di giuliomozzi
Una nuova moda circola per l’Italia: è la moda del manifesto. Oggi un uomo si sveglia, mentre al bagno si lava i denti o cerca di vuotare il ventre pensa una cosa x, e alle otto di mattina è già lì, a pestare i tasti del suo computer, pronto a redigere un manifesto. Ormai l’Italia prolifera di manifesti, non c’è intellettuale, artista, scrittore, calciatore, cuoco che non abbia composto il suo, ricevendo naturalmente finte entusiastiche adesioni e altrettanto finte acerrime bordate d’attacco: lo sport nazionale è diventato la manifestazione urlata del proprio pensiero, la denigrazione degli avversari, l’elogio di sé stessi e della propria fedelissima cerchia. Noi a tutto questo diciamo: basta! Contro tutti i tromboni tonitruanti, contro tutti i vergatori di dichiarazioni inutili, contro tutti i compilatori di liste d’elezione e di proscrizione, noi affermiamo il diritto e il dovere dell’intellettuale odierno al silenzio, all’isolamento e all’indifferenza. Vogliamo forse che i migliori cervelli della nostra penisola, quelli dai quali attendiamo aiuto e soccorso per uscire dalla cronica crisi del nostro Paese, continuino a sbranarsi in inutili confronti pseudoidelogici, pseudoculturali, pseudoculinari? No, signori, no. Onde evitare questo spreco chiediamo la collaborazione di tutti gli operatori dell’informazione e della comunicazione. D’ora in poi, signori dell’audience, appena sentirete nell’aria la parola manifesto, rivolgerete la vostra attenzione altrove. Basta manifesti pubblicati nelle prime pagine dei quotidiani, basta manifesti declamati nei talk-show di maggiore ascolto: un puro e semplice taglio netto è ciò di cui abbiamo bisogno. Diminuiremo drasticamente il tasso di conflittualità interno al nostro ceto intellettuale e creativo, e così finalmente questi signori, stroncate le loro velleità di apparire e di sopraffare, torneranno a fare ciò per cui, come tutti i contribuenti sanno, sono lautamente pagati: a pensare.
Nota: questo testo è di almeno quindici anni fa; quindi precede quel fenomeno effiacemente battezzato da Federica Sgaggio “democrazia della paletta“.
2 Maggio 2013 alle 22:01
Dai, i cuochi lasciamoli manifestare: sono così bravi come maître a pensér.
3 Maggio 2013 alle 05:02
I manifesti li lascerei fare ai grafici!
3 Maggio 2013 alle 06:52
Carta: son d’accordo.