
Nostradamus
di giuliomozzi
1. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) non avrà nulla da ridire sull’acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondadori. Al massimo chiederà di conferire parte dei tascabili a una società da mettere sul mercato.
2. Il numero di nuovi titoli pubblicati in carta diminuirà del 12%.
3. I Wu Ming si costituiranno in casa editrice (per sé e per altri autori), e gli andrà bene.
4. Almeno un’autrice autopubblicata venderà (dico venderà, non distribuirà gratuitamente) più di 40.000 copie di un romanzo non pornorosa, non fantasy, non giallo.
5. I libri “distillati” (imitazione, fin dal nome, dei romanzi “condensati” di Selezione) saranno un fiasco.
6. Il numero di autori autopubblicati supererà il numero dei lettori forti (lo certificherà l’Istat verso ottobre).
7. Feltrinelli venderà le librerie alle Coop.
8. Il mercato dei libri sui gatti supererà (per fatturato e per numero di copie vendute) il mercato dei libri di cucina (esclusi i libri “collegati” ai quotidiani).
9. Il 7 maggio si scatenerà in rete un grande dibattito sulla figura dell’editor.
10. Al termine del Salone del libro sarà annunciato il trasferimento dello stesso, dal 2017, a Milano.
31 dicembre 2015 alle 11:55
Cazzarola, vorrei essere il punto quattro. Da domani inizio a scrivere la storia attualizzata del “gatto con gli stivali”
31 dicembre 2015 alle 11:55
Nell’anno in corso i ciechi vedranno assai poco, i sordi udranno piuttosto male, i muti non parleranno granché,
i ricchi staranno un po’ meglio dei poveri e i sani meglio dei malati.
Parecchi montoni, buoi, maiali, oche, polli e anatre morranno e non vi sarà mortalità così crudele tra le scimmie e i dromedari. La vecchiaia sarà incurabile, quest’anno, a causa degli anni passati. Chi sarà pleuritico avrà gran male al costato…. e regnerà quasi universalmente una malattia assolutamente orrenda e terribile, maligna, perversa, spaventevole e sgradita… ed Averroè, VII Colliget la chiama: mancanza di denaro.
Tenete presente che nei giorni canicolari, a dire dal X di luglio al XX d’agosto, non si devono fare salassi né prendere medicine lassative.
[F. Rabelais, Pronostici di Pantaguel]
31 dicembre 2015 alle 13:36
“ Martedì 31 dicembre 2008 – In biblioteca c’è il direttore. Che è il direttore si vede dal fatto che è basso, molto basso, è il più basso di tutti. Che cosa faccia tutto il giorno non si sa, in biblioteca non c’è niente da fare, cioè ci sarebbe… Non credo che legga: in biblioteca, si sa, non legge nessuno. Quello che fa è andare in giro con certe donne, che solo lui sa chi sono. Quello che fa, anzi, che non fa, è salutare: non saluta mai, almeno me. Forse crede che dovrei salutarlo io, forse crede che io sia il direttore. Mah. Boh. « E che io vostri desideri si còmpino », dice un altro direttore, quello di Radio24. Grazie, dico io, ma mi sembra difficile. Comunque auguri. Di buon anno nuovo. Ammesso che sia nuovo. “ [*][**]
[*] Lsds / 642
[**] In ogni caso: auguri.
31 dicembre 2015 alle 18:42
Una cosa è certissima: il 7 maggio ricorrerà l’anniversario del giorno più tragico della mia vita. Quest’anno è morto mio marito. A voi auguro giorni sereni.
31 dicembre 2015 alle 21:06
L’anno duemilasedici è arrivato (*)
(*) Ogni riga di questa composizione è un anagramma della frase: «L’anno duemilasedici è arrivato»
[L’autore è Ennio Peres]
1 gennaio 2016 alle 12:14
La conferma da parte dell’Istat del punto 6 potrebbe arrivare ben prima di ottobre.
