
Ecco come i negozi di libri possono usare il loro spazio per presentare ai clienti il maggior numero possibile di titoli.
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This entry was posted on 16 luglio 2014 at 17:31 and is filed under Industria culturale. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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16 luglio 2014 alle 17:39
” 22 gennaio 1986 – Nella libreria Feltrinelli maschere coriandoli stelle filanti nasi finti polvere per starnutire: Carnevale, insomma. “.
16 luglio 2014 alle 19:38
Forse l’intento è coreografico…
16 luglio 2014 alle 22:04
Per fare ballare chi?
16 luglio 2014 alle 22:34
RobySan, per ironia uso “intento coreografico” nel senso di: come fosse pensato per una coreografia.
Sull’uso estensivo del termine “coreografico” vedi a esempio il Treccani.it:
E poi i ballerini, davanti a quegli scaffali, non mancheranno.
17 luglio 2014 alle 00:22
Cioè, ma assurdo! Almeno usare delle copertine diverse… così invece penseranno che sono più copie ma degli stessi libri!
17 luglio 2014 alle 00:36
La vetrina di un negozio dovrebbe (mi parrebbe logico) servire a fermare la gente.
Più oggetti diversi ci sono in quella vetrina, più tempo ci si mette a guardarli tutti… e quindi più tempo si trascorre fermi a guardare: con ciò la vetrina ottiene il suo scopo.
Una vetrina con pochi oggetti ottiene l’effetto opposto. La gente non si ferma, coglie tutto con uno sguardo (anche svagato) e passa oltre.
La vetrina fotografata più sopra è, be’, sbagliata.
17 luglio 2014 alle 07:17
Guidoio: la fotografia è di uno uno scaffale interno (Feltrinelli di Padova, piano superiore).