A proposito dell’editing (again!)

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Raymond Carver, bozze (The Bridle)

Raymond Carver, bozze (The Bridle)

Sara Meddi intervista Giulio Mozzi

Questa intervista è apparsa ieri nel blog Pagina successiva

[…] Cos’è che distingue un buon editing da un cattivo editing? C’è il rischio che si possa peggiorare il testo sul quale si sta lavorando? C’è il rischio che un testo venga livellato secondo le necessità del catalogo dell’editore o delle mode del mercato?

Le possibilità di sbagliarsi esistono, ed esiste anche la possibilità di sbagliare posto a un’opera. Nel momento in cui dico a un autore: “Il tuo testo mi interessa ma per le caratteristiche della mia produzione ti chiedo di metterci un po’ di sangue e un po’ di morte in più…” Be’, non è detto che si stia facendo un buon lavoro. Naturalmente tocca all’autore dire di no se la cosa non gli va, considerando il pericolo di non essere pubblicato. […]

Leggi l’intervista completa.

Il ritaglio qui sopra viene da qui.

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32 Risposte to “A proposito dell’editing (again!)”

  1. morenasilingardi Says:

    Ebbene sì, Giulio: ho sempre sospettato di una certa tua propensione allo sdoppiamento di personalità! Però fa ridere…

  2. morenasilingardi Says:

    Il mio commento qui sopra credo non sia per niente chiaro: non a caso, visto che è provocato da un mio totale fraintendimento (dicasi anche “toppata”). Il problema è che a me capita spesso di partire per la tangente, ahimè! Quando ho letto “ritaglio”, ho immediatamente pensato al “ritaglio di un’intervista”, perciò ho creduto che Giulio scherzasse mettendo la sua intervista a confronto con quella fatta a Carver (vedi link). Ora, premesso che non avevo capito niente, chiedo provocatoriamente: solo io ho capito male? O meglio: era impossibile capire male?

  3. Sabbry' Says:

    Io avrei una diverse domande:per un autore esordiente, posto che il manoscritto sia grammaticalmente corretto, ha senso pagare per un editing (esistono numerosissime agenzie che propongono questo tipo di servizi) prima di proporsi alle case editrici? Parlo di un editing più di tipo “strutturale” che sintattico.
    Quasi nessuna casa editrice motiva un diniego, perciò uno non ha la possibilità di capire dove e come sbaglia, però se il manoscritto presenta dei problemi nella trama o nella caratterizzazione dei personaggi, forse, risolverli a monte potrebbe dare qualche possibilità in più.
    D’altra parte, se il manoscritto piace, non sarà poi la casa editrice a lavorare sull’editing con l’autore magari smontando tutto quello che è stato anche profumatamente pagato?
    Esiste un editing oggettivo, neutro? Mi spiego, se un romanzo non ti piace, se la storia non ti convince, come fai a plasmarla con l’autore?
    Spero che almeno uno dei quesiti sia una domanda intelligente… oggi non mi sento molto smart…

  4. Emiliano Petrone Says:

    Appena terminato di leggere l’intervista. A tratti illuminante, come sempre 🙂
    Ritengo che la collaborazione dell’editor (di un buon editor), sia fondamentale per una buona riuscita del testo. Ci sono sempre lacune, buchi o punti “oscuri” che l’autore non riesce a vedere inizialmente, poichè innamorato, come spesso accade, della propria opera. In altri casi, sa che il testo ha dei difetti, ma capita che si rifiuti quasi di vederli per paura di peggiorare il tutto o ancor peggio, nel timore che debba modificare metà della storia per correggerli.
    ciao 🙂

  5. Valentina Says:

    Ho una domanda relativa al rapporto fra autorialità e scrittura, limitatamente alla narrativa. Nell’intervista, Giulio, fai delle precisazioni (che condivido) su diversi casi possibili: c’è chi ha una storia ma non la sa raccontare; chi saprebbe raccontarla ma non riesce a definirla del tutto; chi ha un po’ di questo e un po’ di quello ma trae comunque beneficio dal confronto critico con un professionista che ha una certa “perizia tecnica”.
    Mi sembra, però, di poter dedurre che non in tutti i casi si possa parlare di “scrittore”, anche se la persona in questione è riconoscibile come l'”autore” del lavoro: che ne pensi?
    Ho in mente, per altro, persone che hanno visto i loro scritti pubblicati pur essendo loro (quelle persone) molto in difficoltà nell’uso della lingua, per non dire dell’ortografia e della grammatica stesse: questo mi ha sempre lasciata un po’ perplessa rispetto al loro definirsi “scrittori/trici”.

