di giuliomozzi
[Questo decalogo è stato scritto su richiesta di Dante Torrieri. Quindi, ‘ventualmente, prendétevela con lui. gm].
1. Vi hanno insegnato alle scuole elementari che la punteggiatura serve a segnare le pause nel discorso; che il punto corrisponde a una pausa lunga, il punto e virgola a una pausa media, la virgola a una pausa breve. Ora: quelle cose lì andavano bene alle elementari, come Babbo Natale e la Befana; adesso siete grandi, e non dovete crederci più.
2. Vi hanno insegnato alle scuole medie che la punteggiatura serve a rendere visibili le articolazioni del discorso: un po’ come le parentesi tonde e quadre e graffe nelle espressioni. Questo è abbastanza vero, ma non è del tutto vero; per la precisione, non è sempre vero.
3. Vi hanno insegnato alle scuole superiori che la punteggiatura serve a intonare il discorso, come se fosse una sorta di partitura musicale del discorso. Non sto neanche a discutere se questo sia vero o no, e vi invito a fare l’esercizio: prendete una pagina qualsiasi di un’opera qualsiasi di uno scrittore qualsiasi (va bene tutto, purché si tratti dei Promessi sposi), accendete il registratore, leggete cinque minuti, e poi ascoltàtevi.
4. Vi hanno insegnato, in tutti gli ordini di scuole, che non si mette la virgola tra il soggetto e il verbo, che non si mette la virgola dopo la “e”, e, soprattutto, che non la si mette prima. Ma io le ho appena fatte, entrambe le cose (le faceva pure il Manzoni, a profusione). (Vi hanno anche insegnato che non si comincia mai con una congiunzione, e poi vi hanno fatto studiare come capolavoro Né più mai toccherò le sacre sponde: che comincia appunto con una congiunzione).
5. Vi hanno abituati e abituate a pensare: “Ma è giusto, se qui ci metto una virgola un punto un punto e virgola un due punti un trattino una parentesi?”, eccetera: ma in punteggiatura non esistono (rullo di tamburi) né il giusto né lo sbagliato. Esistono l’opportuno e l’inopportuno, il conveniente e l’inconveniente (o sconveniente, come preferite). La punteggiatura è utilitarista.
6. Ma opportuno o inopportuno, conveniente o inconveniente (o sconveniente!) rispetto a che? Eh, ma è chiaro: rispetto a ciò che si vuole dire e rispetto all’effetto che si vuole produrre su chi legge. Adesso andate a leggere qui, poi tornate.
6. Capito?
7. Personalmente sono convinto che la punteggiatura sia il versante più nevrotico e nevrotizzato della scrittura. La punteggiatura impiegata in questo articoletto ne, è la prova.
8. Non sperate di imparare qualcosa sulla punteggiatura leggendo Boccaccio Machiavelli Guicciardini Galileo. In tutte le edizioni correnti delle grandi opere di questi grandi maschi troverete, nella Nota al testo che c’è sempre (di solito dopo l’introduzione e prima della bibliografia; ma anche altrove) una frase più o meno equivalente a questa: “Abbiamo armonizzato la punteggiatura secondo l’uso corrente (o l’uso moderno, ecc.)”. E ciao. Naturalmente non esiste nessun uso corrente o uso moderno della punteggiatura.
9. Gli editori hanno i loro criteri di punteggiatura: ciascuno il suo, com’è giusto per semplificare. Ma se vi troverete a pubblicare, non temete: la vostra punteggiatura sarà rispettata. Le guerre di religione si fanno solo sulle virgolette: inglesi (o apici doppi) o caporali (o sergenti) o trattini per il discorso diretto, apici doppi o semplici in certi testi scientifici, eccetera.
10. Arrivati al punto decimo, vi sarà chiaro che ne sapete quanto prima: anzi, meno di prima. E questo è un bel vantaggio, fidàtevi.
13 Maggio 2015 alle 12:20
Chiarissimo.
13 Maggio 2015 alle 12:28
Bellisimo articolo.
Anche io mi sono reso conto che a furia di leggere ho capito l’importanza della punteggiatura per trasmettere l’effetto di una frase, di una scena
13 Maggio 2015 alle 12:41
Non capisco il punto 7: La punteggiatura impiegata in questo articoletto ne, è la prova. La virgola dopo “ne”?
13 Maggio 2015 alle 12:47
Per esempio, al punto 9, avrei infilato una virgola dopo il “Ma”. 😉
13 Maggio 2015 alle 12:52
Però, seriamente, credo che
1) la punteggiatura sia una delle cose più personali di cui è disseminata la scrittura
e,
2) proprio per questo, dica molto sul modo di pensare del suo autore.
