di Emilia Bersabea Cirillo
[Questo è il ventottesimo articolo della serie La formazione della scrittrice (esce il lunedì), alla quale si è ora affiancata la serie La formazione dello scrittore (esce il giovedì). Ringrazio Emilia per la disponibilità. gm].
Ho sempre letto moltissimo, con la curiosità e l’accanimento di chi cerca un aiuto ai sogni. Di solito compravo i libri attratta dal titolo e dalla copertina. Ma soprattutto leggevo nella biblioteca dei ragazzi, giornate intere con la testa e il cuore nelle storie di altri. Arrivavo alle dieci del mattino e restavo a leggere fino all’una. Avevo una lista di autori: Brontë, Alcott, Colette, Dickens, Barrie, a questi si aggiunsero Harper Lee con il suo Il buio oltre la siepe, la Capanna dello zio Tom, Pattini d’argento, la Piccola sconosciuta di H. V. Gebhard, Davy Crockett di E.L. Meadowcroft, Polyanna, e poi, man mano alcune poesie di Pascoli e Il vecchio e il mare di Hemingway.
Fu allora, nell’adolescenza, che cominciai a scrivere. Mi sembrava un’arte così preziosa, che volevo provare anche io. Ma chi non comincia a scrivere nell’adolescenza. Ho ancora conservate alcune cose, scritte su un quaderno a quadretti, che non ho più riletto. Scrivevo storielline e mi dannavo: un po’ perché non venivano come io volevo, un po’ perché mi sentivo, proprio perché scrivevo, diversa dagli altri. Ho cominciato a scrivere con maggior fiducia in me stessa dopo aver letto Piccole donne ed essermi innamorata di Jo March. Anche questo, credo sia stata una febbre comune a tante donne. Solo che a me questa febbre non è più passata e ho imparato a conviverci, facendola diventare una parte di me necessaria e importante. Scrivevo raccontini d’amore, verso i quindici anni, un po’ scialbi, un po’ prevedibili. Ho letto molto allora. I libri più significativi sono stati Gita al faro di V. Woolf, Riflessioni su Christa T. di C. Wolf, La luna e i falò di C. Pavese e i racconti di K. Mansfield.
Ho capito che scrivere è un fatto assolutamente solitario, che richiede silenzio, tempo, cura. La scrittura é cercare il proprio sguardo, che si compie attraverso le parole e le storie : una cosa é una cosa é una cosa, e non solo per come ci appaia. Certo, ci vuole una stanza tutta per sé, e tremila ghinee al mese di rendita, tanto per citare Virginia, che è stata la mia prima grande maestra. Ma non ho rendite, e non ho neanche una stanza tutta per me. Scrivo a casa, a matita, su quaderni rilegati, neri e rossi, dalla carta sottile, e batto a computer, tutti i giorni che posso. L’altro mio tempo è il lavoro d’ufficio, la cura della mia famiglia, una continua mediazione, un continuo rincorrere. Ma questa molteplicità, in fondo, mi è di aiuto, perché mi riporta di continuo alla mia vita materiale.
Non perché sono architetto, penso che scrivere abbia a che fare con un luogo, il proprio, quello che ha visto per la prima volta, che si costruisce e compone dentro osservandolo tutti i giorni, sentendo le voci, le inflessioni, vedendo i colori, percorrendolo a piedi, scrutando i paesaggi, rinvenendo leggende; la scrittura deve testimoniare l’appartenenza ad un luogo, così che tu possa essere riconoscibile; come per la Sicilia di Vittorini, le langhe di Pavese, la Londra di Virginia, la Torino di Natalia, la Napoli di Anna Maria Ortese. Chi scrive parte sempre da un luogo per dire se stesso. I luoghi sono già la tua scrittura. Il mio incontro con Gianni Celati, con i suoi libri fatti di silenzi e di passeggiate padane, di grandi solitari incontrati nella nebbia è stato fondamentale. Si è aperto il mondo degli scrittori di provincia: Delfini, D’Arzo, Flannery O’ Connor, ma anche Faulkner, con il suo bellissimo Una rosa per Emily.