  6. deborahdonato Says:

    mi associo alle domande di Sabbry, perché ho bisogno di un lavoro di editing e finalmente questa intervista ha chiarito tanti dubbi; (ma nonostante questo io non sono decisamente smart).

  7. Giulio Mozzi Says:

    Sabbry: l’editing è un lavoro proprio dell’editore. Non ha molto senso affidarsi ad agenzie. Mettiamo che Tizo scriva un romanzo di amore & spionaggio. Lavora con un’agenzia, che lo spinge a mettere in luce la storia di spionaggio. Dopodiché un editore lo legge e dice: “Eh, ma se la storia d’amore avesse avuto più spazio…”. Ecc.

    E non ha senso che un editore motivi un diniego: il lavoro degli editori consiste nel pubblicare e vendere ciò che a loro sembra interessante, non nel dispensare gratuitamente consigli.
    Si consideri anche che la stragrande maggioranza di ciò che viene proposto agli editori non può essere migliorato. Se Tizio scrive un romanzo senza né capo né coda, dove ha sbagliato? Ha sbagliato a voler scrivere un romanzo, e ha sbagliato a spedirlo in giro. Solo per spiegargli i più grossi errori che ha fatto potrebbero essere necessarie delle ore. E a che pro?

  8. Laura Angeloni Says:

    Ciao Giulio, mi unisco al coro dei dubbi… Tu hai ragione, quello che mi domando però è come fa un aspirante scrittore a sapere se la sua scrittura vale qualcosa o meno… Gli editori non motivano un rifiuto, giustamente, e questo significa certo che il tuo libro non gli interessa. Ma a me viene spontaneo chiedermi: fa schifo schifo? Gli manca qualcosa, ma c’è anche del buono? Sarebbe migliorabile? Forse a questo potrebbe servire un editor, che ne pensi? Come tu stesso ci insegni, in genere gli autori non sono assolutamente in grado di valutare se stessi. Io per esempio vivo in questo momento la profonda esigenza di sapere se la mia scrittura un qualche valore ce l’ha. Chi mi può aiutare in questo?

  9. Sabbry' Says:

    La penso come te Laura.
    Io non ho le fette di salame sugli occhi riguardo il mio romanzo e neanche un cotechino.
    Ho proprio due rotoloni di mortadella da 80 kg l’uno, quelli belli rosa con i pistacchi che il salumiere guarda con terrore perché ci vuole un muletto per spostarli.
    Una soluzione potrebbe essere pagare una scheda di valutazione di un’agenzia letteraria, ma sono molto care e hanno un’efficacia limitata perché in poche cartelle non riescono a darti tutte le risposte. Un’altra ancora più intelligente frequentare un corso (vedi uno dei post precedenti) oppure far leggere al tuo miglior amico e al tuo peggior nemico quello che hai scritto e fare poi una media sui commenti.
    Per Giulio: hai ragione, ma tu sei uno scrittore e hai già ricevuto numerose conferme sul tuo talento e sul tuo lavoro, noi invece non sappiamo ancora nulla di quello che siamo e la mortadella è dura da spostare, acceca, stordisce.

  10. Godot Says:

    Eterna questione dell’editing (che si ripete poi anche con la traduzione) … quanto concedersi per non tradire l’autore? E se Lish fece di Carver il genio del minimalismo… così non accade per molti autori vittime di editing killer 😞

  11. Giulio Mozzi Says:

    Valentina: sinceramente, non m’importa tanto di sapere se Tizio, la cui storia è stata raccontata da Caio o con la forte partecipazione di Caio, sia “titolare” della storia, o “autore”, o “scrittore”, eccetera.
    Il problema dell’autorialità svanisce nel momento in cui
    – il contratto di edizione dice chiaramente di chi sono certi diritti e doveri e di chi sono certi altri,
    – l’opera ha una carattere prevalentemente informativo.
    Se ci pensi, i casi dubbi residui sono pochi.

    Se la cosiddetta autobiografia del tennista Agassi, “Open”, è stata scritta da un giornalista (bravo, molto bravo), io potrò considerare che la storia appartiene ad Agassi, la scrittura al giornalista: ma dovrò anche considerare che il “punto di vista” sulla storia di Agassi, ovvero ciò che rende interessante (molto interessante) l’opera, è di Agassi; e che è stato così bene messo in atto dal bravo giornalista.
    A questo punto, che m’importa decidere se Agassi è “autore”, “scrittore”, o “titolare della storia”?

