This entry was posted on 8 gennaio 2015 at 06:15 and is filed under Annunci. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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Oggi mi hanno dichiarato guerra. Decimando militarmente la redazione del giornale satirico Charlie Hebdo mi hanno dichiarato guerra. Hanno usato il nome di dio e del profeta per giustificare l’ingiustificabile. Da afroeuropea e da musulmana io non ci sto.
Da buonista potrei sottoscrivere e starmene zitta, ma…
Sono d’accordo quasi su tutto, eppure non ho capito bene quale sia la soluzione per Igiaba Scego. Subire senza indignarsi è ovviamente impossibile e lo dismostra il suo stesso scritto; e distinguere i “buoni dai cattivi” sembra essere altrettanto difficile, quindi? Ci basiamo sui vestiti? Certo che no. Ma è proprio quella parte del discorso che mi ha fatto stropicciare il naso: “A ogni attentato – leggo – vorrei urlare e far capire alla gente che l’islam non è roba di quei tizi con le barbe lunghe e con quei vestiti ridicoli. L’islam non è roba loro, l’islam è nostro, di noi che crediamo nella pace. Quelli sono solo caricature, vorrei dire. Si vestono così apposta per farvi paura. È tutto un piano, svegliamoci”. Perché ho mi sono irrigidita? Perché sembra mi sembra una constatazione molto limitata. È ovvio che da noi i musulmani integrati, per non parlare di quelli di seconda generazione, in realtà per la maggior parte degli occidentali sono tali e quali a noi, anche perché li riteniamo meno “seguaci”; noi per primi, non seguiamo più il cristianesimo come un tempo. Ma sono stata in alcuni paesi musulmani (Egitto, l’intero Marocco e persino in Pakistan da Lahore a Islamabad fino al Kashmir) e “quei tizi” lì avevano tutti la barba lunga (molti tinta di rosso henné in omaggio a Maometto), e avevano tutti “quei vestiti ridicoli” che a me non sembravano ridicoli, ma semplicemente tradizionali. Di fatto non mi facevano nemmeno paura… E allora mi chiedo qual è il vero “Islam”? E con ciò non intendo chiedermi se è quello degli estremisti oppure quello dele vittime di questi ultimi. Ma mi chiedo se è davvero quello dei musulmani integrati in Occidente? Oppure è comunque quello di milioni di persone che vivono nei paesi islamizzati?
Di che cosa stiamo discutendo? Di due infiltrati oppure di un “problema” più grosso?
Ma.Ma.: non mi pare che Igiaba Scego intenda proporre una “soluzione”.
Sta cercando di non farsi etichettare come “pericolosa”, di non far etichettare come “pericolosi” tutti gli islamici, in blocco. E’ facile prevedere che le forze europee razziste strumentalizzeranno questo fatto – come è loro abitudine – per fare di tutte l’erbe un fascio.
Tu scrivi:
…noi per primi, non seguiamo più il cristianesimo come un tempo…
E qui direi due cose.
La prima: non si potrebbe dire, invece, il contrario? Oggi i cristiani non bruciano più gli eretici, non indicono più guerre di religione sotto l’alta guida del papa, eccetera: non potremmo dire che oggi “seguiamo il cristianesimo” di più che “un tempo”? (Anche se il desiderio di potere, soprattutto nella chiesa-istituzione, è ben difficile da estirpare).
La seconda (più ipotetica, e paradossale): se gli islamici che tu descrivi come “tali e quali a noi” sono – per parallelismo con quello che dici dei cristiani – quelli che non seguono più l’islam come un tempo, ne consegue che esisterebbe qualcosa come un “vero islam”, o un “islam originario”, caratterizzato dalla violenza e dal terrorismo; gli islamici che si “integrano” sarebbero quelli che lo seguono meno. Quindi l’islamico buono è l’islamico de-islamizzato.
Giulio, in effetti quella che tu evidenzi è la parte con la quale concordo. In merito alla soluzione, mi riferivo alla sua ultima frase che ha il sapore di un consiglio risolutivo: “L’Europa potrà fermare la barbarie solo se i suoi cittadini saranno uniti in quest’ora difficile.” Una cosa è non demonizzare una “categoria”, un’altra cosa è fermare questa “guerra”.
In merito alle tue osservazioni sull’essere cristiani oggi più di ieri: sì, la penso anch’io così. E in questo senso intendo ancor di più dire che penso anch’io che la comprensione di questo contesto si presti a più punti di vista. Ma questo vorrebbe dire che i cristiani di ieri, non erano cristiani? Parliamo di credere in Dio e assecondare dei valori etici (ciò che faccio da buona cristiana) oppure seguire i dettami ecclesiastici (di cui solitamente mi curo poco)?
Alla seconda cosa rispondo, sì. Più o meno. Ma toglierei termini come “vero” e “originario” per sostituirli con termini diversi che al momento non riesco a riassumere con una sola parola, ma fa la distinzione tra un Islam che concede più libertà di pensiero ai suoi seguaci e che quindi lascia correre un po’, rispetto a un Islam più “medievale”, costrittivo. Infondo il processo di occidentalizzazione non crea distinzioni tra buono e cattivo, ma principalmente tra liberi e “oppressi”. Secondo me.
Faccio una gran fatica a pensare razionalmente (in definitiva: a pensare) attorno a questa cosa. Perché prendersi la briga di usare un commando addestrato (mica erano dilettanti, no?) per fare strage di una dozzina di giornalisti e vignettisti tutto sommato innocui? (Mica penserete che sia stata la satira a togliere Andreotti, Craxi, Forlani, Berlusconi e, tempo fa, Hitler, Mussolini, Stalin, Francisco Franco ecc., dai loro scranni?). E’ un ulteriore avvertimento? E’ un allenamento, un esercizio, della “cellula” che deve stare sempre all’erta? L’economia francese va bene, mi dicono persone informate, e la Francia non ha dato il suo placet alle operazioni militari USA/ONU in Asia. Il prezzo del greggio, in un solo anno, è più che dimezzato: ci han guadagnato subito gli USA (impennata del PIL) e Putin, col suo metano, deve stare più mite. Ma sappiamo anche che i paesi arabi, da decenni, pagano la pace interna regolando il prezzo del barile (e il mercato del petrolio non segue rigorosamente la legge della domanda e dell’offerta, per ragioni facilmente intuibili). La “primavera araba”, credo, ha temporaneamente interrotto la possibilità di attuare questo scambio tra “prezzo del petrolio” e “pace interna”. Allora per riprendersi questo potere si “stuzzicano” le cellule di estremisti presenti nei paesi occidentali, così che ne nasca un terrore di natura ideologica (contrapposizione di civiltà, ecc.)? O è solo un casuale concorso di circostanze? Io non sono uno storico, un economista e men che meno un futurologo. Però scommetterei che se tornassimo a pagare il barile qualche 20% o 30% in più, le acque si cheterebbero. Non per sempre, certo, perché l’estremismo esiste e tende ad agire indipendentemente dalla necessità di sfruttarlo che talune lobby potrebbero avere. Insomma, per concludere (e ben lontano dalla convinzione di aver chiarito le idee altrui), non vedo un disegno: ne vedo molti, alcuni contrastanti, alcuni convergenti. Non credo al “grande complotto”. E vedo una truppa di allenatissimi utili idioti pronti a morire, e dunque a uccidere, per la causa.