Io non conoscevo l’Irpinia, prima del 23 novembre 1980. Quella che sarebbe diventata la scena delle mie scritture mi era ancora ignota. Pensavo che il dentro, i paesi dell’interno, fossero bui e neri, poveri e freddi. Volevo aria e mare: Napoli, per dirla in una parola. Ma poi è venuto il terremoto e le cose si sono capovolte, dentro di me. Non avevo altro che macerie e crolli e paesi fangosi che scendevano a valle. Ed io ero là, in quel fango e in quelle pietre e non volevo andare più via. Mi dicevo, ma allora se resto ci sarà pure un motivo, se resto e voglio raccontare, devo partire da quello che è sotto i miei occhi e dalle parole che ascolto. Ho così girato per i paesi, secondo un itinerario casuale, dove il mio mestiere di architetto, mi portava. «[…]Chiama le cose perché restino con te fino all’ultimo[…] » conclude meravigliosamente Celati, in Verso la foce.
Da allora scrivo d’Irpinia. Quando scrivo il nome di un paese sulla carta, il paese smette di essere interno di una realtà interna, penso che sono un passo fuori da loro e loro sono già un passo lontano da me. Penso che sto mettendo sulla carta pezzi di mondo in cui faccio andare a vivere, amare, sognare o morire i miei personaggi. Scrivo di storie quotidiane, della vita che accade: la malinconia della partenza dei figli, della difficoltà di restare in luoghi difficili, delle solitudini che contiamo ogni giorno, di improvvisi ritorni che scompigliano un ordine apparentemente rassicurante. Sono il mio mondo. E cosa è scrivere, se non dire il proprio mondo?
Tag: Anna Maria Ortese, Antonio Delfini, Cesare Pavese, Charles Dickens, Christa Wolf, Colette, E.L. Meadowcroft, Emily Brontë, Flannery O' Connor, Gianni Celati, H. V. Gebhard, Harper Lee, James Matthew Barrie, Katherine Mansfield, Louisa May Alcott, Natalia Ginzburg, Silvio D'Arzo, Virginia Woolf, William Faulkner
21 luglio 2014 alle 07:23
Grazie, Emilia. Ci sei tutta, qui: la tua forza, la tua passione, il tuo passo e il tuo respiro si sentono, traspaiono a ogni parola.
21 luglio 2014 alle 13:21
Nella prima parte della tua vita mi riconosco ho amato anch’io Jo di Piccole Donne ho letto molto fin da ragazzina scritto i miei primi diari e le mie prime tenere storie, mi sono divisa tra famiglia lavoro e poca scrittura che ora è esplosa in tutto il suo furore. E’ bello riconoscersi in un luogo ma a pensarci bene nel mio primo romanzo edito ripercorro i luoghi della mia vita dove ho vissuto la mia infanzia e dove i ricordi non si perdono…con affetto. Ornella Stocco
21 luglio 2014 alle 15:50
Grazie Ornella. Leggerei volentieri il tuo romanzo. Un abbraccio. Emilia
21 luglio 2014 alle 16:28
Grazie
Inviato da Eleonora Davide
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21 luglio 2014 alle 17:12
Emilia, sai raccontare talmente bene che qualsiasi cosa Tu scriva io trovo o ritrovo qualcosa. O per affinita’ o per contrasto. Mi rimproveri di piacermi troppo. Ma non posso che dire cio’ che sento.
21 luglio 2014 alle 17:21
Credo che sia vero quel che ha scritto Annalisa: ci sei tutta qui. Resto sempre colpita dalla tua maestria nel descrivere i luoghi esterni ed interni che vai da sempre indagando. E anche oggi, nel breve racconto sulla tua formazione, mi hai suscitato ricordi ed emozioni che hanno radice in tutt’altra parte d’Italia. I tuoi luoghi sono universali.
21 luglio 2014 alle 17:48
Grazie Anna per la tua vicinanza. Per il tuo sostegno. Scriviamo, scriviamo sempre!
