di giuliomozzi
Sabato 23 a Modena presso il Teatro Pavarotti (vedi) e domenica 24 a Riva del Garda (vedi) si svolgerà l’edizione 2016 del Concerto della memoria e del dialogo, un’invenzione di Claudio Rastelli per la Giornata della memoria. Chi vuole più informazioni sulla cosa può seguire i due link messi sopra o ascoltare questa intervista a Rastelli:
Nel luglio scorso mi scrissero due vecchi amici: Nicola Straffelini dell’associaziome musicale Quadrivium di Riva del Garda (Tn) e Amedeo Savoia, un insegnante di Trento con la passione del teatro (oltre che dell’insegnamento). Con Nicola e Amedeo ho già lavorato altre volte: da una loro commissione è nato, per esempio, il mio testo Operetta di giugno (messo in musica da Massimo Biasioni). Nel 2016, mi dissero, il Concerto della memoria e del dialogo, ormai tradizionale a Modena, farà tappa anche a Riva del Garda; il Concerto presenterà pezzi musicali “storici”, eventualmente in trascrizioni di musicisti d’oggi (perché la memoria passa anche attraverso le pratiche di imitazione, trascrizione eccetera), e inoltre letture a cura di studenti (modenesi a Modena, rivani a Riva); in più, si proporranno dei pezzi composti per l’occasione. Avresti voglia, mi chiesero Nicola e Amedeo, di scrivere i testi per tre “melologhi” di quattro-cinque minuti ciascuno, che saranno innestati su musiche composte ad hoc?
Pur non avendo ancora un’idea precisa di che cosa fosse un “melologo” (voce recitante più musica, vabbè: ma un conto è saperlo in astratto, un conto è avere un’idea di che cosa questa forma storicamente sia, e di quale tipo siano le relazioni che si possono costruire tra musica e parola), risposi subito di sì. E subito dissi che mi sarebbe piaciuto coinvolgere nella cosa Demetrio Paolin. Nicola e Amedeo accettarono.
Perché Demetrio Paolin? Perché, come ben sa chi segue più o meno regolarmente vibrisse, sul tema della memoria Demetrio ha pensato e ha scritto parecchio (vedi a es.: Primo Levi, il testimone integrale; Il corpo delle vittime e il corpo dei terroristi; Anni (truccati) di piombo), e attorno a questo tema s’impernia anche il suo nuovo romanzo Conforme alla gloria, di prossima uscita presso Voland.
Quindi: chiamai Demetrio, facemmo un po’ di chiacchiere; e chiacchierando ci venne da impostare una contrapposizione: tra la memoria, affidata inevitabilmente ai testimoni, e la storiografia, che è lavoro d’altri. In un certo senso, ci dicemmo, memoria e storiografia sono avversarie: finché esistono dei testimoni, la storiografia fatica ad aver luogo; perché esiste (meglio: è generalmente riconosciuto) una specie di “diritto di prima parola” ai testimoni. Basti pensare alle polemiche che regolarmente sorgono quando, a es., uno scrittore trentenne/quarantenne si cimenta in un romanzo ambientato negli “anni di piombo”, cioè quando non era ancora nato o era infante: e ciò non gli darebbe, agli occhi di chi c’era, diritto di scriverne (mentre – e direi paradossalmente – lo statuto di “testimonianza surrogata” è stato attribuito a libri come quelli di Mario Calabresi o Benedetta Tobagi o Umberto Ambrosoli, che hanno scritto dei loro padri).
Con Demetrio dunque immaginammo di dar voce nei tre melologhi a tre personaggi: a un testimone che non ha più voglia di testimoniare (e, essendo anziano, presente la fine della testimonianza); a uno storico che cerca di liberarsi dalla stretta di coloro che c’erano; a un uomo che non ha avuto accesso né alla testimonianza né alla storiografia: perché c’era, sì, ma dalla parte sbagliata.
Scrivemmo dunque: io buttai giù una prima stesura; Demetrio la rivide; io la ri-rividi; e ci ritenemmo soddisfatti. Mandammo il testo ai nostri committenti, e (per nostra fortuna) i nostri committenti si dichiararono anch’essi soddisfatti.
Demetrio e io saremo presenti all’esecuzione di Riva del Garda (e il giorno successivo incontreremo alcuni gruppi di studenti). Confesso che sono molto curioso di sentire l’esecuzione.
Oggi pubblico il primo melologo, che nel Concerto sarà eseguito con la musica di Stefano Bonilauri. Domani e dopodomani gli altri due.
Tre corpi
1. Il testimone
Questo è il mio corpo.