Concordo, Giulio. Conosco ragazzi rifugiati pakistani e di ogni parte dell’Africa scappati anche dai conflitti di religione. Hanno religioni diverse, ma hanno anche rispetto gli uni verso gli altri e convivono in armonia. A scuola alcuni dei loro figli osservano i divieti imposti dalla religione islamica, ma frequentano l’ora di religione cattolica perché i genitori sono convinti che i valori cattolici siano validi come quelli islamici. Prima di chiederci chi siamo, bisognerebbe, quindi, chiederci chi sono e per conto di chi agiscono questi professionisti della paura e dell’odio. Paura e odio sono sentimenti facili da veicolare e ci obbligano, nostro malgrado, a fare la scelta di stare dall’una o dall’altra parte; di erigere barriere tra noi e l’altro; il nemico. E a guadagnarci sono solo i signori della guerra.
“Allahu akbar”. Ho sentito due volte ieri gridare queste parole.
La prima, dal vivo, al matrimonio a Trento di due giovani marocchini. Lo sposo, oggi ventisettenne, ha cominciato a quattordici anni una storia di migrante che solo Dickens potrebbe raccontare. Ora finalmente sta raggiungendo orizzonti più sereni grazie alla sua determinazione e all’impegno di persone e istituzioni. Ha ricevuto in dono, fra l’altro, una copia della Costituzione italiana. Durante il rinfresco un’amica si è avvicinata alla sposa e ha intonato una breve litania in arabo conclusa con un gioioso e beneaugurante “Allahu akbar”. Ho condiviso quella gioia e lo spirito dei quell’augurio.
La seconda, attraverso i media, nelle strade di Parigi.
Credo che per non imboccare strade pericolose, e purtroppo già sperimentate nella storia recente e passata, si debba con pazienza e tenacia andare alle radici delle rabbie e delle paure delle persone. Ma anche a quelle dei sogni.
Ieri sera andando a letto ho lasciato mio figlio alle prese con la conclusione del libro “Non dirmi che hai paura” in cui Giuseppe Catozzella racconta la storia di Samia, la giovane atleta che, lungo le rotte dei migranti, dalla Somalia voleva andare alle Olimpiadi di Londra del 2012. Samia non ce l’ha fatta: è annegata nel Mediterraneo. Ma il suo sogno è rimasto. E brava l’insegnante che ha dato questa lettura come compito per le vacanze.
Dalle sue narrazioni ho conosciuto un po’ le rabbie, le paure e i sogni del mio amico marocchino. Quali sono, invece, le rabbie, le paure e i sogni dei terroristi di Parigi? Da lì dobbiamo cominciare per evitare che i sogni dei giovani siano contaminati da rabbie e paure. E da chi le cavalca.
C’è una cosa che non mi quadra. Dal racconto dei testimoni e dalla ricostruzione dell’azione terroristica non emerge, mi pare, un profilo di due “killer professionisti”, o “ben addestrati”, né che l’azione fosse pianificata nei dettagli (pare che abbiano sbagliato il civico, poi hanno trovato la redazione; il complice al volante ha lasciato sull’auto una carta d’identità, e così è stato identificato).
L’idea che mi sono fatto è che tre-quattro trentenni, tornati dalla Siria dove si erano ben impratichiti con armi e ammazzamenti, hanno deciso di fare una strage (rispondendo all’appello di Al-Qaida, forse, che qualche settimana fa esortava i “lupi solitari” a compiere attentati).
L’ipotesi che siano appunto dei “killer professionisti”, “ben addestrati” e che tutto abbia seguito una logica militare, mi sembra sortisca un effetto, più o meno cercato, di vaga rassicurazione.
L’ipotesi che siano quattro tipi qualunque tornati dalla Siria, oltre che più verosimile, mi sembra molto meno rassicurante.
Per il resto, sono in totale accordo con l’autrice del pezzo.
..una dozzina di giornalisti e vignettisti tutto sommato innocui…
Ci sono, credo, due possibili risposte.
1. E’ una strategia della tensione. Da ieri un certo numero di cittadini francesi (per parlare solo dei francesi) di tradizione cristiana o postcristiana sono convinti che i cittadini francesi di tradizione islamica e gli immigrati di tradizione islamica siano (diventati) pericolosi. Questi cittadini francesi di tradizione cristiana o postcristiana voteranno, alle prossime elezioni, per un partito razzista. Se il partito razzista conquisterà sufficiente potere, ci saranno provvedimenti tali da mandare in bestia i cittadini francesi di tradizione islamica e gli immigrati di tradizione islamica. Conflitto. Periferie che esplodono.
2. Charlie Hebdo è una rivista orrenda, piena di oscenità e di insulti verso tutte le religioni (cattolica inclusa). Questi qui sono convinti che il vero Male non è tanto il peccato (vabbè, tutti pecchiamo, ecc.) ma la bestemmia.
Risposta aggiuntiva: forse Charlie Hebdo era un obiettivo facile.
Le affermazioni sull’andamento dell’economia francese ecc. non sono “mie”. Le riporto tali e quali, come sono state fatte a me. E cospicui elementi a riprova o a confutazione non ne ho, colpevolmente, cercati.
Che sia una “strategia della tensione” è ovvio. Ma il punto è: gestita da chi? E’ accaduto ora come poteva accadere in qualsiasi momento, e non c’è un vero e proprio “piano militare” sotto, oppure chi è pronto ad agire (e per agire così, un po’ di pratica ci vuole!) viene tenuto in “quiescenza” e innescato in certi momenti considerati topici?
Charlie Hebdo era un obiettivo sul quale era facile scaldare l’animo di chi scalpita per sparare, era facile “militarmente”, ecc. Che il fatto aggreghi xenofobi e destra è altrettanto scontato, purtroppo. Però non posso (non riesco a) pensare che sotto il tutto vi sia un complotto del tipo: scateniamo questi quattro gatti e così ne trarremo vantaggio alle prossime elezioni. Mi vien difficile vederla così. Mi sembra troppo difficile da tenere sotto controllo.
@Ludovico: non si capiscono solo le affermazioni da lei evidenziate o nemmeno le altre? Perché comincio ad avere dubbi sulla mia capacità di esprimermi in modo adeguato.
Vero, rivista orrenda. Come quasi tutti provo orrore per la bestialità e l’assassinio e sincera compassione per quei poveracci, ma provo tuttavia una certa noia rispetto alla satira e al laicismo sventolati come bandiera e presentati come valori (“sono degli eroi!”). La satira viene meno in un mondo dove il potere si compiace di prendersi in giro da solo e risulta futile nei confronti delle confessioni. D’altro canto le vicende del mondo occidentale sono regolate da un soggetto indecifrabile di cui ci è dato conoscere le pretese, peraltro arroganti, ma di cui non si conoscono né obblighi, né responsabilità: il Mercato, una vera e propria divinità inaccessibile; come possiamo dirci laici? Duecento anni di illuminismo dissolti “come lacrime nella pioggia”. Je suis Charlie (?). Je suis pas Charlie.
Tra Natale e Capodanno ho trascorso alcuni giorni a Parigi. Nelle stazioni del mètro c’erano soldati in tuta mimetica con il mitra imbracciato. Me ne sono meravigliato, c’ero stato nel 2010 e non ricordo un simile dispiegamento. Questo vuol dire una cosa evidente, che le autorità francesi si aspettavano un attentato, ma non certo contro gli sfortunati redattori e i vignettisti di un giornale satirico dai contenuti di cui non desidero discutere.
Ora, mi capita anche spesso, ma per altri motivi, di recarmi a New York e di trovarla permanentemente presidiata. E so per certo che in quel paese una satira del genere, per una sorta di tacito patto fra stampa e autorità, non viene pubblicata. E il motivo è semplice: sanno di essere in guerra. Mentre noi europei, malgrado le stragi di Londra e Madrid, lo ignoriamo o facciamo finta di niente.
