di Hélinand de Froidmont (tr. gm)
1.
Oh morte, mi hai messo nel secchio
a far la purga del mondo in eccesso:
tu sventoli su tutti la tua mazza,
ma vedo che nessuno cambia pelle
né smette i suoi usi e costumi.
Ti teme, oh morte, solo il saggio:
tutti corrono al proprio danno
e chi non sa correre, rotola.
Per questo ho cambiato il mio cuore
e ho abbandonato giochi e lazzi:
non asciugarsi dopo il bagno, è da pazzi.
2.
Oh morte, da chi canta l’amore
e di vanità si vanta, va’; a nome mio
insegnagli a cantare
come quelli che ti incantano:
quelli che fuori dal mondo si ràdicano,
così che tu non possa sradicarli.
Quelli che ti cantano, oh morte,
con un canto gravido di timor di Dio,
tu non sai incantarli:
il cuore che dà un tal frutto,
lo dico in verità,
nessuna tua lusinga lo sradicherà.
(continua) (vedi il testo originale)
20 agosto 2014 alle 08:04
Grazie, Giulio.
Molto belli, questi versi.
20 agosto 2014 alle 08:23
” 1978, dicembre – la morte occidentale / è accidentale o no? “.
20 agosto 2014 alle 10:09
acabarra, posso chiedere perchè da un po’ ingrassetti parole qua e là?
20 agosto 2014 alle 11:12
bella questa fiducia di manu nella lenta discesa della maschera di acabarra59: che – qualche commento e post fa – non seppe resistere (commovente, a suo modo): un refuso del suo diario la (o lo) condusse a tralignare, a… comunicare con altri… e la poesia… medievale! (non ho resistito a facili foniche rispondenze). E devo dire, Acabarra, che il bel gioco tra occidentale, e accidentale, del settantotto, rischia di suscitare una metafisica ola…
20 agosto 2014 alle 11:19
Post scriptum. A me sembra che la lirica corrisponda precisamente ai sentimenti dello scrivente, o meglio: lo scrivente deve aver pur parlato dei suoi sentimenti (della morte), qui (forse anche altrove), a meno che non vi sia DEL TUTTO uno scrivente… come sostengono alcuni strutturalisti radicali del Quartiere Latino… per cui lo scrivente “viene scritto” e non propriamente “scrive”.
20 agosto 2014 alle 11:48
La morte è semplice,
il difficile è morire.
(Massima Jedi)
20 agosto 2014 alle 12:20
manu, perché sei così curiosa del perché delle marcature nel testo? : ))
20 agosto 2014 alle 13:23
Perchè in qualunque secolo l.uomo ha sempre avuto (ed ha) l urgenza di rappresentare la morte di descriverla come contrapposta alla vita , quando, credo, paradossalmente è un atto ,benchè l ultimo, della vita.
Certo rappresenta il confine che oltrepassato non consente ritorno, il confine verso il quale in massa avanziamo con un grado diverso di consapevolezza.E’ questo confine che ( al saggio di Elinondo in misura maggiore?) ci fa interrogare sul senso della vita.Benché scritti da un frate in un monastero del 1200 trovo in questi versi anche uno sguardo disincantato e ironico.
20 agosto 2014 alle 13:42
Acabarra da tempo cerca di usare i grassetti, senza riuscirci. Qualche giorno fa mi ha domandato come si fa, e gli ho spiegato.
20 agosto 2014 alle 13:44
“ 21 luglio 1992 – C’è da dire che questo che scrivo è un diario sui generis. Nei diari della tradizione leggi la vita dell’autore. « Oggi ho comprato un libro », « Ierisera sono stato a cena con… », etc. Io non scrivo niente di me se non considerazioni molto retrospettive. Il mio diario è molto reticente. E soprattutto molto ambiguo. Rimane l’idea originaria dei neretti che è un calcare su una parola che vuole essere « chiave ». Dato che ogni piccolo testo ambisce (o accetta) di essere fondamentalmente « ermetico ». (Questo diario è nato come esercizio di ascolto ed ha mantenuto questa caratteristica essenziale) “.
20 agosto 2014 alle 14:07
Scusa, acabarra, dato che siamo in tema.
