[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
Per una volta la mia pretesa di essere (stato) l’unico lettore dei libri che recensisco non è una pretesa, ma un’effettiva verità. Di Balie insistono, mia opera prima, esiste un’unica copia: ce l’ho io, e non l’ho mai fatta vedere a nessuno. C’è chi scrive (e pubblica) per la gloria, c’è chi scrive (e pubblica) per vanità, c’è chi scrive (e pubblica) per un’esigenza profonda e intima, c’è chi scrive (e pubblica) perché sente di possedere un messaggio da comunicare: per me niente di tutto questo. Io scrivo e non pubblico, perché sono un bibliofilo e il mio scopo è collezionare libri: anche leggerli è facoltativo (e, in effetti, buona parte dei libri che ho qui recensito, non fosse stato per l’amichevole insistenza dell’amico Giulio, col cavolo che li avrei letti – brutti come sono). Il sogno di ogni collezionista, si sa, è quello di possedere pezzi unici: e quale sistema è più sicuro di quello, antico come il mondo, di farseli da sé?
Ciò detto, credo che la mia opera prima (e unica) non sia malaccio. Si tratta di un romanzetto semplice semplice, ambientato in un paesello del mio natio appennino umbro-ligure, nel quale sono rimasti solo dei vecchi. Vecchi, dico: non vecchie. Tutti maschi. Tutti vedovi. Tutti un po’ fuori con la testa. Tutti sulla via di non saper badare a sé stessi. I figli (che abitano tutti nel paesotto a valle, o in città, alcuni addirittura in altre regioni d’Italia) non hanno tempo di occuparsi dei genitori: hanno studiato, convivono o sono già divorziati, lavorano nella finanza o nella moda, stanno su Facebook e su Instagram, si fanno i selfie, vanno in palestra, prendono appuntamenti per l’apericena. Inevitabilmente, godendo praticamente ogni vecchio di una più o meno minima pensione e della proprietà della catapecchia, prende vita un lento ma progressivo movimento migratorio: e il paese si riempie di signore, non vecchie ma anzianotte (ma tutte di anzianottità ben portata), alcune montanare, parecchie di Romania, una siciliana, che questi vecchi se li sposano, addirittura, puntando alla pensione di reversibilità e all’eredità della catapecchia. Uno scambio dotato di un suo senso e di una sua onestà.
Ci sono tutte le premesse, in sostanza, per una sorta di horror villico: un paio di centinaia di vecchi, in un luogo isolato, e loro stessi umanamente isolati, affidati alle cure di una tribù di signore in gamba il cui unico profitto può venire dalla morte dei vecchi stessi. E tuttavia, quello che avviene nel paesello è tutt’altro: perché il rimbambimento dei vecchi (forse a causa del clima fresco e mite, forse per qualcosa di genetico) li porta a una tale infantilizzazione che i cuori delle ambiziose signore si stemperano, trepidano, si commuovono, definitivamente vanno in frantumi. Non più badanti ma balie, le nostre donne organizzano per i loro vecchi festicciole di compleanno, mascherate, spettacolini di marionette; li mettono a letto con i peluche, insegnano loro a ricalcare le figure alla finestra, a riempire di colore le figure degli albi; la piazzetta del paesello, come l’aula grande di un asilo, è sembre ingombra di costruzioni, cubi colorati, arti di bambolotti, tessere spaiate del domino, giornalini, punte di matite colorate temperate fino allo spasimo e alla rottura, piccole ruote espiantate da macchinine e trattorini.
Ma i vecchi comunque muoiono. Quando uno manca, e gli altri lo domandano, le balie rispondono: “E’ andato in cielo”. E così, quando in un breve giro d’anni nel paese rimane un solo vecchio, uno solo, tutto solo con duecento balie, èccolo esprimere un desiderio: andare in cielo. Come? Serve una scala. E scala sarà.
Non sarò certo io, però, a svelarvi il finale.
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Tag: Ennio Bissolati
20 gennaio 2016 alle 15:33
Caro Bissolati, lei ha ormai conquistato un gruppo di fan affezionati, dopo averci commosso con questa recensione ( ci fosse stato Fellini ci avrebbe fatto su un filmone, con delle belle balie calorose e matronali) non può negarci la possibilità di leggere il suo libro! Ne faccia qualche copia in più, da inviare almeno alle biblioteche! La copertina, poi, è così struggente…
20 gennaio 2016 alle 16:00
Sta davvero divorando libri su libri, signor Bissolati. Questo peraltro pare essere davvero interessante. Un pizzico egoista però a non condividerlo… O forse non lo ha davvero scritto per intero, ma è solo un’idea e vuole vedere che effetto fa? Se così fosse mi auguro che non sia come il Mozzi, che una volta svelata la trama di una possibile storia (ho sentito dire) non la racconta più. Perché sarebbe un peccato.