Quando sei in guerra i fatti sono due. O distruggi il tuo nemico oppure, se non ci riesci, fai il Quinto Fabio Massimo.
La responsabilità di questo massacro, dunque, per me ricade sulle autorità della Republique che, al pari di una parte dell’Occidente, si ostina a ritenere che l’Islam attuale abbia una cultura che sui principi di fondo non sia dissimile dalla nostra. Non è così, l’Islam attuale quei principi non ce li ha ( e non entro nel merito se sia giusto o meno). Non ce l’ha perchè il mondo islamico non concepisce che Maometto possa essere disegnato nudo, con la tanica in pugno e una torcia nell’altro mentre, nell’uscire di casa dice alla moglie: “cara, stasera faccio tardi”. E non lo concepiremmo neppure noi, se andiamo a guardare le cose con acutezza. Provatevi a immaginare che effetto sortirebbe nelle menti di una massa di un miliardo di persone che vivesse in condizioni di povertà e oppressione sociale e scorgesse in edicola una vignetta di Gesù dal contenuto blasfemo. Chinerebbero il capo, certamente, ma i più esaltati non esiterebbero a imbracciare le armi, secondo modalità atroci in misura proporzionale a quella oppressione e a quella povertà. Possibile dunque che non lo comprendiamo? possibile che li trattiamo (per fortuna solo in rarissime occasioni) come spunto per barzellette? e possibile che non sappia o non se ne renda conto proprio chi si avventura su sentieri così impervi?
No, non ce ne rendiamo conto, perchè di questa gente ignoriamo tutto. E ne adduco una prova.
Da alcuni anni sono in contatto con gli operatori di una ong internazionale che opera nei territori palestinesi, con sede nella ex Gerusalemme Est. Mi confidarono che a Gerusalemme Est non si riesce a dormire, per il semplice motivo che alle due di notte si leva il lamento dei muezzin dai minareti. Incitano i fedeli ad accorrere alla preghiera delle sette del mattino, per cinque ore. Ma c’è un problema, lo fanno con degli altoparlanti a tutto volume.
“ 3 settembre 1974 – eppure giurerei / che a strizzarti / la poppa / o furba LIBERTÉ / ti colerebbe / una lacrima / di MADONNA / a filo a piombo / sulla barricata. (Misogallica) “. [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 178
Fanno tenerezza le carte d’identita’ dei terroristi. Spuntano sempre fuori al momento meno opportuno. L’11 settembre 2001 dimostro’ la natura davvero miracolosa di questi foglietti. In quel caso scamparono alle vampe dell’incendio scaturito dalla collisione del boing con una delle torri. Qui il documento e’ stato tranquillamente dimenticato nell’auto utilizzata per l’attentato. Immaginare dei terroristi che girano mascherati e con la carta d’identita’ in tasca e’ piuttosto buffo, ma bisogna arrendersi all’evidenza. Si spera siano arrestati e possano parlare. Di solito muoiono opponendo resistenza.
… sineddoche: è morto un correttore di bozze mentre lavorava, in redazione: sì, je suis Charlie…
Anche se… non so se anche a voi dava già una sottile inquietudine “siamo tutti americani” dopo l’11 settembre… ma si capisce, no, cosa vuol dire? Non ci identificavamo con George W. Bush (almeno, non io)… essere dalla parte delle vittime indifese, essere con loro, ci hanno ucciso “con loro” (sugli aerei, sulle Torri, a Parigi)… non riusciamo a non “metaforizzare”. Ed è un bene. anche quando si dice: “Non in mio nome”, si metaforizza, ed è chiaro, e va detto. L’abbiamo detto (l’ho detto) quando “noi” si invadeva l’Iraq…
no, Carlo: non parlare per favore dell’ “Islam attuale” come se fosse un tutt’uno monolitico, senza valori, criminale. Per fa-vo-re.
“Di questa gente ignoriamo tutto”. Non è vero. Sono i nostri vicini di casa. Letteralmente. Ci sono analisi, libri, loro parlano, loro sono diversi, gli uni dagli altri, le loro storie, i loro valori… è anche vero che il variegato mondo islamico (dilaniato al proprio interno) ha – a mio avviso – un problema almeno uno di “evoluzione civile e spirituale” (e deve interrogarsi su temi come la violenza, la vendetta, il trattamento di chi viene considerato “eretico”, le donne, l’arte, la divisione tra potere laico e religioso…). Si lavora insieme forse perché questa evoluzione ci sia (si tratta di qualcosa che non riguarda “la guerra”, ma concerne, vedi, la cultura e il dialogo).
ancora Carlo. No. Mi pare che l’idea che il kalashinikov sia degli “oppressi” non funzioni. Storicamente, non funziona. Bin Laden, era un “oppresso”? Discutibile no?
Enrico, scrivi: “no, Carlo: non parlare per favore dell’ “Islam attuale” come se fosse un tutt’uno monolitico, senza valori, criminale. Per fa-vo-re.”
Se leggi bene il mio commento non ho affatto parlato dell’Islam attuale come un mondo monolitico senza valori o addirittura criminale. Per l’amor del cielo!, caro Enrico, non mettermi in bocca cose che NON HO SCRITTO.
Mi spiego meglio. Ho detto che lo stato di miseria e di oppressione sociale che milioni e miloni di islamici patiscono nei loro paesi di appartenennza fomenta le scelleratezze di sparuti gruppi criminali, presenti in quei paesi, che adescando gli islamici scontenti e/o emarginati dei paesi occidentali (una frangia anch’essa minimale) per azioni bastarde e insensate.
l’Islam gode del mio grande rispetto – chiariamoci bene, specie di questi tempi – ma un’analisi delle sue condizioni attuali – nient’affatto votate alla morte altrui, lo ripeto per la seconda volta – porta a concludere che nell’evo moderno esiste una profonda diversità tra noi e loro. Il che non vuole dire che noi siamo migliori di loro e che essi addirittura non avrebbero valori. (Se Giulio volesse aprire un post specifico, sarei lieto di discutere dell’andamento sinusoidale dei rapporti fra potere civile e potere religioso dei popoli sumerici, mesopotamici, egiziani, di fede ebraica e infine di quelli cristiani, degli ultimi due millenni).
No, Enrico, diciamo che mi sono spiegato male, dai. Altrimenti si accenderebbe una polemica che proprio con te non desidero aprire, anche perchè sto per recarmi in aereoporto e devo: avviarmi TRE ore prima da casa, togliermi scarpe, cintura, giacca, cravatta, portafoglio, cellulare, chiavi, spesso l’orologio, quindi passare per un metal detector che a volte non ci azzecca e dunque venir sottoposto a perquisizione corporale (successo a JFK, a Hethrow e Berlino), non senza dimenticare che in USA adesso ti pigliano pure le impronte digitali. E cazzarola tutto questo lo devo a quella piccola masnada di esaltati sanguinari, NON CERTO al miliardo e mezzo di musulmani nel mondo. E bada bene, la mia “lamentazione” non riguarda il disturbo per tutto quanto ho descritto, rischierei di passare per uno snob infastidito dalle contingenze, il mio sdegno va, AMICHEVOLMENTE, verso quanti o non capiscono o si ostinano a non ancora capire l’oggetto del contendere. Insomma, caro Enrico, io non so se tu viaggi spesso, pigliando l’aereo, ma chi lo fa – e soprattutto è un attento osservatore della realtà, non irretito da consuetudini dai più vissute ” come un’ormai noiosa routine” – chi prende speso l’aereo, dicevo, se ne accorge benissimo che siamo in guerra!! in guerra contro un piccolo esercito di feroci sanguinari che nulla hanno a che fare con miliardi di islamici dalla rispettabilissima cultura MILLENARIA.
