di giuliomozzi
In questi giorni ho sentito diverse persone scandalizzarsi per la ripubblicazione del Mein Kampf di Adolf Hitler. Io non mi scandalizzo, anzi sono felice che possano esserne pubblicate edizioni commentate, con opportuni inquadramenti storici, ben tradotte, e così via. Mein Kampf è un “oggetto” importante, storicamente rilevante. Ha senso pubblicarlo e ha senso leggerlo, così come ha senso conservare e ha senso visitare quel che resta dei campi di concentrazione. Indubbiamente se ne pubblicheranno (come ne sono state pubblicate, in abbondanza e abusivamente negli anni scorsi) edizioni curate da post o neonazisti. E’ un rischio che una società libera e democratica può correre, e forse deve correre.
Coglierei l’occasione per esprimere un desiderio che ho da molti anni. Mi piacerebbe che un editore – un editore serio – desse vita a una collana di cultura fascista. Non so quali titoli dovrebbero andarci dentro: non ho la cultura necessaria a stilare un programma editoriale. Immagino che potrebbero starci una raccolta di discorsi parlamentari e non parlamentari (non solo di Benito Mussolini); testi di architettura; antologie delle varie riviste fasciste (ho letto con molto interesse l’antologia La difesa della razza, a cura di Valentina Pisanty, pubblicato da Bompiani qualche anno fa – c’è anche in edizione economica); testi di Giuseppe Bottai relativi alla conservazione del patrimonio artistico e paesaggistico; e così via. Forse ci andrebbero bene dentro anche opere non propriamente “fasciste” ma scritte in tempi di fascismo, come il saggio di Amintore Fanfani Cattolicesimo e protestantesimo nella formazione storica del capitalismo (1934), della quale peraltro c’è una buona edizione presso Marsilio; fors’anche romanzi e memorie, o opere in bilico tra questi e quelle come I legionari di Renzo Lodoli (memorie della guerra di Spagna, pubblicato dalle edizioni del Borghese nel 1970; o quella specie di classico che è Giovinezza, giovinezza… di Luigi Preti (esponente del Psdi, più volte ministro nel dopoguerra); e non so che altro.
Dico “non so che altro” perché, come ho già detto, non ho le competenze per disegnare una simile collana. So che ogniqualvolta mi è capitato di leggere opere “interne” alla cultura fascista, ho sempre imparato qualcosa (benché fossero in genere edizioni d’epoca, quindi senza apparati). Perfino la Vita di Arnaldo, scritta da Benito Mussolini in memoria del fratello morto (1932) mi è servita a capire qualcosa – se non altro, della pressione pedagogica subita dai miei genitori.
Certo non si tratterebbe di fare una collana che tenti di raccogliere e conservare “quel che c’è di buono” nel fascismo: una simile impostazione non servirebbe a nulla. Si tratterebbe di fare una collana che aiuti a capire, non dico di prima mano ma quasi, e comunque con l’aiuto di opportuni apparati, che cosa è stata quella cosa che c’è stata per vent’anni in Italia, e ha coinvolto tutte le italiane e tutti gli italiani, e ha generato effetti durevoli anche oltre la fine del regime, della guerra, del dopoguerra. Abbiamo avuto movimenti neonazisti e neofascisti (anche violentissimi e criminali), abbiamo avuto un partito ambiguamente ispirato al fascismo (il Movimento sociale italiano), abbiamo una cosa come Casa Pound, eccetera eccetera. Tutto questo ci riguarda.
Tag: Adolf Hitler, Amintore Fanfani, Arnaldo Mussolini, Benito Mussolini, Giuseppe Bottai, Luigi Preti, Renzo Lodoli, Valentina Pisanty
5 gennaio 2016 alle 21:12
5 gennaio 2016 alle 21:49
La trovo una proposta molto interessante. Aggiungerei, se posso:
– qualcosa sul rapporto tra sport e Fascismo. L’Italia fascista fu il primo paese europeo a servirsi in maniera importante dell’organizzazione sportiva come strumento di propaganda, coesione sociale, costruzione del consenso. Mi viene in mente, per esempio, «Farinosa centimetri sessanta» di Giuseppe Sabetti Fiorelli (qui http://www.amazon.it/L-FARINOSA-CENTIMETRI-SESSANTA-SABELLI/dp/B017QKMFGI). Cito dal testo (è una citazione da citazione: la mia fonte è Ski & Sci. Storia, mito, tradizione, Museo nazionale della montagna di Torino): «Sveglia Avanguardisti! I bei monti d’Italia sono già tutti coperti di candida, soffice neve. Sveglia, giovinezza ardente dell’Italia nuova; vibrino i tuoi sensibili nervi e si tendano con elastica energia i tuoi muscoli al richiamo del presidente dell’Opera Balilla che ti dà convegno sulla montagna. Non indugiare; caccia via la pigrizia dal corpo; sci in spalla, e via!»
