
Eugenio Montale in green
di giuliomozzi
Visto che il post precedente (Esperimento di poesia lavando i piatti) riscuote un certo interesse, propongo un gioco più rischioso. Quella che segue è una breve poesia di Eugenio Montale. L’ho ricopiata togliendo gli a capo. Provate a métterceli, e a dire perché li mettete lì o là. La poesia si trova ovunque in rete, ma è chiaro che il gioco ha senso se vi trattenete dal cercare.
Dagli albori del secolo si discute se la poesia sia dentro o fuori. Dapprima vinse il dentro, poi contrattaccò duramente il fuori e dopo anni si addivenne a un forfait che non potrà durare perché il fuori è armato fino ai denti.
24.12.2015 h 06.46: ho inserito nei commenti la versione di Eugenio Montale.
Tag: Eugenio Montale
23 dicembre 2015 alle 14:48
Dagli albori del secolo
si discute se la poesia sia dentro o fuori.
Dapprima vinse il dentro,
poi contrattaccò duramente il fuori
e dopo anni si addivenne a un a forfait
che non potrà durare
perché il fuori è armato fino ai denti.
Non conoscevo la poesia di Montale e non l’ho messa sul motore di ricerca. Ho provato a riscriverla senza fare copia-incolla dal tuo post, mettendo gli a capo un po’ come mi sentivo, come mi suonavano meglio. Non so se ho effettivamente partecipato al gioco: ad ogni modo è stato divertente.
Grazie,
un tuo lettore
23 dicembre 2015 alle 14:50
io l’avevo già fatto con dante:
http://marcocandida.altervista.org/blog/xxi/
23 dicembre 2015 alle 14:51
dagli albori del secolo si discute
se la poesia sia dentro o fuori.
Dapprima vinse il dentro,
poi contrattaccò duramente il fuori
e dopo anni si addivenne a un forfait
che non potrà durare
perché il fuori è armato fino ai denti
23 dicembre 2015 alle 14:54
l’idea che mi ha mosso nella divisione è quella di una sorta di identità tra la sintassi e il verso. Il verso va a capo quando inizia un’altra frase.
23 dicembre 2015 alle 14:58
Dagli albori
del secolo
si discute se la poesia
sia dentro o fuori.
Dapprima
vinse il dentro,
poi contrattaccò duramente
il fuori
e dopo anni
si addivenne a un forfait
che non potrà durare
perché il fuori è armato
fino ai denti.
Solo per gusto personale, la dividerei così, immaginando le pause nella mente. Partecipo perché lo trovo un gioco molto piacevole, ma sul tema sono ignorante. Perdonate se non ha senso..non ho resistito.
23 dicembre 2015 alle 14:59
Ma Dante, Marco, si sa che son terzine incatenate di endecasillabi.
23 dicembre 2015 alle 15:01
“Si sa”, mah… Quello che non “si sa” è che la Divina Commedia è un’ottima narrazione perfettamente concatenata.
23 dicembre 2015 alle 15:03
Dagli albori del secolo si discute
se la poesia sia dentro o fuori. Dapprima
vinse il dentro, poi contrattaccò duramente
il fuori e dopo anni si addivenne a un forfait
che non potrà durare perché il fuori
è armato fino ai denti.
Sono andato a capo creando una tensione con l’inarcatura in ogni verso, così da dare più espressività a un testo altrimenti piatto.
23 dicembre 2015 alle 15:07
Siccome sono una masochista e di certo non ho né idea di come scrivesse poesie Montale, né mi permetterei di andare a guardare in internet, mi butto alla cieca: tanto ho una bella corazza se poi mi vorrai/vorrete “legnare“. Ma che non mi si chieda di sillabe e numeri… Gioco per sperimentare.
