
L’importanza della trama.
di giuliomozzi
1. Lui e lei s’incontrano. Non si sono mai visti prima. A causa della folla non si parlano (c’è una festa, un congresso medico, il meeting di Cl, la sagra della rapa, ecc.). Lei guarda lui. Lui si sente muovere tutto dentro, e da quel momento non fa che pensare a lei. Però non sa nemmeno chi è. Due mesi dopo, casualmente, si reincontrano (sull’autobus, al cimitero, a bordo del panfilo dello sceicco X, alla Coin ecc.). Lei gli rivolge la parola e sa tutto di lui perché hanno amici comuni ecc. ecc. e in realtà dalla volta di quel primo incontro non ha fatto che informarsi sul suo conto.
2. Lui sparisce all’improvviso. Lei rimane sola, in forti difficoltà economiche (hanno sette bambini, un mutuo, un’azienda appena avviata, un serial killer che li minaccia, ecc.). Lo attende per un anno. Poi, finalmente, decide che davvero è tutto finito e si cerca un altro compagno. Lo trova. La prima volta che vanno a letto insieme (a casa di lei), lui ricompare inaspettato (aveva dimenticato lo spazzolino da denti, gli serviva la carta di credito, doveva disseppellire dal giardino il tesoro di famiglia, voleva farle una sorpresa ecc.). Lui la pianta.
3. Lui e lei sono una coppia aperta. Marito e moglie, però ciascuno si fa le sue storie. Se le raccontano, anche, con grande spasso e divertimento. Poi all’improvviso lei si innamora di lui: proprio di lui, solo di lui. Lui non riesce ad accettare la cosa e fugge con un un ussaro (un marinaio, un curatore di mostre d’arte contemporanea, un noto chirurgo plastico ecc.).
4. Lui viene ucciso a coltellate (a colpi di sedia in testa, col veleno, con una scarica elettrica potentissima ecc.). Prima di morire riesce a scrivere con il sangue (con una matita, con la cacca del figlioletto neonato, con il vin brulé ecc.) sul pavimento (sul muro, sul soffitto, su un tovagliolo di carta ecc.) un messaggio enigmatico basato sui numeri primi gemelli (sulla serie di Fibonacci, sulla progressione di Malthus, sulla regredienza moltiplicativa di Keeckenbroker ecc.). Lei male interpreta il messaggio e per vendetta uccide la cugina (la governante, il portinaio, il direttore del Louvre ecc.), che in realtà è innocente (ma lei non lo sa, benché ci sia qualcuno – un redattore del Times, un fratello musulmano, un cuoco di provincia, un saltimbanco portoghese ecc. – che glielo fa ostinatamente ma oscuramente sapere). Passa del tempo e lei sposa un armatore greco (un cugino di primo grado del principe del Galles, un salumiere di Bergamo, un dirigente d’azienda siciliano trasferito a Milano ecc.). Il nuovo marito ha la passione dei giochi matematici. Quattrocento pagine dopo lei capisce che l’assassino è lui.
5. Lei viene uccisa a randellate. Lui è incolpato. Confessa. Va in galera. Tenta il suicidio. Lo salva un secondino. Da quel momento lui e il secondino diventano amicissimi. Dopo molti anni lui esce di galera. Non sapendo dove andare, accetta l’ospitalità provvisoria del secondino. In una sera di temporale gli racconta di essere innocente, e di aver confessato l’omicidio solo per andare in galera, per togliersi dal mondo, per lenire la sofferenza. Il secondino lo ascolta comprensivo. L’assassino è lui, e glielo dice. Lui risponde: “Lo so. L’ho sempre saputo”.
6. Lui (professore alle medie) ha dei problemi esistenziali. Lei (impiegata in una ditta di ceramiche) no. Lui è ricco di famiglia. Lei no. Lui vorrebbe andare a vivere a Cuba. Lei no. Lui è postcomunista. Lei no. Lui si fa delle storie fuori dal matrimonio. Lei no. Lui investe tutti i risparmi nella cooperativa de il manifesto. Lei lo pianta e si mette col proprietario della ditta di ceramiche.