Un abbraccio e mi scuso con Giulio per alcune maiuscole.
PS capirai che prendere l’aereo in questi giorni a qualche triste pensierino direi che induce.
Aggiunta a “E cazzarola tutto questo lo devo a quella piccola masnada di esaltati sanguinari, NON CERTO al miliardo e mezzo di musulmani nel mondo”.
Mi è rimasto nella penna il finale della frase. Ecco come andava scritto
E cazzarola tutto questo lo devo a quella piccola masnada di esaltati sanguinari, NON CERTO al miliardo e mezzo di musulmani nel mondo. Lo so bene, sai?
“ 26 luglio 1984 – Per quanto Maometto evitasse di andare alla Montagna prendesse tempo si dicesse che non c’era tutta questa fretta rimandasse l’impegno con i più vari pretesti adducesse scuse non di rado ridicole ci dormisse sopra indugiasse nicchiasse temporeggiasse procrastinasse persino sine die differisse magari alle calende greche puntasse i piedi resistesse con ogni mezzo negasse omettesse bluffasse mentisse insomma di andarci se ne guardasse bene un bel giorno senza preavviso ma anche questo è opinabile buongiorno! chi è? venne lei in persona grande e grossa e alta e agna da lui. Povero Étto. “. [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 181
A me comunque rileggiando qua e là i tuoi interventi (anche per capire se ho preso un granchio) pare che, nella tua posizione, ci sia un “pendolo”: o una minimizzazione (un manipolo di esaltati) o d’altra parte una massimizzazione (la strage è dovuta alla Repubblica francese, che ha pensato: “ah in fondo gli islamici non sono così diversi da noi”, e invece – argomenti Carlo – l’Islam attuale – valori, non sa cosa siano ecc.).
Che “siamo in guerra” pare qualcosa – davvero? – di assodato (?). Dall’11 settembre? Ci hanno attaccato… ci si difende, gli Usa hanno invaso un paio di Paesi sovrani (che cosa a distanza di anni ne vogliamo dire? c’è qualche altro governo di qualche altro Paese da “far saltare”?)… certo ci si difende, misure di sicurezza, ovvio, ci mancherebbe…
però a me pare di capire che il “siamo in guerra” sia una posizione che possa creare delle folli e razzistiche contrapposizioni – la penso proprio così. Dolore e sofferenze di innocenti. Diritti calpestati, mortificati, e proprio qua in Occidente che abbiamo riflettuto a lungo e con tanta capacità e intelligenza per dare forma a un mondo di “diritti”.
Non è proprio chiaro chi sia il “nemico” (ma certo: i terrorsti!). Che questo concetto si allarghi… troppo…
Apprendo dalla radio che sono stati uccisi i massacratori di disegnatori e correttori di bozze. Non sono contento. Le loro parole non usciranno dalle loro labbra, non hanno più speranza di “rivedere” ciò che hanno fatto. avrei desiderato per loro non la “eliminazione” , cioè l’esito di una “guerra” con la distruzione del nemico (parole tue, Carlo, mi dispiace). Avrei preferito giustizia. E, di nuovo, speranza. Per loro (per i massacratori di disegnatori), e per noi. Di capire, di capirli.
“ Torino, [1972] settembre – Al pomeriggio volevo andare a disegnare. Pensavo di andare sulla riva del Po e rifare, con precisione, quello che vedevo. Questa storia del disegnare ritorna ciclicamente, come simbolo di un limite interiore che non riesco a oltrepassare. E la letteratura? Si può osservarsi, ri-farsi, ma non, come sto facendo in questi giorni, con troppa libertà, casualmente, senza la sorveglianza di una forma, di una regola certa. Non si può ri-produrre il chiacchiericcio interiore così com’è, così come ci assilla. Io, comunque, invidio i pittori. L’ho pensato stamani, vedendo certe stampe di Dürer. Ho pensato: guarda questo, non ha fatto altro, tutta la vita, che stare con le mani impiastricciate, a dipingere, incidere, fare tanti giochini, anche molto garbati. Poi, nei secoli, hanno raccolto i suoi foglietti, i suoi giochini, e li hanno messi nei musei, e la gente – che sta nella merda – li va a vedere, va a vedere come passava il tempo un uomo tranquillo. E deve anche levarsi il cappello. Io, invece, non sono per niente tranquillo… “ [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 182
Volevo aggiungere Carlo, che la sottolineatura che fai sulle “fonti” del reclutamento di terroristi va a mio avviso nel “verso giusto” (anche se ri-sottolineo la presenza nel mondo terrorista di “ideologhi” e non solo non propriamente proletari o sottoproletari – si veda, per esempio, gli attentatoti alla metrò londinese).
Leggendo “La scelta di Said. Storia di un kamikaze” (S&K) mi imbatto in questo brano: “Uno degli aspetti drammatici che permettono di capire meglio il successo del terrorismo nel fare proseliti è lo stato di povertà e privazione in cui milioni di giovani al mondo sono costretti a vivere. Un modo pacifico per frenare questo fenomeno consiste nel migliorare le condizioni di vita di queste persone, aumentando lo sviluppo umano attraverso attività educative e creando legami sociali significativi, offrendo all’intera popolazione servizi sanitari ed educativi più efficaci. In poche parole, utilizzando le armi dei diritti e delle possibilità” (Damiano Rizzi, presidente di Soleterre).
Ciao Enrico, nel commento precedente convieni sulla “giustezza del verso” da me intrapreso, citando un beve estratto di “La scelta di Said. Storia di un kamikaze”. Ti ringrazio della nota di merito.
Buongiorno,
gli omicidi di Charlie Hebdo mi hanno fatto riflettere sul concetto di “censura” (come molti, suppongo).
Vorrei condividere ciò a cui ho pensato.
Il Sabatini-Coletti dà la seguente definizione: “Censura: Attività di controllo ideologico e morale dello Stato o della Chiesa sulle opere del pensiero”.
Se consideriamo “opere del pensiero” tanto le vignette di Charlie Hebdo quanto i video delle decapitazioni messe in atto dai terroristi, non è ambiguo lottare per la pubblicazione delle prime e non per la messa in onda dei secondi (fosse solo come monito della gravità degli eventi in corso)?
Con questo non voglio giustificare una cosa come la decapitazione di un essere umano, ma riflettere su quella che a me pare una censura tacitamente accettata per evitare turbamenti di/delle masse (mi riferisco ai video), in un contesto in cui viene condannata la censura in quanto tale.
Cordiali saluti.
8 gennaio 2015 alle 06:23
Di Igiaba Scego. Leggi tutto.