Dagli albori (Il principio)
del secolo si discute (si discute del secolo, quindi dopo il principio, Il tempo. In pratica da sempre)
se la poesia sia dentro
o fuori. Dapprima (di nuovo Il principio, ma pare vincere il fuori, mentre poi si legge che vinse il dentro)
vinse il dentro, (Dapprima l’uno, poi il due e infine l’Universo. Ma qui è quasi come se la vittoria non fosse ben definita in verità)
poi contrattaccò (e allora arrivano i rinforzi)
duramente il fuori e
dopo anni si addivenne
a un forfait (si torna al pareggio: l’Io e l’Universo)
che non potrà durare perché (e di nuovo si rimette in gioco tutto)
il fuori è armato fino ai denti.
Ma davvero è una poesia? Con tutta ’sta punteggiatura precisa, sembra proprio prosa. Mi sa che non ci capirò mai niente. Ma insisto!
23 dicembre 2015 alle 15:10
PS: l’ultima poesia che mi hanno fatto “studiare” era la cavallina storna in terza elementare.
23 dicembre 2015 alle 15:11
La cavalla storna di Pascoli. Sorry
23 dicembre 2015 alle 15:12
Dagli albori del secolo si discute
se la poesia sia
dentro o fuori.
Dapprima vinse
il dentro,
poi contrattaccò duramente
il fuori
e dopo anni si addivenne a un forfait
che non potrà durare perché
il fuori
è armato fino ai denti.
(ecco fatto, senza cercare su internet né leggere le altre soluzioni proposte).
23 dicembre 2015 alle 15:16
Dagli albori
del secolo si discute
se la poesia sia dentro o fuori. Dapprima vinse il dentro,
poi
contrattaccò duramente il fuori e dopo
anni
si addivenne a un forfait
che non potrà durare perché
il fuori
è
armato
fino ai denti.
non ho cercato di azzeccare gli a capo di Montale. Ho cercato di farne una poesia mia. per questo, mi piaceva un primo a capo che separasse albori e secolo, dicendo in fondo una cosa molto diversa (anche) e comunque possibile: da sempre discutiamo del tempo e della storia. E in questo discutere la poesia dove sta? Dentro o fuori.
Gli a capo che seguono cercando di restituire un ritmo di lettura affannata, quasi una corsa. non sono naturali. Gli ultimi versi mi sembrava necessario venissero scanditi quasi meccanico, come una mitraglietta.
23 dicembre 2015 alle 15:21
Dagli albori del secolo
si discute se la poesia
sia dentro o fuori.
Dapprima vinse il dentro,
poi contrattaccò duramente il fuori
e dopo anni
si addivenne a un forfait
che non potrà durare perché
il fuori è armato fino ai denti.
I primi tre versi sono staccati ritmicamente: ciò è fatto per dare un senso di incertezza o meglio di “indecisione” sull’opinione da privilegiare. Seguono due versi assertivi, che non lasciano spazio a dubbi; forniscono una certificazione storiografica della cosa. Il breve verso che segue introduce nuovamente l’incertezza e un tentativo di offuscare la realtà per mezzo del giochetto a rima baciata (forfait/perché). Ma la realtà prende il suo spaventoso sopravvento con il verso finale, constatazione di una incombente minaccia.
23 dicembre 2015 alle 15:41
Dagli albori del secolo si discute
se la poesia sia
dentro o fuori.
Dapprima vinse il dentro,
poi contrattaccò duramente il fuori
e dopo anni si addivenne
a un forfait che
non potrà durare
perché il fuori
è armato
fino ai
denti.
Ho messo il fuori, dapprima fuori, poi quando è armato va dentro sono quattro terzine una diversa dall’altra
23 dicembre 2015 alle 15:43
Allora.
Son partita facendo come Demetrio (identità tra sintassi e verso). Poi ho cercato di vedere se qualche parola, soffocata all’interno del verso, fosse degna di un’attenzione in più. Ed è venuto fuori questo:
Dagli albori
del secolo si discute se
la poesia sia dentro
o fuori.
Dapprima vinse il dentro, poi
contrattaccò duramente il fuori e
dopo anni si addivenne a un forfait
che non potrà durare
perché il fuori è armato
fino ai denti.
