di giuliomozzi
Quando il Signore, avuta la prova della fedeltà di Giobbe, lo ebbe ricompensato dandogli nuove terre, nuovo bestiame, nuovi servi, nuovi figli e nuove mogli, l’avversario gli si avvicinò.
“Ehi, capo”.
“Dimmi”.
“Solo una curiosità”.
“Dimmmi”.
“Non ti offenderai, spero”.
“Dimmi, su. Non farmi aspettare un’eternità”.
“Va bene. Ma mi hai promesso che non ti offenderai, eh?”.
“E sì. Ma dimmi”.
“Tu al Giobbe non ce lo hai mica detto, che tutte quelle robe ce le ho fatte io”.
“Non gliel’ho detto”.
“E non ce lo hai mica detto, che ce le ho fatte con il tuo permesso”.
“Non gliel’ho detto”.
“Tu ci hai detto come se ce le avessi fatte tutte tu”.
“Non ho toccato l’argomento. Ho lasciato che credesse quello che voleva credere”.
“E perché?”.
Il Signore ghignò.
“Tesoro, che io voglia metterlo alla prova, per Giobbe è sopportabile. Che lo metta in mano tua, non lo è. Che io lo colpisca, per Giobbe è sopportabile. Che lasci te colpire lui, senza intervenire in suo soccorso, non è sopportabile. Che io faccia indifferentemente quello che per lui è bene o male, per Giobbe è sopportabile. Che io permetta a te, come se anche tu non fossi in mio potere, di compiere il male, per Giobbe è insopportabile”.
L’avversario avvampò dalla rabbia.
“Ma allora…”.
“Eh sì”.
“Se io avessi voluto…”.
“Bastava dirglielo”.
“E lui…”.
“Mi avrebbe rinnegato. All’istante. Lo so”.
“Ora vado…”.
“Non ci provare”.
“Ti sfido…”.
L’avversario si mosse. Il Signore sbatté le palpebre, e lo incenerì.
Per gli smemorati: Il Signore disse a satana: “Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita”, Giobbe, 2, 8.
E poi: Chi è costui che oscura il consiglio con parole insipienti? Cingiti i fianchi come un prode, io t’interrogherò e tu mi istruirai. Dov’eri tu quand’io ponevo le fondamenta della terra? Dillo, se hai tanta intelligenza! ecc., Giobbe, 38, 1 sgg.
30 dicembre 2013 alle 10:03
!
30 dicembre 2013 alle 10:19
Parola del Signore
(e amen).
30 dicembre 2013 alle 11:32
Bello. Alla pari con “Riassunto” di Szymborska (da “Sale”, 1962).
30 dicembre 2013 alle 16:12
Se lo uso per il catechismo dei ragazzini mi sa che mi scomunicano, però… sarebbe divertente!
31 dicembre 2013 alle 10:02
Giulio, sono certa di non avere capito il testo.
Me lo puoi spiegare?
31 dicembre 2013 alle 10:11
E vai con un’altra sfida.
31 dicembre 2013 alle 12:19
Quando il Signore fa il predicozzo finale a Giobbe, non accenna minimamente al fatto che tutto è accaduto per una sorta di “scommessa” tra il Signore e satana: si prende la responsabilità di tutto ciò che è accaduto (quindi anche di ciò che satana ha fatto) e rivendica il diritto, essendo lui il Signore, di fare ciò che vuole senz’essere giudicato dalle sue creature.
E l’idea che tien su la storiella mia è che: la mente e la fede di Giobbe possono accettare che tutto ciò che il Signore fa sia bene, anche se tale non pare, in quanto è fatto dal Signore; ma la mente e la fede di Giobbe non possono accettare che il Signore dia mano libera a satana.
Vedi la domanda classica: se un dio c’è, perché c’è il male?
31 dicembre 2013 alle 12:43
Va bene.
Ma ha senso allora questa frase?
“L’avversario si mosse. Il Signore sbatté le palpebre, e lo incenerì.”
Se Dio avesse incenerito Satana avremmo un mondo senza il male, immagino. Il che non è.
31 dicembre 2013 alle 15:38
“Satana” è nome generico (per questo la traduzione Cei lo dà minuscolo). Nella tradizione ebraica c’è una quantità di “satana” (o diavoli, come diciamo noi). Traducendo con “avversario” sono stato quasi costretto all’articolo determinato (“l’avversario”), perché mi sembrava che scrivendo “un avversario” sarei stato poco comprensibile.
D’altra parte, la favola – altro non è – dice che il Signore si prende la responsabilità del male. Anche se ha lasciato che a compierlo fosse un avversario.
31 dicembre 2013 alle 19:16
Grazie.
2 gennaio 2014 alle 01:04
“Se Dio c’e’, perche’ c’e’ il male?”
Caro Giulio, sono portato a credere che il male l’abbia creato Lui, per quale motivo non so. Ma deve essere lo stesso per cui gli ha concesso di compiere l’olocausto.
2 gennaio 2014 alle 05:22
Carlo: tu “sei portato [ma chi ti ci porta?] a credere”; io invece ho raccontato una favoletta.
Maria Luisa: ho trovato da dove mi viene (cioè: ho individuato il testo che, letto nei giorni scorsi, ha lasciato una traccia nella mia memoria) l’incinerimento:
Ildegarda di Bingen, Il libro delle opere divine, Quarta visione della Prima parte, xiii (p. 375). Sta parlando della rivolta degli angeli. Occhi, fiamme = incinerimento.
2 gennaio 2014 alle 19:01
Si ma a un Dio così non viene di pregarlo, al massimo un sms con scritto tvb!
Auguri a tutti
3 gennaio 2014 alle 15:12
Giulio, mi chiedi, ironicamente, chi mi porta a credere che eccetera.
Ti rispondo: l’altro da me, che invece di credere e basta (come fa il me), è lì a ragionare prima di mandarmi.
Devo dire che il Dio della tua favoletta non riesce propriamente adorabile (nè credo voglia esserlo). Preferisco il mio, di Dio, che in uno scritto di alcuni anni fa si accanisce contro Juve e perciò passa un sacco di guai.
Per dire degli universi diametrali che animano i due nostri pensieri.
3 gennaio 2014 alle 15:14
EC contro la Juve.
7 gennaio 2014 alle 11:49
Sì, bello, mi piace…
5 aprile 2017 alle 07:53
Grazie a MariaLM, che con le stesse domande che mi sono fatta io leggendo la storia ti ha portato, Giulio, a spiegarla. È “uscito” spesso questo passaggio, anzi sopratutto quello che lo precede (credo, visto che lo conosco solo grazie a te). E tutte le volte mi “turbava” – come dire – l’arroganza del Signore. La tua “visione” legata alla sopportazione è il fatto che tu incenerisca l’avversario è “salvifico”, rincuora perché alla fine lo protegge… insomma per una volta mi “fa star bene” questa “storia” detta così