7. Lui è un vulcaniano. Lei è di un pianeta dalle parti di Orione. Il loro amore è immenso. Le loro sessualità sono incompatibili. Dopo un po’ lui si stufa e si mette con una piemontese di nome Cesira.
8. Lui e lei vogliono sposarsi, ma le famiglie sono contrarie. Tentano una fuga d’amore. Vengono bloccati. Lui è costretto a lavorare nel cementificio del padre, lei viene spedita in un monastero umbro. Non si rivedranno per vent’anni. Quando si rivedono lui dice: sposiamoci. Lei risponde: fossi matta, ormai mi sono abituata così.
9. Lui vorrebbe morire. Lei lo aiuta, ma sbaglia qualcosa e lui sopravvive in perfetta salute. Per vendetta lui la uccide col ferro da stiro.
10. Lui è un romanziere che dopo qualche libro accolto bene ma niente di che, finalmente sente di avere la storia che lo porterà al vero successo. La racconta a lei. Lei gli dice: mi pare una vera cagata, venderà un casino. Lui, offesissimo, si ritira in soffitta a scrivere. Lei gli porta su i pasti, sempre più miseri. Lui non si lava, non si cambia, dorme sul pavimento umido. Lei lo ignora, e per ignorarlo meglio accetta una proposta di lavoro in un’altra città. Si trasferisce. Lui scende dalla soffitta solo per prepararsi miseri pasti, esce di casa solo per comperare pane e formaggio e qualche pomodoro. Lei all’inizio telefona ogni tanto, ma lui non risponde. Lei si dimentica di lui. Lui finisce il romanzo. Lo porta all’editore. L’editore dice bofonchiando: mettilo là. Per sei mesi nessuna risposta. Per altri sei mesi nessuna risposta. L’editore muore. Lui va a riprendersi il dattiloscritto. Trova il figlio dell’editore, subentrato, che ha appena finito di leggere il romanzo e gli dice: è una vera cagata, venderà un casino. E così accade. Lui si suicida. Lei viene a saperlo dai giornali, fa le carte per l’eredità, diventa ricchissima coi diritti, sposa un bagnino di Fregene con il pallino di Kierkegaard.
La fotografia in alto viene da qui.
2 luglio 2013 alle 08:13
Bene.
Il mio romanzo non rientra in nessuno di questi, ma se lo analizzo bene forse potrei inserirlo come undicesimo punto! Il fatto è che secondo me -e forse sto dicendo una cosa banale e scontata- gli intrecci narrativi si somigliano tutti tra di loro da millenni: è il contesto (luogo e tempo) che li rende a loro modo originali, la voce narrativa, lo stile, il diverso modo di vedere le piccole cose.
2 luglio 2013 alle 08:21
a me sembrano tutti bellissimi.
2 luglio 2013 alle 08:54
Caro Giulio, sono disperata. Ho appena finito di battere un manoscritto di 2500 pagine, che volevo giusto inoltrarti. Ci ho messo tre anni e mezzo a finirlo e rifinirlo. E stamattina, proprio prima di cliccare su “Invio” nella e-mail per te con allegato da 25 MB, che cosa vedo? Questo tuo post! E ho capito di non avere chances. Il mio romanzo parla di due personaggi bellissimi, che s’incontrano all’improvviso. Questi due s’innamorano all’istante, ma non si vedono per due mesi, pur pensandosi reciprocamente di continuo. A un certo punto lui, di colpo, si dà alla macchia e lei, che tanto sperava di rivederlo, rimane sola con il mutuo della casa in montagna (quello della casa di Milano è già stato esaurito) e tre bambini, avuti dall’ex-marito, che aveva sposato contro il volere della famiglia. Dopo un po’ lei incontra un altro e decidono di essere coppia aperta, quando lui viene assassinato. Prima di spirare, lui scrive un messaggio criptico da decrittare con le istruzioni di montaggio del Minipimer. Nel messaggio si fa riferimento a oscuri segreti del periodo nazista di suo nonno. A causa dei segreti rivelati dal messaggio, anche lei viene uccisa. A randellate. A questo punto, si fa vivo un cugino di terzo grado di lei, che si separa dalla moglie in quanto sono diversissimi. Fino a che, a pagina 749, non si scopre che lui in realtà è un vulcaniano che ha precedent penali come “L’assassino del ferro da stiro”… [continua…]
2 luglio 2013 alle 09:00
In realtà tutte queste trame, tranne una, sono estratte da romanzi molto letti e considerati generalmente molto belli.