8 gennaio 2015 alle 09:06
Grazie! Cesare Burci
8 gennaio 2015 alle 09:41
Da buonista potrei sottoscrivere e starmene zitta, ma…
Sono d’accordo quasi su tutto, eppure non ho capito bene quale sia la soluzione per Igiaba Scego. Subire senza indignarsi è ovviamente impossibile e lo dismostra il suo stesso scritto; e distinguere i “buoni dai cattivi” sembra essere altrettanto difficile, quindi? Ci basiamo sui vestiti? Certo che no. Ma è proprio quella parte del discorso che mi ha fatto stropicciare il naso: “A ogni attentato – leggo – vorrei urlare e far capire alla gente che l’islam non è roba di quei tizi con le barbe lunghe e con quei vestiti ridicoli. L’islam non è roba loro, l’islam è nostro, di noi che crediamo nella pace. Quelli sono solo caricature, vorrei dire. Si vestono così apposta per farvi paura. È tutto un piano, svegliamoci”. Perché ho mi sono irrigidita? Perché sembra mi sembra una constatazione molto limitata. È ovvio che da noi i musulmani integrati, per non parlare di quelli di seconda generazione, in realtà per la maggior parte degli occidentali sono tali e quali a noi, anche perché li riteniamo meno “seguaci”; noi per primi, non seguiamo più il cristianesimo come un tempo. Ma sono stata in alcuni paesi musulmani (Egitto, l’intero Marocco e persino in Pakistan da Lahore a Islamabad fino al Kashmir) e “quei tizi” lì avevano tutti la barba lunga (molti tinta di rosso henné in omaggio a Maometto), e avevano tutti “quei vestiti ridicoli” che a me non sembravano ridicoli, ma semplicemente tradizionali. Di fatto non mi facevano nemmeno paura… E allora mi chiedo qual è il vero “Islam”? E con ciò non intendo chiedermi se è quello degli estremisti oppure quello dele vittime di questi ultimi. Ma mi chiedo se è davvero quello dei musulmani integrati in Occidente? Oppure è comunque quello di milioni di persone che vivono nei paesi islamizzati?
Di che cosa stiamo discutendo? Di due infiltrati oppure di un “problema” più grosso?
8 gennaio 2015 alle 10:06
“ Giovedì 8 gennaio 2015 – « Un liceale di Charleville »… Questa mi sembra di averla già sentita… “ [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 177 (?)
8 gennaio 2015 alle 10:08
Ma.Ma.: non mi pare che Igiaba Scego intenda proporre una “soluzione”.
Sta cercando di non farsi etichettare come “pericolosa”, di non far etichettare come “pericolosi” tutti gli islamici, in blocco. E’ facile prevedere che le forze europee razziste strumentalizzeranno questo fatto – come è loro abitudine – per fare di tutte l’erbe un fascio.
Tu scrivi:
E qui direi due cose.
La prima: non si potrebbe dire, invece, il contrario? Oggi i cristiani non bruciano più gli eretici, non indicono più guerre di religione sotto l’alta guida del papa, eccetera: non potremmo dire che oggi “seguiamo il cristianesimo” di più che “un tempo”? (Anche se il desiderio di potere, soprattutto nella chiesa-istituzione, è ben difficile da estirpare).
La seconda (più ipotetica, e paradossale): se gli islamici che tu descrivi come “tali e quali a noi” sono – per parallelismo con quello che dici dei cristiani – quelli che non seguono più l’islam come un tempo, ne consegue che esisterebbe qualcosa come un “vero islam”, o un “islam originario”, caratterizzato dalla violenza e dal terrorismo; gli islamici che si “integrano” sarebbero quelli che lo seguono meno. Quindi l’islamico buono è l’islamico de-islamizzato.
8 gennaio 2015 alle 10:43
Giulio, in effetti quella che tu evidenzi è la parte con la quale concordo. In merito alla soluzione, mi riferivo alla sua ultima frase che ha il sapore di un consiglio risolutivo: “L’Europa potrà fermare la barbarie solo se i suoi cittadini saranno uniti in quest’ora difficile.” Una cosa è non demonizzare una “categoria”, un’altra cosa è fermare questa “guerra”.
In merito alle tue osservazioni sull’essere cristiani oggi più di ieri: sì, la penso anch’io così. E in questo senso intendo ancor di più dire che penso anch’io che la comprensione di questo contesto si presti a più punti di vista. Ma questo vorrebbe dire che i cristiani di ieri, non erano cristiani? Parliamo di credere in Dio e assecondare dei valori etici (ciò che faccio da buona cristiana) oppure seguire i dettami ecclesiastici (di cui solitamente mi curo poco)?
Alla seconda cosa rispondo, sì. Più o meno. Ma toglierei termini come “vero” e “originario” per sostituirli con termini diversi che al momento non riesco a riassumere con una sola parola, ma fa la distinzione tra un Islam che concede più libertà di pensiero ai suoi seguaci e che quindi lascia correre un po’, rispetto a un Islam più “medievale”, costrittivo. Infondo il processo di occidentalizzazione non crea distinzioni tra buono e cattivo, ma principalmente tra liberi e “oppressi”. Secondo me.
8 gennaio 2015 alle 10:46
per “in fondo” e altri errori mi scuso: scrivo sempre di getto. PS: come si fa a inserire le citazioni?
8 gennaio 2015 alle 11:33
Faccio una gran fatica a pensare razionalmente (in definitiva: a pensare) attorno a questa cosa. Perché prendersi la briga di usare un commando addestrato (mica erano dilettanti, no?) per fare strage di una dozzina di giornalisti e vignettisti tutto sommato innocui? (Mica penserete che sia stata la satira a togliere Andreotti, Craxi, Forlani, Berlusconi e, tempo fa, Hitler, Mussolini, Stalin, Francisco Franco ecc., dai loro scranni?). E’ un ulteriore avvertimento? E’ un allenamento, un esercizio, della “cellula” che deve stare sempre all’erta? L’economia francese va bene, mi dicono persone informate, e la Francia non ha dato il suo placet alle operazioni militari USA/ONU in Asia. Il prezzo del greggio, in un solo anno, è più che dimezzato: ci han guadagnato subito gli USA (impennata del PIL) e Putin, col suo metano, deve stare più mite. Ma sappiamo anche che i paesi arabi, da decenni, pagano la pace interna regolando il prezzo del barile (e il mercato del petrolio non segue rigorosamente la legge della domanda e dell’offerta, per ragioni facilmente intuibili). La “primavera araba”, credo, ha temporaneamente interrotto la possibilità di attuare questo scambio tra “prezzo del petrolio” e “pace interna”. Allora per riprendersi questo potere si “stuzzicano” le cellule di estremisti presenti nei paesi occidentali, così che ne nasca un terrore di natura ideologica (contrapposizione di civiltà, ecc.)? O è solo un casuale concorso di circostanze? Io non sono uno storico, un economista e men che meno un futurologo. Però scommetterei che se tornassimo a pagare il barile qualche 20% o 30% in più, le acque si cheterebbero. Non per sempre, certo, perché l’estremismo esiste e tende ad agire indipendentemente dalla necessità di sfruttarlo che talune lobby potrebbero avere. Insomma, per concludere (e ben lontano dalla convinzione di aver chiarito le idee altrui), non vedo un disegno: ne vedo molti, alcuni contrastanti, alcuni convergenti. Non credo al “grande complotto”. E vedo una truppa di allenatissimi utili idioti pronti a morire, e dunque a uccidere, per la causa.
8 gennaio 2015 alle 11:37
“””L’economia francese va bene, mi dicono persone informate, e la Francia non ha dato il suo placet alle operazioni militari USA/ONU in Asia.””
