Valter Binaghi, Valeria non c’è
La donna di un altro qualche volta sì (però era lei che voleva) ma rubato mai. Non c’è nessuno al mondo che può dire che gli ho babbato una lira. Neanche le tasse, nossignore.
Sono un lavoratore dipendente, le tasse me le levano alla fonte. Onesto per forza.
Com’è che rimedio la fica? Cosa c’entra, scusi, con la nostra questione?
Comunque sono funzionario dell’Assessorato alla Cultura, presso la Biblioteca Comunale. No, non bibliotecario. Quella è una donna, scostante e secca come un’acciuga, addetta all’archivio e al prestito libri. Io organizzo eventi, tipo conferenze con esperti nelle scuole, spettacoli pubblici, reading letterari. Quelli, soprattutto, sono pieni di donne. Fanno un gran parlare di libri e di autori e sono quasi tutte di sinistra, litigano su Carver e McInerney ma è il cazzo che vogliono. Le sette o otto passabili tra quelle fisse, me le sono fatte tutte. Contento? Adesso torniamo a noi. Lei non ha nessun diritto di accusarmi, e se insiste la denuncio.
Io sono una persona razionale e penso, prima di parlare. Ho lasciato la macchina aperta e il portafoglio sul sedile. Me ne sono accorto dopo cento metri, sono tornato indietro, il portafoglio non c’è più e lei è qui appoggiato alla mia macchina. Faccio due più due.
Io sono appoggiato alla sua macchina per accendermi questa sigaretta, vede? E lei come sa che il portafoglio è in macchina? Non può averlo dimenticato da un’altra parte?
Era in macchina. L’ho aperto all’incrocio per dare cinque euro a un lavavetri.
Minchia cinque euro, le crescono eh? Comunque ha detto il lavavetri, no? Eccolo lì.
Non lo sa che quelli sono velocissimi a far sparire le cose? Come gli zingari. Pensi che una volta una mia zia, in negozio…
Che mi frega di sua zia? Lei è un becero razzista, e probabilmente anche ladro. O si svuota le tasche qui, davanti a me, o chiamo la polizia.
Ma si rende conto? In questo punto, a quest’ora, come può vedere anche lei, passano tre o quattro persone al minuto. Quanto è rimasto a camminare con le spalle girate, cento metri, diciamo tre minuti? Fanno dieci o dodici persone. Perchè proprio io?
Quando mi sono voltato qui non c’era che lei.
Del resto non avevo dubbi.
Cosa intende dire?
Che ho lasciato apposta il portafoglio in vista sul sedile e la macchina aperta. Perchè so che tutte le mattine lei passa di qui. L’ho vista arrivare dallo specchietto.
Ma si rende conto di quel che dice? Lei mi spia. E da quando? E perchè poi?
Da una settimana circa. Volevo vedere che razza di uomo si scopa mia moglie. E adesso mi ridia il portafoglio.
Ah, è così…. Ora che mi ha visto, è contento dell’esame?
Pensavo peggio. Però Valeria la crede un signore, un uomo raffinato. Ha in mente di fuggire con lei, lo sa? Lo ha scritto nel suo diario online, dove si firma Vera.
Le dica pure che non ci penso nemmeno, e si tenga il suo portafoglio.
E’ la prima volta che mi scappa di fare una cosa del genere, ma c’è un motivo.
Debiti di gioco, maledizione, sono alla canna del gas.
Faccio finta di crederle. Lascerà stare mia moglie?
Guardi, lei mi è quasi simpatico, glielo dico da amico. Sua moglie mi ha letteralmente preso d’assedio, non sono io che l’ho circuita. E’ una donna confusa, un po’ soffocata da lei così rigido, non riuscirà facilmente a tenerla al guinzaglio se non cambia qualcosa fra voi. Via me, cercherà altrove.
Già. Una donna inquieta, ammalata di bovarismo. Forse perchè non abbiamo avuto figli.
Lei non ha idea di quanto mi faccia soffrire tutto questo. Io l’amo, capisce? E’ l’unica cosa a cui tengo veramente. Ma sono un uomo semplice, di poche parole. Alle donne piace che gli si parli.
Oh, certo. Ma sa che le dico? Si dicono amanti della poesia, ma sanno essere spietate con quelli che le trattano troppo bene. Lei ha molto da imparare sulle donne. Posso offrirle una birra?
Volentieri. E mi dica qualcos’altro di Valeria. Quella puttana.
5 luglio 2013 alle 10:33
Sei un genio Valter!