2 luglio 2013 alle 09:04
Sono d’accordo, sono dieci cose che non dovrebbero accadere nella trama di un romanzo, però sono veramente molto divertenti da leggere in un decalogo. Secondo me, potrebbe essere interessante inserire nella trama di un romanzo un personaggio che compila decaloghi di questo genere; si può pensare che il suo trattatello mandi in crisi un autore famosissimo (quello che pensava di aver scritto l’ennesimo capolavoro, ma poi ha visto il suo romanzo riassunto nel decimo punto del decalogo, p. e.) che vuole per questo farlo fuori ad ogni costo,o quanto meno spargere veleno su di lui e sul suo lavoro editoriale. L’autore del decalogo però, uomo arguto e di buon senso, non si è lasciato sfuggire un suggerimento tratto da uno degli ultimi campioni di incassi che gli è capitato sottomano: ora fa il bagnino a Ostia e si intrattiene con le bagnati parlando di Spinoza.
L’autore famosissimo, ahi noi, finirà per suicidarsi anche nella realtà.
2 luglio 2013 alle 09:08
Qualcosa tipo: “Il decaloghista non deve morire”, insomma.
2 luglio 2013 alle 09:09
E comunque il romanzo al punto 8 vorrei tanto averlo scritto io!
2 luglio 2013 alle 09:16
La bellezza dei punti 1), 2), 3) e 4) sta nelle parentesi, poi Giulio Mozzi si stufa e diventa più sintetico e lapidario dal punto 5 al punto 9. Il decimo è un chiaro (?) esempio di metanarratività 🙂
2 luglio 2013 alle 09:17
La 4 è fenomenale!
11. Lui sta scrivendo un romanzo. Lei pure. Nel romanzo di lui lei muore alla pagina uno infilzata da uno stuzzicadenti bipunta gigante intriso di Chinotto. Nel romanzo di lei lui muore alla pagina due avvelenato da un sorso fatale di Cynar tarocco. Finiti i rispettivi romanzi, lui e lei se li scambiano per le prime impressioni ma lei non sopporta di morire già alla pagina uno così ammazza lui con un battipanni di cemento mentre è ancora vivo alla pagina uno del romanzo di lei.
2 luglio 2013 alle 09:17
Se rese reali, sanguigne, profumate, tragiche, scomode, inquietanti, ironiche, rarefatte, musicali, tattili e prensili, oltre che ben congegnate e irripetibili, anche queste trame potrebbero non cadere nelle mani di chi lo leggerà. Basta spostare la tara un poco più in là. Se si punta solo sulla trama, invece, anche tanti altri romanzi dovrebbero cadere, o sarebbero dovuti…
2 luglio 2013 alle 09:20
Trovo che il titolo “Il decaloghista non deve morire” sia estremamente accattivante: riecheggia un successo insuperabile e utilizza un mestiere nuovo come elemento di curiosità, ottimo per questi tempi di crisi e di ricerca di nuovi mestieri. Aggiungi anche, non di poco conto, l’aspetto ben augurante… Ottimo!
2 luglio 2013 alle 09:21
Morena in “Alta Fedeltà” di Nick Hornby, il protagonista stila top ten su tutto (soprattutto su brani musicali legati a situazioni/luoghi). Il romanzo è molto carino, te lo consiglio se ti piacciono i decaloghi.