Una nota logistica al punto 10: ci sono già pronti i padiglioni ex Expo.
1 gennaio 2016 alle 12:43
4. Almeno un’autrice autopubblicata venderà (dico venderà, non distribuirà gratuitamente) più di 40.000 copie di un romanzo non pornorosa, non fantasy, non giallo.
Vorrei sapere come e, soprattutto, perché. Sono curioso, davvero. Le risposte sono così tante e sensate, che non riesco a focalizzarne nemmeno una.
1 gennaio 2016 alle 19:02
Quest’anno aprirò la mia libreria, Giulio Mozzi si appassionerà al mio romanzo e lo segnalerà ad una grossa casa editrice. Poi suonerà la sveglia e mi alzerò per andare al lavoro. 🙂
1 gennaio 2016 alle 19:11
Sono allergico alla lettura del futuro ma il tono nettamente satirico delle sue dieci previsioni non mi dispiace affatto. E’ indubbio che l’editoria italiana sia di modeste dimensioni e molto frammentata. Una concentrazione, magari con ruoli invertiti rispetto a quelli da lei citati, non potrebbe che rendere piu’ sana e competitiva tale industria. Circa la previsione nr 4) devo confessare che, tranne casi rarissimi, non sono mai riuscito a terminare un libro scritto da una donna, anche se leggo parecchio. Benchè mi renda conto che tale affermazione abbia un sapore sciovinista, non ne sono intimorito sia perché ho sempre avuto il coraggio di dire cio’ che penso sia anche perché sovente ho avuto l’opportunità di promuovere rappresentanti del gentil sesso a posizioni di responsabilità sopra la testa di nerboruti gentiluomini. La previsione nr 6) penso che sia già una realtà a causa dell’aumento degli uni ed anche per la diminuzione degli altri. Sul fatto in se degli autori autopubblicati non ci vedo nulla di male. Anche se fine a se stesso e senza prospettive, si tratta di un business come un altro. Ho scoperto il suo bollettino solo oggi e l’ho trovato interessante
Cordiali saluti GAC
1 gennaio 2016 alle 22:47
Beh la 2 un po’ mi fa gongolare!
1 gennaio 2016 alle 23:53
spero di cuore nel punto 5. mi asterrò dal punto 9. buon anno =)))
2 gennaio 2016 alle 06:12
Katia: l’unica cosa certa è l’ultima (non è carino dirlo, ma è così).
Ego: per l’appunto, gli eventi non discendono mai da un’unica causa.
Carta: corre un certo tempo tra la rilevazione dei dati, la loro elaborazione e lettura, e la pubblicazione dei report.
Amanda: la profezia n. 2 non ti dà nessuna ragione per “gongolare”. Un problema serio dell’editoria è l’eccesso di prodotti proposti (parlo di “titoli”, non di “copie”). L’editoria su carta razionalizzerà, riducendo il numero di titoli e puntando ad aumentare il fatturato per singolo titolo e a eliminare i titoli infruttuosi (quelli che, una volta, si facevano anche solo per occupare militarmente gli scaffali delle librerie). Le recenti concentrazioni non possono che favorire questa strategia.
Se il tuo “gongolamento” deriva dall’idea che ciò favorirà l’editoria digitale, ti sbagli. L’editoria digitale ha sostanzialmente due tipi di clienti importanti:
– i “lettori forti”, che volentieri si risolvono problemi logistici (troppi libri in casa ec.) ed economici affiancando all’acquisto di libri di carta l’acquisto di libri digitali (perché non tutto c’è in digitale, perché certi libri è più pratico leggerli o studiarli su carta ec.);
– i lettori (spesso “fortissimi”, anzi “compulsivi”) di letteratura altamente standardizzata.
Se il tuo pubblico è il primo, prima di “gongolare” devi riuscire a rubare clienti a Einaudi o Bompiani. Se il tuo pubblico è il secondo, la via è difficilissima: perché subisci la concorrenza dei suoi stessi lettori. In fondo, l’unico editore ad aver subito una contrazione di vendite a causa dell’espandersi dell’autopubblicazione è stato Harlequin.