Guardàtelo.
Ve l’ho portato
perché lo guardiate.
Il mio desiderio è: tacere.
Quante volte ho raccontato
ciò di cui sono stato
testimone.
Quante volte sono stato invitato
a testimoniare.
Eravamo in tanti, là.
Sono passati tanti
anni.
E: si muore, si sa.
Di tanti che eravamo
a testimoniare,
pian piano siamo diventati pochi.
E se toccasse a me
essere l’ultimo?
E quando morirò,
chi potrà più testimoniare?
No, no.
Guardate il mio corpo.
Guardate come è vecchio.
Guardate come stenta
a reggersi.
Non voglio raccontarvi nulla.
Sono stato, ai miei tempi,
quasi una star.
Mi chiamavano di qua, di là.
A testimoniare.
E io: prendevo ferie,
andavo, testimoniavo,
poi tornavo
alla mia vita qualunque.
Perché io sono: qualunque.
Provate a raccontare dieci volte,
cento volte,
la stessa – identica storia.
Ormai sono un attore consumato.
So cosa dire:
so cosa commuove,
so cosa indigna,
so cosa suscita ribrezzo.
Potrei raccontare in playback,
le mie labbra non sbaglierebbero.
Ma la mia testimonianza
è fasulla. Voi
non potete provare
la carne incisa
la schiena frustata
la pelle lacerata.
Voi
non siete stati denudati nella neve
non siete stati appesi a un gancio
non avete avuto così tanta fame
da non saper più mangiare.
Nessuno mi chiede questo,
la testimonianza completa.
E io non saprei darla.
Così guardate il mio corpo.
La verità
non è la mia memoria meravigliosamente intatta.
La mia memoria meravigliosamente intatta
è l’inganno.
La verità
è il mio corpo che muore,
e con lui muore
la mia memoria,
il mio racconto,
la mia testimonianza.
Mentre muoio
mi avvicino alla verità
della testimonianza:
la testimonianza vera
è quella di chi morì
allora
e non ha mai raccontato
nulla.
Guardatemi, che muoio.
Questa è la verità.
Sono un uomo qualunque,
fratelli.
Tag: Amedeo Savoia, Claudio Rastelli, Demetrio Paolin, Massimo Biasioni, Nicola Straffelini, Stefano Bonilauri
23 gennaio 2016 alle 13:32
Perchè fate sentire così tanto Ungaretti?
23 gennaio 2016 alle 14:07
Mi sembra di sentire anche l’eco di Primo Levi. Però sono dolorosamente sincere quelle parole:” la testimonianza vera è quella di chi morì allora e non ha mai raccontato nulla.” Ho sempre pensato, guardando le lapidi dei caduti, a come il loro sacrificio avrebbe meritato molto di più da noi e all’ingiustizia di tutto ciò.
23 gennaio 2016 alle 14:40
Ciao Maria Luisa, io parlo per me (perché per quanto il testo sia a quattro mani, ognuna delle due mani… la pensa a modo suo); io credo che la richiamo a Ungaretti ci stia proprio perché sembra così palese, mentre secondo me il termine “fratelli”, messo in questo contesto, suona molto simile all’incipit della Ballata degli impiccati di Villon.
23 gennaio 2016 alle 16:05
“ 24 marzo 1994 – Presente presente presente scrivevano sulle tombe dei caduti della Grande Guerra. Presenti gli scrittori morti quegli altri. “ [*]
[*] Lsds / 679
23 gennaio 2016 alle 16:10
Della parola “fratello” sono responsabile più io che Demetrio. E avevo in mente l’uso che ne fa Luigi Dallapiccola nell’opera Il prigioniero.
Ho accettato il fatto che l’eco di Ungaretti sarebbe stata più percepita, perché in fondo lì si tratta di “fratelli” in quanto “docili fibre dell’universo”, persone che non dominano il proprio destino.
23 gennaio 2016 alle 18:19
C’è anche quel “Di tanti che eravamo” che fa venire in mente “Di tanti/che mi corrispondevano” di San Martino del Carso, per cui si fa fatica a collegare “fratelli” con qualcosa di diverso da Fratelli di Ungaretti.
Grazie comunque di avermi guidata fuori dal mio piccolo repertorio. Sono andata a vedermi i riferimenti che mi avete indicato.
24 gennaio 2016 alle 09:45
Ho il sospetto, però, che l’eco di “di tanti che eravamo” si attivi in conseguenza del “fratelli”. O m’ingnno?
27 gennaio 2016 alle 07:26
Per me non è andata così. Sì, t’ingannasti.