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This entry was posted on 6 Maggio 2013 at 07:35 and is filed under Archivio giulio mozzi, Cosa promette il giorno. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.
6 Maggio 2013 alle 07:47
Non è che tu ti svegli la mattina presto, accendi il televisore e il nevischio ronzante del monitor lo interpreti come un’indecifrabile promessa, vero? E’ proprio uno stato d’animo (e il monitor una metafora) 😉
6 Maggio 2013 alle 09:02
neve? addirittura…
6 Maggio 2013 alle 10:00
Direi catatonico.
6 Maggio 2013 alle 10:11
Meglio ca(ta)todico. 🙂
6 Maggio 2013 alle 10:38
Apro la porta.
“Buongiorno, SIAE. Devo farle qualche domanda”.
L’uomo magro pettinato con la riga in parte entra senza attendere un mio cenno e si siede davanti alla mia scrivania.
“Chiedo scusa, ma cosa centro io con la SIAE?”.
“Tutti abbiamo a che fare con la SIAE”.
“Ah. Allora almeno mi dia due minuti che termino un’operazione in collegamento online”.
“Faccia pure. Noi non dobbiamo far perdere tempo alle persone”.
L’uomo magro con la riga in parte appoggia la sua cartellina in pelle rossa sulla mia scrivania, facendosi largo tra le carte ammucchiate, e inizia in silenzio a compilare il suo modello di controllo.
Finita la mia operazione alzo la testa, appoggio i gomiti sul tavolo e lo guardo negli occhi.
“Bene, mi dica”.
“La sua ditta si chiama come è scritto sulla targa?”.
“Si, certo”.
“In che via siamo?.
Faccio un timbro su un foglio di carta e lo porgo all’uomo SIAE che così può avere ogni informazione utile sulla mia attività.
“Quanti metri quadrati fa il suo locale?”
“Mah, più o meno 70”.
“Bene, tanto è ininfluente”.
L’uomo mi guarda, stringe gli occhi e pensa. Poi abbassa gli occhialini sulla punta del naso e mi indica con la penna che ha in mano.
“Io l’ho già vista, abitiamo nello stesso quartiere”.
“Che non è Milano. Guardi che sta ricopiando sul modulo il mio numero di telefono con prefisso, quella non è la mia partita IVA”.
“Vero, sto sbagliando. Favorisca un documento e poi ho finito”.
Mi alzo dalla sedia e mi dirigo verso la borsa sull’attaccapanni.
“Ma cosa pensava di trovare in un ufficio dove si svolge attività di amministrazioni condominiali?”.
“E’ una specie di censimento. Dobbiamo rilevare nei locali se si fa uso o meno di musica. Qui si fa uso di musica?”.
“Lei sente della musica?”.
“No”.
Porgo il documento all’uomo SIAE e lo guardo mentre registra il numero della mia carta d’identità sul suo modulo. Poi vedo che scrive in un’apposita casellina: ‘locale in assenza di musica’.
Mi restituisce il documento, passa il foglio compilato da un’altra parte e accenna ad alzarsi:
“Bene, ho finito”.
“Posso avere una copia del modulo che ha appena compilato?”.
“No”.
“Perchè?”.
“Non siamo tenuti a rilasciare copia dei documenti che compiliamo”.
“Scusi se insisto, ma le pare corretto? Lei si presenta alla mia porta, la faccio entrare, mi chiede informazioni sulla mia attività, le dò il mio documento di identità, trascrive su un foglio i miei dati e non posso averne copia?”.
L’uomo magro con la riga in parte si butta indietro, appoggia tutta la schiena sulla sedia e respira un po’ forte, attende qualche secondo e poi mi porge il foglio compilato.
“Si faccia una copia”.
“Grazie”.
“Sono due anni che non lavoro. Ho questo straccio di impegno saltuario e basta. Lei ha bisogno di personale?”.
“Non posso assumere nessuno”.
“Quel pacco di lettere sono pronte per una convocazione di assemblea?”.
“No, sono solleciti di pagamento”.
“Ah. Buona giornata”.
“Ci spero sempre”.
6 Maggio 2013 alle 10:56
(Cosa promette il giorno)
Una telefonata all’antennista?