Il signor Jourdain, protagonista della commedia di Molière Il borghese gentiluomo, è – per tutti noi che cerchiamo di insegnare a scrivere e a narrare, un vero mito. Un nume tutelare. L’esempio perfetto dell’allievo impossibile (e del maestro intollerabile). Il signor Jourdain è un borghese arricchito, che vuole assumere modi da “gentiluomo”. Perciò si riempie la casa di insegnanti: maestro di musica, maestro di danza, maestro… di filosofia, ovvero di tutti i saperei umanistici. E che cosa succede? Leggete qua:
Signor Jourdain: Devo farle una confidenza. Sono innamorato di una dama dell’aristocrazia, e vorrei che lei mi aiutasse a scriverle qualcosa in un bigliettino – che le lascerò cadere ai piedi.
Maestro di filosofia: Benissimo.
Signor Jourdain: Qualcosa di galante, naturalmente.
Maestro di filosofia: Certo. Volete scriverle qualche verso?
Signor Jourdain: No, no, per carità. Niente versi.
Maestro di filosofia: Soltanto prosa?
Signor Jourdain: No: non voglio né prosa né versi.
Maestro di filosofia: Bisogna pure che sia uno dei due.
Signor Jourdain: E perché?
Maestro di filosofia: Perché, signore, per esprimerci possediamo soltanto la prosa e i versi.
Signor Jourdain: Soltanto la prosa e i versi?
Maestro di filosofia: Proprio così. Tutto ciò che non è prosa, è versi; e tutto ciò che non è versi, è prosa.
Signor Jourdain: E… quando si parla, che cos’è?
Maestro di filosofia: Prosa.
Signor Jourdain: Ma allora? Quando dico: «Nicoletta, portami le pantofole e il berretto da notte», è prosa?
Maestro di filosofia: Sì, signore.
Signor Jourdain: Per mille diavoli! Sono più di quarant’anni che parlo in prosa, e nessuno mi aveva mai avvertito.
26 settembre 2014 alle 14:48
Piacevolissima lettura. Purtroppo il Signor Jourdian è un universale assai poco fantastico.
26 settembre 2014 alle 15:06
Eppure, una terza via deve pur esistere. “Prosa o poesia?” mi ricorda il “cozza o merluzzo?” di melvilliana memoria. Cercare, cercare! Altro ci deve pur essere. E’ urgente. Diamoci da fare qualcosa per trovare.
26 settembre 2014 alle 15:11
Prosimetro, RobySan, o non vale?
26 settembre 2014 alle 15:26
Be’, c’è il silenzio.
Né versi né prosa.
(Ma sì, c’è ovviamente anche un silenzio prosastico e un silenzio poetico all’occasione, ma non conta.)
26 settembre 2014 alle 15:47
Per tacere del silenzio prostatico.
(Certamente praticato dall’uomo delle pantofole e del berretto da notte).
26 settembre 2014 alle 15:48
“ Venerdì 13 dicembre 1996 – « Prosaico – La poesia è nobile e bella. Ma anche la prosa è altrettanto nobile e bella. Però “ poetico “ è un aggettivo positivo, mentre “ prosaico “ è negativo: sul dizionario dei sinonimi è addirittura paragonato a banale, pedestre, meschino, volgare. Che cosa gli ha fatto di male la prosa al nostro linguaggio, per meritarsi tutta questa antipatia? Eppure, quando parliamo, non ci esprimiamo in versi: parliamo in prosa. Siamo quindi banali, meschini? D’ora in avanti userò “ prosaico “ per dire nobile, fluente, maestoso, E “ poetico “ per intendere misero, meschino, striminzito. Oppure cambierò la desinenza dei vocaboli: siccome “ etico “ è bello e “ aico “ sprezzante, inventerò “ prosetico “ e “ poesaico “. » (Luca Goldoni, Diario blu, 1995) “.
26 settembre 2014 alle 15:49
P.s. Ho perso il conto, ma credo che fosse La s-formazione dello scrittore / 13
26 settembre 2014 alle 18:23
Non credo che il prosimetro conti come terza via: è prosa e versi, ma separatamente: il verso rimane verso, la prosa rimane prosa.
Non sarei così sicuro, invece, sulla natura de Il Fuoco di D’Annunzio.
27 settembre 2014 alle 09:08
LiveALive, terza via come compromesso.
27 settembre 2014 alle 12:22
Sospiro e mugugno?