“Invivible Cities”, di Scott Emerson et al.

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di Ennio Bissolati

[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]

diversitySe Le città invisibili di Italo Calvino è, senz’ombra di dubbio e a livello planetario, il libro (letterario) più amato dagli architetti e dagli urbanisti (ancor più di Flatland di E. A. Abbott, e scusate se è poco), questo volume collettivo provocatoriamente intitolato Invivible Cities (e pubblicato dalla Prince Town Diversity Press, casa editrice di cultura anarchica, antiaccademica e antiistituzionale) si candida a diventare il libro più odiato. Sembra che negli Usa sia diventato irreperibile in poche settimane: pur di farlo sparire, diverse associazioni professionali di architetti e urbanisti (da quelle parti, si sa, non esiste nulla di simile ai nostri ordini professionali) ne avrebbero fatta incetta. Noam Chinamsky, del Department of comparative irrelevance della South Park University, ha denunciato l’esistenza di una “congiura dei professionisti” e ha tentato di adottarlo come libro di testo ufficiale: ha incontrato però la rigida opposizione del senato accademico.

Ma che cosa contiene, questo libro neanche grosso (124 pp.), di tanto scandaloso? Gli autori, capitanati da un misterioso Scott Emerson (una specie di “Mario Rossi”), non fanno altro che immaginare come si possa vivere nelle città immaginate da Italo Calvino. Naturalmente scoprono che in ciascuna di esse la vita è, se va bene, un inferno; ma soprattutto smontano e smascherano la “macchina utopistica” (“utopistical machinery“) calviniana, ossia il procedimento mentale adoperato da Calvino per produrre città a go-go: basato sulla radicale rimozione di ogni esigenza funzionale in favore di un mero godimento estetico e allegorico. “Se è vero che il Sabato è fatto per l’uomo, e non l’uomo per il Sabato”, scrive Sonia Ionesco, “dev’essere vero anche che la città è fatta per chi vi abita, e non chi vi abita per la città. Calvino propone immaginazioni desertiche, spopolate, a fronte delle quali il mondo nel quale si trova a vivere e combattere Robert Neville [il protagonista di I Am Legend di Richard Matheson] è uno scherzo da ragazzi”. “Ci domandiamo”, scrive Georgiou Perecu nel suo saggio significativamente intitolato Bad teachers, students worst, “che cosa giaccia nel fondo dell’inconscio occidentale, se l’immaginazione della città ideale è stata affidata a uno scrittore incapace di concepire la vita come qualcosa di caldo, umido, e spesso un po’ sporchino”. “Sarebbe ora”, rincara Alex Bigbeefs, “di riconoscere che certi Grandi Maestri hanno insegnato solo cazzate [bullshits]. Che cosa resta, oggi, ad esempio, dell’unité d’habitation [in francese nel testo] di Le Corbusier? Per avere una risposta basta guardare lo scempio compiuto a Roma dai palazzinari [in italiano nel testo]”.

In Italia parlar male di Calvino, oggi, è come un tempo parlar male di Garibaldi: non si può, si va incontro ad anatemi. Pertanto è difficile immaginare che questa raccolta di saggi – piuttosto sbarazzini, talvolta sboccati, spesso narrativi – possa essere tradotta. Eppure, secondo l’umile parere del vostro bibliofilo, Invivible Cities potrebbe essere la classica boccata d’aria per una cultura che ha monumentalizzato persone, concetti, pratiche e politiche sessantatré-sessantottine, e dopo quasi cinquant’anni non sa ancora liberarsene.

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11 Risposte to ““Invivible Cities”, di Scott Emerson et al.”

  1. Alexander C. Says:

    Certo che da Noam Chomsky a Noam (Henry) Chinamsky, ce ne voleva dear Bissolati! Ci sono molte cose da cui si fa ancora fatica a liberarsi (ad esserne coscienti…) dalla verità su Garibaldi (very “original” mercenario), alla progettualità utopistica post-settantotina, dalle “Invivible cities” (nel senso dei progetti a fior di miliardi che non porteranno alcun vantaggio alla collettività) alla concreta realtà di Pinocchio-land (dove nulla è cambiato e al sud si sta sempre peggio). Un tempo quel sud fu terra di conquista per progettisti e vetrinisti vari, dear Bissolati!

