di giuliomozzi
E’ cominciata la nuova Bottega di narrazione. Dove qualcuno, per scherzo, si rivolge a me o a Gabriele chiamandoci “maestro”, o addirittura “Maestro”. Ho mandato a tutto il gruppo qualche istruzione, e ora – un minimo riveduta – la offro al gentile pubblico di vibrisse. Sempre ricordando che i cosiddetti maestri vanno prima o poi, più o meno garbatamente, fatti fuori.
[Vedi anche la Guida in dieci punti per il buon uso di un apprendista (di scrittura, ma anche no)].
1. I maestri possono sbagliarsi. Quindi bisogna ascoltarli con attenzione e criticarli con altrettanta attenzione. Non è nemmeno detto che i loro sbagli siano particolarmente intelligenti: a volte, come tutti, dicono perfino delle castronerie.
2. I maestri suggeriscono. I loro suggerimenti vanno presi per quello che sono; non sono ordini, non sono diktat, non sono obblighi. Tant’è che spesso, appena hanno finito di suggerire una certa cosa, cominciano a suggerirne una diversa. Il loro lavoro consiste nell’esplorazione delle possibilità.
3. I maestri suggestionano. Le loro suggestioni vanno prese (vedi il punto precedente) come esempi, come possibilità, come intuizioni improvvise di un qualcosa; non certo come indicazioni da eseguire puntualmente. Non bisogna lasciarsi suggestionare, insomma.
4. I maestri sono abituati. In aula sono perfettamente a loro agio. Voi no. Dovete quindi imparare ad abituarvi. Loro vi invitano e vi provocano al confronto dialettico. Dovete tener loro testa.
5. I maestri lavorano su immaginari che non sono i loro immaginari. E qui si vede la loro perizia tecnica. Talvolta, però, alcuni immaginari degli apprendisti conquistano l’immaginazione dei maestri: che a questo punto possono, perdendo un po’ il controllo, diventare invadenti. Righello e bacchettate sulle dita: maestro, sta’ al tuo posto!
6. I maestri sono tenuti, per contratto, a rispondere alle domande. Conviene dunque porre loro delle domande.
7. I maestri non sanno rispondere a tutte tuttissime le domande. Perché voi li chiamate “maestri”, ma sono dei poveruomini come tutti.
8. I maestri vogliono crearvi dei problemi: quei problemi che voi, per ingenuità, non avevate visti; o che, per timore, avevate evitati. Dopodiché, tenuto conto dei punti da 1 a 3, risolvere i problemi è affar vostro.
9. I maestri devono argomentare tutto ciò che dicono; se non lo fanno, richiamateli al loro dovere. Ci sono tuttavia intuizioni che sono scarsamente argomentabili, soprattutto perché sono quasi esclusivamente visive (sono quindi “visioni”: si producono specialmente nella situazione di cui al punto 5). Le visioni hanno il difetto di essere molto suggestive (vedi punto 3) e, nel contempo, in quanto non argomentabili, difficili da criticare (vedi punto 1). Vanno accolte dunque con estrema prudenza e diffidenza.
10. La maestria dei maestri ha dei limiti. Come tutti, i maestri stentano a vedere i propri limiti. Spetta agli apprendisti castigare la loro vanità.
Tag: Gabriele Dadati
24 novembre 2015 alle 10:54
il maestro è umano come tutti ma in quella particolare materia dovrebbe saperne più dell’allievo. non è facile trovare un vero maestro almeno per me che sono difficile da accontentare.
24 novembre 2015 alle 11:18
Invadere l’immaginario di un altro è comunque una esperienza che invidio.
24 novembre 2015 alle 14:47
Più che dei maestri da questo decalogo traspare l’icona del manager costruito sui manuali buffetti: chiedi sempre di più così stimoli la gente a dare il massimo. Spaccagli la schiena, devono lavorare e produrre. A quelli però, ai sottoposti dei manager fardase, li si manda a vendere aspirapolveri folletto in giro per i quartieri … spero la bottega sia differente 🙂
24 novembre 2015 alle 19:18
Giros, puoi provare a mostrare come tutto ciò appaia dal mio testo? Grazie.
25 novembre 2015 alle 01:22
maestro è poco, Maestro è troppo. Chi ti guida dovrebbe stare a metà. Non troppo alla pari, non troppo al di sopra. Anche chi lo segue dovrebbe porsi non troppo lontano, non troppo vicino.