2 luglio 2013 alle 09:23
C’è trambusto sul tram e lei, leggendo un romanzo d’appendice appesa con una mano al corrimano, fatica a seguirne la trama. Per combinazione, quel tram è lo stesso tram che Mozzi prende tutte le mattine per andare all’Einaudi a sottoporre agli editori le trame che ha scoperto nel leggere ciò che una banda di oscuri sciamannati gli invia in continuazione. Senza tramblare [*] affronta il trambusto che c’è sul tram e s’avvicina alla tipa della quale si diceva al primo capoverso. Allunga il collo per smiciare brandelli della trama del romanzo della tipa sul tram e tramite le pause che a tratti il tram consente al trambusto – e durante le quali il libro resta fermo per qualche secondo – vede chiaramente che il romanzo che la tipa legge è privo di trama. Travolto dalla scoperta – un tremito lo percorre – e subito ripreso dal trambusto del tram, nonché dal trepestio di quelli che voglio scendere alla prossima, trascende la sua consueta olimpica calma e tonitruante afferma: “l’ho trovato, l’ho trovato l’atramatico, chi l’ha scritto? debbo conoscerlo subito, è un inedito? un samiszdat della Smith&Laforgue?”. Lei, traballando un po’ per il tram un po’ per l’irruenza mozziana, dice: “macché, la trama c’è, solo che sul tram è difficile seguirla: è la storia di un tipo che trova un romanzo in cui c’è scritto che il suo destino è sul tram, allora lui si fa tramviere ma solo perché non aveva capito. In realtà c’è un lui che incontra una lei che legge un romanzo apparentemente senza trama e se ne innamora perdutamente (della tipa). Prendono una margherita e sfogliandola alla cantilena “trama-non-trama” capiscono di essere fatti l’una per l’altro. Mozzi e la tipa scendono alla prossima, incuranti del trambusto, e saltellando mano nella mano si promettono solennemente che non leggeranno mai più romanzi, dalla debole trama, trasmessi via mail.
[*]: torinesismo per “tremare”
2 luglio 2013 alle 09:23
L’ha ribloggato su Scarabocchi di Amnerise ha commentato:
Ecco. Appunto.
Come volevasi dimostrare…
2 luglio 2013 alle 09:33
Fabio Volo ti odia, sappilo. Per i 5 romanzi che ha già “scritto” ma soprattutto per i 5 che sta “scrivendo” adesso.
Gli hai bruciato tutte le trame.
Anche Andrea De Carlo, ti odia.
2 luglio 2013 alle 09:39
In “alta fedelta’” lui stila top5.
In un altro testo (“La lista di JD”), meno famoso, il protagonista c’ha la fissa del 7, e fa elenchi del tipo “le sette scene piu’ ignoranti della storia del cinema” o “I sette pasti da consumare prima di morire”.
Il 4, comunque, e’ “Il codice da Vinci”.
2 luglio 2013 alle 09:52
Il punto dieci è un capolavoro.
2 luglio 2013 alle 09:58
Andy, hai ragione!
Mi scuserai spero, l’ho letto mille anni fa.
2 luglio 2013 alle 10:34
La 2 mi ricorda L’Assommoir di Zola, mettici soltanto: dopo la ricomparsa dell’antico amante, fra i tre si instaura uno strano ménage. Disavventura sentimentali ed economiche conducono i protagonisti alla rovina.
2 luglio 2013 alle 11:14
Grazie a Maurizio Paolucci per il consiglio, leggerò Nick Hornby.
Preciso che io vorrei aver scritto il romanzo al punto 8 non tanto perché la trama sia la più intrigante, ma per la risposta da manuale della protagonista: un autore capace di far dare risposte tanto sensate a uno dei suoi protagonisti non può che essere persona equilibrata.
2 luglio 2013 alle 11:16
Il 10 l’ho letto, è storia vera! (più o meno)
2 luglio 2013 alle 11:20
Ciao. Sono una piemontese di nome Cesira. Ritengo che la tua versione della storia di mio marito con la sua ex sia del tutto esagerata. Per sua natura, lui è un tantino algido, quindi più che un amore immenso lo chiamerei un esperimento sociologico. Poi fai tu.
