di giuliomozzi
Cito qui da un articolo di Remo Ceserani (articolo interessante e degno di lettura) solo per avere un campione anatomico di luogo comune:
Le motivazioni culturali, gli scopi e gli interessi delle discipline umanistiche e di quelle scientifiche sono sostanzialmente simili, ed è necessario secondo me sostenerli e difenderli insieme; quelli delle scuole professionali sono diversi e hanno la loro legittimità e importanza (pensate all’utilità dell’ingegneria o ai grandi trionfi della medicina, che ha allungato in tutto il mondo avanzato la durata media della vita), ma hanno inevitabilmente un diverso rapporto con le fonti di finanziamento, obbiettivi diversi nella formazione e criteri diversi nella valutazione dei risultati.
A quanto pare, Remo Ceserani dà per scontato che l’allungamento della durata media della vita, seppure solo nel “mondo avanzato”, sia una cosa buona: un “grande trionfo”, addirittura. Si tratta infatti di un luogo comune, nel senso proprio dell’espressione: un’affermazione sulla quale è assai probabile che tanti, forse tutti, siano d’accordo; e quindi utile per fondare un ragionamento o per fare un esempio che dia evidenza al discorso.
Allora, la domanda è questa: voi, personalmente, condividete questo luogo comune? Siete convinti che l’allungamento della durata media della vita, seppure solo nel “mondo avanzato”, sia un bene? E: se sì, perché?
Tag: Remo Ceserani
6 gennaio 2014 alle 22:29
La conquista sarebbe la qualità della vita, non semplicemente l’allungamento della durata media della vita a qualsiasi costo e in qualunque condizione
6 gennaio 2014 alle 22:43
A pensarci bene, non ho mai riflettuto seriamente su questo. Penso, però, che più che della durata media della vita in sé, si dovrebbe parlare (a proposito dei “trionfi della medicina”) della possibilità di affrontare e curare malattie per le quali, in altri tempi, si moriva e basta, a qualsiasi età. E della qualità della vita, come ha scritto Antonio.
In generale, poi, penso che più lontano percepiamo il tempo in cui dobbiamo lasciare la vita, e meglio è. Più possibilità abbiamo di allontanare il pensiero terrificante della nostra fine certa, meglio è. In questo senso, l’allungamento della durata media della vita è sicuramente un bene. (Quando i miei bambini mi chiedono: “ma tu morirai? ma quando morirai? ma morirete prima tu e papà? ecc.”, io rispondo che questa cosa avverrà tra TANTISSIMO tempo, e che per ora non dobbiamo pensarci. So che non ha molto senso la mia risposta, ma so che è l’unica che in qualche modo li tranquillizza. Non so se mi sono spiegata.)
6 gennaio 2014 alle 23:45
La domanda posta così è una domanda generale e astratta a cui si possono dare solo risposte generali e astratte (altri luoghi comuni).
Se uno mi chiede: preferisci il sole o la pioggia? Gli rispondo in leggerezza: il sole, se non sono in vena di fare esercizio di retorica. Ma se sì, comincio a fare varie ipotesi. Supponiamo che ci si trovi in un periodo di siccità e che la natura sia assetata: in questo caso, preferirei la pioggia. Ma se invece è primavera a ho progettato la prima gita della stagione al mare, allora…Etc.
Anche per il problema che poni tu si dovrebbero analizzare molte situazioni diverse, distinguere, ordinare, porre ipotesi provvisorie, verificarle, confrontare alla fine i risultati delle varie “discusioni” e così via.
Per me vorrei che la mia vita cessasse prima di degradarsi troppo, prima di diventarmi insopportabile.
Nella mia sensibilità e cultura la vita e la morte sono fatte della stessa pasta, passaggi di un divenire.
La morte non mi spaventa, l’attendo quasi con affetto.
La mia risposta data in leggerezza (cioè senza l’esercizio di retorica che sarebbe necessario) è, perciò: l’allungamento della vita non è in sè un valore.
6 gennaio 2014 alle 23:50
… e ho progettato la prima gita della stagione al mare, allora… etc. …
7 gennaio 2014 alle 00:45
Il fatto è che questi sono luoghi comuni che già da tempo non dovrebbero più esserlo.
Già sedici anni fa Hiroshi Nakajima, allore direttore generale dell’OMS, aveva affermato come «una aumentata longevità senza qualità di vita è un trionfo vacuo. L’aspettativa di buona salute è più importante della speranza di vita.». Ed anche per l’UE è dal 2005 che gli anni di vita in buona salute (HLY, ossia healthy life years) sono uno degli indicatori strutturali dello stato dell’unione [1].
