[Questo intervento di Roberto Contu si connette secondo me in qualche modo (ma non saprei dire in quale modo, al momento) con il giro d’interviste su scrittori e Facebook attualmente in corso di pubblicazione in Le parole e le cose. gm]
Home
Nessuno legge più i libri. Sì, forse qualcuno li legge ancora: qualche vecchio addetto, qualche adulto che ha troppo tempo libero, qualche adolescente disadattato. Ma i libri non li legge più nessuno, la gente normale intendo. Leggiamo molto di più, questo è vero. Leggiamo questo pezzo, ma lo leggiamo perché tutti leggiamo Home. Home è il prossimo vincitore del Premio strega 2016. Home è il vincitore del Campiello 2016, ovviamente Home è il prossimo vincitore del Calvino 2016. Eh sì, perché opera più prima di Home davvero non ce n’è. Home è originale, unico. Ognuno ha il suo. Certo, c’aveva già pensato Balestrini nel 1961 con Tristano a inventarsi il libro multiplo. Ma costava troppo, i computer erano degli stanzoni e a Feltrinelli sarebbe costato una tombola fare libri unici in copia unica. Ma il futuro è arrivato, adesso Home ce l’abbiamo tutti, ovviamente anche tu ce l’hai già. E lo leggi, capperi se lo leggi. Lo conferma pure la scienza. Il recente studio della Minnesota Commonplace University acclara con evidenza come l’evoluzione dal pollice opponibile all’indice strusciabile e rotolabile sia un dato di fatto.
Il mio
Evidentemente posso solo parlare del mio Home. Da quando lo leggo molto è cambiato. I primi anni che leggevo i capitoli erano piuttosto noiosi. Pochi personaggi, tutti familiari, i loro stati d’essere piuttosto insignificanti. Come all’inizio di Guerra e Pace il racconto stentava a decollare, quotidianità, piatti e pietanze varie, animali di piccola taglia. Ero a un passo dal mollarlo, ma poi Home mi è venuto in soccorso. Mi ha proposto nuovi personaggi, altri personaggi e altri personaggi ancora. Io lettore mi sono solo dovuto mettere nella buona disposizione di accettarli, all’interno del patto narrativo che Home mi proponeva. La lettura è diventata più assidua, c’erano più personaggi, c’era anche il rischio di perdere il filo. Ma alcuni di questi nuovi personaggi diventavano sempre più presenti. Ossessivi ad un certo punto: mi sembrava di conoscerli come fossero fratellastri. Ricordo il personaggio di una filosofa depressa che oltre a riempire le pagine di versi abbastanza inutili mi diceva di straforo (e di continuo) che non ne poteva più di essere zitella. Allora ho iniziato a saltare a piè pari le sue apparizioni. Poi ho capito che Home ha una sintassi così raffinata che ti permette di bloccare i personaggi che non ti piacciono, senza per questo far inceppare il meccanismo narrativo. Geniale. Sparita la filosofa zitella.
Il labirinto
Col tempo Home mi ha letteralmente rapito. Mi sono accorto che i personaggi del libro erano anche loro stessi lettori di altri libri, una roba da far impallidire Borges. E spiando i personaggi scoprivo in un gioco di scatole cinesi altri personaggi. E più il personaggio mi piaceva, più cercavo di portare dentro il mio Home i personaggi del personaggio che mi piaceva. Una cosa vertiginosa. Ad un certo punto mi sono trovato le pagine piene di scrittori. Bellissimo all’inizio. Ma poi sempre più palloso. Eh sì, perché a parte qualche rara eccezione alla lunga parlavano tutti nello stesso modo. Si davano ragione in modo compulsivo e ripetitivo. Una noia. A un certo punto però è successo un piccolo miracolo. Uno dei personaggi ha sparato un cazzata colossale su un dato di cronaca. Apriti cielo. Hanno iniziato a discutere, meglio, ad azzuffarsi con lui personaggi di cui io non avrei ipotizzato la conoscenza. Mi si è aperto un mondo. Da quel momento ho deciso che il mio Home sarebbe diventato foucoultiano, schizofrenico, eterodosso. Ho mischiato i personaggi, ho accettato anche frotte di personaggi del nemico, mi sono ritrovato un libro pieno di francesi e russi. Ma era di gran lunga meglio della battaglia di Borodino.