5 luglio 2013 alle 16:56
Veramente lo trovo scontato. Punto di vista maschile. Scarso approfondimento.Personaggi stampati in superficie che si leggono proprio di passaggio.
5 luglio 2013 alle 18:55
A me è piaciuto (anche se nella prima parte mi sono confuso più di quanto avrei voluto confondermi cercando di capire chi parlava). E della tua scrittura continua a piacermi, come scritto altrove, il brutto carattere, e perché è “autentico”, artisticamente parlando eh : – )
Poi (ripensando al commento di maria rosa giannalia), mi sembra normale che il punto di vista nel discorso di un personaggio maschile sia un “punto di vista maschile”. Però capisco (ipotizzo) il disagio di una lettrice che vuol vedersi rappresentata, perlomeno esistere (non so come dirlo) nelle narrazioni che legge. E’ una mia interpretazione. Perché Valter, non tutte le donne sono maschiliste, ci sono anche (io ne conosco poche) donne che non sono affatto maschiliste…
5 luglio 2013 alle 19:03
Anch’io. Ma i pezzi facili li vedo impostati su stereotipi (maschili e femminili). Tranne il documento africano, gli altri lo vogliono essere.
8 luglio 2013 alle 11:28
Io invece continuo a non capire perché l’autore dovrebbe avere l’obbligo di “rappresentare” chi voglia sentirsi rappresentato (tanto varrebbe scrivere su commissione, dopo essersi fatta inviare una breve glossa autobiografica). Perché mai l’autore dovrebbe avere “cautele” circa la suscettibilità del pubblico? Per piacere di più?
8 luglio 2013 alle 13:00
Così come i “tipi umani” sono stereotipi.
Roby: non ho capito a cosa ti riferisci. Credo di essermi perso un pezzo di conversazione da qualche parte.
8 luglio 2013 alle 13:18
@Giulio: mi riferisco ai commenti #2 e #3.
8 luglio 2013 alle 14:05
il (ma era lei che voleva) mi è piaciuto un sacco. e mi piace anche il racconto fino alla riga:
‘Faccio finta di crederle. Lascerà stare mia moglie?’
ecco, da lì in poi l’incantesimo finisce. lo sento finto.
l’ultima riga è divertente, come la prima.
8 luglio 2013 alle 16:02
Capito, forse, Roby.
Daniele, scrivi:
Sì, ma un conto è il “punto di vista” del personaggio, e un conto è la posizione (se ne ha una) del narratore (sia che sia un narratore visibile e percepibile, sia che sia un narratore che si nasconde).
9 luglio 2013 alle 00:34
Robysan: ho scritto ” Però capisco (ipotizzo) il disagio di una lettrice che vuol vedersi rappresentata, perlomeno esistere (non so come dirlo) nelle narrazioni che legge.” Il punto qui è “esistere”. Da notare: “non so come dirlo”. Ci sono narrazioni in cui un lettore può trovarsi spaesato e assolutamente fuori contesto. Può dipendere dallo stile, dagli argomenti, da un mucchio di cose. In alcuni di questi casi il lettore si incazza. Nella maggior parte non finisce il libro che sta leggendo. Nel caso in cui ci sia la possibilità di esprimere l’incazzo (ad es.: il lettore è un critico, o: il lettore è un lettore di blog) il lettore non perde l’occasione. Questo intendo. Non ho detto che sia giusto, che sia sensato; ho scritto “capisco”. Ed è un capire dell’immedesimazione.
Giulio, certo.
9 luglio 2013 alle 08:00
@dm
hey…tu…ce l’hai con me? dì un po’, ce l’hai con me?? (taxi driver, se ci fosse bisogno di annotare la citazione..) 🙂
se la risposta è si, (ma può essere una coincidenza di termini, nel qual caso mi ritiro) tengo a sottolineare che la mia ‘incazzatura’ espressa ieri a chiare lettere a claudio salvi sottolineava la mia sintonia con la sua scrittura. per me è palese, ma mi rendo conto che può non esserlo all’esterno… bel modo di dire a uno qualcosa di buono, eh?
insomma, sig. daniele, nel caso non si fosse riferito a me, ritenga nulla la presente (che di fraintendimenti è pieno il mondo, e i blog)
saluti a tutti
10 luglio 2013 alle 00:28
Manu, non ho ancora letto quel commento a Claudio Salvi.
10 luglio 2013 alle 07:47
ecco appunto, ho frainteso. ciao
10 luglio 2013 alle 17:26
Mi accorgo, avevo letto il commento. E non mi era sembrata un’incazzatura, né una ‘incazzatura’.