2 luglio 2013 alle 11:26
Se qualcuno dovesse scrivere il n. 4 e se dovesse pubblicarlo, faccia un segnale. Se non è troppo lungo, alla prima vacanza stanziale raggiungibile, lo leggo senza meno.
2 luglio 2013 alle 13:32
Mi sono annoiata a leggere il decalogo…
2 luglio 2013 alle 14:11
Ho atteso fino alla fine il mio caso ma non l’ho trovato. Allora qui le cose sono due: o a te manca un punto, o io sono particolarmente sfortunato 🙂
2 luglio 2013 alle 14:30
Leggendo il decalogo mi sono reso conto che il personaggio femminile dell’esempio numero sei è anti-romanzesco al massimo eppure mi fa una grande simpatia
2 luglio 2013 alle 14:36
Il decalogo, secondo me, non serve. Serve solo c… ovvero fortuna perché una storia entri nelle grazie di qualche editore e poi che venga pubblicizzata fino alla noia. Solo così si arriva al successo, altrimenti non mi spiego perché tanti romanzi insulsi, e altrettanti romanzi che fanno solo vomitare sono in cima alle classifiche delle vendite.
2 luglio 2013 alle 15:47
@Anna: potresti fare qualche esempio di romanzi “insulsi” in cima alle classifiche?
2 luglio 2013 alle 16:50
Le opere che stanno in cima alle classifiche di vendita sono lì perché tante persone hanno compiuto, ciascuna per conto proprio, il gesto di acquistarle.
Perché mai un editore dovrebbe prendere nelle sue grazie una storia “insulsa” o che “fa vomitare”? Non sarebbe più sensato se l’editore prendesse nelle sue grazie delle gran belle storie, interessanti e scritte bene? Eh?
Peraltro non sono infrequenti i casi di romanzi che diventano popolari al di là di qualunque aspettativa dell’editore (qualche sempio recente: “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” di Brizzi, “Va’ dove ti porta il cuore” di Tamaro, “Con le peggiori intenzioni” di Piperno).
2 luglio 2013 alle 17:19
Il punto 5 è il migliore, a mio parere. meglio ancora se la moglie riuscisse a sopravvivere alla sciagura e alla fine si sposasse con il secondino. Con l’ex marito che ammette: “Sapevo anche questo”.
2 luglio 2013 alle 21:13
Leggo e rifletto sul tuo decalogo, su le tue risposte e mi rendo conto che il mondo dell’editoria è governato da altre leggi che non quelle di scrivere una buona storia. Ci sono romanzi che non meritano di essere pubblicati (l’ultimo letto è stato L’educazione siberiana di Lilin) ma che finiscono in classifica e pure sul grande schermo. Altrri che pur essendo buonoi faticano a finire sugli scaffali.
Che dire? Nulla in più di quello che hai scritto.
2 luglio 2013 alle 23:57
Anche il mio “ultimo libro d’esordio” diventerà un bestseller, aldilà di ogni aspettativa…
Scherzi a parte, Ho notato che il successo oltre le le classiche tirature di partenza, anche per i libri con dietro grandi case editrici, è qualcosa che magari si può innescare, ma che non è detto che esploda. Mi spiego: la gente è influenzabile, ma fino ad un certo punto, oltre c’è la capacità di intrattenere (nelle varie forme con le quali può intrattenere un libro), di divertire di un testo, che non si può misurare se non con le vendite. Vendite=qualità? Non sempre, ma spesso è così. Ovvio che un libro nascosto al pubblico in una libreria in uno scantinato sotto un negozio di alimentari a Bari difficilmente emergerà.
Queste sono argomentazioni delle quali si potrebbe parlare all’infinito, spendendo parole inutili che lasciano il tempo che trovano, ragion per cui….Mozzi dacci altre Madrigale!
3 luglio 2013 alle 00:08
Gentile Giulio,
per caso l’ho ritrovata, dopo essere stata accanita lettrice di Vibrisse nei primi due anni di vita della rivista e avere pure avuto il piacere di essermi vista pubblicare qualche mio intervento. Purtroppo poi la rivista non mi è più arrivata, e poi, come capita, l’ho persa di vista e non ne ho saputo più nulla. Adesso mi fa molto piacere sapere che ancora esiste. Come fare per accedere alla lettura?