Coralità
Perché Home è un grande romanzo collettivo, corale per dirla bene. Certi capitoli a volte sono un po’ noiosi. Quando doveva morire la Grecia ad esempio mi sono annoiato, perché in fondo in fondo di economia e geopolitica capisco poco. Poi è stato tutto un Pasolini. Ma quando sono iniziati i grandi temi etici è stato uno spasso. Adesso ad esempio i miei personaggi sono in guerra tra loro sul tema dei diritti civili. Ci sono i generali, quelli con un sacco di seguaci, quelli che chiamano a sé le armate della propria idea. E riescono a infervorare così tanto i propri soldati che questi si lanciano in scaramucce sul terreno degli altri. E allora sono zuffe da divertirsi un bel po’. Beh, insomma. Mi diverto perché avendo scelto il mio Home schizofrenico, è ovviamente pieno di guerre. Diversi saranno gli Home di quelli troppo intruppati, quelli hanno sempre gli stessi personaggi che si confermano a vicenda, che si rinforzano a vicenda. Ma del resto si sa, se si sta dietro la trincea non può che essere così.
Trasversalità
Da umile maestrino di scuola secondaria Home mi è però molto utile. Perché sebbene le famiglie continuino a sputtanare i soldi nei libri di testo che a scuola facciamo comprare ogni anno, i miei studenti sono anche loro voraci lettori di Home. A dire il vero voraci non troppo. Anche se noi adulti non ce ne siamo accorti, loro leggono sempre di più Insta, un altro libro tipo Home ma con molte più immagini e molto meno bla bla bla. Però gli studenti leggono ancora Home e quindi io ho fatto la paraculata di imporgli tutto una serie di personaggi che sono entrati nei loro Home. Personaggi intelligenti, svegli, che li costringono per inerzia a leggere di cose che mai leggerebbero. Minor peso da questo punto di vista hanno i collaterali, i testi nel testo, i giornali dentro Home. Interessanti magari per qualche dinosauro, ma mai da arrivare a sostituire il sistema dei personaggi, il vero cuore pulsante di Home.
La mia cinquina
Dicevamo dello Strega 2016. Visto che non sono proprio scemo e conosco i miei limiti, non mi azzarderei mai a dire che il mio Home potrebbe entrare in cinquina allo Strega, posto che tutti gli Home del mondo per diritto dovrebbero entrarci. Senza pretesa di indirizzare i complessi meccanismi del Premio avrei in mente la mia personale cinquina, ma me la tengo per me. Perché sono tutte e cinque opere incomplete. Ma soprattutto perché, a pensarci bene, non è che siano proprio un granché.
Tag: Roberto Contu
21 febbraio 2016 alle 09:28
Un’orgia metaforica. E, per quanto riguarda i social, altro che Roberto Cotroneo!
21 febbraio 2016 alle 09:48
Home è facebook, Home è Matrix, Home è l’uccello dal becco giallo di Pulp di di Bukowski, Home è tutto e niente
21 febbraio 2016 alle 11:52
Devo ammettere che la voglia di penetrare l’immancabile ironia per cercare di capire di che cosa si sta effettivamente parlando sta cominciando a venirmi meno…
21 febbraio 2016 alle 14:10
Chi non usa Facebook forse non sa che il pulsante per accedere al newsfeed si chiama “Home”. Il newsfeed è la selezione delle “notizie” degli “amici” di Facebook, fatta secondo i criteri dell’Edgerank – un algoritmo sociale con la pretesa di valutare l’interesse dei contenuti veicolati in Facebook per il singolo utente.
Il “romanzo postmoderno” scritto per ciascuno dall’azienda multinazionale Facebook, basato sulle narrazioni dei vari “amici” (talvolta amici), è l’omogeneizzato delle narrazioni più digeribili, e d’altra parte le logiche di marketing devono necessariamente considerare i consumatori come dei bambini. L’autore, ovviamente, è Facebook. (Anche l’editore, in un certo senso, è Facebook. Il contratto con l’utente prevede una “licenza di sfruttamento” non esclusiva, regolata sulla base delle impostazioni di privacy).
Io, di mio, ho bloccato da tempo il newsfeed. Non ricevo il (macro)testo messo insieme da Facebook ma mi riservo l’opportunità di sfogliare Facebook appunto come un libro, andando a scegliere le pagine degli utenti che di volta in volta mi interessano.
In questo modo, evito il contagio dello stile (non dello stile dei miei “amici” di Facebook, talvolta amici; ma dello stile dell’autore Facebook, cioè dell’Edgerank. Perché la selezione di parti testuali secondo criteri narrativi, come è questo il caso, comunica l’impronta d’uno stile). Fruire di Facebook disattivando l’autore Facebook è per me l’unico modo per non innervosirmi troppo e per sfangarla dalla logica “accetta o rifiuta il mondo”, sempre perdente.
