di giuliomozzi
[Roba vecchia. Da qui].
Suona il telefono portatile. Rispondo.
“Buongiorno signor Mozzi”, dice una voce femminile fresca e gentile.
“Buongiorno”, dico.
“Signor Mozzi, sono *** della casa editrice ***. Vorremmo inviarle copia di alcune nostre pubblicazioni”, dice la voce, “abbiamo cercato il suo indirizzo nelle Pagine bianche e abbiamo visto che ci sono due Giulio Mozzi a Padova. Così le telefonavo per avere una conferma del suo indirizzo”.
“Grazie”, dico. “Io sto in via Comino, Giuseppe Comino, 16 b”.
“Ah”, dice la voce, “allora quello è il suo indirizzo giusto. Perché il signor *** diceva che l’indirizzo giusto era quello di via Sanmicheli”.
“Non abito più in via Sanmicheli”, dico. “Ho cambiato casa due anni fa”.
“Però il sito di Pagine bianche dà due indirizzi. Questo che lei mi ha confermato e un indirizzo in via Sanmicheli”, dice la voce.
“Buono a sapersi”, dico. “Ora chiamo la Telecom e cerco di capire”.
“Allora le mando le nostre pubblicazioni in via Comino”, dice la voce.
“Sì”, dico. “Grazie”.
“Buona giornata”, dice la voce.
“Buona giornata”, dico.
La conversazione finisce.
Faccio un controllo. Effettivamente, il sito Pagine bianche fornisce, a chi mi cerchi, due risultati: l’indirizzo giusto e l’indirizzo della casa dove non abito più da due anni.
Telefono al 187.
Seguo le indicazioni della voce automatica.
“Buongiorno, sono Mario, in che cosa posso esserle utile?”, dice Mario con un netto accento piemontese.
“Buongiorno Mario”, dico. “Mi chiamo giulio mozzi e ho un problema con le Pagine bianche”.
“Di che problema si tratta?”, dice Mario.
“Ho cambiato casa, indirizzo e telefono due anni fa”, dico. “E mi accorgo ora che nel sito di Pagine bianche compaiono tutti e due gli indirizzi, quello vecchio e quello nuovo”.
“Allora è un problema di Pagine bianche”, dice Mario. “Deve chiamare questo numero: 800125412”.
“800125412”, ripeto annotando.
“E’ un servizio nuovo”, dice Mario, “dedicato proprio alle Pagine bianche”.
“Non sapevo che ci fosse”, dico.
“C’è da un mese”, dice Mario.
“Ah”, dico. “Bene. Grazie. Buona giornata”.
“Buona giornata a lei”, dice Mario.
La conversazione finisce.
Chiamo il 800125412.
“Buongiorno, sono Sergio, in che cosa posso esserle utile”, dice Sergio con un netto accento modenese.
“Buongiorno Sergio”, dico. “Mi chiamo giulio mozzi e ho un problema con le Pagine bianche”.
“Di che problema si tratta?”, dice Sergio.
“Ho cambiato casa, indirizzo e telefono due anni fa”, dico. “E mi accorgo ora che nel sito di Pagine bianche compaiono tutti e due gli indirizzi, quello vecchio e quello nuovo”.
“Ma nel cartaceo com’è?”, dice Sergio.
“Non ne ho idea”, dico. “Non so neanche se ce l’ho, l’elenco cartaceo. Lavoro sempre in rete, faccio prima a usare il sito”.
“Allora vediamo”, dice Sergio. “Mi dice il suo numero di telefono?”.
“0498006417”, dico.
“Bene”, dice Sergio. “Adesso vediamo”.
Attendo.
“Ecco”, dice Sergio. Mozzi Giulio, 35126 Padova, via Comino Giuseppe 16 b”.
“Sì”, dico. “Questo è il mio indirizzo attuale”.
“E il problema qual è?”, dice Sergio.
“Il problema è”, dico, “che se uno mi cerca nelle Pagine bianche, trova non solo questo indirizzo, ma anche il mio indirizzo e il telefono vecchi. Di dove abitavo fino a due anni fa”.