21 luglio 2014 alle 18:51
[…] https://vibrisse.wordpress.com/2014/07/21/la-formazione-della-scrittrice-28-emilia-bersabea-cirillo/ […]
21 luglio 2014 alle 18:53
Bellissimo questo brano che tu hai scritto anche se non ho seguito i tuoi percorsi letterari.Anch’io dopo essere andata in pensione ho scritto per me, non per gli altri. I personaggi da me creati erano mie creature, li avevo partoriti io
21 luglio 2014 alle 19:11
Una bella intervista. Un affettuoso saluto a Emilia
21 luglio 2014 alle 19:31
“Solitudini che si contano ogni giorno, improvvisi ritorni che scompigliano ordini apparentemente rassicuranti, cos’è scrivere se non dire il proprio mondo?” Emilia strepitosa, grazie
21 luglio 2014 alle 21:53
Non conosco altre vite, purtroppo :(- Un abbraccio, Morena!
22 luglio 2014 alle 10:36
[…] CONTINUA A LEGGERE SU VIBRISSE https://vibrisse.wordpress.com/2014/07/21/la-formazione-della-scrittrice-28-emilia-bersabea-cirillo/#… […]
22 luglio 2014 alle 17:01
Che bello, grazie!
22 luglio 2014 alle 18:11
Che bello, Emilia.
I paesi esistono se li chiamiamo.
Le loro storie, le nostre storie, soffiano nei disegni delle parole come l’odore delle case nelle stradine.
E tutto diventa di tutti.
22 luglio 2014 alle 19:41
Cara Emilia, è bello leggere le parole di chi parla di sé con questa serenità, così lontana dal ‘dimostrare’, con questa sincera gratitudine nei confronti di altri scrittori…Grazie.
23 luglio 2014 alle 08:29
Grazie Filomena e Giovanna! I paesi esistono se li chiamiamo per nome. Se li abitiamo con il nostro respiro. Se vi facciamo succedere storie. Si legge per vedere, Giovanna, e tu lo sai.
23 luglio 2014 alle 10:44
Mi piacerebbe che tutti/e coloro che scrivono qui apprezzamenti a Emilia, poi si mettessero alla ricerca dei suoi libri e li leggessero.
23 luglio 2014 alle 12:24
Annalisa, sei come al solito troppo cara!Grazie!!!
23 luglio 2014 alle 20:28
bello,Emilia,come sempre le cose tue.tanti spunti di condivisione con noi lettrici,tanti elementi fondativi della tua scrittura,che riconosciamo in quello che dici qui.il luogo,l’importanza di starci e vederlo dentro e fuori,il paese che esce dalla carta quando tu lo scrivi,e diventa vivo,vero,reale e materiale..e’ vero,scrivi di quotidianita’,di rimpianti,di sogni,di illusioni,di amore e sofferenza..cioe’ dei nostri sentimenti piu’ intimi.grazie per questo,da parte delle tue lettrici.
23 luglio 2014 alle 21:29
Marina, che belle parole! Sono contenta di avere lettrici come te, e come le amiche del Presidio del libro di Bari! Grazie di cuore.
26 luglio 2014 alle 05:04
Quante letture ci accomunano, Emilia. Leggendoti qui il mio ricordo all’incontro di Padova per la presentazione del tuo libro “Gli incendi del tempo” con Annalisa Bruni. Sì, lo ammetto, è sulla pila di libri ancora non letti che mi guardano prima di spegnere la luce ogni sera… è tempo di leggerlo per poi poterne parlare con te e con chi vorrà.
28 luglio 2014 alle 17:23
Ciao Andreina. Sono contenta che sia arrivato il turno degli incendi. Ancora di più che abbiamo tante letture in comune. Un abbraccio e a presto.
9 agosto 2015 alle 06:31
[…] Bersabea Cirillo. In cui si parla di scrittura e lettura. Se per caso desideraste approfondire, su vibrisse troverete un testo di Emilia sulla sua formazione di […]