Lo spiego:
Dagli albori (mi piace il suono della parola, che ha quasi una qualità arborea)
del secolo si discute se (volevo enfatizzare la dubitativa)
la poesia sia dentro (enfatizzo il primo termine della contrapposizione: dentro)
o fuori. (enfatizzo il secondo: fuori)
Dapprima vinse il dentro, poi (mi piace l’idea di racchiudere il dentro tra un prima e un poi)
contrattaccò duramente il fuori e (quel contrattaccò è quasi una mitragliatrice; distendo il verso alla fine, lasciando la congiunzione, come un’apertura)
dopo anni si addivenne a un forfait (anni e addivenne è un andamento un po’ rimbalzante; lo faccio planare su forfait)
che non potrà durare (questo lo vedo come un verso di connessione, una specie di ponte)
perché il fuori è armato (armato mi sembra la parola da sottolineare)
fino ai denti. (e ribadire qui, con una connotazione più fisica)
Mi rendo conto che, rispetto a prima, ho “lavorato” più sul suono e sul ritmo (ma qualcuno si rivolterà nella tomba).
23 dicembre 2015 alle 16:25
I.
Dagli albori del se
col…
o si discute?
se la poesia sia
II.
Dentro! (o fuori
dapprima…)
III.
Vinse. Il dentro poi
contrattaccò du-
ramente, il fuori – e dopo anni, sì!
addivenne a un forfait…
IV.
– Che?… Non potrà durare.
– Perché… il…?
V.
– Fuori!
– È armato fino ai denti.
(Scusate).
23 dicembre 2015 alle 16:37
Io l’avrei scritta come Demetrio, tale e quale. Chiaramente non ho resistito e ho controllato. Taccio.
23 dicembre 2015 alle 17:20
Dagli albori del secolo si discute
se la poesia sia dentro
o fuori.
Dapprima vinse il dentro,
poi contrattaccò duramente
il fuori e dopo anni si addivenne
a un a forfait che non potrà durare
perché il fuori
è armato fino ai denti.
così… tanto per.
23 dicembre 2015 alle 18:06
dagli albori del secolo si discute
se la poesia sia dentro o fuori.
Dapprima vinse il dentro,
poi contrattaccò duramente il fuori
e dopo anni si addivenne a un forfait
che non potrà durare
perché il fuori è armato fino ai denti.
Il tono è discorsivo e quindi la versificazione deve corrispondervi; quindi per così dire elementare: l’ a capo scandisce le frasi, i diversi concetti che esse esprimono
23 dicembre 2015 alle 18:42
Dagli albori del secolo
si discute
se la poesia sia dentro o fuori. Dapprima vinse il dentro,
poi contrattaccò
duramente
il fuori
e dopo anni si addivenne
a un forfait che non potrà durare perché il fuori è armato
fino ai denti.
(Trovo che questa frammentazione con l’uso di molti a capo, dia più incisività al testo)
23 dicembre 2015 alle 18:53
Dagli albori del secolo si discute se la poesia sia dentro o fuori.
Dapprima vinse il dentro, poi contrattaccò duramente il fuori e dopo anni si addivenne a un forfait che non potrà durare perché il fuori
è armato fino ai denti.
So bene che non è così, cioè so che Montale non l’ha scritta così. Nondimeno se dovessi versificare questa cosa la versificherei così, perché vorrei dare l’idea della prosa che si prende il verso e lo appiattisce lo , lo demetricizza (se riesco a capire cosa significhi questa parola).
23 dicembre 2015 alle 19:42
Dagli albori del secolo
si discute
se la poesia
sia
dentro o fuori.
Dapprima vinse il dentro,
poi
contrattaccò duramente il fuori
e
dopo anni
si addivenne
a un forfait che
non potrà durare
perché il fuori è armato
fino ai denti.