“E qual è il problema?”, dice Sergio.
“Il problema è che Pagine bianche fornisce un indirizzo dove non abito più e un telefono che non è più il mio”, dico.
“E qual è il suo indirizzo attuale, allora?”, dice Sergio.
“Quello che lei vede”, dico. “Via Comino”.
“Allora è tutto a posto”, dice Sergio.
“No”, dico. “Perché compare anche l’indirizzo vecchio”.
“Qui c’è un indirizzo solo”, dice Sergio.
“Per forza”, dico. “Perché lei ha usato come chiave di ricerca il mio numero di telefono giusto”.
“E quindi?”, dice Sergio.
“Senta”, dico. “Provi a cercare il mio indirizzo usando come chiave di ricerca il mio nome”.
“Adesso vediamo”, dice Sergio. “Mi dice il suo nome?”.
“mozzi”, dico. “giulio mozzi. Di Padova”.
“Adesso vediamo”, dice Sergio.
Attendo.
“Ecco”, dice Sergio. “Ci sono due recapiti”.
“C’è un indirizzo in via Comino, e uno in via Sanmicheli, giusto?”, dico.
“Sì”, dice Sergio.
“Bene”, dico. “All’indirizzo di via Sanmicheli non ci abito più da due anni”.
“Ho capito”, dice Sergio. “E qual è il problema?”.
“Il problema è che io vorrei che nelle Pagine bianche comparisse il mio indirizzo esatto”, dico.
“Che è?”, dice Sergio.
“Via Comino”, dico.
“E via Comino c’è”, dice Sergio.
“Sì”, dico, “ma c’è anche via Sanmicheli, dove non abito più”.
“Lei non ha un recapito in via Sanmicheli?”, dice Sergio.
“No”, dico. “Da due anni”.
“E quel numero di telefono, 049644654, è suo?”, dice Sergio.
“No”, dico. “Non è più mio. Da due anni”.
“Ma lei non ha tipo una dipendenza?”, dice Sergio.
“Una dipendenza?”, dico.
“Sì”, dice Sergio, “una dipendenza in via Sanmicheli”.
“No”, dico. “Io in via Sanmicheli non ci abito più da due anni. Dal febbraio del 2004”.
“Ho capito”, dice Sergio. “E che cosa vorrebbe fare, allora?”.
“Vorrei far cancellare l’indirizzo sbagliato”, dico.
“Ma nel cartaceo ha controllato?”, dice Sergio.
“No”, dico. “Non so neanche se ce le ho, le Pagine bianche in cartaceo. Non le uso mai”.
Silenzio.
“Dunque?”, dice Sergio. “Che cosa facciamo?”.
“Vorrei sapere come faccio a far togliere dal sito l’indirizzo che non va bene”, dico.
“Possiamo farlo adesso”, dice Sergio.
“Bene”, dico. “Facciamolo”.
“Adesso vediamo”, dice Sergio. “Allora: via Comino Giuseppe…”.
“Quello è l’indirizzo giusto”, dico.
“Ah, ma allora è giusto”, dice Sergio.
“Sì”, dico, “l’indirizzo sbagliato è quell’altro”.
“Ma senta”, dice Sergio, “l’altro indirizzo non corrisponde al suo numero di telefono”.
“Lo so”, dico. “Corrisponde al numero di telefono che avevo allora, quando abitavo lì”.
“E lei non ha chiuso il contratto?”, dice Sergio.
“Certo che l’ho chiuso”, dico. “L’ho chiuso lì e l’ho riaperto qui in via Comino”.
“Allora è a posto”, dice Sergio.
“Come a posto?”, dico. “Se Pagine bianche fornisce due indirizzi miei, e uno è sbagliato, non è a posto un bel niente!”.
“Allora vuole che correggiamo l’indirizzo?”, dice Sergio.
“No”, dico. “Voglio cancellarlo. Voglio cancellare il numero di via Sanmicheli. Non è più casa mia”.
“Ah, ho capito”, dice Sergio. “Perché lei in via Sanmicheli non ci abita più”.
