[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
Ventidue anni, stando alla prefazione, sono stati necessari a Cinesio Bartoli (uno di quegli ingegni straordinari che nascono talvolta in Italia: fondatore della Bartoli sas, azienda specializzata nella fornitura di servizi e prodotti per la conservazione degli alimenti d’origine ittica; in gioventù campione regionale di pattinaggio su rotelle in varie specialità; cultore della materia presso l’istituto di Tecnica del freddo del Cnr nel tempo in cui lo dirigeva il compianto Fredolino Mattarolo; discreto pittore e acquafortista – assai apprezzate le sue “marine” – con all’attivo una dozzina di personali; eccetera) per compilare questa avvincente e spettacolare Storia universale della fretta: un saggio che, manco a dirlo, solo un individuo del tutto sordo alle ragioni della tempistica riuscirebbe a non leggere d’un fiato.
La prima cosa che il potenziale lettore (sempre che riesca a procurarsi l’opera: non in commercio ad onta dell’indicato prezzo di copertina di euro 16, è stata pubblicata come strenna natalizia dal Club Golfistico del Sabbionasso e distribuita unicamente ai soci) deve sapere, è che la fretta non è la velocità. La seconda cosa è che la fretta ha sempre goduto cattiva reputazione: e che il Bartoli ha inteso, nelle 524 pagine dell’opera, provvedere a riabilitarla: un po’ sul serio, un po’ per scherzo, con quasi sempre felice vena ironica. La terza cosa è che questa pretesa “storia” della fretta è, in realtà, sostanzialmente un’instancabile collezione di esempi, aneddoti ed exempla.
All’inizio di tutto c’è, naturalmente, il Creatore che fa il Tutto in sei giorni, e trova pure il tempo di spararsi un riposino nel settimo; contrapposto ai tempi enormi e imperscrutabili della fisica contemporanea (nonché di svariate mitologie soprattutto orientali: agli immaginatori delle quali, evidentemente, un numero sembrava tanto più bello quant’era più grande). Segue (con ardito arbitrio cronologico) una critica feroce a Quinto Fabio Massimo detto inizialmente “il Verrucoso” (a causa di un certo problemino alla pelle che lo rendeva simile a un Bruno Vespa d’antan) e poi, a causa della strategia adottata contro il terribile e temibile Annibale, “il Temporeggiatore” (o, come il Bartoli un po’ malignamente traduce, “il Perditempo”); contrapposto a colui che scelse come proprio motto il celebre “veni, vidi, vici“. Di generale in generale si arriva a Napoleone, dal Manzoni celebrato proprio per la speditezza del suo passare dal detto, o dal pensato, al fatto: “Dall’Alpi alle Piramidi, / dal Manzanarre al Reno, / di quel securo il fulmine / tenea dietro al baleno”: ovvero, dalla decisione all’azione correva il tempo che corre tra tra la percezione visiva della scarica elettrica e quella auditiva del botto. Ma anche nel finire, secondo il Manzoni, come rimarca il Bartoli, Napoleone fece tutto cesarianamente in fretta: “con vece assidua, / cadde, risorse e giacque”.
Larga parte del volume è dedicata a segnalare, riassumere, recensire e confutare le innumerevoli opere che nel corso dei secoli hanno lodato, ingiustamente secondo il Bartoli, la meditazione e la cautela e financo la lentezza. “Che tra le virtù stoiche prima, e cristiane poi, vi siano la fortezza e la giustizia e la temperanza e la prudenza”, scrive il Bartoli a p. 382, “è mero retaggio d’un tempo – il tempo di un Impero così grande e potente da pensarsi fuori dal tempo – nel quale non accadeva nulla, d’un tempo nel quale il tempo scorreva a rilento, d’un tempo nel quale dedicare il proprio tempo a resistere al tempo, a tentar di frenare il tempo, pur lento, poteva parere l’ideale d’un uomo virile. Ma non son più quei tempi…”. E così, con meticolosa vis polemica il Bartoli si confronta con Seneca, con Vitruvio, con Origene, con Agostino d’Ippona, con Severino Boezio, con Bonaventura da Bagnoregio, e via via, su su, fino ad Alcide De Gasperi e Giorgio La Pira, “campioni dell’immobilismo ideologico e istituzionale” secondo il Bartoli, che non nasconde qua e là, benché mitigate da un altero understatement, certe larvate ammirazioni berlusconiane (ma nessuno è perfetto, e un vecchio liberale – di quelli vecchi – come il vostro bibliofilo non può che allargare le braccia e dire: “Pazienza!”).