L’altro luogo comune che non dovrebbe esserlo è che l’allungamento della longevità riguarda il mondo avanzato. Una rapida occhiata ai dati dell’OMS [2] dovrebbe sollevare qualche dubbio. In Angola, ad esempio la speranza di vita alla nascita è aumentata di 10 anni dal 1990 al 2011, pari ad un aumento percentuale del 24%. In Austria (per rimanere alla lettera “A”), nello stesso periodo la speranza di vita è aumentata di 5 anni, pari allo 6.58%.
Ciò è facile da capire: i contributi più importanti all’allungamento della vita media si ottengono riducendo il numero di morti giovani piuttosto che allungando la vita di chi diventa vecchio.
Un esempio: se io ho tre persone che vivono fino a 70 anni ed una che muore a 20, la vita media è di 57,5 anni. Se io riesco ad allungare la vita di chi diventa vecchio a 75 anni invece che 70, ottengo una vita media di 61,25 anni (con un aumento di 3,75 anni pari al 6.52%). Se invece riesco a salvare il ventenne e a farlo arrivare a 70 anni come gli altri, ottengo un aumento di ben 12,5 anni sulla vita media, pari al 21,74%.
[1] http://ec.europa.eu/health/indicators/healthy_life_years/index_en.htm
[2] http://apps.who.int/gho/data/node.main.688
7 gennaio 2014 alle 00:59
Il mio nonno materno ha la mobilità di un oggetto. Può essere spostato in ogni momento, qualche volta senza che lui se ne accorga, il più delle volte contro la sua volontà: nel modo se è troppo piano troppo rude, ma anche nella destinazione: spesso non vuole andare dove va. E’ una condizione di assoluta infelicità. Il solo modo in cui riesce ad esprimere emozioni positive è quello del pianto. In quelle condizioni è in balia dei figli e il tempo libero dei figli è ostaggio di quella condizione. E’ un uomo di campagna. Gli è piaciuta sempre l’aria fresca, era un flaneur ma solo perché “le pareti della casa dànno alla testa e la casa ti soffoca”. Gli piacevano gli animali, ma il cane non era compatibile con la vita sua e della nonna (ch’è stata investita davanti alla sua casa). Il cane lo hanno dato via. La presenza di mio zio comunque gli è salvifica: dorme lì e praticamente non vede sua moglie. Ma il guaio è che non se ne accorge. Di converso mio zio, suo figlio non può evitare di sfogare i propri rancori – vecchi e nuovi, – sul padre. Mio nonno urla, a volte, e quanto più è imponente l’urlo – per quanto possibile – tanto più viene trattato come un bambino. Come un bambino cattivo. Il risentimento non c’entra con la malattia, il risentimento è risentimento. Ma la malattia gli garantisce una giustificazione. E del resto il sacrificio è troppo grande. Ha un suo prezzo. Mio nonno è infelice sicuramente. Forse crede che suo figlio sia un ingrato. Ed è probabile che suo figlio, mio zio ritenga lui un ingrato. Potrebbero avere entrambi ragione e torto. Io non lo so. La cosa più palpabile è l’infelicità, e che a questa infelicità non c’è fine se non alla fine. E di questo non è possibile parlare, ovviamente com’è giusto, perché l’infelicità costa a mio zio, a suo figlio fette larghe di vita. E’ un’infelicità a caro prezzo che non si può svalutare con un discorso sulla morte.
C’è l’infelicità, c’è il sacrificio, c’è il tempo speso e la prigione di casa.
7 gennaio 2014 alle 01:54
Io sono convinta che non sia un bene, tantomeno una conquista.
Anzitutto perchè non si tratta di un allungamento della vita, bensì della vecchiaia e l’impressione che scaturisce alla vista degli ultra-ottantenni è di persone stanche che attendono la morte naturale, nonchè tristi a sentirsi inutili e incapaci.
Più che di allungamento della durata della vita si potrebbe parlare, quindi, di allontanamento della soglia della morte.
Una conquista potrebbe essere, semmai, l’allungamento della vita attiva ma, probabilmente, la scienza, che vive di fiducia nel progresso, auspica proprio a questo e i risultati attuali potrebbero essere da considerarsi ancora a uno stadio embrionale.