Gianantonio, attento: non aver paura di dire ciò che si pensa non è necessariamente cosa nobile.
Paolab: ho letto così tanti romanzi “condensati”, da ragazzo, a casa di mia prozia Nora; e tutto sommato con così tanta utilità; che non me la sento di prendermela con la loro attuale imitazione.
2 gennaio 2016 alle 11:19
Sul “non riuscire a finire libri scritti da donne” ho già detto la mia altrove e non starò a ripetermi, mi dispiace solo per chi, a causa di certi pregiudizi, si è perso Jane Austen, Elsa Morante, Agatha Christie, Alice Munro, Emily Dickinson… devo continuare?
Sui romanzi condensati o distillati, la penso come Giulio: anch’io da bambina mi sono fatta una cultura grazie ai romanzi condensati di Selezione e alle riduzioni per ragazzi della gloriosa collana “La scala d’oro”. Ciò non mi ha impedito, quando ne ho avuto voglia o sono stata un po’ più grande, di leggere gli originali. Quindi non ho pregiudizi verso i “distillati”.
Buon 2016 a tutti, lettori e scrittori, e anche ai non lettori, va’!
2 gennaio 2016 alle 13:08
Non si tratta di pregiudizio, se cosi’ fosse non acquisterei i libri scritti da donne. Certo non mi sono perso Elsa Morante, Agatha Christie e neppure Simone de Beauvoir ma sono molti ma molti di piu’ i libri ” rosa” che non sono riuscito a terminare.
2 gennaio 2016 alle 13:57
Però, i libri rosa non coincidono con i libri scritti da donne! Il rosa, o sentimenti, è un genere ben preciso e, a quanto mi risulta, può avere per autori anche i signori uomini. Quindi sarebbe corretto dire “non leggo libri rosa”, come un altro dice “non leggo fantasy”.
2 gennaio 2016 alle 20:28
Pregherò perché il 10 non si avveri
2 gennaio 2016 alle 20:47
si signora maestra …
2 gennaio 2016 alle 20:58
Concordo con marisalabelle, asserire che le donne possano solo aver scritto romanzetti rosa ( e possono non piacere, a ognuno il suo genere ) và molto oltre il pregiudizio….
A Mery Carol: mi spiace per il tuo lutto e ti ringrazio per gli auguri, sperando che anche per te possano tornare giorni sereni.
2 gennaio 2016 alle 21:32
“ Lunedì 12 giugno 2000 – E, a proposito di Catalogo, eccone una davvero buffa – la farebbe ridere, professoressa mia. Dunque vado al cassetto relativo e cerco « Proust », e naturalmente lo trovo, e, poiché i libri di Marcel Proust, in lingua originale o in traduzione, sono tanti, prima del cospicuo blocco di schede che ne attestano la presenza nei magazzini della biblioteca, ce n’è una, un po’ più alta delle altre, così che sporge dal mucchio e tutti la possono vedere, e infatti si chiama la « scheda vedetta », e, per di più, casomai qualcuno non la notasse, è anche di un colore diverso dalle altre, cioè, mentre altre sono semplicemente color carta, questa è rosa, un bel rosa diciamo confetto, oppure fumetto, e sulla « scheda vedetta » leggo, testualmente: « Proust, Marcel Rosa ». Mah. Non so se cadere in preda al panico per avere scoperto che la mia ignoranza è ancora più grande di quello che sospettavo, perché sono arrivato alla mia bella età, ho letto la Recherche, scrivo anche dei pensierini su Proust, ma non sono informato del fatto che Marcel Proust si chiamava, di secondo nome, « Rosa ». Oppure ho visto