Per concludere (e per non tirarla troppo lunga): la fretta non è, secondo il Bartoli, “il più terribile dei peccati, dal quale discendono tutti gli altri” (come sostiene Raffaele Morelli citando Franz Kafka); al contrario, è la “madre di tutte le virtù”. Il proverbio “Presto e bene, raro avviene” dovrebbe essere corretto in “Lento e bene, avverrà nel giorno di San Mai”. L’azione è tutto, scrive il Bartoli. Anzi: l’azione è Tutto. Hop!
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5 marzo 2016 alle 10:38
Diavolo d’un Bissolati! Questa recensione è così bella che, per gustarmela meglio, me la sono riletta tre volte. Alla faccia della fretta!
5 marzo 2016 alle 10:56
“ Lunedì 12 maggio 1997 – Poco fa, mentre mi affrettavo in giro per casa, con i passi brevi e affannati di chi ha fretta ma non vuole fare rumore perché in casa ancora si dorme – entravo e uscivo, aprivo e chiudevo, bagnavo e asciugavo, andavo e tornavo – mi è sembrato di essere il babbo. Che la mattina presto era invaso da una specie di frenesia locomotoria che, a me che ancora stavo nel letto, sembrava comica e tragica insieme. Il babbo interpretava l’inizio del giorno come un’emergenza assoluta: in quella prima mezz’ora della giornata aveva l’esagitazione di un pompiere, di un medico in prima linea, di un protettore civile, di un pizzardone nell’ora di punta, di un inviato speciale, di un difensore di Fort Apache. Quando si lavava la faccia dopo essersi raso, faceva un frastuono incredibile, come se volesse imitare lo scroscio dell’acqua, come se l’acqua non scrosciasse abbastanza, come se non gli bastasse lavarsi, ma lo volesse anche dire, anzi soprattutto dire. Come se non gli bastasse essersi svegliato, essersi alzato, essersi sbarbato, essersi preso il caffé, essersi vestito, essersi disposto ad uscire di casa, ma, tutte queste cose, gli premesse farle sapere, enunciarle, dichiararle, cantarle, non si sa bene a chi, forse soltanto a me, accidenti a lui, pensavo io nel mio accigliato, esasperato dormiveglia. “ [*]
[*] Lsds / 726
5 marzo 2016 alle 11:50
“Un tempo nel quale dedicare il proprio tempo a resistere al tempo”, mica facile signor Bissolati, cioè signor Bartoli.
acabarra59: mia nonna faceva sempre l’aspirapolvere di domenica mattina, molto presto, e pare che sotto la soglia della porta chiusa di camera mia (ma pure sotto quella di mio fratello) si infilasse la sporcizia di tutta la casa… non c’era tempo da perdere! Andava pulita in fretta con molti passaggi ripetuti e rimbalzanti contro la porta stessa. Hai tutta la mia solidarietà.
5 marzo 2016 alle 12:13
Per carità, cara signora Ma. Ma., diamo al Bartoli quel che è del Bartoli, e al Bissolati quel che è del Bissolati!
5 marzo 2016 alle 19:51
Che bella cosa, signor Acabarra, la fretta del suo papà e della nonna ! Sbaglio, o questi ricordi sono nella carpetta ” I più cari”? Nei momenti di bilanci non facili, forse saranno tra quelli che le daranno forza. Scommettiamo? la matta
5 marzo 2016 alle 22:38
Qui si narra dell’arte della fretta, che per un sgherzo del destino parebbe dirsi la fretta dell’arte di coloro che non conoscono proverbiale virtu’ di pazientare al cospetto de li omini piu’ saggi. Saggio fu Cesare davanti al Rubicone a mandare avanti la truppa, mentre in quel di Roma lo senato ristagnava nella muffa. Tutto si può dire di quelli omini, che chi troppo vuole nulla stringe. Ma è anche pur vero, che manco a li tempi della gens Julia, Caia et Sempronia, un solo homo nobilissimus et facoltosissimus avrebbe unque sfilato unum (sed solum unum) sestertium per codesto librum! Et poi chi fu lo galeotto che lo scrisse? Che mai nessuno al mondo si fecit clamare Cinesio, al maximum Vanesio, Ginesio et Prudensio. Exactum… Prudensio, quomodo qualunque homo saggio et per nulla ansioso di scribere un tale compendium inutilissimum et costoso!
6 marzo 2016 alle 16:54
Il Golf Club Sabbionasso comunica di avere alcune copie della suddetta opera in magazzino. Chi la volesse può farsi socio del Golf Club.
6 marzo 2016 alle 18:34
non posso scrivere niente, vado di fretta