(Ho messo la virgola dopo la congiunzione)
13 Maggio 2015 alle 13:02
la punteggiatura, come la creatività, è anarchica, segue la corrente
13 Maggio 2015 alle 13:43
Alfredo: sì, ed è uno scherzo.
13 Maggio 2015 alle 13:53
“ 22 settembre 2004 – « Per anticipare alcune mie obiezioni che seguiranno, ricordo che nell’ambiente francese dell’Oulipo, nella scia del magistero di Queneau, era stato suggerito che l’incipit della Recherche di Proust (Longtemps [1] je me suis couché de bonne heure) poteva essere benissimo riformulato in termini di inferenza: Mi è costata una gran fatica convincere i miei genitori a lasciarmi andare a letto dopo le nove. Si tratta certamente di un caso estremo di “ volevo dire che “, ma non può essere ridotto all’avviso metatestuale “ Proust ha detto quanto segue “. » (Umberto Eco, Dire quasi la stessa cosa / Esperienze di traduzione, 2003) [1] C’era una virgola, ma l’Umberto non ce l’ha messa. Si comincia male, si comincia. “ [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 329
13 Maggio 2015 alle 14:27
Mi spiace, la virgola tra soggetto e predicato o tra predicato e oggetto (quando consecutivi) resta sempre ben vietata.
13 Maggio 2015 alle 14:41
“L’amore, ha lo stesso meccanismo del gratta e vinci.”
Aldo Nove, incipit di “Puerto Plata Market”.
13 Maggio 2015 alle 15:34
Quella virgola al tal rigo della qual pagina non mi faceva dormire. Sentivo, io fortemente avvertivo, che la sua presenza o meno avrebbe cambiato il senso di un lungo periodo. Una fissazione che induce il protagonista di Il Baro (autore Luca Canali) alla nevrosi ossessiva.
Ma c’era di mezzo il rapporto di Kruscev al XX congresso del Pcus.
13 Maggio 2015 alle 15:53
“ 26 settembre 1991 – Ti ho sempre amato / a crepapelle / perché tu eri / una di quelle / che non mi piacciono / . (punto) “ [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 330
13 Maggio 2015 alle 16:51
L’ha ribloggato su Flavio Firmo's Blog.
13 Maggio 2015 alle 17:55
Io al punto primo ci credo ancora (in parte anche al punto 3, a dire il vero).
13 Maggio 2015 alle 20:10
L’ha ribloggato su Dentro il cerchio.
13 Maggio 2015 alle 23:25
Consiglio questa lettura: http://www.minimumfax.com/upload/files/Video/2009/3/larepubblica.19marzo2009.burnedchildren.pdf
13 Maggio 2015 alle 23:39
“ Martedì 3 maggio 2005 – Nel libro che, per quanto proustronzeggi, non riuscirò mai a scrivere, mi piacerebbe raccontare che il protagonista, alla fine, capisce che la sua mamma e la sua nonna non erano così diverse come aveva sempre voluto pensare, cioè che, dopotutto, erano due professoresse, due maestre, insomma due insegnanti tutte e due. Cioè che fra La Fontaine e Edgar Lee Masters non c’era poi tutta questa differenza, stando che, per esempio, la mamma, da ultimo, l’aveva sorpreso con certe osservazioni precise, quasi pignole, che rivelavano, in lei che pure aveva sempre avuto l’aria di una simpatica Giamburrasca, le tracce degli studi seri, quasi pedanti, che, a scuola, all’università, aveva fatto o dovuto fare. La stessa cosa notava, con il passare degli anni, in se stesso: dal giovanotto confusionario e sempre un po’ esagitato, riemergeva lentamente, inesorabilmente, il bravo ragazzo che, se non era propriamente « studioso », studiava, e, infatti, a scuola « andava » benissimo. (Per esempio la punteggiatura: credo di esserci rimasto solo io a preoccuparmene) (Oppure erano tutte e due due donne. Ma, detto questo, c’è poco altro da dire) “ [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 332
14 Maggio 2015 alle 09:01
Ho sorriso leggendo il post; ma sulla virgola tra soggetto e verbo no, non transigo: per quanto mi consta, è un errore di grammatica.
14 Maggio 2015 alle 11:24
Audace il punto 5! Fior di grammatici ( ben forniti dalla scuola padovana) solleverebbero qualche obiezione.
Per quanto mi riguarda, mi affido, anche per l’uso retorico dei segni, all’ottimo prontuario di Mortara Garavelli.