“hat?? economia francese che va bene?ma proprio NO-
“la Francia no ha dato il suo placet alle operazioni in “Asia”?(medio oriente,ndr)
Ma invece si,la francia è in azione in medio oriente con cdn,usa,gb
Davvero non si capiscpno certe affermazioni
8 gennaio 2015 alle 11:38
Concordo, Giulio. Conosco ragazzi rifugiati pakistani e di ogni parte dell’Africa scappati anche dai conflitti di religione. Hanno religioni diverse, ma hanno anche rispetto gli uni verso gli altri e convivono in armonia. A scuola alcuni dei loro figli osservano i divieti imposti dalla religione islamica, ma frequentano l’ora di religione cattolica perché i genitori sono convinti che i valori cattolici siano validi come quelli islamici. Prima di chiederci chi siamo, bisognerebbe, quindi, chiederci chi sono e per conto di chi agiscono questi professionisti della paura e dell’odio. Paura e odio sono sentimenti facili da veicolare e ci obbligano, nostro malgrado, a fare la scelta di stare dall’una o dall’altra parte; di erigere barriere tra noi e l’altro; il nemico. E a guadagnarci sono solo i signori della guerra.
8 gennaio 2015 alle 12:39
“Allahu akbar”. Ho sentito due volte ieri gridare queste parole.
La prima, dal vivo, al matrimonio a Trento di due giovani marocchini. Lo sposo, oggi ventisettenne, ha cominciato a quattordici anni una storia di migrante che solo Dickens potrebbe raccontare. Ora finalmente sta raggiungendo orizzonti più sereni grazie alla sua determinazione e all’impegno di persone e istituzioni. Ha ricevuto in dono, fra l’altro, una copia della Costituzione italiana. Durante il rinfresco un’amica si è avvicinata alla sposa e ha intonato una breve litania in arabo conclusa con un gioioso e beneaugurante “Allahu akbar”. Ho condiviso quella gioia e lo spirito dei quell’augurio.
La seconda, attraverso i media, nelle strade di Parigi.
Credo che per non imboccare strade pericolose, e purtroppo già sperimentate nella storia recente e passata, si debba con pazienza e tenacia andare alle radici delle rabbie e delle paure delle persone. Ma anche a quelle dei sogni.
Ieri sera andando a letto ho lasciato mio figlio alle prese con la conclusione del libro “Non dirmi che hai paura” in cui Giuseppe Catozzella racconta la storia di Samia, la giovane atleta che, lungo le rotte dei migranti, dalla Somalia voleva andare alle Olimpiadi di Londra del 2012. Samia non ce l’ha fatta: è annegata nel Mediterraneo. Ma il suo sogno è rimasto. E brava l’insegnante che ha dato questa lettura come compito per le vacanze.
Dalle sue narrazioni ho conosciuto un po’ le rabbie, le paure e i sogni del mio amico marocchino. Quali sono, invece, le rabbie, le paure e i sogni dei terroristi di Parigi? Da lì dobbiamo cominciare per evitare che i sogni dei giovani siano contaminati da rabbie e paure. E da chi le cavalca.
8 gennaio 2015 alle 13:17
C’è una cosa che non mi quadra. Dal racconto dei testimoni e dalla ricostruzione dell’azione terroristica non emerge, mi pare, un profilo di due “killer professionisti”, o “ben addestrati”, né che l’azione fosse pianificata nei dettagli (pare che abbiano sbagliato il civico, poi hanno trovato la redazione; il complice al volante ha lasciato sull’auto una carta d’identità, e così è stato identificato).
L’idea che mi sono fatto è che tre-quattro trentenni, tornati dalla Siria dove si erano ben impratichiti con armi e ammazzamenti, hanno deciso di fare una strage (rispondendo all’appello di Al-Qaida, forse, che qualche settimana fa esortava i “lupi solitari” a compiere attentati).
L’ipotesi che siano appunto dei “killer professionisti”, “ben addestrati” e che tutto abbia seguito una logica militare, mi sembra sortisca un effetto, più o meno cercato, di vaga rassicurazione.
L’ipotesi che siano quattro tipi qualunque tornati dalla Siria, oltre che più verosimile, mi sembra molto meno rassicurante.
Per il resto, sono in totale accordo con l’autrice del pezzo.
8 gennaio 2015 alle 13:38
RobySan, scrivi:
Ci sono, credo, due possibili risposte.
1. E’ una strategia della tensione. Da ieri un certo numero di cittadini francesi (per parlare solo dei francesi) di tradizione cristiana o postcristiana sono convinti che i cittadini francesi di tradizione islamica e gli immigrati di tradizione islamica siano (diventati) pericolosi. Questi cittadini francesi di tradizione cristiana o postcristiana voteranno, alle prossime elezioni, per un partito razzista. Se il partito razzista conquisterà sufficiente potere, ci saranno provvedimenti tali da mandare in bestia i cittadini francesi di tradizione islamica e gli immigrati di tradizione islamica. Conflitto. Periferie che esplodono.
2. Charlie Hebdo è una rivista orrenda, piena di oscenità e di insulti verso tutte le religioni (cattolica inclusa). Questi qui sono convinti che il vero Male non è tanto il peccato (vabbè, tutti pecchiamo, ecc.) ma la bestemmia.
Risposta aggiuntiva: forse Charlie Hebdo era un obiettivo facile.
(E: condivido le obiezioni di Ludovico).
8 gennaio 2015 alle 14:08
Le affermazioni sull’andamento dell’economia francese ecc. non sono “mie”. Le riporto tali e quali, come sono state fatte a me. E cospicui elementi a riprova o a confutazione non ne ho, colpevolmente, cercati.
Che sia una “strategia della tensione” è ovvio. Ma il punto è: gestita da chi? E’ accaduto ora come poteva accadere in qualsiasi momento, e non c’è un vero e proprio “piano militare” sotto, oppure chi è pronto ad agire (e per agire così, un po’ di pratica ci vuole!) viene tenuto in “quiescenza” e innescato in certi momenti considerati topici?
Charlie Hebdo era un obiettivo sul quale era facile scaldare l’animo di chi scalpita per sparare, era facile “militarmente”, ecc. Che il fatto aggreghi xenofobi e destra è altrettanto scontato, purtroppo. Però non posso (non riesco a) pensare che sotto il tutto vi sia un complotto del tipo: scateniamo questi quattro gatti e così ne trarremo vantaggio alle prossime elezioni. Mi vien difficile vederla così. Mi sembra troppo difficile da tenere sotto controllo.
@Ludovico: non si capiscono solo le affermazioni da lei evidenziate o nemmeno le altre? Perché comincio ad avere dubbi sulla mia capacità di esprimermi in modo adeguato.
8 gennaio 2015 alle 14:37
Vero, rivista orrenda. Come quasi tutti provo orrore per la bestialità e l’assassinio e sincera compassione per quei poveracci, ma provo tuttavia una certa noia rispetto alla satira e al laicismo sventolati come bandiera e presentati come valori (“sono degli eroi!”). La satira viene meno in un mondo dove il potere si compiace di prendersi in giro da solo e risulta futile nei confronti delle confessioni. D’altro canto le vicende del mondo occidentale sono regolate da un soggetto indecifrabile di cui ci è dato conoscere le pretese, peraltro arroganti, ma di cui non si conoscono né obblighi, né responsabilità: il Mercato, una vera e propria divinità inaccessibile; come possiamo dirci laici? Duecento anni di illuminismo dissolti “come lacrime nella pioggia”. Je suis Charlie (?). Je suis pas Charlie.
8 gennaio 2015 alle 16:16
Tra Natale e Capodanno ho trascorso alcuni giorni a Parigi. Nelle stazioni del mètro c’erano soldati in tuta mimetica con il mitra imbracciato. Me ne sono meravigliato, c’ero stato nel 2010 e non ricordo un simile dispiegamento. Questo vuol dire una cosa evidente, che le autorità francesi si aspettavano un attentato, ma non certo contro gli sfortunati redattori e i vignettisti di un giornale satirico dai contenuti di cui non desidero discutere.
