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Oh quei baffetti, quei baffetti tuoi,
fedeli amici di un tempo migliore,
io no davvero non li taglierei.
Danno al tuo viso un’aria superiore
da uomo fatto, che sa i fatti suoi:
come la valigetta dà al dottore
l’aria professionale. Fatti tuoi
comunque: i miei ricordi contan poco.
‒ Quali ricordi? ‒. Non ricordi? I tuoi
baci primissimi, che mi pungevano
il naso, e protestavo… Poi la grande
nottata, quando fummo Adamo ed Eva,
al buio, un po’ impauriti, e le mutande
io non volevo togliere… “Ma tu
sei nudo?”. “Nudo con i baffi!”. L’Ande
e gli Appennini quella notte, in su
e in giù scalammo, e pure l’Himalaya.
Ah, quell’incanto che non torna più…
‒ Dunque li tengo? ‒. O non capisci? Vai a
quel tuo paese, scusa. Tagli i baffi?
Chiama il poeta, corri alla petraia:
al nostro amor la tomba e gli epitaffi…
Nota dell’autrice. Il terzo verso non rima – come sarebbe regola – col primo, bensì col primo del testo a cui si allude: Giosue Carducci, Davanti san Guido: “O cipressetti, cipressetti miei, / fedeli amici d’un tempo migliore” eccetera. Edmondo De Amicis, Dagli Appennini alle Ande.
17 agosto 2013 alle 13:11
C’è poco da fare, le terzine incatenate sono le più belle.
18 agosto 2013 alle 10:55
Sì, ma non queste di Mariella.