In ogni caso, io punterei più su una ottimizzazione della durata naturale della vita (una volta avevo fantasticato sull’idea di una pillola capace di innestare un processo rigenerativo nel corpo pari a quello che avviene nel sonno, che potesse sostituirsi a questo in modo tale che gli anni di vita vissuta fossero effettivi) sebbene il cruccio irrisolvibile dell’uomo sia la morte in sè e il solo annullamento della stessa potrebbe definirsi un “grande trionfo”. Forse.
7 gennaio 2014 alle 04:40
Vedo la medaglia e vedo il suo rovescio. La qualità della vita associata a patologie croniche è migliorata. Ora è possibile vivere a lungo e dignitosamente convivendo con malattie che qualche decennio fa risultavano invalidanti e conducevano a morte precoce. Questo non è male. Di contro, la ricerca ha portato ad allungare i tempi evolutivi di un buon numero di patologie che, avendo esito comunque infausto e derubando l’individuo della personalità e della dignità, non rendono pregevole un’aspettativa di vita più lunga. Sarebbe moralmente corretto, anche se non semplice da gestire, poter scegliere. Riguardo l’accanimento terapeutico si stanno facendo passi da gigante. Negli ultimi anni gli hospice si sono moltiplicati. Quanto all’eutanasia, si è ben lontani e forse non ci si arriverà mai. Per esperienza personale posso dire che, un buon medico, può concordare con la persona interessata e con la famiglia, le modalità di gestione della malattia in modo da renderne il decorso più naturale e meno doloroso possibile.
Sara
Inviato da iPad
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7 gennaio 2014 alle 08:13
Il regista portoghese Manuel de Oliveira ha compiuto alcune settimane fa 105 anni. È incazzatissimo col governo portoghese perché ha tagliato i fondi per la cultura e non può finire di girare un film. La sua incazzatura è ancora più grande perché ha già due progetti per altri due film e non può cominciare a girarli. L’allungamento della vita in casi del genere è una cosa positiva.
7 gennaio 2014 alle 08:48
Dunque stai testando se e quanto “comune” è il luogo in questione?
8 gennaio 2014 alle 01:24
Giulio, già come posti la questione hai creato un frame da cui non si può prescindere. Non se l’allungamento della vita sia o meno un bene ma se “condividiamo un luogo comune” e quindi una opinione che trova la sua giustificazione innanzitutto (quando non esclusivamente) nel fatto di essere condivisa e riconosciuta come “vera” da una maggioranza di persone. quest’ultima domanda è certo più stimolante, visto che sul fatto in sè dell’allungamento della vita c’è poco da dire come ha osservato Maria Luisa Mozzi.
quando qualcuno ci fa notare che quanto stiamo affermando è un “luogo comune” riesce a sconfermare il nostro argomento senza toccarlo, ma attraverso la sconferma di noi che lo sosteniamo, mettendo in dubbio che esistano altre ragioni per sostenerlo se non l’adesione cieca ad una opionione diffusa. del resto si tatta di una modalità discorsiva oggi molto frequentata : daii talk show agli editoriali dei quotidiani.
però leggendo le considerazioni dei miei colleghi di post, mi verrebbe da dire che questo “luogo comune” perde consensi forse non solo in ragione del frame in cui lo hai posto ma anche di un altro elemento che emerge: la vita si allunga (o si è allungata) ma la “qualità” della nostra vita precipita. precipita in ragione della “crisi economica” e dell’insicurezza che produce. la suggestione evocata da DM di un corpo ne-vivo-ne-morto (mi ricorda Pasolini: “Essere morti o essere vivi è la stessa cosa”) accudito nel rancore dal figlio ha i connotati inesorabili della tragedia senza rendere eroico nessuno dei suoi protagonisti, tutt’altro. e allora forse si comprende come cerchiamo un riscatto che dia almeno una parvenza di grandezza alle nostre sofferenze o semplicemente paure:
magari quello di gridare in piazza agitando un forcone, o davanti ad una telecamera o nascosti in un immaginario anonimato tra i commenti di un blog. mi sembra ovvio che tutto questo non solo non risolva niente ma nemmeno ci porti la parvenza di un sollievo.
sai che ti dico Giulio?
penso che ci sono tutti i segnali perchè un nuovo luogo comune vada a sostituire quello dell’allungamento della vita come vittoria di un “mondo nuovo” rispetto ad uno vecchio da rottamare: lunga vita (solo) a chi se la merita.
eppure ricordo il coro che ha accompagnato il mio matrimonio. ha cantato Mnogaja ljeta. Una canzone liturgica ortodossa di origine bizantina che augurava lunga vita agli sposi.