  2. acabarra59 Says:

    “ Sabato 27 agosto 2005 – « “ Le Courvoisier… chi è? “ “ Le Corbusier… è un architetto… “ “ Pensare che io credevo che fosse un cognac… “ » (Concorrenza sleale, Scola, 2001) “ [*]
    [*] Lsds / 678

  3. Nadia Bertolani Says:

    Scopro di non avere alcun senso dell’umorismo. Comunque io mi tengo Calvino.

  4. Valentina Durante Says:

    Signor Ennio, lei ci ha tutte le sue ragioni. Purtuttavìa: lei sa cosa sarebbe il mondo, per noi poveri copywriter pubblicitari, senza Calvino? Senza le Lezioni americane? Senza la storiella del brigadiere? Sarebbe un mondo senza luisecarrada, senza annamarietesta. Lei se l’immagina, signor Ennio, andare dal cliente che vuole una brochure sui macchinari per l’edilizia con un testo alla Gadda? Quanti calviniani obtorto collo ci sono!

  5. Giulio Mozzi Says:

    Mah, Valentina: devo dire che concordo in buona parte con Ennio. C’è un Calvino che mi pare ancora oggi interessante e bello e “produttivo” (dico quello della Giornata di uno scrutatore, di Ti con zero o di Palomar – o anche del commento-adattamento del Furioso); un Calvino che mi pare interessante e bello ma non più “produttivo” (il Sentiero, il Marcovaldo, gli Antenati ec.); e un Calvino che, sinceramente, mi pare nato morto (es. Il castello dei destini incrociati, Se una notte d’inverno un viaggiatore – e, vabbè, anche Le città invisibili). Del Calvino saggista, le Lezioni mi sembrano il contributo meno originale. Il brigadiere e i suoi prodotti vinicoli sono cabaret: didatticamente efficacissimo, peraltro.

    Quanto allo stile semplice e preciso, la tradizione italiana presenta esempi luminosissimi. Per carità: magari un po’ antiquati (il Magalotti, il Galiani, molti scrittori di scienza e di economia; lo stesso Manzoni delle opere maggiori; e non sottovaluterei Benedetto Croce, che quanto a precisione non scherza).

  6. Valentina Durante Says:

    Giulio, trattandosi del signor Ennio, il mio intervento era ironico 🙂 Trovo le Lezioni americane insopportabili, non per il testo in sé, ma perché presentate urbi et orbi come il libro che ogni copywriter deve aver letto almeno venti volte nella vita. La storiella del brigadiere viene propinata in ogni testo di scrittura professionale o pubblicitaria o per il web e, anche qui, alla ventesima volta, uno proprio non ne può più. Ho amato la Giornata di un scrutatore, Palomar (finito pochi giorni fa), la Trilogia dei nostri antenati, Marcovaldo, ma anche le novelle degli Amori difficili. Il sentiero sì, ma con qualche riserva. Ho lasciato perdere, dopo venti pagine, Se una notte d’inverno un viaggiatore. Le città invisibili non l’ho mai affrontato perché è il testo osannato da ogni designer, e i testi osannati m’indispongono (sarà che ho avuto una pessima esperienza con On the road che, mi si perdoni l’ignoranza, ho trovato illeggibile). Ho in casa le Cosmicomiche, ma ho scorso giusto un paio di racconti. M’incuriosisce, a questo punto, Ti con zero. Per la scrittura professionale ho trovato molto utili sia Manzoni che Pirandello. Magalotti e Galiani non li conoscevo: approfondirò. Grazie.

  7. Alexander C. Says:

    Qui di tutto si parla tranne che d’architecture… comunque, il Corviale non ha nulla a che vedere con l’unitè d’habitation.

  8. Ennio Bissolati Says:

    Cara signora Valentina, gentile ospitante Giulio: purtroppo la fama internazionale di Italo Calvino è legata proprio a queste opere che Giulio – come sempre tranchant – dichiara “nate morte”. Non è che noi italiani siamo un po’ provinciali? Non è che è provinciale il resto del mondo?

    Gentile Alexander C., il Corviale (che lei cita, non io) non è certo opera di “palazzinari” [in italiano nel testo]. E’ un’opera pubblica.

  9. Valentina Durante Says:

    Signor Ennio, che dirle? Per usare un raffinatissimo concetto filosofico: che ognuno si faccia le province proprie.

  10. Alexander C. Says:

    E’ vero, caro BIssolati, sono stato io ad avere citato il Corviale. Ma lei suppone di tutto, anche sè stesso, dunque anche l’opera in oggetto. Un caro saluto per lei e per il Mozzi e perdoni la provocazione.

  11. RobySan Says:

    Ad vocem Corviale (lupus in fabula?).

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