
I Devo hanno scritto Satisfaction nel 1977, i Rolling Stones l’hanno imitata nel 1965 (così dicevano i Devo, eh!).
di giuliomozzi
Il mio “libro da viaggio”, in queste settimane, è il Rerum vulgarium fragmenta di Petrarca, detto anche Canzoniere, nell’edizione a cura di Marco Santagata (Mondadori). Leggo i testi e leggo il commento, ricchissimo. E mi viene in mente una cosa.
Questo (ottimo) commento, come tanti altri, insegue minuziosamente le “fonti” (così si sarebbero chiamate una volta) di Petrarca. Ritrova le origini di un verso in un altro verso di Dante o di Cino o di Ovidio; ritrova le origini di certe immagini in Properzio o nella Bibbia; confronta gli schemi metrici e rimici con quelli dei provenzali o degli stilnovisti; ricostruisce, per così dire, la biblioteca di Petrarca, l’immaginario narrativo e filosofico e teologico e verbale e poetico nel quale Petrarca si muoveva.
Bello. Interessante. Istruttivo.
Io però, che sono vivo nel 2015, e che ho leggiucchiato come tutti e forse un po’ più della media la produzione poetica italiana (e non solo) successiva a Petrarca, comincio a sentire il desiderio di avere anche un commento a Petrarca (ma il discorso potrebbe valere anche per Dante o per Shakespeare o per qualunque altro grande influente) che funzioni a rovescio. Che mi dica, insomma, non da dove Petrarca prende ciò che adopera, ma come Petrarca è stato adoperato dai suoi successori. Quando, per esempio, e da chi, e come, e perché, eccetera, lo schema strofico (fortunatissimo) di Chiare, fresche e dolci acque è stato adoperato. Quando, per esempio, e da chi, e come, e perché, è stata ripresa l’immagine della “fera bella e mansueta”. E così via.
Un commento, per dirla breve, che presenti Petrarca non come una sorta di apice di tutta la cultura medievale (è un effetto inevitabile dei commenti tradizionali), ma come “motore” di buona parte della cultura, o almeno della poesia, rinascimentale e barocca e via via fino ai nostri giorni (Petrarca “si sente” ancora nei contemporanei).
Dico una sciocchezza? In particolare: che cosa ne pensano le/gli insegnanti? Potrebbe avere un’utilità didattica?
Tag: Devo, Francesco Petrarca, Marco Santagata, Rolling Stones
3 giugno 2015 alle 09:03
Sarebbe utile e interessante, a mio parere. Unico problema: sarebbe, letteralmente, infinito, soprattutto se si aprissero i confini nazionali.
3 giugno 2015 alle 09:03
Per esempio: “Chiare fresche e dolci acque” ha sicuramente ispirato “Dolce e chiara è la notte e senza vento” di Leopardi, gli slogan “Chiara fresca Sprite” e “Chiarissima purissima Levissima” e probabilmente anche “Acqua azzurra acqua chiara” di Lucio Battisti.
C’è un verso di Petrarca “Questo m’avanza di cotanta speme” che è stato ripreso con varianti sia da Foscolo che da Leopardi, e anche l’immagine del “vecchierel canuto e bianco”. Eccetera.
3 giugno 2015 alle 09:14
“Altissima”, non “Chiarissima”, filologicamente parlando.
3 giugno 2015 alle 09:20
“ Venerdì 20 maggio 2005 – « Come dice il Petrarca, Zefiro torna e il bel tempo rimena » (Previsioni del tempo, Raitre, ore 14. 13) “ [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 358
3 giugno 2015 alle 09:21
Per formazione gadameriana, io parto sempre dalla “storia degli effetti”, per avvicinare i ragazzi all’autore. Un modo di colmare la distanza temporale fra loro e il poeta, un modo di inserire la nostra lettura nel dialogo con altre letture.
3 giugno 2015 alle 10:04
Un titolo ormai classico è Pietro Borghesi, “Petrarch and his influence on English literature”, Zanichelli 1906. Qualche copia digitalizzata si trova anche on-line [1].
[1] https://openlibrary.org/books/OL7046139M/Petrarch_and_his_influence_on_English_literature.
3 giugno 2015 alle 10:05
Sì, P.O.: non mancano gli studi sull’influenza di Petrarca, nazionale e internazionale. Quello che manca (mi pare) è lo strumento agevole del commento.
3 giugno 2015 alle 10:23
io lo faccio sempre a lezione: parlando dei petrarchisti, e ancora di Leopardi, Foscolo, fino a Ungaretti, a Montale…
non so se la cosa sia stata mai fatta in maniera sistematica.