“Appunto”, dico.
“Eh”, dice Sergio, “bastava dirlo subito. E se non ci abita più, perché ha tenuto l’indirizzo nell’elenco?”.
12 novembre 2013 alle 17:03
spettacolare 🙂
12 novembre 2013 alle 17:05
con un po di allegro cinismo,mi verrebbe da dire
“lo dico sempre io che ci vorrebbe un Reagan,in italia..”
12 novembre 2013 alle 17:06
kafka al tempo delle pagine bianche
12 novembre 2013 alle 17:24
Il nipote del signor Veneranda lavora al 187.
12 novembre 2013 alle 17:34
massacrarli senza pietà !!
12 novembre 2013 alle 20:16
Per tutelare l’incolumità lavorativa del terzo soggetto, forse sarebbe stato meglio dire “Salve sono Sergio (il nome è di fantasia, NdA) in cosa posso esserle utile” con chiaro accento modenese (l’origine dell’accento è di fantasia NdA).
13 novembre 2013 alle 08:53
E magari, Andy, aggiungere anche: “(la conversazione è di fantasia)”.
Andrea: vorrei vederti, a lavorare nelle condizioni di lavoro di chi sta in call center.
13 novembre 2013 alle 10:52
Sono affascinato per qualche strana ragione da quegli articoli di giornale che- riportando fatti di cronaca imbarazzanti per gli attori coinvolti, non ultimo quello noto come “baby prostitute ai Parioli”- ricorrono alla formula “il nome è di fantasia”. Allora perchè sceglierne uno piuttosto che un altro? Emanuela che diventa Manu durante il racconto, qual’è la logica che sottostà (con l’accento? Senza?) a tale scelta? Perchè in Italia non- per quanto ne so, magari prverò a verificare- non esiste una formula alla John Doe (soggetto ignoto per i reparti investigativi americani)? Perchè nessuno ha mai proposto di chiamare le vittime di reati sessuali con un unico nome (per genere ovvio, visto che non sono sempre e solo donne) di copertura, qualcosa tipo Maria (il nome è di fantasia)?
13 novembre 2013 alle 12:26
semi ot :”john doe” esisteva quando negli usa il 70% della popolazione era “bianca”/caucasica,oggi col rimescolamento che c’è stato,con milioni di”latinos” e qualche milione(8,pare)di cittadini Usa di fede islamica,l’ignoto non ha piu il nome di”john doe”,neanche nelle classificazioni spurie.E mi par ovvio, dire john doe oggi è come dire mario rossi qua,ma colà,in usa,tendono a restringere il focus,e ad aggironarsi…
13 novembre 2013 alle 13:41
“aggironarsi” è veramente bellino… mi fa pensare a un personaggio dell’Inferno che si inserisce nel girone di competenza…
13 novembre 2013 alle 13:48
voleva esser “aggiornarsi” ,si,sorry 🙂
13 novembre 2013 alle 18:29
Dico la verità, ho controllato sul sito delle pagine bianche! Ed effettivamente…
Belle queste autofiction, le leggo sempre con piacere e divertimento!
13 novembre 2013 alle 18:48
domanda:come mai di queste “cose”(autoficion o similia)così briose che si posson trovare si ,anche quassù,nei libri di molta narrativa italiana non c’è traccia?
(eccezione più o meno,vedi un libro di racconti dello stesso autore)
viene quasi da ripensare (globalmente)a che scriveva Tondelli(per far un parallelo un pò cattivello )in una postfazione del progetto under 25:
qualcosa tipo:
“leggi le lettere di presentazione dei manoscritti,e han verve,simpatia,idee..poi leggi i racconti veri e proprio,inviati,e li, uno inizia a sospirare..”
sia chiaro,parlo della narrativa italiana piu in generale,non dell autore x o y
13 novembre 2013 alle 20:38
:-O e questo è solo un piccolo esempio di come le cose funzionano nella nostra Italia, nella maggioranza dei casi. Imperativo categorico: complicare le cose semplici e far perdere tempo alla gente. Ciaoo
13 novembre 2013 alle 22:06
un muro dove battere la testa, o in alternativa una stecca intera di cioccolato fondente, uno si fa prendere da certi desideri in quei momenti
14 novembre 2013 alle 04:34
che meraviglia…
14 novembre 2013 alle 07:20
Davide, scrivi:
Secondo me non è vero che di queste “cose” nei libri di molta narrativa italiana non ce ne sia traccia.