– la ristampa di un sussidiario dell’epoca. Ne possedevo una, tanti anni fa (era la ristampa di un sussidiario del 1934: chissà dov’è finita): una lettura forse più utile di tanti saggi di storia, per inquadrare la cultura del periodo. C’è questa mostra, organizzata a Salerno nel 2009: http://bit.ly/1OLdRjL
5 gennaio 2016 alle 22:01
Nemmeno io ho competenze per disegnare una simile collana o immaginare programmi televisivi che trattino quei venti anni con un taglio diverso dalla solita minestra riscaldata dei discorsi dal balcone intervallati da una voce narrante che dice sempre più o meno le stesse cose. Però penso che anche la riproposizione di uno studio quasi introvabile come “La tentazione fascista” di Tarmo Kunnas potrebbe offrire qualche direzione e spunto (sui casi esteri di Brasillach, Céline, Hamsun, Drieu La Rochelle e altri). L’idea è davvero interessante (penso tanto per dire all’architettura, Piacentini è quel che è), ma mi chiedo quale editore “serio” potrebbe abbracciarla senza troppe paranoie che portano solo a incartarsi o giustificarsi dove non servirebbe troppo giustificarsi. Forse proprio Marsilio? E forse più uno storico “di razza” che un letterato smidollato? Ma ce ne sono ancora poi?
5 gennaio 2016 alle 22:05
Dimenticavo: “Meinf Kampf” con la f in Mein refuso?
5 gennaio 2016 alle 22:11
Mein krapfen. Scusate.
5 gennaio 2016 alle 22:28
io ricordo un bel testo di storia contemporanea studiato all’università (che molto probabilmente ho prestato e mai più riavuto) con una vasta antologia di sussidiari e materiale scolastico d’era fascista, commentato.
molto interessante, anche perché mostrava l’evoluzione storica dagli anni Venti fino al periodo della guerra.
6 gennaio 2016 alle 05:20
Grazie, Alberto; ho corretto.
Valentina: intendi Il balilla Vittorio?
Il libro unico per la quinta elementare
6 gennaio 2016 alle 07:33
In una collana di questo tipo si potrebbe inserire anche qualcosa di relativo al rapporto del fascismo con la lingua (e le lingue): penso, per esempio, all’italianizzazione dell’onomastica e della toponomastica, all’uso strumentale della genealogia linguistica ecc. Forse questo tipo di argomenti e argomentazioni hanno trovato posto nei giornali, nei programmi politici, nei dizionari (?), ecc.
6 gennaio 2016 alle 08:37
Anche la Befana è stato un recupero inventato e imposto dal fascismo con l’istituzione della Befana Fascista a partire dal 1928 e ricadute sui libri di testo delle elementari, tutti
molto interessanti per capire la formazione della mentalità fascista.
Ci sarebbe poi da far emergere l’uso politico-strumentale dello studio del latino e l’esaltazione, tutta politica, del mondo dell’antica Roma.
Rosa Elisa Giangoia
6 gennaio 2016 alle 12:41
Forse sbaglio. Campi di concentrazione o di concentramento?
6 gennaio 2016 alle 13:52
Non so, io vedrei più una collana di cultura politica, che raccolga testi sulla storia delle identità politiche, sugli avvenimenti, gli strumenti e le retoriche che le formano. Una collana dedicata solo al fascismo mi fa un po’ specie.
6 gennaio 2016 alle 14:09
Maria Nicola: il tuo è semplicemente un progetto diverso. Molto più ampio e costituito non da “documenti” ma da studi. Direi che facendo una selezione dal catalogo delle edizioni il Mulino forse già si potrebbe comporre la collana.
6 gennaio 2016 alle 17:33
Giulio: no, ricordo una copertina azzurra. Ricordo anche due testi: un panegirico di Rosa Maltoni e un racconto, dove una giovinetta salvava la vita al fratellino, morsicato da una vipera, succhiando e sputando via il veleno. Credo si trattasse di un testo per le classi femminili.
7 gennaio 2016 alle 09:52
Progetto affascinante che porterebbe a colmare una grave lacuna nella nostra cultura. L’ignoranza non è mai segno di salute di un popolo. Meglio la conoscenza. Mi permetto di aggiungere l’uso propagandistico e mirato di media relativamente nuovi per l’epoca, come radio, cinema e riviste. A tal scopo segnalo che in un periodo della mia vita ero a Rimini per lavoro e ho passato diverso tempo nell’emeroteca della biblioteca centrale. Come documenti storici per tracciare un quadro dei valori dell’epoca le riviste sono illuminanti.