    I problemi sorgono, se si vuole, quando viene celato qualcosa: una volta sentii uno scrittore piuttosto bravo raccontare di aver materialmente scritto l’opera di una persona televisivamente nota. Però nel libro non era scritto da nessuna parte. E qui sta l’imbroglio: anche perché quello scrittore piuttosto bravo quasi si vantava di aver composto apposta un testo triviale, adatto alla persona televisivamente nota.

    Laura, Sabbry, Deborah: mai fidarsi delle schede di lettura scritte a pagamento dalle agenzie.
    Se io sono un’agenzia e vendo servizi di
    – lettura,
    – editing,
    nel momento in cui una persona mi paga per avere una scheda di lettura, ovviamente farò una scheda di lettura che persuada la persona della possibilità, comperando un editing, di trasformare il proprio ranocchio in principe.

    La differenza sta proprio in questo: c’è chi è consapevole del valore di ciò che fa, e chi non ne è consapevole.
    Quasi tutti gli “scrittori” oggi pubblicati e stimati e riveriti sono autori di opere mediocri, che tra non molto saranno dimenticate.
    E’ il mio caso, tra l’altro.
    Bisogna farsene una ragione.

  12. RobySan Says:

    Una domanda fuori tema (almeno credo): sei sicuro che il libro di Simenon in cui il co-protagonista scrive a se stesso lettere minatorie ecc. ecc. sia un Maigret? Io, di Maigret, ne ho letti molti e quello non lo ricordo. Sono andato a spulciare le trame dei 70 e più titoli pubblicati: quella cui tu fai cenno non l’ho trovata. Naturalmente questo non esclude una svista, o peggio, da parte mia, ma ho l’impressione che si trattasse di uno dei molti altri romanzi scritti da Simenon. Perché tiro fuori ‘sta cosa? Perché se NON fosse un Maigret (cioè non un poliziesco, in definitiva) il fatto che non sia spiegata la ragione per cui il tizio si scrive le lettere da sé, potrebbe non essere affatto una dimenticanza.

  13. Giulio Mozzi Says:

    Nell’edizione Adelphi, Roby, s’intitola: “Maigret prende un granchio”.

  14. Laura Angeloni Says:

    A quanto pare dunque è una questione insolubile… è difficile. Difficile avere consapevolezza del valore di ciò che si fa, difficile continuare a scrivere senza tale consapevolezza, difficile smettere di scrivere…

  15. Francesca Says:

    Caro Giulio, dipende dal tipo di agenzia di cui stai parlando. Io lavoro per due agenzie serie e di fama decennale, e noi non scriviamo mai nelle schede di lettura che il testo potrebbe essere migliorato grazie a un lavoro di editing. Se c’è qualcosa di buono, lo evidenziamo; altrimenti, in conclusione di un’analisi di circa sette pagine, valutiamo semplicemente il testo come “non sottoponibile agli editori per la pubblicazione”. Nessun ranocchio trasformato in principe.

  16. Giulio Mozzi Says:

    Francesca, ho scritto: “Se io sono un’agenzia e vendo servizi di lettura e editing”.

  17. Sabbry' Says:

    Avrei una domanda per Francesca: che livello deve avere un manoscritto per raggiungere la spendibilità editoriale nella scheda di valutazione delle tue agenzie? Semplice decenza e buon senso (sintatticamente corretto, trama sensata, personaggi credibili) oppure il livello deve essere almeno buono?
    Grazie

  18. gian marco griffi Says:

    “Semplice decenza e buon senso (sintatticamente corretto, trama sensata, personaggi credibili)”.
    Con queste caratteristiche il suo manoscritto venderà cinquecentoduemila copie. Si ricordi di metterci dentro un vampiro o uno zombie. Ma che siano credibili eh.

  19. Sabbry' Says:

    Era lievemente ironico Gian Marco…così, giusto per sottolineare la sufficienza più bieca…

  20. Francesca Says:

    Giulio non ho capito la sottolineatura, ma tant’ė, immagino stiamo dicendo la stessa cosa. Sabbry il livello deve essere buono. Ma le caratteristiche che hai elencato permettono di avere quanto meno materiale di cui parlare nella scheda di valutazione!

  21. Giulio Mozzi Says:

    Francesca, intendo dire: ci sono le agenzie vere e proprie, che campano (giustamente) prelevando una frazione dei guadagni degli autori che rappresentano.
    E ci sono agenzie secondo me fasulle che campano vendendo prima la “scheda di lettura”, e poi proponendo l’editing.