Io leggo con piacere quasi tutti i tuoi testi, però proprio, devo dirti, che mi viene una mezza sincope cogli spazi tra i caporali, « una mezza sincope ». Di sicuro è colpa del programma di scrittura, che spazia dove non deve, ma si può rimediare con un Trova/sostituisci automatico…
Scusa.
20 agosto 2014 alle 14:49
“ Mercoledì 20 agosto 2014 – Siamo uomini o caporali? Mah. Boh. Io non so. Io sono uno che non ha fatto il militare – per puro caso, per via di una legge, io, per me, l’avrei anche fatto. E tuttavia: « 18 novembre 1991 – Io non ho fatto il militare. Però ho fatto il giornalista. ». [*]
[*] Chiedo venia per gli spazi. Il fatto è che a me piace largheggiare.
20 agosto 2014 alle 16:38
Siamo ballerini.
20 agosto 2014 alle 17:01
” Venerdì 21 giugno 1996 – Quando il meraviglioso ballerino di flamenco parla, ha una voce chioccia, ridicola, di anatroccolo che non diventerà mai cigno. La qualcosa conferma che: nobody’s perfect. “.
20 agosto 2014 alle 17:12
Siamo caporali? Ma no. Siamo quello che c’è nel mezzo, la citazione.
Dell’Autore non sappiamo con sicurezza niente.
Neppure se è.
20 agosto 2014 alle 19:30
Infatti quando parlo o scrivo cito continuamente qualcuno, ma non so chi.
20 agosto 2014 alle 20:14
Mi piacciono molto questi versi e non è neppure semplice scrivere su un soggetto come la “morte”. Da sempre è vero che ne è stato scritto, ciascuno con i propri mezzi, ionia, paura, interrogazioni sul senso, ma non sono molti quelli che arrivano a toccare certe corde nell’anima.
20 agosto 2014 alle 20:22
“ 28 maggio 1993 – « Tornano le stragi / Morte a Firenze » (Corsera), « Morte a Firenze / Tornano le stragi » (Repubblica) “.
20 agosto 2014 alle 21:45
Per quanto ho potuto, ho cercato di confrontare la traduzione con l’originale. Mi è sembrato che, nelle libertà che ti sei preso nel ricreare il testo, hai fatto un lavoro ammirevole. Trovo particolarmente efficace la seconda strofe. Non sono invece d’accordo sulla virgola che separa, mi sembra, il soggetto dal predicato nell’ultimo verso della prima strofe. Ma forse sto interpretando male io. Complimenti e grazie per avermi fatto conoscere questo testo.
21 agosto 2014 alle 00:05
“ 21 agosto 2114 – « Max Ernst? » « Bud Spencer… ha detto Bud Spencer… ». (L’intollerabile frivolezza dei moribondi) “.
21 agosto 2014 alle 03:25
(dm! corsivi / grassetti o neretti che dirsivoglia / … temo la ri-nascita del libro in 3D)
@aca/59
tu giaci e menti / su parole chiuse a chiave / prendi a calci (calx-calcis) un lettore che diventa sempre più nero / sempre più ‘rinco’
21 agosto 2014 alle 07:07
“ 20 novembre 1991 – « 20 genn… ». Stavo per scrivere « 20 gennaio » invece di « 20 novembre ». Quando mi sono accorto dell’errore non ho saputo fare di meglio che scrivere « 20 dicembre ». Mah. Stavo per scrivere « 20 gennaio » perché? La risposta è fin troppo facile: è il giorno della morte della nonna e del nonno (esattamente un anno dopo). Scrivere è anche questo pensare a voce bassa. Girare intorno a un pensiero, accarezzarlo, covarlo. E gli atti involontari non mancano, i lapsus calami. Volevo proprio scrivere « 20 gennaio ». A costo di sbagliare, di mentire, di fare un falso in atto pubblico. « Personalizzare » il registro dei lettori. Scrivere sullo stampato di stato qualcosa di molto privato. Segnare una privazione. Anche oggi è un giorno di lutto? Scrivere qualcosa di « personale »: è giusto? No, non lo è. A chi interessa se è morta la nonna? « Ah sì, mi dispiace… sincere condoglianze … e quando è morta? » « Venticinque anni fa » « ??? ». Si vede la faccetta fulminata del tizio. In una vignetta. In una barzelletta. “.
21 agosto 2014 alle 12:12
Se non sbaglio, “Vivere è follia. Morire, la sana consuetudine”. (Anch’io cito, ma non so chi).