Vedi l’articolo di ieri. Pubblico qui il secondo melologo. La musica sarà di Claudio Rastelli.
Tre corpi
2. Lo storico
Sapete cosa voglio?
Un libro, voglio un libro.
Un libro che abbia
la forza della carne,
senza le debolezze della carne.
I libri si consumano,
marciscono,
ma sopravvivono
grazie al loro numero.
Quante volte ho ascoltato
mio padre
mentre raccontava.
Ora mio padre è morto
e di quel racconto
non è rimasto nulla.
Quando torno dal camposanto, penso:
il corpo di mio padre non serve più, ora;
ormai è una cenere spessa,
argilla sterile.
Io – ho deciso. Voglio fare un libro.
La voce di mio padre,
la voce di tutti i padri,
la voce delle carte, delle fotografie,
dei luoghi che sono rimasti.
Tutte dentro al libro.
Perché il libro salva.
L’emozione di ascoltare mio padre
non potrò restituirla.
Ma la memoria mia, di mio padre
che racconta,
è una cosa solo mia:
e non basta.
Questo è la nostra storia: è ciò che rimane
quando tutti i corpi sono consumati,
quando tutti i testimoni sono morti,
quando le carte sono diventate polvere,
quando i luoghi sono stati cancellati.
La storia
abita nei libri.
Io – voglio fare un libro.
Perché la memoria della memoria di mio padre,
perché il racconto dei racconti di mio padre
perché la memoria dei miei figli
ai quali ho raccontato i racconti di mio padre
non sarà nulla,
se non ci sarà un libro.
Come un canto corale
senza più le persone che cantano:
un canto che resta,
che c’è,
quando tutto è diventato polvere.
Solo nella morte siamo
fratelli.
23 gennaio 2016 alle 10:21
Grazie Giulio, dico per la condivisione di questi testi (aspetto il terzo con impazienza). Se il risultato sarà all’altezza (e non ne dubito) dell’operetta di giugno, posso solo immaginare il coinvolgimento del pubblico. L’ho riascoltata di recente, l’operetta. L’impressione iniziale mi scombussola ogni volta e come prima reazione mi viene voglia di spegnere tutto. Non è sempre facile l’ascolto. Uno deve essere predisposto a cambiare la sua pelle nel tempo di una nota corta. Quando però l’“angoscia” della musica ti ha trascinato dentro il suo dramma e quella voce da oltretomba ti parla di polvere, morte, pazienza, della danza della vita, diventa qualcosa di così surreale e tangibile allo stesso tempo che ti permette quasi di percepire sulla pelle l’alito espirato dalle anime del limbo. Sono abbastanza certa che non ce la farei a restare seduta sulla seggiola a teatro durante una tale rappresentazione (e non solo per l’affollamento della gente, se serve a precisarlo). Per questo ti sono ancora più grata della tua generosa condivisione. Buona serata a Modena, e pure a Riva del Garda.
23 gennaio 2016 alle 10:25
PS: raccogliere i racconti del proprio padre (al di là dell’importanza storica della sua memoria) e metterli su carta è davvero una bella cosa. Io l’ho fatto e ne sono felicissima.