di Lorenzo Marchese
[Dalla postfazione a Favole del morire].
[…] Giulio Mozzi, da scrittore di storie negli anni ’90, è diventato qualcos’altro qui? La forma è cambiata, eppure il percorso ha conservato una sua discreta fedeltà ai racconti degli anni ’90 e, insieme, sembra che il suo autore invecchiando insista di più su di una scrittura di interrogazione mobile e febbrile, onnimimetica e onnivora, che fagocita materiali secenteschi fino alla Neoavanguardia come se vi si aggrappasse scivolando. Nella scia di questa resistenza persiste un disagio a definirsi, a collocarsi in una precisa nicchia di fruizione letteraria – per non parlare del posizionamento commerciale – che ho qualche difficoltà a trovare nella narrativa contemporanea, e che invece, curiosamente, è più familiare al circuito della poesia. […]
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