20 gennaio 2016 alle 16:57
Gentile Signor Ennio, ciò che Lei ha scritto testé disvela taluni aspetti del Suo mistero
20 gennaio 2016 alle 17:45
avaro sunto, ennio. a onor di verità (tardivo): non è una storia vera, no?
i.o.
20 gennaio 2016 alle 17:58
dailà Ennio, questa la devi raccontare tutta!
20 gennaio 2016 alle 18:11
È una bella storia.
21 gennaio 2016 alle 09:01
Cara signora Donatella (ma anche cara signora Ma.Ma.), mi dispiace: ma la bibliofilia, come ogni forma di collezionismo, è una perversione. L’oggetto collezionato è un feticcio, il cui possesso e dominio serve a lenire (non completamente, ma: certo, aiuta) l’angoscia di castrazione (vuole un esempio? Sì, le do un esempio: il capitano Achab e la sua castrazione – ovvero la gamba mangiata – e il suo feticcio, la balena bianca). C’è chi feticizza la propria biblioteca o singoli volumi di essa, c’è chi feticizza oggetti rarissimissimi che mai potrà davvero possedere a meno di andare in rovina, eccetera: io feticizzo (o colleziono, fa lo stesso) libri immaginabili (il che non significa necessariamente: immaginari). Non mi chieda dunque di moltiplicare le copie di Balie insistono: sarebbe come andare da Achab, e chiedergli in prestito Moby-Dick.
Gentile signor Faenza: che un matematico mi interroghi sulla verità di qualcosa, mi turba. Le risponderò: questa storia è fatta della stessa sostanza di cui sono fatti i vol-au-vent.
Cara signora Claudia: grazie. Il suo apprezzamento mi riempie di letizia.
Carissima signora Marina: la prego, non mi parli di disvelamenti, così subito, in pubblico. Mi fa arrossire.
21 gennaio 2016 alle 09:07
Per una copertina così, signor Balie Insistono, sarei disposta a dare molto …
21 gennaio 2016 alle 09:55
Non mi metta in imbarazzo, cara signora Fiammetta. Ci sono cose che non oserei mai chiedere.
21 gennaio 2016 alle 10:18
La ringrazio per la risposta, signor Mozzi, ma non ce n’era bisogno. Ho solo commentato a tono con il titolo dell’opera.
(Scherzi da matematico, mi perdoni)
21 gennaio 2016 alle 10:22
I sghignazz, oh yeah!
21 gennaio 2016 alle 10:51
Noi verremo un dì a lei di presso, e lei non avrà a chieder nulla.
21 gennaio 2016 alle 10:56
Lei, Bissolati, mi scuote, mi scombussola. Ma che mi ricombina?
21 gennaio 2016 alle 11:00
I sghignazz again, oohh yeah!
21 gennaio 2016 alle 11:57
gentile Ennio: glielo devo dire: mi aspetterei da lei piuttosto che un’opera letteraria (non ce ne sono… troppe?), qualcosa come un saggio, ecco un galateo, un self-help di ultima generazione (o di antichissima generazione: come vuole). Forse la vicenda delle balie potrebbe utilmente infilarsi nel centro di detto volume. Ma lei Bissolati mi sembra un grandissimo signore. Non voglio dire un guru. Ma un magister vitae, sì (ovviamente con la dovuta ironia, con il dovuto disincanto). La prego ci pensi. Affettuosamente suo.
21 gennaio 2016 alle 12:17
Caro signor Bissolati, proverò a indovinare il finale del suo libro. Forse un giorno ce lo svelerà lei stesso. E mi perdoni se le ho chiesto la balena… pardon, la copia del suo libro. Ci tengo anche a dirle che la sua rubrica è un vero godimento. Letterario.
14 settembre 2016 alle 08:00
[…] da gettare al rogo è citato – furbescamente nell’ultima pagina, in nota – quel Balie insistono del quale indegnamente è l’autore; o perché vi è lussurreggiantemente lodata, in un […]
16 settembre 2016 alle 18:47
Fellini vi respira, in questo progetto ad ampio raggio. Potrebbe davvero diventare un film di ispirazione ( eccoti il ” bevete più latte ! ” in formato un pò impietoso ). O un atto unico. Bella la copertina : fa pensare a …”Voglio la Donna! ” .Non è facile la citazione di un Grande. È lecito solo a pochi.Ma il Nostro ” ce la sa “, come si suol dire.Matta