25 novembre 2015 alle 11:00
Mi pervade un sottile senso di solitudine…
25 novembre 2015 alle 12:34
Solo dunque me ne vado, o miei discepoli! Voi pure, andatevene ora e soli! Così io voglio. Andatevene da me e guardatevi da Giulio Mozzi! E meglio ancora: vergognatevi di lui! Forse vi ha ingannato. L’uomo della conoscenza non deve solo saper amare i suoi nemici, deve anche saper odiare i suoi amici. Si ripaga male il maestro, se si rimane sempre scolari. E perché non volete strappare le foglie della mia corona? Voi mi venerate: ma se la vostra venerazione un giorno cadesse? Guardatevi, che non vi schiacci una statua! Voi dite di credere a Giulio Mozzi? Ma che importa Giulio Mozzi? Voi siete i miei fedeli, ma che importano tutti i fedeli! Non vi eravate ancora cercati: e trovaste me. Così fanno tutti i fedeli, perciò ogni fede è di così poco conto. Ora vi ordino di perdermi e di trovarvi; e solo quando voi tutti mi avrete rinnegato, tornerò in mezzo a voi…
[Così parlò Giulio Mozzi.]
25 novembre 2015 alle 12:53
Ci sono maestri saggi e maestri non saggi: quelli saggi, si credono maestri; quelli non saggi si credono Maestri.
25 novembre 2015 alle 14:45
Per chi non sapesse, Roby citava Nietzsche (dal celebre Also sprach Brahmaputra).
Nella mia infanzia lagunare, “maestro” significava: “artigiano”.
25 novembre 2015 alle 15:09
Ma non sarà Zarathustra?
25 novembre 2015 alle 15:41
Adoro il punto numero 8! Sembra una sorta di psicanalisi della scrittura.
25 novembre 2015 alle 15:45
Brahmaputra: l’unico fiume parlante.
25 novembre 2015 alle 20:38
Yoda e Mozzi hanno le stesse orecchie.
25 novembre 2015 alle 21:13
Voi non ci crederete, ma quello di Gian Marco è un complimento. Perché? Perché per certe cose, ci vuole orecchio. Ne stavamo parlando appunto giovedì sera. Dico io: “per certe cose ci vuole orecchio, lo diceva anche Jannacci”, ribatte Gian Marco: “sì, e devo dire che uno che l’orecchio ce l’ha è Giulio”. E questa non è una sviolinata. È pura e semplice cronaca (giurin giuretta).
26 novembre 2015 alle 00:29
(Più che altro secondo me la dote più fertile che dovrebbe avere un maestro è quella dell’improvvisazione. …Non maestri – ma estri…)
26 novembre 2015 alle 04:41
“ Martedì 9 giugno 1998 – Autodidatta è chi non ha maestri ma anche chi riesce, con i più fantasiosi macchinosi avventurosi sistemi, a non averne. Mai. Nessuno. (Forse farebbe meglio a curarsi) “ [*]
[*] Lsds / 586
26 novembre 2015 alle 06:30
26 novembre 2015 alle 07:48
“ 13 luglio 1994 – « 13 gennaio – Ho preso il momento buono: mia sorella è fuori, il Maralli è nel suo studio, e io ho afferrato la trombetta, l’ho ficcata in un orecchio al signor Venanzio e gli ho gridato: “ Per piacere, mi presterebbe due lire? “ “ Il paniere per poter partire? – ha risposto lui, – che paniere? “ Io ho ripetuto la domanda con quanta voce avevo, e allora ha risposto: “ I ragazzi non devono aver mai quattrini. “ Questa volta aveva capito! » (Vamba / Luigi Bertelli, Il giornalino di Gian Burrasca, 1912) “ [*]
[*] Lsds / 587
27 novembre 2015 alle 13:59
“ Venerdì 27 novembre 2015 – Il giornalismo vuole farci aprire gli occhi. Io invece vorrei sturarci gli orecchi. Voilà la petite difference. Parola di uno che non ha fatto il giornalista – ha non-fatto il giornalista. “ [*]
[*] Lsds / 588
24 novembre 2017 alle 11:38
…poi semmai un allievo prende comunque tutto, visioni, allucinazioni, immaginazioni, invasioni, prime versioni, secondi pensieri, errori, genialate, suggestioni… shakera ogni cosa, lo fa passare dal mix del suo cervello, ricompone l’intruglio, lo guarda da una certa distanza, ripete l’operazione, ripulisce quel che resta da ciò che non è mai stato suo, tiene le robe che hanno fatto chiarezza, focalizza personalizzando, compone qualcosa, lo rimixa, sceglie il montaggio che gli sembra più bello, attende l’intuizione di ciò che vuole dire, aggiusta l’abito alla storia, e alla fine scrive un libro, diverso dal progetto iniziale, forse (o quasi certamente), ma di sicuro più complesso, più ricco, più pensato, o anche più sbagliato, ma almeno avrà imparato qualcosa. Secondo me.
Oppure compone un’accozzaglia di cose, tipo copia-incolla, o peggio (forse) si lascia confondere, si perde, rinuncia e si sceglie un’altra passione ^_^
Questo per dire, che, sì, alla fine tocca sempre all’allievo capire come utilizzare gli insegnamenti. Penso io. Ma mi fa strano però pensare che un allievo possa difendere a oltranza la propria idea di progetto, in una scuola: che senso avrebbe farlo a Bottega? Cioè, se non ti lasci almeno un po’ “guidare”, se sai già quello che vuoi fare e come farlo, boh… fallo e basta, senza cercare consigli. Non so…