14 novembre 2013 alle 10:20
Insisto: raccogli questi meravigliosi dialoghi dell’assurdo, sono così godibili che viene voglia di recitarli! 🙂
14 novembre 2013 alle 11:09
Già fatto, Adriana.
14 novembre 2013 alle 14:10
giulio:
scrivi:
“”Secondo me non è vero che di queste “cose” nei libri di molta narrativa italiana non ce ne sia traccia.”
ah,oh si che c’è n’è traccia:in un caso su 4500,diciamo…..
(o su 3200,ma insomma la morale si capisce)
14 novembre 2013 alle 14:20
Davide, se fai affermazioni di questo tipo- citando addirittura delle cifre, anche se palesemente iperboliche- devi corroborarle con un minimo di citazioni circostanziate, altrimenti fai solo del pressappochismo (con 2 p).
Potresti prendere i primi dieci titoli in classifica di narratva italiana, per esempio, e dire perchè non rispondono ai tuoi parametri di inclusione. Per dire.
14 novembre 2013 alle 14:27
andy,il discorso è un po piu largo eh,iperboli piu o iperboli meno..:(
prova a rileggere la citazione da Tondelli piu in alto,e vedrai che gia a metà anni 80 ci si era accorti di quanta verve ci fosse in via informale,diciamo,per poi precipitare negli elaborati/manoscritti/invii spontanei
certo quelli eran giovai 18-25 enni ancora inediti,ma il discorso si può fare in paralleli con (molta)della narrativa italiana di oggi
semmai chi vuole può farmi esempi di quali pagine”vivaci”,simili come brio a quelle sopra (ovviamente non tiratemi in ballo l’ultimo libro di racconti di Gm,quello lo abbiam letto o cmq lo conosciamo ) saltan fuori in libri italiani recenti….credo che dovrò aspettare un bel pò di tempo 🙂
14 novembre 2013 alle 15:15
Davide, mi sono stufato di questo proliferare di affermazioni generiche e assolutistiche, di questo risentirsi ogni volta che ti si chiede di dire qualcosa di preciso su qualcosa di preciso.
Anche qui: tu affermi qualcosa, e dileggi chi ti chiede di uscire dal generico se non addirittura – santi numi! – argomentare ciò che sostieni.
Questo modo di fare mi fa particolarmente schifo.
Perciò – come ho fatto altre volte – ti blocco l’accesso ai commenti. Per un po’, come ho fatto altre volte.
14 novembre 2013 alle 16:08
certo che i “migliori” addetti call center, al telefono, capitano sempre a te giulio caro. come la storia del tipo che voleva venderti l’olio al telefono. considerato tutto questo caos comunicativo…almeno possiamo dire che ti rimangono ottime storie da raccontare e su cui noi lettori di vibrisse possiam riflettere. o no? un saluto giulio!
15 novembre 2013 alle 02:29
Lavoro in un call center, rispondendo ad un numero verde per trenta ore a settimana. E tifo spudoratamente per Sergio e Mario 🙂
15 novembre 2013 alle 15:17
Io dico che Giulio dovrebbe scrivere un dialogo come quelli a distanza tra lui e Davide, che si concludono sempre con una solenne incazzatura del Giulio e la bannazione, temporanea, del Davide.
Cioè, trovo questa situazione irresistibile.
15 novembre 2013 alle 17:08
Non sempre, Carlo. Ma spesso. Va detto che Davide replica instancabilmente sempre il medesimo, per me insopportabile, comportamento.
20 novembre 2013 alle 13:31
Facevi prima a cambiare casa e tornare in quella vecchia mi sa.