Ora, mi capita anche spesso, ma per altri motivi, di recarmi a New York e di trovarla permanentemente presidiata. E so per certo che in quel paese una satira del genere, per una sorta di tacito patto fra stampa e autorità, non viene pubblicata. E il motivo è semplice: sanno di essere in guerra. Mentre noi europei, malgrado le stragi di Londra e Madrid, lo ignoriamo o facciamo finta di niente.
Quando sei in guerra i fatti sono due. O distruggi il tuo nemico oppure, se non ci riesci, fai il Quinto Fabio Massimo.
La responsabilità di questo massacro, dunque, per me ricade sulle autorità della Republique che, al pari di una parte dell’Occidente, si ostina a ritenere che l’Islam attuale abbia una cultura che sui principi di fondo non sia dissimile dalla nostra. Non è così, l’Islam attuale quei principi non ce li ha ( e non entro nel merito se sia giusto o meno). Non ce l’ha perchè il mondo islamico non concepisce che Maometto possa essere disegnato nudo, con la tanica in pugno e una torcia nell’altro mentre, nell’uscire di casa dice alla moglie: “cara, stasera faccio tardi”. E non lo concepiremmo neppure noi, se andiamo a guardare le cose con acutezza. Provatevi a immaginare che effetto sortirebbe nelle menti di una massa di un miliardo di persone che vivesse in condizioni di povertà e oppressione sociale e scorgesse in edicola una vignetta di Gesù dal contenuto blasfemo. Chinerebbero il capo, certamente, ma i più esaltati non esiterebbero a imbracciare le armi, secondo modalità atroci in misura proporzionale a quella oppressione e a quella povertà. Possibile dunque che non lo comprendiamo? possibile che li trattiamo (per fortuna solo in rarissime occasioni) come spunto per barzellette? e possibile che non sappia o non se ne renda conto proprio chi si avventura su sentieri così impervi?
No, non ce ne rendiamo conto, perchè di questa gente ignoriamo tutto. E ne adduco una prova.
Da alcuni anni sono in contatto con gli operatori di una ong internazionale che opera nei territori palestinesi, con sede nella ex Gerusalemme Est. Mi confidarono che a Gerusalemme Est non si riesce a dormire, per il semplice motivo che alle due di notte si leva il lamento dei muezzin dai minareti. Incitano i fedeli ad accorrere alla preghiera delle sette del mattino, per cinque ore. Ma c’è un problema, lo fanno con degli altoparlanti a tutto volume.
8 gennaio 2015 alle 16:44
“ 3 settembre 1974 – eppure giurerei / che a strizzarti / la poppa / o furba LIBERTÉ / ti colerebbe / una lacrima / di MADONNA / a filo a piombo / sulla barricata. (Misogallica) “. [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 178
8 gennaio 2015 alle 21:54
Fanno tenerezza le carte d’identita’ dei terroristi. Spuntano sempre fuori al momento meno opportuno. L’11 settembre 2001 dimostro’ la natura davvero miracolosa di questi foglietti. In quel caso scamparono alle vampe dell’incendio scaturito dalla collisione del boing con una delle torri. Qui il documento e’ stato tranquillamente dimenticato nell’auto utilizzata per l’attentato. Immaginare dei terroristi che girano mascherati e con la carta d’identita’ in tasca e’ piuttosto buffo, ma bisogna arrendersi all’evidenza. Si spera siano arrestati e possano parlare. Di solito muoiono opponendo resistenza.
9 gennaio 2015 alle 11:58
… sineddoche: è morto un correttore di bozze mentre lavorava, in redazione: sì, je suis Charlie…
Anche se… non so se anche a voi dava già una sottile inquietudine “siamo tutti americani” dopo l’11 settembre… ma si capisce, no, cosa vuol dire? Non ci identificavamo con George W. Bush (almeno, non io)… essere dalla parte delle vittime indifese, essere con loro, ci hanno ucciso “con loro” (sugli aerei, sulle Torri, a Parigi)… non riusciamo a non “metaforizzare”. Ed è un bene. anche quando si dice: “Non in mio nome”, si metaforizza, ed è chiaro, e va detto. L’abbiamo detto (l’ho detto) quando “noi” si invadeva l’Iraq…
no, Carlo: non parlare per favore dell’ “Islam attuale” come se fosse un tutt’uno monolitico, senza valori, criminale. Per fa-vo-re.
“Di questa gente ignoriamo tutto”. Non è vero. Sono i nostri vicini di casa. Letteralmente. Ci sono analisi, libri, loro parlano, loro sono diversi, gli uni dagli altri, le loro storie, i loro valori… è anche vero che il variegato mondo islamico (dilaniato al proprio interno) ha – a mio avviso – un problema almeno uno di “evoluzione civile e spirituale” (e deve interrogarsi su temi come la violenza, la vendetta, il trattamento di chi viene considerato “eretico”, le donne, l’arte, la divisione tra potere laico e religioso…). Si lavora insieme forse perché questa evoluzione ci sia (si tratta di qualcosa che non riguarda “la guerra”, ma concerne, vedi, la cultura e il dialogo).
ancora Carlo. No. Mi pare che l’idea che il kalashinikov sia degli “oppressi” non funzioni. Storicamente, non funziona. Bin Laden, era un “oppresso”? Discutibile no?
9 gennaio 2015 alle 14:45
Enrico, scrivi: “no, Carlo: non parlare per favore dell’ “Islam attuale” come se fosse un tutt’uno monolitico, senza valori, criminale. Per fa-vo-re.”
Se leggi bene il mio commento non ho affatto parlato dell’Islam attuale come un mondo monolitico senza valori o addirittura criminale. Per l’amor del cielo!, caro Enrico, non mettermi in bocca cose che NON HO SCRITTO.
Mi spiego meglio. Ho detto che lo stato di miseria e di oppressione sociale che milioni e miloni di islamici patiscono nei loro paesi di appartenennza fomenta le scelleratezze di sparuti gruppi criminali, presenti in quei paesi, che adescando gli islamici scontenti e/o emarginati dei paesi occidentali (una frangia anch’essa minimale) per azioni bastarde e insensate.
l’Islam gode del mio grande rispetto – chiariamoci bene, specie di questi tempi – ma un’analisi delle sue condizioni attuali – nient’affatto votate alla morte altrui, lo ripeto per la seconda volta – porta a concludere che nell’evo moderno esiste una profonda diversità tra noi e loro. Il che non vuole dire che noi siamo migliori di loro e che essi addirittura non avrebbero valori. (Se Giulio volesse aprire un post specifico, sarei lieto di discutere dell’andamento sinusoidale dei rapporti fra potere civile e potere religioso dei popoli sumerici, mesopotamici, egiziani, di fede ebraica e infine di quelli cristiani, degli ultimi due millenni).
No, Enrico, diciamo che mi sono spiegato male, dai. Altrimenti si accenderebbe una polemica che proprio con te non desidero aprire, anche perchè sto per recarmi in aereoporto e devo: avviarmi TRE ore prima da casa, togliermi scarpe, cintura, giacca, cravatta, portafoglio, cellulare, chiavi, spesso l’orologio, quindi passare per un metal detector che a volte non ci azzecca e dunque venir sottoposto a perquisizione corporale (successo a JFK, a Hethrow e Berlino), non senza dimenticare che in USA adesso ti pigliano pure le impronte digitali. E cazzarola tutto questo lo devo a quella piccola masnada di esaltati sanguinari, NON CERTO al miliardo e mezzo di musulmani nel mondo. E bada bene, la mia “lamentazione” non riguarda il disturbo per tutto quanto ho descritto, rischierei di passare per uno snob infastidito dalle contingenze, il mio sdegno va, AMICHEVOLMENTE, verso quanti o non capiscono o si ostinano a non ancora capire l’oggetto del contendere. Insomma, caro Enrico, io non so se tu viaggi spesso, pigliando l’aereo, ma chi lo fa – e soprattutto è un attento osservatore della realtà, non irretito da consuetudini dai più vissute ” come un’ormai noiosa routine” – chi prende speso l’aereo, dicevo, se ne accorge benissimo che siamo in guerra!! in guerra contro un piccolo esercito di feroci sanguinari che nulla hanno a che fare con miliardi di islamici dalla rispettabilissima cultura MILLENARIA.
