[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri dei quali sostiene di essere pressoché l’unico lettore. gm]
Bizzarro fin dalla copertina (autore e titolo stanno in quarta; mentre in prima c’è quello che, a rigore, dovrebbe essere un sottotitolo), questo romanzo di Alejandro Manzon (a noi non altrimenti noto; tenderemmo a identificarlo con un commerciante di articoli da regalo e giocattoli di Mérida, Yucatán, México: ma si tratta solo di una nostra ipotesi; e sempre che non si tratti di un nome fittizio, cosa che ha tutte le sue probabilità) mantiene in realtà assai meno di quanto promette. Chi si aspettasse una riscrittura de I promessi sposi di Alessandro Manzoni, sullo stile dello sciagurato I promessi sposi di Guido Da Verona o dei già più divertenti I prosposi messi di Alemanzo Sandroni (nomignolo di Roberto Albertoni), per tacer delle ricorrenti parodie disneyane (I promessi paperi, I promessi topi e via animalando), resterebbe deluso. In realtà questo di Manzon è una sorta di sequel attualizzato in salsa sperimentale anni Sessanta.
Come in Il padrone assoluto di Gianni Toti (“un non-romanzo maestoso, la cui cifra stilistica predominante è l’eccedenza”, secondo un critico appartenente alla medesima scuola dell’autore; una pizza assoluta, diremmo noi; pubblicato nel 1977 nella famigerata collezione dei “Franchi narratori” di Feltrinelli), la storia comincia nell’ultima pagina e finisce nella prima. E che storia è? E’ la storia di due, lui e lei, opportunamente battezzati Lucio e Renzina, che cominciano da sposati e finiscono – dopo innumerevoli avventure tutte ricalcate “al revès“, cioè all’incontrario, su quelle degli eroi manzoniani – per divorziare. Particolarmente stucchevole è il lavoro sui nomi dei personaggi: a Renzina appare (ed è fonte per lei di turbamenti erotici minutamente, faticosamente descritti) il fantasma di don Rovigo (ma che c’entra Rovigo? E cosa dirà mai questa trasformazione al lettore ispanofono?); fra’ Cristoforo si trasforma nel dottor Peoforo (= portatore di cazzo), sessuologo che dovrebbe liberarla da tali turbamenti e che invece se ne approfitta (non senza il gradimento di lei, a dire il vero); tralascio gli excursus sui rapporti che intercorrono tra il canonico don Abundio (il nome permane; ma a cosa sia riferita l’abbondanza, vi lascio immaginare) e il suo giovane servitore Costante Deseo; eccetera eccetera.
Ma perché dunque recensire un tale scartafaccio immondo? Eh: perché corre voce che un grande editore italiano sia lì lì per acquistarne i diritti. La recensione valga dunque a scopo protettivo: se vi capiterà di vedere questo tomo in libreria, stàtene lontani.
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3 gennaio 2016 alle 11:21
Non concordo con la pur precisa e puntuale recensione del Bissolati. Un amico, ex monaco cistercense e oggi insegnante di spagnolo, mi ha regalato una copia di questo libro, che aveva trovato da un antiquario in Corrientes, vicino al Patio del Tango, nello stesso negozio dove Eco ha ritrovato la versione castigliana del celebre Dell’uso degli specchi nel gioco degli scacchi, di Milo Temesvar. Ebbene, trovo che l’antifrasi spesso usata dal Manzon nel rovesciare il didascalico mondo manzoniano sia salace e gustosa. Secondo me, se verrà tradotto e pubblicato da un grande editore, ha tutte le carte per ottenere un buon successo di pubblico.
3 gennaio 2016 alle 13:52
Me la mostri, ve’.
3 gennaio 2016 alle 13:57
Comunque al revés si scive con l’accento acuto sulla e.
3 gennaio 2016 alle 13:58
E scrive si scrive scrive e non scive
3 gennaio 2016 alle 14:14
Oh. La ringrazio, cara signora.
3 gennaio 2016 alle 16:17
Non mancheremo, Bissolati, non mancheremo.
Ci attendiamo, inoltre, una recensione di Storie della colonna in fame, allusivo titolo dell’autobiografia di Rock Solid-Turgidson. Non ha ancora avuto debita considerazione e non dubitiamo che, delle 127 copie stampate a colpi di mazzapicchio da Rock in persona, lei ne possieda una e l’abbia letta.
4 gennaio 2016 alle 10:13
«We are not amused».
13 gennaio 2016 alle 11:44
A proposito, non dovrebbe essere «¡Divorciados!» ?
13 gennaio 2016 alle 13:43
Lei ha troppa ragione, gentile signora.
20 gennaio 2016 alle 06:37
[…] non è quello tra Renzo e Lucia, e tanto meno quello tra Lucio e Renzina (come nei già recensiti Divorciados! di Alejandro Manzon), bensì quello tra Deborah e Valeria: mentre le parti di don Rodrigo e del […]