Valter Binaghi, Bolle di sapone
E’ una giornata di primavera, l’arietta fina invita al passeggio ma la terza età ti accorcia il fiato, così dopo trecento metri ti ritrovi seduto sulla solita panchina del parco, quella vicina al chioschetto del gelataio. Al parco di pomeriggio c’è quasi sempre la stessa gente, il più delle volte seduta sulla stessa panchina cui si finisce per affezionarsi. Il ragioniere in pensione fieramente leghista mangia solo gelato alla panna, un paio di comari discutono animatamente delle malefatte adulterine di una terza, tre militari danno voti al culo di babysitter e badanti che passano spingendo carrozzine o sedie a rotelle. E poi ci sono Mirko e Fabiana, che frequentano la stessa classe Quinta C della Scuola Elementare Mentasti. Fanno i compiti insieme a casa di lei, e poi vengono qui verso le cinque, siedono sulla panchina ognuno con la sua boccetta e soffiano bolle di sapone. Ormai hanno sviluppato un vero talento artistico: ne fanno di lente e grosse che si staccano con cautela e, finchè l’aria le trattiene, volteggiano sulle nostre teste come turisti svagati in questo mondo.
Allora io chiudo gli occhi, e mi pare di apprendere verità che quand’ero giovane ero troppo affannato e veloce per accogliere.
Dove vanno le bolle di sapone dei bambini, quando esplodono e non si vedono più?
Finiscono in un altro mondo, anzi lo creano, dove esistono ed esisteranno per sempre, e dentro ogni bollicina c’è un esserino. E’ il pensiero che il bambino faceva mentre soffiava.
Pensieri diversi, maschili e femminili, di diversi colori e caratteri, generano diverse entità.
Un pensiero pacificato e contemplante è blu, un desiderio intenso ma anche un rimpianto lancinante è rosso. Bianco il puro stupore, verde l’attesa, gialla la comprensione, nero sarebbe l’odio di altri e di sè, ma creature così in effetti non se ne vedono – chi può odiare soffiando una bolla di sapone?
Gli esserini che sono pensieri non si contentano di viaggiare per conto proprio: si attraggono e si respingono per palesi o segrete affinità, e formano vere e proprie costellazioni che qui da noi chiameremmo discorsi o teorie, ma sono del tutto diversi dalle nostre, perchè non sono state le preoccupazioni umane o l’istinto di sopravvivenza a generarne gli elementi, ma l’inconfessata libertà di cuori sognanti. Se poteste ascoltarle udreste cose tipo:
“I pesciolini rossi sonono scappati dal mare per la puzza delle petroliere”
“Sono scappati sugli alberi, ma non riuscivano a trasformarsi in uccelli”
“E’ passato l’omino della fiera, ne ha messo ciascuno in una boccia”
“Io ho vinto il mio centrando il vasetto con la pallina, sono più bravo di tutti con la mira, lo dice anche mio fratello”
“Invece il mio l’ha vinto mio papa’ e poi me l’ha regalato”
“Il mio è più rosa che rosso, dev’essere una femmina”
“Il mio è sicuramente maschio. E’ rosso di sotto e nero di sopra”
“Li facciamo sposare?”
“Se si sposano i nostri pesci ci sposiamo anche noi?”
“Io ho anche una tartarughina marina”
“Io ho un insetto stecco. Sembra un rametto: non si muove mai ma mangia foglie di rosa”
“Facciamo sposare anche quelli?”
“Poi io da grande faccio l’inventore e invento un albero dove possono starci tutti, pesci, tartarughe e insetto stecco”
“Un albero di Natale!”
“Ma vivo!”
Mirko e Fabiana non lo sanno e non lo sapranno mai, ma mentre siedono sulla panchina ognuno col suo soffione, sono veramente innamorati l’uno dell’altra.
Di tutte le loro bollicine, quelle che in un certo istante si sono staccate insieme e insieme un minuto dopo si sono dissolte contro il ramo di un tiglio, sono comparse altrove vicinissime e adesso viaggiano insieme, in quest’altro mondo dove non ci sono che bolle perchè i pensieri che le abitano non hanno bisogno di mangiare nè dormire, e procedono solitari o a grappoli o a coppie senza suolo, nè sfondo nè direzione imposta. Sono infantili, volubili e semplici, come erano i bambini quando li hanno pensati e come è il mondo in cui sono possibili. In quel mondo viaggiano senza sosta nè accelerazione ma sensibili al contatto e alla simpatia che può prolungarlo. Per esempio i pensieri di Mirko e Fabiana, appena arrivati al mondo nuovo, non solo si sono subito appaiati ma dopo un po’ si sono uniti facendo di due bolle una. C’è sempre la possibilità che ognuno riprenda la sua strada e la bolla ritorni a scindersi, ma forse non succederà anche se nel nostro mondo Mirko e Fabiana non si rivedranno mai più dopo gli undici anni, quando la famiglia di Mirko si trasferirà a Bologna.
Un giorno lui sarà un commercialista di settant’anni con pizzetto e occhiali rimasto celibe, mentre Fabiana farà la maestra, avrà sposato un impiegato comunale e sarà orgogliosa dei suoi due figli che vanno all’università. Di pomeriggio, in primavera, lui uscirà per il passeggio, ma finirà ogni giorno sulla stessa panchina. Guardando due bambini tenersi per mano ricorderà un antico amore, e seguirà con lo sguardo una grossa bollicina che s’infrange contro il ramo di un tiglio.
18 giugno 2013 alle 13:18
Tempus fugit.
18 giugno 2013 alle 13:33
“Forse un giorno scopriremo che non ci siamo mai perduti, e che tutta questa tristezza, in realtà non è mai esistita.”
“I migliori anni della nostra vita”, Renato Zero.
18 giugno 2013 alle 22:12
bisognerebbe bandire definitivamente la velocità dalle nostre vite; e fin da giovani. la fretta, correre, stritola l’attenzione, appiattisce lo spirito, mortifica i pensieri. spegne la fiamma, poco a poco. lentamente. finchè si resta solo macchine, a guardare distrattamente quelle bolle di sapone. bel post. buona serata
19 giugno 2013 alle 08:19
Delicato come una bolla di sapone.