Un abbraccio e mi scuso con Giulio per alcune maiuscole.
PS capirai che prendere l’aereo in questi giorni a qualche triste pensierino direi che induce.
9 gennaio 2015 alle 14:49
Aggiunta a “E cazzarola tutto questo lo devo a quella piccola masnada di esaltati sanguinari, NON CERTO al miliardo e mezzo di musulmani nel mondo”.
Mi è rimasto nella penna il finale della frase. Ecco come andava scritto
E cazzarola tutto questo lo devo a quella piccola masnada di esaltati sanguinari, NON CERTO al miliardo e mezzo di musulmani nel mondo. Lo so bene, sai?
9 gennaio 2015 alle 15:27
“ 26 luglio 1984 – Per quanto Maometto evitasse di andare alla Montagna prendesse tempo si dicesse che non c’era tutta questa fretta rimandasse l’impegno con i più vari pretesti adducesse scuse non di rado ridicole ci dormisse sopra indugiasse nicchiasse temporeggiasse procrastinasse persino sine die differisse magari alle calende greche puntasse i piedi resistesse con ogni mezzo negasse omettesse bluffasse mentisse insomma di andarci se ne guardasse bene un bel giorno senza preavviso ma anche questo è opinabile buongiorno! chi è? venne lei in persona grande e grossa e alta e agna da lui. Povero Étto. “. [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 181
9 gennaio 2015 alle 18:12
ciao Carlo, nessuna polemica; discussione.
A me comunque rileggiando qua e là i tuoi interventi (anche per capire se ho preso un granchio) pare che, nella tua posizione, ci sia un “pendolo”: o una minimizzazione (un manipolo di esaltati) o d’altra parte una massimizzazione (la strage è dovuta alla Repubblica francese, che ha pensato: “ah in fondo gli islamici non sono così diversi da noi”, e invece – argomenti Carlo – l’Islam attuale – valori, non sa cosa siano ecc.).
Che “siamo in guerra” pare qualcosa – davvero? – di assodato (?). Dall’11 settembre? Ci hanno attaccato… ci si difende, gli Usa hanno invaso un paio di Paesi sovrani (che cosa a distanza di anni ne vogliamo dire? c’è qualche altro governo di qualche altro Paese da “far saltare”?)… certo ci si difende, misure di sicurezza, ovvio, ci mancherebbe…
però a me pare di capire che il “siamo in guerra” sia una posizione che possa creare delle folli e razzistiche contrapposizioni – la penso proprio così. Dolore e sofferenze di innocenti. Diritti calpestati, mortificati, e proprio qua in Occidente che abbiamo riflettuto a lungo e con tanta capacità e intelligenza per dare forma a un mondo di “diritti”.
Non è proprio chiaro chi sia il “nemico” (ma certo: i terrorsti!). Che questo concetto si allarghi… troppo…
Apprendo dalla radio che sono stati uccisi i massacratori di disegnatori e correttori di bozze. Non sono contento. Le loro parole non usciranno dalle loro labbra, non hanno più speranza di “rivedere” ciò che hanno fatto. avrei desiderato per loro non la “eliminazione” , cioè l’esito di una “guerra” con la distruzione del nemico (parole tue, Carlo, mi dispiace). Avrei preferito giustizia. E, di nuovo, speranza. Per loro (per i massacratori di disegnatori), e per noi. Di capire, di capirli.
10 gennaio 2015 alle 05:09
“ Torino, [1972] settembre – Al pomeriggio volevo andare a disegnare. Pensavo di andare sulla riva del Po e rifare, con precisione, quello che vedevo. Questa storia del disegnare ritorna ciclicamente, come simbolo di un limite interiore che non riesco a oltrepassare. E la letteratura? Si può osservarsi, ri-farsi, ma non, come sto facendo in questi giorni, con troppa libertà, casualmente, senza la sorveglianza di una forma, di una regola certa. Non si può ri-produrre il chiacchiericcio interiore così com’è, così come ci assilla. Io, comunque, invidio i pittori. L’ho pensato stamani, vedendo certe stampe di Dürer. Ho pensato: guarda questo, non ha fatto altro, tutta la vita, che stare con le mani impiastricciate, a dipingere, incidere, fare tanti giochini, anche molto garbati. Poi, nei secoli, hanno raccolto i suoi foglietti, i suoi giochini, e li hanno messi nei musei, e la gente – che sta nella merda – li va a vedere, va a vedere come passava il tempo un uomo tranquillo. E deve anche levarsi il cappello. Io, invece, non sono per niente tranquillo… “ [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 182
10 gennaio 2015 alle 14:33
Volevo aggiungere Carlo, che la sottolineatura che fai sulle “fonti” del reclutamento di terroristi va a mio avviso nel “verso giusto” (anche se ri-sottolineo la presenza nel mondo terrorista di “ideologhi” e non solo non propriamente proletari o sottoproletari – si veda, per esempio, gli attentatoti alla metrò londinese).
Leggendo “La scelta di Said. Storia di un kamikaze” (S&K) mi imbatto in questo brano: “Uno degli aspetti drammatici che permettono di capire meglio il successo del terrorismo nel fare proseliti è lo stato di povertà e privazione in cui milioni di giovani al mondo sono costretti a vivere. Un modo pacifico per frenare questo fenomeno consiste nel migliorare le condizioni di vita di queste persone, aumentando lo sviluppo umano attraverso attività educative e creando legami sociali significativi, offrendo all’intera popolazione servizi sanitari ed educativi più efficaci. In poche parole, utilizzando le armi dei diritti e delle possibilità” (Damiano Rizzi, presidente di Soleterre).
12 gennaio 2015 alle 20:47
Ciao Enrico, nel commento precedente convieni sulla “giustezza del verso” da me intrapreso, citando un beve estratto di “La scelta di Said. Storia di un kamikaze”. Ti ringrazio della nota di merito.
1 giugno 2015 alle 17:08
Buongiorno,
gli omicidi di Charlie Hebdo mi hanno fatto riflettere sul concetto di “censura” (come molti, suppongo).
Vorrei condividere ciò a cui ho pensato.
Il Sabatini-Coletti dà la seguente definizione: “Censura: Attività di controllo ideologico e morale dello Stato o della Chiesa sulle opere del pensiero”.
Se consideriamo “opere del pensiero” tanto le vignette di Charlie Hebdo quanto i video delle decapitazioni messe in atto dai terroristi, non è ambiguo lottare per la pubblicazione delle prime e non per la messa in onda dei secondi (fosse solo come monito della gravità degli eventi in corso)?
Con questo non voglio giustificare una cosa come la decapitazione di un essere umano, ma riflettere su quella che a me pare una censura tacitamente accettata per evitare turbamenti di/delle masse (mi riferisco ai video), in un contesto in cui viene condannata la censura in quanto tale.
Cordiali saluti.