male. Oppure c’è un altro Proust che si chiama davvero così e che, invece che scrivere quel famoso romanzo, ha scritto, che so, una guida alla compilazione del modulo 740 o chissà che altro. Oppure è il nome d’arte di qualcuno dello show biz, tipo quel fidanzato di Claudia Schiffer che si chiamava – non sono più fidanzati – « David Copperfield », oppure di un gheipraidista che al nome finto ha aggiunto un « Rosa » per fare ridere anche di più, come, ad esempio, quel Vladimir Luxuria di cui i giornali parlano ogni giorno. Oppure quella che ho sotto gli occhi piuttosto che una « scheda vedetta » è una « scheda vedette », nel senso di Rosa Fumetto, cioè dello show biz di cui sopra. Mah. Poi sfoglio anche il primo libro di argomento proustista che ho a portata di mano – nella fattispecie l’Introduzione a Proust dell’eminente proustologa Mariolina Bongiovanni Bertini (Bari, Laterza, 1991) – ma niente, assolutamente niente: Proust si è sempre chiamato Marcel, tutt’al più Marcello, ma Marcel Rosa assolutamente mai. Anche se… certo… conoscendo il tipo… chissà che ne direbbe il vecchio spiritoso lussurioso Luxuria. Poi capisco: è un refuso. È andata così: nell’ufficio preposto alla compilazione delle schede qualcuno ha preparato un facsimile di « scheda vedetta » per il collega che doveva dattilografarla e, sul facsimile, ha scritto: « Proust, Marcel » e, immagino un po’ più in basso, o di lato, o di sguincio: « Rosa », perché la « scheda vedetta », come ho spiegato, doveva essere una scheda rosa. Ma il dattilografo, che di Proust, dei romanzi, dei cataloghi, delle « schede vedetta », non gliene po’, come ho già detto che dicono qui, fregà de meno, ha scritto quello che ha scritto. E, dopotutto, ha fatto bene. Perché mi ha fatto ridere. E spero anche lei, cara professoressa ignota. E anche il vecchio Luxuria, che dev’essere uno che sta agli scherzi. Per non parlare del povero Marcel: che, se potesse, leggendo quel rosato biglietto si leccherebbe i baffi. Sì, aveva i baffi, lui. Rroselavy, in ogni caso, a tutti. “. [*]
[*] Lsds / 646
3 gennaio 2016 alle 06:39
Non so bene perché, ma quasi mai sono riuscito a finire romanzi scritti da autori inglesi maschi. (Dico inglesi: con gli irlandesi, scozzesi ec. tutto bene). La cosa mi incuriosisce. E’ anche un bel problema, perché tra i non finiti ci sono anche dei palesi capolavori.
3 gennaio 2016 alle 09:17
Puoi citare un paio di romanzi inglesi che non sei riuscito a finire?
3 gennaio 2016 alle 09:49
“ 15 maggio 1994 – Comincio a pensare che questo diario, diversamente da come avevo sempre pensato, immaginando una sua virtuosa trasformazione in romanzo – Bildungsroman, of course -, non finirà. Quindi chi avesse cominciato a leggerlo per sapere come va a finire potrebbe smettere anche subito senza perdersi niente. Patti chiari. “ [*]
[*] Lsds / 647
3 gennaio 2016 alle 11:22
Maria Luisa: Via dalla pazza folla di Thomas Hardy; Maurice e Passaggio in India di Edward M. Foster; Amore fatale e Espiazione di Ian McEwan (che, a dispetto del cognome, mi risulta inglese); Il vento non sa leggere di Richard Mason (non l’autore di Anime alla deriva, che pure non ho finito, ma il suo omonimo ormai defunto); e altri.
