Giulio Mozzi: Giustizia e Misericordia
Il Creatore creò il mondo e lo affidò alla Giustizia. Il mondo era perfetto, era bellissimo, ma dopo un po’ il Creatore pensò: “Creando questo mondo non ho creato nulla: mi somiglia in tutto e per tutto. Non è una creazione: al massimo un rispecchiamento”.
Allora il Creatore richiamò la Giustizia, e affidò il mondo alla Misericordia. All’inizio tutto funzionò come prima: poi, per iniziativa di una creatura, nel mondo apparve il male. Il Creatore stava per fulminare la creatura, ma la Misericordia lo fermò, dicendogli: “A che pro mi hai affidato il mondo, se poi pretendi di esercitarvi la giustizia tu personalmente?”.
Il Creatore rispose: “Hai ragione. Questo mondo sarà come vorrà essere. Non mi rispecchierà, mi somiglierà ma non sarà uguale a me. Ti do il potere di perdonare”.
La Misericordia disse: “Ecco, bravo. E adesso scusa, che in questi cinque minuti di chiacchiere il male si è diffuso ancora, e io ci ho un sacco di gente da perdonare e far perdonare”.
Per secoli e secoli il Creatore assistette all’orrendo spettacolo della trasformazione del mondo, che all’inizio era così simile a lui, in qualcosa di completamente diverso. La Ragione gli diceva:
“Vedi? Hai fatto davvero una creazione. Hai creato qualcosa che in te non poteva esistere. Hai creato davvero dal nulla“.
E il Creatore: “Sì, vabbè, però. Sai che soddisfazione”.
Il disastro continuò per secoli. Finché il Creatore, ormai terrorizzato dal diffondersi del male nel mondo, si increaturò per tentar di salvare il salvabile.
La Misericordia gli disse: “A tuo rischio e pericolo”.
E il Creatore: “Sì, sì”.
Non ci fu misericordia per lui. Si incarnò, fece quel che poteva, e fu arrestato e condannato al supplizio. Un istante prima di morire gli venne un dubbio: sarebbe morto davvero e del tutto, lui, il Creatore, o sarebbe morta solo la creatura nella quale si era increaturato?
Poi morì.
13 giugno 2013 alle 08:06
una genesi ed un vangelo magnifici
13 giugno 2013 alle 08:42
increaturato, mi piace.
13 giugno 2013 alle 09:01
Quindi il male nel mondo sarebbe da imputare all’insoddisfazione del creatore per il proprio creato?
13 giugno 2013 alle 09:22
Un istante prima di morire gli venne un dubbio: sarebbe morto davvero e del tutto, lui, il Creatore, o sarebbe morta solo la creatura nella quale si era increaturato?
Poi morì.
Poi risorse. E pensò: “Ma guarda tu che domande assurde ci si fanno prima di morire!”.
😉
13 giugno 2013 alle 11:41
con quella fine è spietato.
13 giugno 2013 alle 13:43
Ottimo!
13 giugno 2013 alle 13:48
Bellissimo.
13 giugno 2013 alle 14:43
Sul male: ci leggo che nasca non tanto dall’insoddisfazione, quanto dall’esito naturale dell’atto di creare. La creatura è veramente creatura quando si separa e liberamente sceglie. Senza separazione non c’è neppure relazione.
D’altra parte, non descrive anche il salmista, per la propria anima, una custodia divina che assomiglia all’abbraccio di una madre? E nell’abbraccio del salmo il bambino è “svezzato”, nulla lo trattiene.
Poi il pezzo è giocoso, divertente, Dio buffo e goffo e il finale mi pare coerente.
13 giugno 2013 alle 15:40
Poi risorse. E pensò: “Ma guarda tu che domande assurde ci si fanno prima di morire!”, ma visto che era piuttosto scosso dall’esperienza creò l’universo, per mettere tra sè e la morte un poco di distanza.
13 giugno 2013 alle 17:02
Ovviamente niente in questa storiella è farina del mio sacco, se non il modo di raccontarla.
Il concetto (e proverò a ritornarci con altre storielle, se ci riesco) è questo: creare dal nulla significa creare qualcosa di differente (perché, se ciò che creo mi rispecchia, non è creato dal nulla ma da me).
13 giugno 2013 alle 17:10
Ahahah…
Lei Mozzi conosce il signor Nulla?
13 giugno 2013 alle 17:23
Oh, abbiamo preso appuntamento molte volte. Non s’è mai presentato.
13 giugno 2013 alle 18:03
Identità nella differenza, alterità nella somiglianza.
Non facciamoci fregare da Parmemide. che di guai ne ha combinati fin troppi.
13 giugno 2013 alle 18:18
Non ho capito, Valter.
13 giugno 2013 alle 21:08
E’ la Trinità, Giulio. Il Verbo è uguale al padre ma distinto come persona. E’ lo scrigno di tutti i misteri della fisica, della metafisica e del linguaggio. Il tuo racconto lo mostra perfettamente, poi quando si cominciano a usare formule greche (il nostro logos viene da lì) per spiegarlo, tutto se ne va a ramengo. Solo il simbolo esprime la natura logicamente paradossale dell’analogia.
14 giugno 2013 alle 07:16
Compito per casa (per me). Riflettere sui significati delle parole:
– distinto,
– differente,
– analogo,
– somigliante,
– identico,
– rispecchiare
ecc.
Ricordando che nel mondo reale due cose sono “distinte”, di solito, perché sono in due posti diversi (e possono anche essere “identiche”; che il verbo “differire” significa anche “mandare più in là nel tempo”; ecc.
A es. prima ho usato il verbo “rispecchiare” in un modo, per così dire, geometrico. In geometria due figure sono “identiche” quando sono “sovrapponibili”: e mi rendo conto di aver detto “mi rispecchia” nel senso di “mi è sovrapponibile”; ecc.
E tutte queste parole si possono usare, anche nel ragionamento, in modo metaforico?
Ecc. (Un’infinità di ecc.).