Mi è sempre piaciuto il suo modo di interagire schietto e spontaneo con tutti noi, per le cose che dice e il modo crudelmente vero in cui le dice. Ciò nonostante Le invierò una mia piccola raccolta di racconti, alcuni dei quali sono stati pubblicati ma in riviste che non mi piacciono affatto.Glieli invierò non appena avrò imparato a ridurle nel formato da Lei richiesto, se mi riuscirà di farlo. Ho trovato molto divertenti ed efficaci tutti i consigli che ci dà. E mi ha fatto molto piacere leggere tutte queste sue risposte a quelli che come me amano la scrittura. Ci terrei davvero a sapere come fare per accedere alla rivista. La saluto con simpatia.
3 luglio 2013 alle 06:19
Maria Rosa, per leggere “vibrisse” devi solo fare ciò che hai già fatto: venire qui.
3 luglio 2013 alle 11:26
Il punto due è Tess of the Duberville, quasi.
3 luglio 2013 alle 14:03
E se uno vuole uccidere il proprio editore davanti agli occhi di tutti, alla Sagra della Rapa verace?!
3 luglio 2013 alle 14:15
A me gli assassinii a sediate e martellate sono piaciuti tantissimo.
3 luglio 2013 alle 17:52
Bene, con gran sollievo noto che la mia idea di scrivere un romanzo che tratta dell’amore impossibile tra un prete pedofilo e una dodicenne ninfomane non rientra tra le dieci vietate. In più, è erotico e adesso il genere tira un casino. Direi che è il momento di darsi da fare!
3 luglio 2013 alle 17:52
OK. Grazie. Già fatto!
3 luglio 2013 alle 22:07
Giulio quando scrivi ‘ste cose, ti amo. (il 5 è da urlo).
3 luglio 2013 alle 23:34
Leggendo il diario (le lettere) di un congiunto una donna scopre cose che non si sarebbe mai aspettata, cose che la faranno cambiare opinione sul defunto (sulla defunta) e le cambieranno il modo di vedere le cose. una trama banale ma che è presente in un film di Ken Loach (Terra e libertà) e in uno di Clint Eastwood (I ponti di Madison County).
4 luglio 2013 alle 18:22
trop bel!!!! grazie per questo decalogo!
7 luglio 2013 alle 11:36
grazie Giulio anche il divertimento ha il suo decalogo…
9 luglio 2013 alle 09:44
[…] Sempre utili e frizzanti i consigli di Giulio Mozzi sull’arte dello scrivere. Qui un decalogo di cose da evitare come la peste per non fare gettare il vostro manoscritto nel cestino alla seconda pagina. Mi sono molto divertita anche se ho constatato che diversi punti fanno parte di trame già lette, velatamente o meno velatamente già sfruttate e pubblicate. Potremmo anche dire che la trama non è tutto, e prendere a modello lo stile, la capacità di creare atmosfera, lo spessore dei personaggi, l’arte del dialogo, o tanto altro che dovrebbe far parte della cassetta degli attrezzi di un buon narratore. Divertitevi a leggere ma vi consiglio di non prendere alla leggera i suggerimenti di Mozzi, ci sono molti spunti per rileggere con spirito critico il proprio manoscritto prima di chiuderlo in busta e spedirlo. Il pezzo è qui… […]
22 settembre 2014 alle 10:14
Mi piace scrivere e scrivo da anni. Dopo tre anni di lavoro ho finito un romanzo. L’ho fatto stampare da una tipografia e sono bloccata per la divulgazione.
23 settembre 2014 alle 17:23
Almeno cinque trame su dieci hanno attirato la mia curiosità. Io devo leggere la storia del vulcaniano e della signora Cesira. DEVO.
23 settembre 2014 alle 17:31
Bene, Carlotta. Fammi un’offerta e te la scrivo.