La scriverei così. Nella prima parte inserisco i versi relativi al “tema”. Poi uno stacco netto con uno spazio per introdurre la”battaglia” dentro/fuori e infine, isolata, la congiunzione “e” che introduce il tentativo di mediazione. Infine, isolata da uno spazio, la chiusa, che smentisce ogni possibilità di mediazione e afferma, viceversa, la causa di quell’impossibilità. La differente lunghezza dei versi determina un ritmo sincopato e irregolare nella prima parte. Nella seconda parte, invece, i versi disposti in un climax ritmico ascendente, svelano l’ineluttabilità.
23 dicembre 2015 alle 19:49
Davvero questo testo canonico, riformulabile in tutte le gradazioni prosa-prosa, prosa poetica, poesia, fino alla cascata versicolare, dimostra l’insussistenza teorica di quel che si chiama Repubblica delle Lettere, prima gatekeeper fra accademia e popolo e ora ostacolo fra capitale e merce.
23 dicembre 2015 alle 22:38
Dagli albori del secolo
si discute se
la poesia
sia dentro o fuori.
Dapprima
vinse il dentro,
poi contrattaccò duramente
il fuori
e dopo anni si addivenne
a un forfait
che non potrà durare
perché il fuori è armato fino ai denti.
Ho cercato i tempi di recitazione con enfasi su parole chiave e una corsa conclusiva finale
23 dicembre 2015 alle 22:45
“ 5 novembre 1995 – Il problema dei tarli che danneggiano i mobili antichi. I metodi tradizionali prevedevano la sostanziale indifferenza verso gli animaletti. Rodessero rodessero cazzi dei mobili. Invece poi. È diventato un problema sociale. Dal punto di vista dei mobili. E i mobili antichi contano si sa. Tarli contro mobili come finirà. Le bestiole puntano sul numero. I mobili sono immobili. Devono farsi rodere. È una curiosa situazione. Tanto più che i tarli sono invisibili. Stanno dentro. Li ha mai visti nessuno? Si vedono solo i mobili belli panciuti antichi decoratissimi e immobili. I tarli lavorano di denti ammesso che siano denti. Anche i tarli sono strani chi glielo farà fare. Ci danno dentro. E così tocca di assistere a questa storia mobili rosi causa tarli. Ormai è un problema. “ [*]
[*] Lsds / 627
23 dicembre 2015 alle 23:59
Dagli albori del secolo
si discute
se la poesia sia dentro
o fuori.
Dapprima vinse
il dentro,
poi contrattaccò duramente
il fuori
e dopo anni
si addivenne a un forfait
che non potrà durare
perché il fuori
è armato fino ai denti.
ho posto gli a capo semplicemente dove mi sembra che le pause sottolineino gli snodi del discorso.
24 dicembre 2015 alle 02:26
eh adriano sono botte da orbi ma a natale si fa una pausa eheh
24 dicembre 2015 alle 06:44
Ecco la versione di Eugenio Montale:
24 dicembre 2015 alle 11:31
Buon Natale da chi ha goduto l’esibizione di tutti,bravissimi senza eccezione.
24 dicembre 2015 alle 15:02
Il fuori è armato di tarli. O i tarli sono armati di denti. Insomma, non si può che soccombere. Immobili.
24 dicembre 2015 alle 16:53
Dagli albori del secolo si
discute se la poesia sia dentro
o fuori. Dapprima vinse il dentro,
poi contrattaccò duramente
il fuori e dopo anni si addivenne
a un forfait che non potrà durare
perché il fuori è armato fino ai denti.
Non lo so, corro a controllare.
DaniMat
24 dicembre 2015 alle 17:48
Danimat, la soluzione è qualche centimetro qui sopra.
25 dicembre 2015 alle 08:00
Dagli albori del secolo si discute
se la poesia sia dentro o fuori.
Dapprima vinse il dentro,
poi contrattaccò duramente il fuori
e dopo anni si addivenne a un forfait
che non potrà durare perché
il fuori è armato fino ai denti.
Questa era la mia versione, poi ho controllato e mi sono accorta che non mi era andata così male. In ogni caso, ho verificato un’altra volta che la mia poesia è troppo simile alla prosa, come dice Giulio.
Nello specifico, il contenuto di questa poesia di Montale mi piace molto: io credo che andrà proprio così!