginn di cui è dotato e di cui lui stesso forse non si rende perfettamente conto.
26 marzo 2016 alle 20:26
Forse si è perso tra piselli e baccelli. Come si dice, il bello dell’abbondanza. O dei piselli del Genio. matta
3 Maggio 2017 alle 15:41
Ma davvero sono personaggi creati da lei? Leggevo poco fa il battibecco sotto il post Cucinare tutto di William Sughi (anch’egli è un’invenzione immagino) . No vabbè, mi piace troppo! Scusi per il mio entusiasmo infantile trovo la sua una capacità che condivido e ammiro.
3 Maggio 2017 alle 15:49
Sì, Ilaria.
3 Maggio 2017 alle 20:29
E io che pensavo che Mozzi fosse un personaggio inventato da Bissolati.
3 Maggio 2017 alle 22:32
Smentisco, C. P.