7 gennaio 2016 alle 10:57
“ 17 marzo 1987 – Signal, la rivista pubblicata dal Reich fra il ‘40 e il ‘45 – 20 edizioni in 20 diverse lingue – ripropone in tutta evidenza l’immenso sviluppo raggiunto già allora dal sistema mediatico. Le foto a colori non hanno niente da invidiare a quella di Life – nata nel ‘36. Si vedono donne che lavorano, che fanno sport, che portano il due pezzi, come del resto già si sapeva. La Germania nazista produce cartoni animati e film in technicolor. Viene di pensare che il disastro della guerra abbia prodotto poi solo una strana parentesi: l’Europa nazifascista era già « americana ». “ [*]
[*] Lsds / 651
8 gennaio 2016 alle 12:56
Ogni tanto Giulio Mozzi subisce folgorazioni che – alla resa dei conti – dimostrano di essere state folgoranti solo per lui. Così fu per il famoso romanzo collettivo “Lo zar non è morto” del collettivo pre-wuminghiano “Gruppo dei Dieci” , presto finito in resa. Ma qualche editore di destra si farà comunque avanti. Per eventuali saggi [possibilmente non-nostalgici] sul Ventennio, vanno benissimo le collane storiche già esistenti, senza crearne una specifica. Peraltro, se Mozzi si dichiara “non competente della materia”, non si capisce bene che cosa lo spinga a tentare di “fare scalpore” con una proposta del genere. La stessa molla che spinse Genna a scrivere “Hitler”? Ahi ahi, boccaccia mia statte zitta.
8 gennaio 2016 alle 13:45
La mia proposta non è la proposta di una collana di saggi, Lucio, bensì di documenti (tra i quali, come dice l’articoletto, possono starci anche dei saggi d’epoca: ma ci stanno appunto in quanto documenti).
Leggere prima di commentare è una buona norma.
Se qualcuno fosse curioso di sapere cos’è Lo zar non è morto, può consultare la nutrita rassegna stampa.
8 gennaio 2016 alle 13:56
“ 18 settembre 1985 – Nella casa dei dirimpettai che quando c’erano erano conosciuti come « i fascisti », ora che non c’è più nessuno scopro che non c’è nemmeno un libro ma la collezione completa – rilegata – di Tex Willer. “. [*]
[*] Lsds / 655
8 gennaio 2016 alle 20:59
Certo, documenti, ma corredati da “opportuni apparati” (critici, si suppone). se non è zuppa è pan bagnato.
9 gennaio 2016 alle 10:43
Certo. Un’edizione commentata della Divina commedia e una biografia di Dante sono la stessa cosa.
10 gennaio 2016 alle 18:15
Tra gli apparati in genere figurano sostanziosi saggi introduttivi.
10 gennaio 2016 alle 21:38
Ho l’impressione che sia un’idea troppo di nicchia. Non so quanto possa essere rappresentativo lo spaccato offerto dai commenti a quest’articolo, ma anche all’interno del gruppo di coloro che potrebbero essere interessati al periodo storico, tra chi preferisce gli studi alle fonti e chi non sembra nemmeno cogliere la differenza tra le due cose, temo che il numero di potenziali lettori rimarrebbe piuttosto limitato.
11 gennaio 2016 alle 12:09
Indubbiamente, P.O.; bisogna individuare il pubblico. E poi stimare la sostenibilità dell’impresa.
13 gennaio 2016 alle 11:24
“ Mercoledì 10 settembre 1996 – Un giorno o l’altro scriverò un pamphlet: Che cosa so del fascismo. Parlerò di quel vecchio ubriacone che si chiamava Italo, parlerò delle signorine Grazzi, parlerò di Pippo e di Titti, che erano due cani barboni bianchi, parlerò di quell’altro che raccontava le barzellette e che si chiamava Italo anche lui, parlerò del nonno, e del babbo che gli diceva: « Fascista », ma se c’era stato un fascista quello era lui. “ [*]
[*] Lsds / 659
15 gennaio 2016 alle 09:10
Direi che c’è più urgenza di libri come questo.
15 gennaio 2016 alle 14:32
Il libro di Levis Sullam è sicuramente uno dei libri più importanti usciti l’anno scorso (mi dispiace essermene dimenticata nel giochino dei libri dell’anno…) e una raccolta, ad esempio, degli articoli scritti da Guido Landra per il Tevere, come quello del 25-26 agosto 1941 con la conlusione lapidaria che «Il problema ebraico non conosce che una soluzione: eliminazione totale degli ebrei» non può che essere d’appoggio ai “Carnefici italiani” nel ricordare la ripugnanza del fascismo.
16 gennaio 2016 alle 21:59
“ 26 aprile 1994 – Della famiglia del mio amico quarant’anni fa non avrei saputo dire molto se non che: 1 erano fascisti 2 mangiavano molto 3 raccontavano barzellette 4 vendevano quadri 5 erano sordi. “ [*]
[*] Lsds / 666
19 gennaio 2016 alle 11:45
“ Giovedì 17 aprile 2003 – « Fascismo? » « Faccismo… ho detto faccismo… ». “ [*]
[*] Lsds / 672
20 gennaio 2016 alle 09:49
“ 25 febbraio 1994 – « “ Il ricordo dei suoi periodi di carcere non la rende perplesso, quando pensa a queste condanne? “. Egli mi guardò sbalordito, come se non mi potesse capire. “ Niente affatto, – disse tranquillamente – mi sembra del tutto logico: prima andavo dentro io, ora la vicenda è cambiata. Sono io a metterli dentro “. » “ (Emil Ludwig, Colloqui con Mussolini, 1932) “ [*]
[*] Lsds / 674