Non era più semplice scrivere: usate i segni di punteggiatura come vi pare? Mi sembra il succo del discorso.
14 Maggio 2015 alle 11:41
1) Ma la punteggiatura fa parte della grammatica?
2) “È perché siamo crivellati dalle pallottole, e il vino cola.” (Italo Calvino, Il barone rampante).
3) Fornara Simone, La punteggiatura, Carocci (che peccato non averlo portato con me).
14 Maggio 2015 alle 12:52
… Mi viene in mente l’uso della punteggiatura che fa Saramago!
14 Maggio 2015 alle 13:38
Provate a leggere i Promessi sposi ad alta voce, e capirete tutto, anzi non ci capirete più nulla, perché il perfetto lavoro manzoniano rivisto nei più piccoli particolari, risulta totalmente illeggibile se si segue pedestremente la punteggiatura grafica
14 Maggio 2015 alle 14:18
カゼムグダルジマニ : no.
LetturAttiva: no, il succo del discorso non è quello. Il succo è: non domandatevi se “è corretto” o “non è corretto”; domandatevi che effetto di senso produce questa o quella scelta di punteggiatura, e punteggiate secondo il senso che volete far passare.
14 Maggio 2015 alle 14:22
La punteggiatura per me è il tentativo di tradurre in simboli (codice digitale) quella parte della nostra comunicazione che è “non verbale” o “paraverbale”(codice analogico) … Per questo può provocare un senso di insicurezza (non in tutti allo stesso modo) il fatto che non vi siano regole stringenti… Ma le regole sono di fatto solo un artificio rassicurante, una stampella, per i novizi (scuola elementare) e per gli insicuri (un po’ come i rituali dei fobici…)
14 Maggio 2015 alle 14:37
Sei vecchio, caro mozzi. Punteggiatura? E che è?
Ieri, da insegnante, ho inserito le risposte al test Invalsi dei miei studenti di seconda liceo.
E ho avuto una visione del futuro.
Te li immagini? Non nel futuro, ma ieri, una dozzina di insegnanti (qualcuno lo conosci bene) chini a coppie davanti a tanti pc che digitalizzano le risposte di un test cartaceo senza capire cosa fanno e senza alcuna utilità né per i propri studenti né per il proprio lavoro perchè i risultati arriveranno fra sei mesi, se va bene. A babbo morto.
Uno detta, l’altro scrive: “A1 c, A2 d, A3 b,…”.
Chi c’ha messo cinque ore, chi sei per fare una cosa che la nostra piattaforma Moodle, gratuita, avrebbe fatto da sola in tempo reale.
Fra queste risposte c’erano anche dei cloze in cui bisognava inserire parole. Ma la stringa di editor non accetta accenti e segni di interpunzione. Allora scrivi “difficolta”, “tribu”.
Nel questionario personale poi c’era una bella domanda creativa. Qualcosa del genere “Per me la scuola è…”. Anche qui non era possibile inserire segni di interpunzione. E se uno avesse scritto “buona?”, avrei dovuto trascrivere “buona”.
Ecco il futuro, caro vecchio mozzi: insegnanti proni esecutori e niente punteggiatura.
PS: qualche mio collega obietterà facilmente che potevo rifiutarmi. Ma questo è un altro discorso. Qualche altro dirà che le cose sono più complesse e i problemi sono altri. Ma credo che esistano situazioni che hanno un significato simbolico. Questa è una, secondo me.
14 Maggio 2015 alle 15:28
Questo è il punto, secondo me (simbolico). (Se al punto seguisse una svolta, sarebbe un punto e virgola – dice il diavoletto giocoliere che mi abita nel cervello, qui, tra la dura madre e la santamadrechiesa).
14 Maggio 2015 alle 19:03
Confesso che il numero 7 mi ha fatta trasalire.
Quanto al resto… https://www.youtube.com/watch?v=ptM7FzyjtRk
14 Maggio 2015 alle 21:47
Perché trasalisti, Monica?
(Bello, il filmino).
15 Maggio 2015 alle 05:00
Ecco, mi pareva che la punteggiatura facesse parte della scrittura. Quindi è possibile fare errori di punteggiatura senza farne di grammatica.
In fin dei conti il titolo del post parla di criteri e non di regole.
@caterina: mi piace molto l’idea delle regole come stampella per gli insicuri.
15 Maggio 2015 alle 06:43
Già l’idea che la grammatica abbia “regole”, è piuttosto dubbia (notare la virgola tra soggetto e verbo).