(Anche parlare male di Facebook in Facebook è un buon modo per narcotizzare lo stile dell’autore Facebook).
21 febbraio 2016 alle 15:11
Grazie della spiegazione, Daniele. Non sono un utente Facebook e mi stavo perdendo il nocciolo della questione… Tuttavia, stavo applicando la formula e l’ironia dell’articolo anche alla home page di un qualsiasi Blog (anche del mio, per intenderci) e, tutto sommato, poteva calzare anche abbastanza bene… Diciamo che fa riflettere, comunque.
21 febbraio 2016 alle 15:52
(Di nulla, Paolo. “Home” è effettivamente un termine che in internet si trova ovunque, contrariamente all’evidenza che, nel “virtuale”, siamo tutti più o meno consapevolmente homeless).
21 febbraio 2016 alle 17:27
Non sarei così critico sul tasto “home” e sull’algoritmo con cui Facebook seleziona i contenuti da mostrare. Credo, a quanto ho letto da qualche parte, che sia molto meno complicato o complottistico di quanto non si voglia far credere. Certo trovi di tutto, dalle panzane sul tipo “perchè la giraffa non si gira ? e che si giraffà” a post dei singoli utenti e perchè no anche contenuti che in altro modo non sarebbero mai potuti emergere. Poi quello che c’è sul newsfeed dipende anche molto da come sono stati selezionati gli amici quindi in parte, ricalca un po’ i nostri contenuti, anche inconsci a volte.
21 febbraio 2016 alle 18:00
Change home, that’s better! (I insist).
21 febbraio 2016 alle 18:24
that’s good but this house is so spassos (hilarious ???)
21 febbraio 2016 alle 19:48
Giros, non c’è nessuno complotto. E l’algoritmo sociale di Facebook è noto.
Dici che il newsfeed “ricalca un po’ i nostri contenuti”. Ed hai perfettamente ragione. È quello il nocciolo del problema.
Un sistema di manutenzione delle relazioni che costruisce una narrazione collettiva a ricalco, diciamo, di ciò che appare consolidato, non è un campo di gioco neutrale. È un agente che informa la nostra rete di relazioni secondo determinati criteri (che servono soprattutto a ricavare dati di marketing coerenti e utilizzabili sul mercato).
Come si dice in questi casi, l’essenziale è esserne consapevoli.
21 febbraio 2016 alle 20:44
Yankee, go “home”!
21 febbraio 2016 alle 21:15
@dm:
proprio noto l’algoritmo non è, comunque poco importa. Diciamo che è replicabile con buona approssimazione. Penso inoltre che cambi anche molto frequentemente.
Io credo che tutti ne siano consapevoli o comunque hanno gli strumenti per poter acquisire questa consapevolezza (le ultime normative anche in fatto di cookies sono abbastanza esplicative). Facebook inoltre non ha mai fatto mistero dell’uso dei dati che fa e che sono oggetto di marketing: è pur sempre un’azienda non un servizio di volontariato.
Ti dirò, io (e mi riferisco in particolare proprio a Facebook) la vedo come un’innovazione profondamente positiva nel campo della comunicazione. Poi è ovvio, solo il tempo potrà dire se questo è vero.
21 febbraio 2016 alle 21:17
ed io che pensavo di trovarmi su un sito letterario, vabbèè me ne torno a “home”
21 febbraio 2016 alle 21:43
Bene, Giros, salutami le persone consapevoli quando le vedi.
(L’algoritmo di Facebook è noto, nel senso in cui Facebook spiega come funziona e – in caso di modifiche sostanziali – aggiorna i propri utenti, nel senso in cui è facile vederne gli effetti essendo Facebook un sistema aperto e senza il controllo degli utenti duplicati, e molti lo hanno fatto, nel senso in cui è esperibile negli effetti).
22 febbraio 2016 alle 04:15
Giusto ieri una persona mi ha detto: “Secondo me Fb non funziona mica bene, perché in Home non mi mostra tutti i post dei miei amici ma solo alcuni, e di solito anche i meno interessanti”.
Ecco, per dire della consapevolezza. Questa persona ha due lauree e un contratto da dirigente in un’azienda di servizi recentemente privatizzata.
22 febbraio 2016 alle 09:48
“L’algoritmo tiene conto dell’età delle interazioni, il cui valore diminuisce man mano che invecchiano.”
23 febbraio 2016 alle 22:29
Vince il premio Strega eccome!