3 gennaio 2016 alle 13:28
“ Lunedì 9 novembre 1998 – Non sono un grand’uomo, anzi sono molto più piccolo di quanto abbia mai avuto il coraggio di ammettere. Ci sono moltissime cose che non capisco e anche di più che non ho voglia di capire. Non ho ideologie – non ne ho mai avute, anche se qualche volta è sembrato il contrario -, non ho neanche idee, tantomeno idee fisse; non ho rancori – anche se qualche ragione per averne qualcuno potrei anche avercela -; non ho progetti – non ho mai saputo elaborare concretamente un qualsiasi « piano » per il raggiungimento di un qualsiasi scopo -; non ho neanche grandi desideri – ossia qualcosa avevo: avevo delle speranze, anzi grandi speranze, « Great expectations », come si intitola quel libro che, quasi quarant’anni fa, comprai nell’edizione in lingua originale ripromettendomi di leggerlo e, leggendolo, apprendere meglio quell’originale lingua non mia – comprarlo, a quei tempi, per un ragazzo, era un gesto un po’ « originale » -, ma poi non l’ho mai letto, ho continuato a aspettare, ho continuato a sperare di riuscire a farlo, ma, ormai ne sono sicuro, non lo farò mai più. E questo non mi piace. Perché, forse, la speranza – l’expectation, l’attesa – che, anche senza che lo si dica, è sempre « grande » – era tutto. Una minuscola cosa e un’immensa felicità. “ [*]
[*] Lsds / 648
4 gennaio 2016 alle 19:34
per la cronaca, una delle glorie del romanzo rosa italiano è Giorgio Scerbanenco: un uomo.
5 gennaio 2016 alle 05:33
No, no, Marzia: un maschio.
5 gennaio 2016 alle 07:51
“ Venerdì 4 agosto 2000 – Ho sognato che in non so quale dialetto meridionale l’organo femminile si chiamava « cunta ». Ne deducevo che quello maschile si diceva « cunto ». Pensavo: lu cunto de li cunti…, hai capito, i furboni… (E, ora che l’ho scritto, penso che, dopotutto, i sogni forse sono stupidi. E scriverli anche di più) “ [*]
[*] Lsds / 649
5 gennaio 2016 alle 13:57
Interessante il punto 9…ma un dibattito sulla figura dell’editor credo si sia già scatenato anche in altri giorni di altri anni e di altri mesi…comunque non voglio perdermelo. Chissà che non si parli dell’editor in particolare che io detesto (non faccio nomi ma non è persona che frequenta questo blog)
Per il punto 6 avrei una precisazione. Io non credo vi sia distinzione tra chi scrive e chi legge per cui mi sembra che il numero di autori auto pubblicati sarà sempre uguale a quello dei lettori “forti”: in fin dei conti sono la stessa cosa.
Ho sempre creduto che chi legge scrive anche e viceversa. Che poi lo faccia bene o male (sia scrivere che leggere) questa è un’altra cosa.
15 gennaio 2016 alle 08:44
A proposito del 5).
15 gennaio 2016 alle 12:35
Nell’articolo segnalato da RobySan, Lagioia sostiene la tesi che l’interezza dell’opera è necessaria per poterne apprezzare lo “specifico letterario”. A parte segnalare l’ironia nel portare a sostegno di questa necessità una citazione dai Fratelli Karamazov omettendone un inciso [1], sono sostanzialmente d’accordo.
Però è importante notare, come fa anche Lagioia all’inizio del suo pezzo, che la ricerca di questo specifico letterario non è necessariamente uno degli obbiettivi di chi legge, e i romanzi distillati sembrerebbero rivolgersi a queso altro bacino di lettori, alla cui tipologia Lagioia sicuramente non appartiene. Il problema commerciale della proposta rimane sempre lo stesso: quanto è numeroso questo bacino e quante sono le persone al suo interno disposte effettivamente ad aprire il borsellino per questo tipo di libri? Dovessi profetizzare, anch’io, come Giulio, propenderei per l’insuccesso.
P.S. A proposito dell’intervento di Gianantonio qui sopra, è opportuno ricordare che è sempre necessario avere rispetto delle opinioni altrui, a prescindere dal livello intelletuale di chi le esprime.
[1] Per chi fosse curioso, al posto delle parantesi quadre con ellissi va il seguente inciso: «quella bimba, per esempio, che si batteva il petto con il piccolo pugno».