3 giugno 2015 alle 10:24
(e ovviamente Luzi, Saba… la lista sarebbe infinita)
3 giugno 2015 alle 10:36
Ah, capisco. (Scritto ascoltando su YouTube i Tre Sonetti di Francesco Petrarca musicati da Liszt e cantati da José Carreras)
3 giugno 2015 alle 11:14
“ 20 luglio 1987 – L’ascensione al monte Ventoso: è una crono del Tour. “ [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 359
3 giugno 2015 alle 11:36
“Messer Francesco, a voi per pace io vegno
E a la vostra gentile amica bionda:
Terger vo’ l’alma irosa e ’l torvo ingegno
A la dolce di Sorga e lucid’ onda.”
scriveva Carducci in Comentando il Petrarca. È anche interessante, a mio avviso, il discorso che Carducci tenne ad Arquà, il 18 luglio 1874, nel corso delle celebrazioni del quinto centenario della morte del Petrarca, che si inserisce nella rilettura “politica” dell’aretino, quindi il rilievo alle canzoni civili.
E poi c’è Pascoli: La grande aspirazione, L’immortalità, La felicità, che invece privilegiano il Petrarca meditativo, i temi della caducità e dell’illusoria ricerca della felictà terrena. Sarebbe anche interessante, in un modulo interdisciplinare, cogliere gli echi del petrarchismo in Shakespeare: “Adesso si è dato a sguazzare tra le rime, / all’uso di Petrarca. Laura, a paragone della sua donna, / era una sguattera (ma aveva un amante / più abile nel celebrarla)”. fa dire a Mercuzio, in Romeo e Giulietta. Ma su questo tema, c’è davvero tanto.
3 giugno 2015 alle 11:45
poi c’è anche Billy Collins che scrive (traduzione mia):
SONETTO
Tutto ciò che ci serve sono quattordici versi, beh adesso tredici,
e dopo quest’altro una dozzina appena
per varare una barchetta sui mari tempestosi dell’amore,
poi solo altri dieci rimasti come fagioli in fila.
Si va avanti facilmente a meno di non diventare elisabettiani
e insistere a suonare quei bonghi giambici
e quelle rime sistemate alla fine dei versi,
una per ogni stazione della Via Crucis.
Ma aspettate un attimo mentre facciamo la svolta
verso gli ultimi sei dove tutto si risolverà,
dove il desiderio e il crepacuore avranno termine,
dove Laura dirà a Petrarca di posare la penna,
togliersi quelle assurde braghe medievali,
spegnere le luci e finalmente venire a letto.
3 giugno 2015 alle 13:50
“ Mercoledì 3 giugno 2015 – « Tell Laura I love her / Tell Laura I need her / Tell Laura not to cry / My love for her will never die » (Ray Peterson, 1959) “ [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 360
3 giugno 2015 alle 14:00
“Voi, ch’ascoltate in queste meste rime,
in questi mesti, in questi oscuri accenti
il suon degli amorosi miei lamenti
e de le pene mie tra l’altre prime, ”
…
questi versi e altri di Gaspara Stampa, e i sonetti di Veronica Franco, possono testimoniare dei prestiti letterari e strutturali che , specie nel cinquecento, caratterizzarono il petrarchismo, nella letteratura al femminile. Nella nostra poesia, anche contemporanea, Petrarca è ancora un riferimento nelle tematiche e nelle strutture.Per es. Giovanni Raboni “Altri sonetti”.
3 giugno 2015 alle 14:15
Dunque Patrizia Valduga (c’è un componimento che inizia “Beato il giorno e l’ora…”, ma cito a memoria).
3 giugno 2015 alle 14:18
Ma, appunto, secondo me diventerebbe impossibile, nello spazio di un commento, dar conto di tutte le conseguenze di Petrarca.
3 giugno 2015 alle 14:30
“ 12 aprile 1995 – L’« aura » non è un parolone: serve per respirare. “. [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 361
3 giugno 2015 alle 14:48
Gianluca: anche i commenti attualmente disponibili tendono all’infinito…
3 giugno 2015 alle 15:10
A Stefano Petrocchi: vero. La memoria e il petrarchismo mi hanno ingannato.
3 giugno 2015 alle 15:29
se ci fosse una enciclopedia del petrarchismo dal manierismo ai nostri giorni, la andrei a comprare. Subito.
In fondo, il Canzoniere a scuola può essere come il Tardis per il Doctor Who. Avanti e indietro nel tempo.