La parola “grammatica” indica in realtà due cose completamente diverse:
– una disciplina che studia come effettivamente funziona la lingua,
– un insieme di, appunto, “regole” che trasformano alcuni fenomeni linguistici più o meno statisticamente rilevanti in una sorta di “galateo”.
Peraltro il “galateo” – che è un fatto sociale – cambia nel tempo. Pensate solo a questo:
– una volta, scriveva in volgare non toscano chi non conosceva il volgare toscano o si rivolgeva a un pubblico incolto ecc.; oggi, scrive in dialetto chi si rivolge a un pubblico elettissimo (es. certi poeti). Oggi il dialetto impreziosisce.
15 Maggio 2015 alle 11:41
Trasalii perchè la virgola dopo ne, laddove non preceda un inciso, mi fa trasalire… ne, converrai 🙂
15 Maggio 2015 alle 13:45
Ne! Convengo,
15 Maggio 2015 alle 18:28
certo che se devo scrivere una relazione, un rapporto, cose così, non posso che attenermi rigidamente alla “grammatica”, alla tradizione consolidata.
Quanto alla letteratura il più straordinario (assolutamente efficace) caso di uso anarchico della punteggiatura che io conosca è la saga di Learco Ferrari di Paolo Nori
15 Maggio 2015 alle 21:25
Christian: ma Carlo Dossi?
15 Maggio 2015 alle 22:25
“ 22 ottobre 1994 – « In queste pagine, finchè in mè non sarà tutto buio, verrò consegnando giorno per giorno, ora per ora lo stato della mia mente, e – il che è forse tutt’uno – del corpo mio. Saranno pàgine scritte principalmente per me, poichè, affievolita come ho la memoria, non avrèi altro mezzo di questo per procurarmi sempre pronti raffronti, donde mi scaturisca un concetto chiaro sui rialzi e ribassi dell’ànimo, sul mio – ora insperando – ritorno alla piena intelligenza o sovra un maggiore e più probabile decadimento. Insino a qual giorno riuscirò a protrarle, non sò. Speranza e sconforto mi si avvicèndano senza riposo. Scongiuro colui al quale cadranno, dopo di mè, nelle mani, di non giudicarmi, per esse, di cuore pusillo. Altri tiene il registro delle sue rendite e spese; io tengo quello di un patrimonio che è il più prezioso di tutti, màssime quando lo si vede a finire: l’intellettuale. Tutto, tra poco, anderà per statistiche, arti, lèttere, filosofie. Sia dunque questo l’embrione di un’autostatistica, o per dirla alla itàlica, di un’intima ragioneria del cerebro. » (Carlo Dossi, Autodiagnosi quotidiana. Prefazione, 1884?) “ [*] [**]
[*] La s-formazione dello scrittore / 341
[**] Chiedo venia, ma la colpa è del Mozzi: mi pròvoca, mi sfrucùlia, mi ìstiga…
16 Maggio 2015 alle 00:23
Concordo. Mi sembra proprio uno dei punti interessanti riguardo all’uso della punteggiatura: che tra stendere un verbale e raccontare una storia ci possano essere differenti strategie di scrittura.
Io penso che la punteggiatura sia uno strumento: la usi per quello che ti serve e come di serve.
16 Maggio 2015 alle 08:28
!Sì! Ma non conosco,, ?Note azzurre? ?L’altrieri?
18 Maggio 2015 alle 10:34
Quello che, preferisci.
20 Maggio 2015 alle 11:32
Condivido quanto ha scritto Amedeo Savoia; aggiungerei però qualcosa che ha già anticipato lui: che, appunto, ci si poteva rifiutare. Come ci si poteva rifiutare di somministrare le prove. Seneca (che non aveva certo problemi di punteggiatura), nella prima lettera a Lucilio, scrive che il tempo, quando è perso, è perso per sempre. E allora non bisogna perderlo, se si ritiene che qualcosa è una perdita di tempo ma ci viene spacciata come obbligatoria, quando invece obbligatoria non è; e magari si ritiene che sia pure dannosa. Se c’è uno spazio di libertà, bisogna occuparlo. Saranno anche dettagli; ma forse no. Scusate l’OT.
8 febbraio 2016 alle 17:43
[…] il decalogo su […]
8 agosto 2018 alle 13:24
4. Vi hanno insegnato, in tutti gli ordini di scuole, che non si mette la virgola tra il soggetto e il verbo, che non si mette la virgola dopo la “e”, e, soprattutto, che non la si mette prima. Ma io le ho appena fatte, entrambe le cose
Tra soggetto e verbo mi pare di no.