    Se un’agenzia vera e propria si fa pagare per la redazione di una scheda di lettura, non ho niente da ridire.

    Sabbry: delle opere che ricevo, il 90% abbondante è illeggibile per bruttezza o disarmante per ingenuità.
    Nel 10% scarso che resta ci sono molte opere scritte decentemente, con una trama sensata, con personaggi non tirati per i capelli, eccetera.
    Di queste, due o tre mediamente mi sembrano degne di pubblicazione.

    Va detto che per gli editori proprio queste opere “che non sono poi male” sono il vero problema. Da un lato ti vien voglia di pubblicarne qualcuna; dall’altro lato ti rendi conto che questa o quella sono più o meno dello stesso valore, e nessuna sembra avere qualcosa in più.

  22. Sabbry' Says:

    Grazie Francesca e grazie Giulio.
    Un’ultima domanda: quanto conta il genere nella valutazione?
    Quale ha più possibilità di essere preso in considerazione?
    Un fantasy, un giallo, una storia d’amore viaggiano sullo stesso piano se scritti decentemente?
    Poi giuro che smetto di rompere l’anima!

  23. luigi ramenghi Says:

    per la verità io ho trovato anche agenzie serie, che non han fatto giochetti, e tra l’altro non costose. ma tanto l’editore ha rifiutato la pubblicazione. quindi forse erano poco “influenti”, e se ne potrebbe desumere che non esistono agenzie serie e anche influenti. nel senso che o hanno potere di farsi ascoltare dall’editore ma al contempo cercano il valore economico più che letterario, oppure danno importanza alla deontologia professionale quindi gli editori le snobbano. altrimenti, più probabilmente, queste “agenzie serie” hanno creduto in un testo che non meritava. tale seconda ipotesi sembra comprovata dal fatto che mozzi il mio testo l’aveva già rifiutato…

  24. Giulio Mozzi Says:

    Sabbry: in linea di massima, per la narrativa di genere la “storia” conta un po’ di più, e un po’ di meno la “scrittura”.

    Luigi: le agenzie serie campano prelevando una frazione dei profitti degli autori che rappresentano. Hanno dunque interesse a rappresentare autori che generino profitti.

  25. Godot Says:

    Sinceramente spesso preferisco editor “in house” più che quelli di agenzia, proprio perchè a quel punto il lavoro di editing è già volto a una probabile pubblicazione e non alla “vendita” all’editore. Sebbene come Francesca sono convinta ci siano tantissime agenzie “serie”.
    E parlando di vendita… vogliamo parlare anche di quegli editori che per pubblicare si fanno pagare le spese dagli scrittori?

  26. luigi ramenghi Says:

    la proposta che mi era stata fatta si basava proprio su una percentuale in caso di contratto. quindi ho pensato che avessero interesse a piazzare il mio romanzo. forse però non è piazzabile.

  27. Giulio Mozzi Says:

    Godot: d’accordo sulla prima cosa.
    La seconda è ovvia.
    Quanto agli editori “a spese dell’autore”, direi che tutto quello che c’è da dire è stato detto mille volte.

    Luigi: la risposta degli editori dipende ovviamente dalle caratteristiche dell’opera.

  28. Francesca Says:

    Giulio, giustissimo, dicevamo uguale. Sabbry, se vuoi sapere se le agenzie prediligono un certo genere o un altro: per la mia esperienza, no. Conta se una storia è una buona storia, e se ė scritta bene.

  29. luigi ramenghi Says:

    quel che mi fa specie è che mi son trovato davanti questi agenti che ho giudicato affidabili e che sembravano credere nell’opera. non così gli editori. allora mi dico che potrebbero avermi preso in giro, ma a che pro, se non ci han fatto su un soldo? e poi mi chiedo: serve un mediatore? sì. deve andare a percentuale? sì. e se si sbaglia? e poi: capita spesso che questi soggetti si sbaglino?

  30. Giulio Mozzi Says:

    Luigi: gli esseri umani, in generale, sono fallibili. Perché mai un agente dovrebbe perdere tempo per prenderti in giro?

  31. luigi ramenghi Says:

    sì, ma io mi son trovato davanti al partito dei “non esiste”, da una parte, e dei “merita”, dall’altra. e per lo più erano editori i primi, agenti e altri addetti i secondi. uno si disorienta.

  32. dm Says:

    Io alla parola editing batto i denti (e difatti sono due dentali…)

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