E’ assolutamente utile per aprirsi squarci di libertà, perché alla fin fine a scuola siamo sempre prigionieri dell’approccio storico letterario. E oltre agli Italiani, vai con l’Internazionale del sonetto. Io in genere ci metto assaggi di Shakespeare, Pierre de Ronsard, Quevedo, fino a Yates.
Ma anche indietro sarebbe il caso di insistere (lo dico perché a scuola più che citarli nelle note non si fa ….).
E che Petrarca dialogasse compulsivamente con gli antichi, manco fosse Machiavelli, lo spiega così bene in quella lettera a Giovanni dell’Incisa (Fam, III, 18): libris satiari nequeo :).
3 giugno 2015 alle 15:30
Hai ragione, Giulio (e quello da te citato ne è un buon esempio). Ma, in fondo, la questione dei modelli, esercitandosi su un corpus in fondo limitato e chiuso, può giungere a un termine; quello delle conseguenze no. Petrarca aveva una biblioteca piccola (per non parlare di Dante: chiunque di noi ha letto, per quantità, molto più di lui), in confronto a quella che ha generato.
Ma la tua idea rimane affascinante. Solo, la vedo possibile solo come lavoro in progress e collettivo.
3 giugno 2015 alle 16:00
“ Martedì 24 ottobre 2000 – « A Vaucluse, in Provenza, la località dove vanno tutti i turisti a mangiare le trote pescate nelle “ chiare fresche e dolci acque “ (e messe in conto carissime) il Consiglio comunale “ rosso “ ha categoricamente vietato “ l’introduzione e l’impiego di bombe atomiche “. Il divieto vuole essere una solenne affermazione di principi pacifisti. Ma chi non riconosce alla prima l’incomparabile stile provenzale, lo stile di Numa Rumestan e di Tartarino? Nîmes e Tarascona sono infatti a due passi. » («Il Borghese», a. 1, n. 3, 15 aprile 1950) “ [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 362
3 giugno 2015 alle 16:11
Per chi volesse leggersi la lettera di Petrarca citata da Maria Letizia Verona, è qui (con la traduzione).
3 giugno 2015 alle 16:33
“ 7 novembre 1994 – « 7 dicembre 1937 – Sono in piedi accanto a Fr/ugoni/ e gli mostro un passo da una lettera di Petrarca – credo sia questo: “ Bonum vero quod querimeus, in animo est, nec corpori serviens nec fortunae “ – quando improvvisamente il suolo comincia a vibrare. Senza prestarvi attenzione, attribuisco il fenomeno a un camion a rimorchio che passa sulla strada, finché l’istinto non mi avverte, con agghiacciante lucidità, che questi non sono i lievi sussulti provocati da un mezzo di trasporto, ma lunghe ondate che percorrono tutto il suolo. Durano vari secondi e noi esclamiamo a una voce: “ È il terremoto! “. È raccapricciante la sensazione di un pesante edificio di pietra che si dilata e si contrae scricchiolando. Benché la scossa sia stata senza alcun dubbio lieve, si ha l’impressione di aver visto distintamente le pareti oscillare al ritmo di questo orribile, lento moto sussultorio. Fr/ugoni/, con un sangue freddo notevole, finì di leggere la frase di Petrarca mentre fuori le porte sbattevano e voci eccitate commentavano l’avvenimento. Guardai l’orologio e, come sempre mi accade in situazioni simili, sprofondai in uno stato di sorda, indifferente attesa mentre registravo freddamente gli eventi. » (Karl-Eugen Gass, Diario pisano 1937-1938) “ [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 363
3 giugno 2015 alle 17:13
vero che è bella? 🙂
4 giugno 2015 alle 12:32
Al lmite, tutti coloro che hanno letto Petrarca, hanno in qualche unghia di mignolo, o in una venuzza, una qualche sfumatura di Petrarca… tento più se sono poeti eccetera
il punto simbolico fondamentale è che Laura continuerà a dileguare, e il progetto utopistico del fermarla nel suo fluire è forse destinato a uno scacco borgesiano… infatti penso sia lei che, con Francesco, vada inseguita, e non lui che insegue lei, o forse proprio lui, ma lui che insegue lei…
7 giugno 2015 alle 23:06
Oh, sia lodato il cielo! Ho letto anch’io Petrarca commentato da Santagata e mi sono chiesta più o meno la stessa cosa. Ma non dovremmo studiarli (Petrarca, Dante e tutti a seguire) innanzitutto come motori di qualcosa altro e non solo come un insieme di fonti? Secondo me sì, dovremmo. Ma ci vorrebbe un’altra impostazione didattica, altri libri e altri commenti. Questa al momento è purtroppo la strada più facile… ma dio, quanto avremmo bisogno di motori.